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Distanze tra costruzioni: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in una causa per violazione delle distanze tra costruzioni, il giudice deve applicare d’ufficio tutte le normative pertinenti, inclusi i regolamenti locali e il D.M. 1444/1968, senza che la parte debba formulare domande distinte. La nozione di ‘costruzione’ del Codice Civile, che include i balconi non meramente ornamentali, prevale su eventuali definizioni più restrittive dei regolamenti comunali. Il caso riguardava dei balconi costruiti a distanza irregolare.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Distanze tra costruzioni: la Cassazione stabilisce l’applicazione d’ufficio delle norme

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali in materia di distanze tra costruzioni, un tema sempre attuale e fonte di numerose liti condominiali e tra vicini. La pronuncia sottolinea il dovere del giudice di applicare tutte le normative pertinenti, anche se non specificamente invocate, e ribadisce la nozione unitaria di ‘costruzione’ ai fini del calcolo delle distanze, includendovi anche i balconi.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla domanda di un proprietario che citava in giudizio i suoi vicini, lamentando la costruzione di un ballatoio e di alcuni poggioli a una distanza irregolare rispetto alla sua proprietà. Il proprietario chiedeva quindi l’abbattimento delle parti di edificio che violavano le distanze legali previste sia dal Codice Civile (art. 873 e 905) sia dal regolamento urbanistico comunale.

I vicini si difendevano eccependo di aver acquisito per usucapione il diritto di mantenere i manufatti a quella distanza (servitù di veduta). Chiamavano inoltre in causa il costruttore-venditore degli appartamenti per essere manlevati da eventuali conseguenze negative. A sua volta, il costruttore coinvolgeva nel giudizio il progettista e direttore dei lavori.

Il Tribunale di primo grado accoglieva parzialmente la domanda, ordinando la realizzazione di un parapetto più alto ma non l’arretramento dei balconi. La Corte d’Appello, in parziale riforma, ordinava invece l’abbattimento dei balconi, ma riteneva inammissibile la domanda basata sulla violazione delle distanze previste dal D.M. n. 1444 del 1968, considerandola come una domanda nuova rispetto a quella iniziale.

Le motivazioni sulle distanze tra costruzioni

La Corte di Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza d’appello, accogliendo il ricorso del proprietario originario e stabilendo principi di diritto di notevole importanza pratica.

Il Principio “Iura Novit Curia” in materia di distanze

Il punto centrale della decisione riguarda il principio iura novit curia (il giudice conosce la legge). La Suprema Corte ha chiarito che quando un cittadino lamenta la violazione delle distanze tra costruzioni, presenta un’unica domanda basata su un’unica causa petendi (ragione della domanda): il diritto di proprietà.

Di conseguenza, spetta al giudice individuare e applicare l’intero complesso di norme che regolano la materia, che include:
1. L’art. 873 del Codice Civile (distanza minima di 3 metri).
2. I regolamenti locali che possono prevedere distanze maggiori.
3. Le disposizioni del D.M. n. 1444/1968, che hanno efficacia precettiva e inderogabile.

La Corte d’Appello ha quindi errato nel considerare la richiesta di applicazione del D.M. 1444/1968 come una domanda nuova e inammissibile. Il giudice del merito avrebbe dovuto esaminare d’ufficio la conformità della costruzione a tutte le fonti normative applicabili.

La Nozione Unitaria di “Costruzione”

Un altro aspetto fondamentale chiarito dalla Cassazione è la definizione di “costruzione” ai fini del calcolo delle distanze. La Corte ha ribadito che esiste una nozione unica di costruzione ai sensi dell’art. 873 c.c., che comprende qualsiasi opera non completamente interrata con caratteristiche di solidità e immobilizzazione al suolo.

I balconi, gli aggetti e le sporgenze, se non hanno una funzione puramente ornamentale ma ampliano la consistenza del fabbricato, rientrano a pieno titolo in questa definizione. Di conseguenza, devono essere computati nel calcolo delle distanze legali. I regolamenti locali non possono derogare a questa nozione, ma solo stabilire una distanza maggiore. Pertanto, la Corte d’Appello aveva sbagliato a suggerire che le norme tecniche di attuazione (NTA) del Comune potessero qualificare i ballatoi come semplici aggetti non computabili ai fini delle distanze.

Le motivazioni sull’Usucapione Decennale

La Corte ha anche esaminato e respinto i motivi di ricorso degli altri proprietari relativi all’usucapione decennale della servitù di veduta (art. 1159 c.c.). La Cassazione ha confermato la decisione d’appello su questo punto, ribadendo che per l’usucapione abbreviata è necessario un titolo astrattamente idoneo al trasferimento del diritto. Nel caso di una servitù, tale titolo deve provenire dal proprietario del fondo servente (quello che subisce il peso), e non, come in questo caso, dal costruttore-venditore che non era proprietario del fondo vicino.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante vademecum per le controversie in materia di distanze tra costruzioni. Le conclusioni principali sono:
– Il giudice ha il dovere di applicare l’intera normativa sulle distanze (Codice Civile, regolamenti locali, D.M. 1444/1968) in virtù del principio iura novit curia.
– La nozione di ‘costruzione’ è quella, ampia, del Codice Civile e prevale su eventuali definizioni più restrittive dei regolamenti edilizi locali.
– I balconi e gli aggetti non meramente decorativi sono ‘costruzione’ e devono rispettare le distanze legali.
La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questi principi.

Cosa si intende per ‘costruzione’ ai fini del calcolo delle distanze legali?
Secondo la Cassazione, la nozione di ‘costruzione’ è unica e definita dall’art. 873 del Codice Civile. Comprende qualsiasi opera non completamente interrata, dotata di solidità e immobilizzazione rispetto al suolo. Anche elementi come balconi, aggetti e sporgenze rientrano in questa categoria se non hanno una funzione puramente ornamentale, poiché estendono e ampliano la consistenza del fabbricato.

In una causa per violazione delle distanze, il giudice deve applicare solo le norme citate dall’attore?
No. In base al principio ‘iura novit curia’ (il giudice conosce le leggi), una volta che viene lamentata la violazione del diritto di proprietà per il mancato rispetto delle distanze, il giudice ha il dovere di individuare e applicare tutte le norme pertinenti, che includono il Codice Civile, i regolamenti locali e le norme imperative come il D.M. n. 1444/1968, anche se non specificamente menzionate nell’atto di citazione.

I regolamenti comunali possono definire cosa è una costruzione in modo diverso dal Codice Civile?
No. I regolamenti locali non possono modificare la nozione civilistica di ‘costruzione’. Il loro ruolo, come specificato dall’art. 873 c.c., è circoscritto alla facoltà di stabilire una distanza maggiore di quella minima prevista dal Codice, ma non possono restringere il concetto di ‘costruzione’ per escludere elementi come i balconi dal calcolo delle distanze.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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