Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34902 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34902 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8538/2019 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 1957/2018 depositata il 21/08/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.NOME COGNOME e NOME COGNOME, già attori in primo grado, ricorrono con quattro motivi, avversati da NOME COGNOME (già convenuto) – a sua volta ricorrente incidentale con un unico motivo – per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Firenze n.1957/2018.
NOME NOME (chiamata in garanzia per evizione, quale erede del dante causa del convenuto) resiste con controricorso.
Con la sentenza suddetta la Corte di Appello di Firenze, per quanto ancora interessa ai fini del ricorso principale e di quello incidentale, ha così deciso:
ha rigettato le censure sollevate dagli attori- ricorrenti principali contro la sentenza di primo grado che aveva ritenuto che determinate aperture, realizzate nell’immobile del Coradeschi, limitrofo a quello dei ricorrenti, fossero da qualificarsi luci e non vedute con conseguente rigetto della domanda originaria basata sulla violazione dell’art. 905 c.c. La Corte di Appello ha osservato che, per quanto emerso dalla CTU di primo grado, correttamente il Tribunale aveva qualificato le aperture come luci, atteso che esse non consentivano, per la presenza di persiane e di grate metalliche murate, l’inspectio e la prospectio. In riferimento alle medesime aperture, la Corte di Appello ha dato conto del fatto che gli attuali
ricorrenti avevano contestato la sentenza di primo grado per non avere il Tribunale disposto la regolarizzazione delle luci sebbene la regolarizzazione fosse stata chiesta per l’ipotesi di riconoscimento che non trattavasi di vedute ma appunto di luci, ha poi affermato che gli attuali ricorrenti ‘non avevano espressamente contestato la difformità delle luci ai parametri indicati dall’art. 901 c.c.’;
ha rigettato le censure sollevate dai ricorrenti principali contro la sentenza di primo grado che, in relazione alla domanda riconvenzionale del convenuto, aveva ordinato loro di arretrare, fino a distanza di 10 metri dall’edificio del Coradeschi, la sopraelevazione del manufatto destinato ad autorimessa. Riguardo a tale sopraelevazione la Corte di Appello, dopo aver ricordato che dalla relazione del CTU di primo grado risultavano profili di difformità della stessa rispetto ai titoli abilitativi, ha evidenziato che la ridetta sopraelevazione ‘non rispetta la distanza minima tra i fabbricati pari a m.10,00 chiaramente stabilita dai regolamenti’ locali. Il riferimento, come si legge, a pagina 14 della sentenza è al ‘regolamento del Comune di Cascina, anno 2000’;
ha disatteso la domanda avanzata dai COGNOME–COGNOME di eliminazione di una apertura presente in un prefabbricato del Coradeschi, a distanza inferiore a quella di legge rispetto alla proprietà degli istanti, per esservi, tra tale apertura e questa proprietà, un muro divisorio che impediva l’affaccio;
ha posto a carico del COGNOME le spese del grado di appello sostenute dalla chiamata NOME COGNOME;
ha confermato la decisione del Tribunale di condanna solidale di COGNOME e COGNOME e di COGNOME al pagamento delle spese sostenute per il primo grado di giudizio dalla COGNOME;
i ricorrenti hanno depositato memoria con note spese;
COGNOME NOME ha depositato memoria;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso principale gli originari attori denunziano ‘violazione o falsa applicazione dell’art. 900 c.c. ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione’.
I ricorrenti lamentano che erroneamente la Corte di Appello non ha disposto l’eliminazione della finestra a distanza illegale posta al piano terra di una costruzione di proprietà del Coradeschi in ragione del fatto che tra i due fondi vi era un muro divisorio e del fatto che da tale apertura avrebbe potuto non essere più consentito al Coradeschi l’affaccio solo che i ricorrenti avessero sfruttato la loro facoltà di sopraelevare il muro divisorio;
il motivo è fondato e va accolto.
