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Distanze tra costruzioni: quando un muro è fabbrica?

In una controversia sulle distanze tra costruzioni, la Corte di Cassazione ha annullato la decisione di merito che imponeva la demolizione di un muro. La Suprema Corte ha rilevato due errori cruciali del giudice d’appello: aver deciso su una questione non richiesta dalle parti (vizio di ultrapetizione) e non aver spiegato adeguatamente perché il muro dovesse essere qualificato come una vera e propria ‘costruzione’ soggetta a specifiche distanze legali, rendendo la motivazione solo apparente. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Distanze tra costruzioni: i limiti del giudice e la natura del muro

La regolamentazione delle distanze tra costruzioni è una delle questioni più complesse e frequenti nel diritto immobiliare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di approfondire due principi fondamentali del processo civile: il divieto per il giudice di andare oltre le richieste delle parti (ultrapetizione) e l’obbligo di fornire una motivazione comprensibile e logica. Il caso riguarda la qualificazione di un muro di confine e l’applicazione delle relative norme sulle distanze.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da una controversia tra un proprietario di un immobile e una società costruttrice confinante. Il proprietario lamentava che la società, dopo aver innalzato il livello del proprio terreno, avesse costruito un nuovo muro in aderenza a quello preesistente di sua proprietà. Questa nuova opera aveva creato un’intercapedine e un dislivello, causando, a suo dire, danni estetici e infiltrazioni d’acqua. Chiedeva quindi il ripristino dello stato dei luoghi e il risarcimento del danno.

La Decisione della Corte d’Appello e le Distanze tra Costruzioni

Se in primo grado le domande del proprietario erano state respinte, la Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la decisione. I giudici di secondo grado avevano qualificato il muro e il relativo terrapieno come una “costruzione” a tutti gli effetti, soggetta quindi alla disciplina delle distanze tra costruzioni prevista dal Codice Civile. Di conseguenza, avevano imposto alla società, nel frattempo fallita, di eseguire opere significative per eliminare l’interstizio e il dislivello, applicando le norme sulla costruzione in aderenza e sulle distanze tra fabbricati.

Le Motivazioni della Cassazione: Ultrapetizione e Difetto di Motivazione

La curatela fallimentare della società ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha accolto due dei tre motivi di ricorso, annullando la decisione.

Il Principio di Corrispondenza tra Chiesto e Pronunciato

Il primo motivo di accoglimento riguarda la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.), un vizio noto come ultrapetizione. La Cassazione ha evidenziato che la domanda originaria del proprietario era circoscritta alla violazione delle distanze tra i due muri di confine. La Corte d’Appello, invece, si era pronunciata sulla distanza tra il nuovo muro della società e il fabbricato del proprietario, una questione mai sollevata. Così facendo, il giudice d’appello ha travalicato i limiti della domanda, decidendo su un punto che non faceva parte del contendere.

La Qualificazione del Muro e le Distanze tra Costruzioni

Il secondo motivo di accoglimento, ancora più sostanziale, riguarda il difetto di motivazione. La Corte d’Appello aveva affermato che il muro della società fosse un “muro di fabbrica”, e quindi una costruzione soggetta alle distanze legali (art. 873 c.c.), senza però spiegare il percorso logico-giuridico seguito per giungere a tale conclusione. Non aveva specificato su quali elementi si basasse tale qualificazione, né se avesse considerato le dimensioni e le caratteristiche del muro per verificare se rientrasse nei requisiti normativi. Secondo la Cassazione, una tale motivazione è solo “apparente”, in quanto non permette di comprendere le ragioni della decisione e si pone al di sotto del minimo costituzionale richiesto. Non tutti i muri, infatti, sono “costruzioni” ai fini delle distanze legali.

Le Conclusioni: I Limiti del Potere del Giudice

La Suprema Corte ha quindi cassato la sentenza e rinviato la causa a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo esame. Questa ordinanza ribadisce due concetti chiave per la tutela dei diritti nel processo: il giudice deve attenersi scrupolosamente alle domande formulate dalle parti e ha l’obbligo di rendere una motivazione chiara, completa e logicamente coerente, che permetta di ricostruire l’iter decisionale. In materia di distanze tra costruzioni, la qualificazione di un’opera non può essere data per scontata, ma deve essere il risultato di un accertamento specifico e di un ragionamento esplicitato in sentenza.

Un giudice può decidere su una questione non richiesta dalle parti?
No. Se il giudice si pronuncia su una domanda non proposta, la sua sentenza è viziata per ‘ultrapetizione’ in violazione dell’art. 112 c.p.c., come stabilito in questo caso in cui la Corte d’Appello aveva deciso sulla distanza tra un muro e un fabbricato, mentre la domanda riguardava solo la distanza tra due muri.

Qualsiasi muro costruito su un confine è soggetto alle distanze legali tra fabbricati?
No, non necessariamente. Affinché un muro sia considerato una ‘costruzione’ soggetta alle distanze minime previste dall’art. 873 c.c., è necessario un accertamento specifico sulle sue caratteristiche. La Corte di Cassazione ha censurato la sentenza d’appello proprio perché non aveva spiegato su quali elementi avesse fondato tale qualificazione, rendendo la motivazione insufficiente.

Cosa succede se la motivazione di una sentenza è incomprensibile o insufficiente?
Se la motivazione è ‘apparente’, ovvero talmente generica o illogica da non far comprendere il ragionamento del giudice, la sentenza è nulla. Come in questo caso, la decisione può essere cassata perché non rispetta il ‘minimo costituzionale’ di motivazione richiesto dalla legge e dalla giurisprudenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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