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Distanze tra costruzioni: la Cassazione e la nuova legge

Un proprietario ha ricostruito un immobile con un lieve aumento di volume, scatenando una causa con il vicino per le distanze tra costruzioni. La Corte d’Appello ha considerato l’opera una nuova costruzione, imponendo l’arretramento. La Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che i giudici avrebbero dovuto applicare le recenti riforme legislative che hanno ampliato la nozione di “ristrutturazione edilizia”, la quale può consentire modifiche volumetriche mantenendo le distanze preesistenti. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Distanze tra costruzioni: La Cassazione chiarisce i limiti tra ristrutturazione e nuova opera

Il tema delle distanze tra costruzioni è una fonte costante di contenzioso tra vicini. Ma cosa succede quando un edificio viene demolito e ricostruito con un leggero aumento di volume? Si tratta di una semplice ristrutturazione o di una nuova costruzione soggetta a regole più stringenti? Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione interviene per fare chiarezza, sottolineando l’impatto delle recenti riforme normative volte a semplificare e incentivare la rigenerazione urbana.

Il caso: una ricostruzione con ampliamento scatena la controversia

La vicenda ha origine dalla citazione in giudizio di un proprietario da parte della sua vicina. Quest’ultima lamentava che la ricostruzione di un vecchio fabbricato, danneggiato da due terremoti, fosse avvenuta in violazione delle normative sulle distanze legali, antisismiche e urbanistiche. In particolare, l’intervento aveva comportato un ampliamento della struttura preesistente.

In primo grado, il Tribunale aveva respinto la domanda. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, ritenendo che l’opera non fosse una mera ricostruzione, ma una vera e propria nuova costruzione. La ragione? Un lieve incremento di volumetria (pari al 5,53%) rispetto all’edificio preesistente. Di conseguenza, la Corte aveva condannato il proprietario ad arretrare il suo fabbricato fino a raggiungere la distanza di 5 metri dal confine, come previsto dalle norme locali per le nuove costruzioni.

L’impatto delle nuove norme sulle distanze tra costruzioni

Il proprietario ha impugnato la sentenza in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel non considerare le importanti modifiche legislative introdotte nel 2020 (con il cosiddetto “Decreto Semplificazioni”). Queste riforme hanno notevolmente ampliato la definizione di “ristrutturazione edilizia” contenuta nel Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 380/2001).

In passato, la giurisprudenza era rigida: una ricostruzione, per non essere considerata “nuova”, doveva essere una copia esatta del preesistente in termini di volume, sagoma e area di sedime. Oggi, la legge è molto più flessibile. Un intervento di demolizione e ricostruzione rientra nella ristrutturazione anche in presenza di modifiche di sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche. Sono ammessi anche incrementi di volumetria, se necessari per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’accessibilità, per l’installazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico.

L’obiettivo di queste norme è chiaro: favorire il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente, promuovendo la rigenerazione urbana e la messa in sicurezza sismica.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Il punto centrale della decisione è che la Corte d’Appello ha completamente ignorato l’evoluzione normativa. I giudici di secondo grado si sono fermati a una distinzione tradizionale tra ricostruzione e nuova costruzione, basata unicamente sul dato dell’aumento volumetrico, senza analizzare la portata e le finalità delle modifiche legislative del 2020.

La Cassazione ha chiarito che l’intera opera non poteva essere automaticamente classificata come “nuova costruzione” solo per un lieve incremento del 5,53%. I giudici di merito avrebbero dovuto valutare se tale intervento rientrasse nella nuova e più ampia nozione di ristrutturazione, applicando le disposizioni aggiornate del D.P.R. 380/2001. Queste norme, in particolare, consentono la ricostruzione nel rispetto delle distanze preesistenti, anche in presenza di incentivi volumetrici e ampliamenti fuori sagoma, proprio per non ostacolare interventi di miglioramento e adeguamento degli edifici.

Conclusioni

La pronuncia rappresenta un importante punto di riferimento per chiunque intenda intraprendere lavori di demolizione e ricostruzione. L’ordinanza stabilisce un principio cruciale: un intervento edilizio non diventa automaticamente una “nuova costruzione” soggetta alle rigide regole sulle distanze solo perché comporta un modesto aumento di volume. È necessario, invece, applicare il quadro normativo attuale, che mira a incentivare la riqualificazione del patrimonio edilizio.

I giudici, pertanto, devono analizzare il caso alla luce della legislazione più recente, che privilegia una nozione funzionale di ristrutturazione, legata agli obiettivi di sicurezza, efficienza energetica e rigenerazione urbana. La sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare la questione attenendosi a questi principi.

Un piccolo aumento di volume durante una ricostruzione la trasforma sempre in una “nuova costruzione” ai fini delle distanze legali?
No. Secondo la Cassazione, alla luce delle recenti riforme legislative (in particolare il D.L. n. 76/2020), un intervento di ricostruzione non si qualifica automaticamente come “nuova costruzione” solo per un lieve aumento di volume. Bisogna valutare se l’intervento rientra nella più ampia nozione di “ristrutturazione edilizia”, che ora permette modifiche volumetriche per l’adeguamento a normative antisismiche, per l’accessibilità o l’efficientamento energetico.

Le nuove norme sulle ristrutturazioni edilizie si applicano anche alle cause in corso?
Sì. La Corte di Cassazione ha censurato la Corte d’Appello proprio per non aver considerato le modifiche legislative intervenute nel 2020. Questo implica che i giudici devono applicare la normativa vigente al momento della decisione, inclusi i nuovi e più ampi criteri per definire un intervento come “ristrutturazione”, anche per fatti precedenti.

In caso di demolizione e ricostruzione, è possibile mantenere le distanze preesistenti anche se inferiori a quelle legali?
Sì, a determinate condizioni. L’art. 2-bis del D.P.R. 380/2001 stabilisce che la ricostruzione è comunque consentita nell’osservanza delle distanze legittimamente preesistenti. Questo è possibile anche con ampliamenti fuori sagoma o superamento dell’altezza massima, purché siano realizzati entro i limiti delle distanze preesistenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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