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Distanze tra costruzioni: quando la legge prevale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un costruttore che aveva edificato a una distanza inferiore a quella minima legale. La Corte ha stabilito che la deroga alle norme nazionali sulle distanze tra costruzioni è ammessa solo in presenza di piani urbanistici esecutivi (piani particolareggiati o lottizzazioni) per gruppi di edifici, e non per la costruzione di un singolo fabbricato in un’area già edificata, anche se il piano regolatore locale prevedeva distanze inferiori.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Distanze tra Costruzioni: La Cassazione Ribadisce la Prevalenza della Normativa Statale

La regolamentazione delle distanze tra costruzioni rappresenta un pilastro del diritto urbanistico ed edilizio, finalizzata a garantire salubrità, sicurezza e un ordinato sviluppo del territorio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sui limiti entro cui le normative locali possono derogare ai principi stabiliti a livello nazionale, in particolare riguardo alla distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate.

I Fatti: Una Costruzione Troppo Vicina

Il caso ha origine dalla costruzione di un nuovo edificio a una distanza inferiore a quella minima di dieci metri da un fabbricato preesistente, come previsto dall’articolo 9 del D.M. 1444/1968. Il proprietario del nuovo immobile si era difeso sostenendo che il Piano Regolatore Generale (P.R.G.) del Comune, in quella specifica sottozona (qualificata come B2), consentisse distanze inferiori in quanto destinata a “interventi per costruzioni di edilizia convenzionata e sovvenzionata”.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano respinto questa tesi, ordinando la demolizione o l’arretramento della costruzione e condannando il costruttore al risarcimento dei danni. La controversia è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Questione Giuridica: Normativa Locale vs. Statale sulle distanze tra costruzioni

Il cuore della questione legale era stabilire se una previsione del P.R.G. comunale potesse legittimamente derogare alla norma statale che impone una distanza minima inderogabile. Il costruttore invocava l’eccezione prevista dall’ultimo comma dello stesso art. 9 del D.M. 1444/1968, che consente distanze inferiori per costruzioni ricadenti in “piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate”.

La Corte Suprema è stata chiamata a chiarire se la semplice classificazione di un’area nel P.R.G. fosse assimilabile a tali strumenti urbanistici esecutivi e, quindi, idonea a giustificare la deroga.

L’Analisi della Corte e le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato, confermando le decisioni dei giudici di merito. I magistrati hanno ribadito un principio consolidato: le disposizioni del D.M. 1444/1968 in materia di limiti inderogabili di densità, altezza e distanze tra costruzioni hanno efficacia di legge dello Stato e prevalgono su eventuali previsioni contrastanti dei regolamenti locali.

La Deroga Non è Applicabile al Singolo Edificio

La Corte ha spiegato che la deroga prevista dall’ultimo comma dell’art. 9 è strettamente limitata a due ipotesi specifiche:
1. Piani Particolareggiati
2. Lottizzazioni Convenzionate

Questi sono strumenti urbanistici esecutivi che non si limitano a zonizzare, ma definiscono in modo dettagliato la disposizione planivolumetrica di un “gruppo di edifici”. La logica della norma è consentire una flessibilità progettuale all’interno di un intervento unitario e complesso, dove il rispetto delle esigenze di igiene e salubrità è garantito dal disegno d’insieme.

Nel caso di specie, invece, si trattava della realizzazione di un unico nuovo edificio inserito in un contesto già edificato. Mancava quindi il presupposto fondamentale della deroga: la realizzazione contestuale di una pluralità di nuovi fabbricati all’interno di un piano esecutivo approvato.

Il Principio di Diritto Enunciato

La Corte ha enunciato un principio di diritto chiaro: “agli effetti dell’art. 9, comma 3, del d.m. n. 1444 del 1968, sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi di tale norma soltanto a condizione che sia stato approvato un apposito piano particolareggiato o di lottizzazione esteso alla intera zona, finalizzato a rendere esecutive le previsioni dello strumento urbanistico generale, contenente le disposizioni planivolumetriche degli edifici previsti nella medesima zona e avente ad oggetto la realizzazione contestuale di ‘gruppi di edifici’, e cioè di una pluralità di nuovi fabbricati, rimanendo perciò estranea a tale fattispecie l’ipotesi della realizzazione di un unico nuovo fabbricato che si sia inserito nel contesto di un isolato già edificato.”

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza rafforza la natura inderogabile delle norme statali sulle distanze tra costruzioni. Per i costruttori e i professionisti del settore, emerge un’indicazione chiara: non è sufficiente fare affidamento sulle previsioni di un Piano Regolatore Generale per costruire a distanze inferiori a quelle legali. La possibilità di deroga è un’eccezione che si applica solo nell’ambito di complessi interventi urbanistici unitari, formalizzati attraverso piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate, e non a iniziative edilizie isolate. In assenza di tali strumenti esecutivi, la regola dei dieci metri tra pareti finestrate rimane un limite invalicabile, la cui violazione comporta l’obbligo di ripristino e il risarcimento del danno.

È possibile derogare alla distanza minima di 10 metri tra edifici prevista dalla legge nazionale?
Sì, ma solo a condizioni molto specifiche. La deroga è consentita esclusivamente per costruzioni che facciano parte di un piano particolareggiato o di una lottizzazione convenzionata approvati, i quali prevedano la realizzazione contestuale di un “gruppo di edifici” con specifiche disposizioni planivolumetriche.

La classificazione di una zona nel Piano Regolatore Generale (P.R.G.) è sufficiente per applicare distanze inferiori a quelle nazionali?
No. Secondo la Corte, la semplice classificazione di un’area nel P.R.G. (ad esempio, come zona per edilizia convenzionata) non è sufficiente a giustificare una deroga. È necessario uno strumento urbanistico esecutivo (piano particolareggiato o lottizzazione) che regoli un intervento unitario.

Cosa succede se un regolamento edilizio comunale è in contrasto con la normativa statale sulle distanze?
La normativa statale, in particolare l’art. 9 del D.M. 1444/1968, prevale sulle disposizioni contrastanti dei regolamenti locali. Queste ultime devono essere disapplicate dal giudice, in quanto la norma statale si sostituisce automaticamente ad esse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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