La Corte di Appello ha dato atto dell’esistenza della ‘ veduta creatasi dalla proprietà RAGIONE_SOCIALE‘ (v. pag. 12 della sentenza impugnata), ma non ha correttamente applicato l’art. 905 cc laddove ha fatto dipendere l’eliminazione della apertura dalla facoltà del proprietario di sopraelevare il muro divisorio (v. pag. 13 della sentenza). La norma proibisce l’apertura di vedute a distanza illegale dal fondo altrui a prescindere dal fatto che quest’ultimo sia chiuso o non chiuso;
con il secondo motivo di ricorso principale si lamenta ‘violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e 902 c.c. ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione’. Si lamenta che la Corte di Appello ha omesso di pronunciarsi sulla domanda relativa alla regolarizzazione delle luci aperte nell’edificio del controricorrente;
4. il motivo è fondato e va accolto perchè che la Corte di Appello si è sottratta all’obbligo di pronunciarsi sul motivo di appello con cui gli attuali ricorrenti avevano contestato la sentenza di primo grado per non avere il Tribunale disposto la regolarizzazione delle luci sebbene la regolarizzazione fosse stata chiesta – del che la Corte di Appello stessa ha in premessa dato conto (v. sentenza impugnata
pagina 14), affermando che gli attuali ricorrenti ‘non avevano espressamente contestato la difformità delle luci ai parametri indicati dall’art. 901 c.c.’. Si tratta di affermazione che per essere contraddittoria rispetto alla premessa si traduce in sostanza in omessa pronuncia;
5. con il terzo motivo si lamenta ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 873 c.c. in relazione alla prescrizione dell’art. 9 del d.m. n.1444 del 1968 come integrato dal regolamento del Comune di Cascina art. 93.3. n. 4 con conseguente totale incoerenza dell’iter logico seguito dalla Corte di merito circa un fatto decisivo per il giudizio soggetto di discussione tra le parti ‘. I ricorrenti svolgono una serie di rilievi alle risultanze della relazione CTU disposta in primo grado, di cui la Corte di Appello ha dato conto, riguardanti la regolarità del manufatto di cui è stato disposto l’arretramento, dal punto di vista amministrativo. Allegano inoltre che, ai sensi dell’art 93.3., del regolamento citato la distanza di 10 metri dagli edifici frontistanti, prevista come regola generale, subiva una deroga per il caso di ‘edifici in aree storiche’. Allegano altresì che la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto del fatto che ‘la precedente costruzione aveva il tetto a falda spiovente mentre la nuova ha copertura piana’, con la conseguenza che ‘sempre per le disposizione regolamentari poteva comunque essere realizzata in misura pari alla semisomma delle due altezze minime e massime della precedente costruzione che è poi quella effettivamente realizzata’;
il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello, dato conto della circostanza, emersa dalla CTU, per cui il manufatto de quo presentava irregolarità dal punto di vista edilizio, ha dichiarato rilevante il fatto che il manufatto non rispettava la distanza -prevista dal regolamento locale- di 10 metri dall’edificio dell’attuale controricorrente.
Il motivo di ricorso in esame, nella parte in cui insiste sulla regolarità del manufatto dal suddetto punto di vista, è inammissibile perché non si confronta con quanto la Corte di Appello ha ritenuto rilevante. Il rispetto o il mancato rispetto delle norme edilizie non incide sui rapporti di vicinato e l’osservanza delle regole sui rapporti di vicinato prescinde dalla regolarità o meno dell’opera sotto il profilo delle prescrizioni che concernono il rapporto fra il privato e la P.A. e sono funzionali all’ordinato sviluppo edilizio (v. tra molte Cass. 5605/2019).
Il motivo è, per il resto, parimenti inammissibile: quanto alla allegazione per cui l’immobile sarebbe ‘in area storica’, l’inammissibilità deriva da ciò che il motivo è veicolo di una mera allegazione fattuale; quanto alla denuncia di omesso esame delle caratteristiche della ‘copertura’ del manufatto, l’inammissibilità deriva da ciò che tale denuncia è espressa senza rispetto dei principi enunciati da questa Corte riguardo al modo in cui, in osservanza delle previsioni degli artt. 366 e 369 c.p.c., tale denuncia deve essere formulata: ‘L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo
restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie’ (Cass. SU 8053/2014);
con il quarto motivo di ricorso si denuncia ‘omesso esame delle richieste formulate dagli appellanti COGNOME e COGNOME nelle loro conclusioni, ed esattamente: <>’;
il motivo è legato e logicamente subordinato all’unico motivo di ricorso incidentale con cui si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti e che, se correttamente valutati, avrebbero indotto la Corte di Appello a decidere diversamente riguardo alla spese della terza chiamata. Si lamenta altresì che la decisione della Corte di Appello riguardo a tali spese della terza chiamata violerebbe gli artt. 91 c.p.c. e 1484, 1489 e 1485 c.c.
i due motivi -entrambi relativi alle spese – restano assorbiti in ragione del fatto che, per effetto dell’accoglimento del primo e del secondo motivo del ricorso principale, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rinviata al giudice del merito, il quale dovrà provvedere sulle spese dell’intero processo, incluse le spese sostenute nei due gradi dalla terza chiamata, all’esito del giudizio di rinvio;
PQM
la Corte accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso principale, dichiara inammissibile il terzo motivo; dichiara assorbito il quarto motivo nonché il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di Appello
di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Roma 18 dicembre 2024.
Il Presidente NOME COGNOME