Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1714 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1714 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20194/2020 R.G. proposto da:
NOME COGNOME , domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE e con domicilio digitale, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO CAGLIARI n. 104/2020 depositata il 11/02/2020.
Oggetto: Proprietà –
Distanze – Vedute
R.G.N. 20194/2020
Ad. 28/11/2023 CC
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 28/11/2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 104/2020 depositata in data 11 febbraio 2020, la Corte d’appello di Cagliari, nella regolare costituzione dell’appellato NOME COGNOME, ha respinto l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Cagliari n. 3143/2016, depositata in data 10 novembre 2016, la quale aveva a propria volta accolto la domanda giudiziale proposta da NOME COGNOME.
Quest’ultimo, infatti, aveva adito il Tribunale di Cagliari e, premesso di avere venduto a COGNOME, con atto del 30 marzo 2000, un appartamento in Carbonia, INDIRIZZO e di essersi successivamente reso acquirente, con atto del 20 gennaio 2004, di un appartamento nel medesimo stabile, adiacente a quello della COGNOME, aveva lamentato la realizzazione, da parte di quest’ultima, sia di un muro di mattoni che fronteggiava la finestra del suo appartamento ad una distanza inferiore a quell a di cui all’art. 907 c.c., e comunque ad una distanza inferiore a quella legale tra fabbricati, sia dell’ampliamento di una terrazza, anch’essa posta a distanza inferiore a tre metri dalla finestra dell’attore medesimo , e comunque a distanza inferiore a tre metri dal fabbricato.
Aveva quindi chiesto la condanna di NOME COGNOME alla demolizione delle opere in questione, oltre alla condanna della medesima al risarcimento dei danni.
Costituitasi regolarmente NOME COGNOME, il Tribunale di Cagliari, previo espletamento di una CTU, aveva accolto la domanda del COGNOME.
Proposto appello da NOME COGNOME, la Corte d’appello di Cagliari ha disatteso il gravame, rilevando, in particolare che, alla luce della ricostruzione dello stato dei luoghi operata nella CTU e delle foto disponibili in atti, risultava che i due immobili erano adiacenti ma non in aderenza.
Alla luce di tale premessa, la Corte ha condiviso la valutazione del giudice di prime cure in ordine al fatto che la realizzazione del muro fronteggiante la finestra dell’immobile dell’appellato veniva ad integrare una violazione del disposto di cui all’ar t. 907 c.c.
Quanto all’ampliamento della terrazza, la Corte ha escluso sia che vi fosse un valido consenso di NOME COGNOME -come invece dedotto dall’appellante sia che la terrazza fosse preesistente ai lavori dell’appellante e già in precedenza fosse posta a distanza inferiore a quella di legge.
Per la cassazione della decisione della Corte cagliaritana ricorre ora COGNOME.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c.
Le parti hanno entrambe depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 873 segg., 907 e 1102 c.c.
Argomenta, in particolare, il ricorso che:
-la ricostruzione dello stato dei luoghi operata dalla decisione impugnata sarebbe errata e basata su una errata interpretazione del termine ‘contiguo’ usato nella CTU, in
quanto gli immobili sarebbero non semplicemente adiacenti, come ritenuto dalla Corte territoriale, bensì in aderenza, con conseguente inoperatività del disposto di cui all’art. 907 c.c., essendo ‘pacifico che nell’ipotesi in cui due edifici siano aderenti, ai sensi dell’art. 873 c.c., non si debba osservare la distanza di tre metri’ ;
-l’applicazione dell’art. 907 c.c. sarebbe ulteriormente errata, in quanto, essendo gli appartamenti collocati in un condominio, la Corte d’appello avrebbe dovuto valutare la conformità delle opere all’art. 1102 c.c.
2.2. Il motivo è inammissibile.
Per quanto attiene la violazione degli artt. 873 e 907 c.c. si deve, preliminarmente, rilevare che, contrariamente a quanto dedotto nel controricorso, i profili individuati dalla ricorrente non possono essere considerati nuovi, essendo stati espressamente e direttamente affrontati nella decisione impugnata.
Ciò, tuttavia, non è sufficiente ad evitare la declaratoria di inammissibilità del motivo.
Occorre rammentare, infatti, che non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, n. 3), l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 640 del 14/01/2019; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019), se non nei limiti entro i quali sia ancora deducibile il vizio di motivazione (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017).
È invece proprio il vizio di errata ricognizione della fattispecie concreta ciò di cui il motivo -testualmente (pag. 9, secondo paragrafo)
– si viene a dolere, di fatto riproponendo una serie di considerazioni in mero fatto che palesano l’estraneità delle doglianze della ricorrente all’ambito dell’art. 360, n. 3), c.p.c. ed anzi si traducono in una inammissibile sollecitazione a procedere ad una revisione della valutazione delle prove, rimessa, invece, al giudice di merito (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004) e insindacabile in sede di legittimità (Cass. Sez. U, n. 898 del 14/12/1999) ove il ragionamento probatorio si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile.
Per quanto concerne, invece, la dedotta violazione dell’art. 1102 c.c. risulta invece fondata l’eccezione del controricorrente in ordine al fatto che tale specifico profilo -implicante necessari accertamenti in fatto – non risulta essere stato in alcun modo affrontato nella decisione impugnata, né parte ricorrente ha dedotto di averlo sollevato nei precedenti gradi di giudizio, individuando, in ossequio all’art. 366 c.p.c., l’atto o gli atti nei quali sarebbe avvenuta ta le deduzione.
Deve, conseguentemente, trovare applicazione il principio, reiteratamente enunciato da questa Corte, per cui qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio.’ (Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 20694 del 09/08/2018; ed anche Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 2193 del 30/01/2020; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14477 del 06/06/2018; Cass.
Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23675 del 18/10/2013).
3.1. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., la ‘erronea ricostruzione della fattispecie concreta mediante valutazione delle risultanze probatorie’ .
La ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui quest’ultima ha ritenuto non provata la circostanza della preesistente presenza della terrazza, argomentando che tale circostanza emergeva invece dallo stesso atto di acquisto della ricorrente nonché dalle difese svolte da NOME COGNOME in sede di appello.
3.2. Anche tale motivo è inammissibile.
Al di là di ogni considerazione in ordine alla palese inammissibilità del motivo per come rubricato -non rientrando la ‘erronea ricostruzione della fattispecie concreta mediante valutazione delle risultanze probatorie’ neppure in astratto nell’ambito del vizio deducibile ex art. 360, n. 5), c.p.c. – è sufficiente osservare che, essendo stato instaurato il giudizio di appello nel 2017, trova applicazione il disposto di cui all’art. 348 -ter c.p.c., dal momento che la decisione della Corte d’Appello non risul ta in alcun modo essersi distaccata dal ragionamento del giudice di primo grado, né parte ricorrente ha indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. L – Sentenza n. 20994 del 06/08/2019; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014).
Il ricorso deve quindi essere dichiarato nel complesso inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
5. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020 – Rv. 657198 – 05).
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 4.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater , nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis , ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell ‘adunanza camerale in data 28 novembre