Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 17798 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 17798 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/07/2025
Oggetto: DISTANZE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 03514/2021 R.G. proposto da
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in San Sossio Baronia (AV), INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza n. 4631/2020, resa dalla Corte d’Appello di Napoli in data 25/11/2020, pubblicata il 31/12/2020 e notificata il 5/1/2021;
lette le conclusioni del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/05/2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
Con atto di citazione del 21/1/2010, NOME convenne in giudizio NOME COGNOME lamentando che il predetto aveva realizzato una nuova costruzione, in ampliamento di quella preesistente di mq. 46, parzialmente danneggiata dal sisma del 1962 e da quello del 1980, in violazione delle distanze legali tra fabbricati e dal confine, delle norme antisismiche e di quelle relative agli indici di fabbricabilità e di copertura prescritti dagli strumenti urbanistici vigenti e chiedendone la condanna all’arretramento e al risarcimento dei danni.
Costituitosi in giudizio, NOME COGNOME propose domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni per lite temeraria.
Con sentenza n. 251/14, depositata il 8/7/2014, il Tribunale di Benevento rigettò la domanda principale e quella riconvenzionale.
Il giudizio di gravame, instaurato da NOME, si concluse, nella resistenza di NOME COGNOME, con la sentenza n. 4631/2020, pubblicata il 31/12/2020, con la quale la Corte d’Appello di Napoli riformò la sentenza gravata, accogliendo, per quanto di ragione, la domanda attorea e condannando l’appellato all’arretramento del proprio fabbricato alla distanza di mt. 5 dal confine con la part. 842, foglio 3, di proprietà dell’appellante e alle spese del doppio grado del giudizio, ritenendo che l’edificio dell’appellato non consistesse in una mera ricostruzione del preesistente, ma in una nuova costruzione soggetta alla distanza dal confine di mt. 5,00, non essendovi pareti finestrate frontistanti.
Avverso la suddetta sentenza, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. NOME si difende con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Considerato che :
1.1 Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 31 della legge n. 457 del 1978, dell’art. 3 d.P.R. n. 380 del 2001, 2909 e delle norme regolamentari del P.R.G. del Comune di Fontanarosa, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito ritenuto che il fabbricato del ricorrente costituisse una nuova costruzione soggetta ai limiti delle distanze. Ad avviso del ricorrente, invece, i giudici avrebbero dovuto considerare che le norme sulle distanze stabilite per le nuove opere, in assenza di una loro espressa estensione, nello strumento urbanistico locale come quello di Avellino, alle ricostruzioni, avrebbero potuto essere applicate alle sole porzioni di fabbricato ricostruito eccedenti quelle preesistenti, da individuarsi, nella specie, nella porzione posta al primo piano e realizzata in corrispondenza di proprietà diversa da quella dell’attrice, con conseguente carenza di interesse della stessa ad ottenerne l’arretramento.
1.2 Il primo motivo è fondato.
Per costante giurisprudenza, occorre distinguere, ai fini delle distanze, tra ristrutturazione, ricostruzione e nuova costruzione.
Alla luce dei criteri di cui all’art. 31, comma 1, lettera d), della legge n. 457 del 5 agosto 1978 (poi trasposto nell’art. 3 del D.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), si ha, infatti, ristrutturazione allorché gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, interessino un edificio del quale sussistano e rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali e la copertura; si ha ricostruzione, invece, qualora dette componenti dell’edificio preesistente siano venute
meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, e l’intervento si traduca nell’esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell’edificio, né, in particolare, aumenti della volumetria o cambiamenti della sagoma in altezza o larghezza con riferimento al confine (Cass., Sez. 2, 08/05/2024, n. 12535; Cass., Sez. 2, 11/06/2018, n. 15041; Cass., Sez. 2, 11/2/2009, n. 3391; Cass., Sez. 2, 16/12/2004, n. 23458); si ha, infine, nuova costruzione, sottoposta, in quanto tale, alla disciplina in tema di distanze vigente al momento della relativa edificazione, quando si sia in presenza di detti aumenti (Sez. U, 19/10/2011, n. 21578).
La nozione di ricostruzione ha subito importanti cambiamenti in seguito alla modifica della lett. d) dell’art. 3, T.U. dell’Edilizia intervenuta con l’art. 10, comma 1, lett. b), del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, conv., con modif., dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, dettato ” al fine di semplificare e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, nonché di assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana, decarbonizzazione, efficientamento energetico, messa in sicurezza sismica e contenimento del consumo di suolo “, con il d.l. 1 marzo 2022, n. 17, conv., con modif., dalla legge 27 aprile 2022, n. 34, che ha posto come eccezione gli edifici situati in aree tutelate ai sensi dell’art. 142 del medesimo codice, e con il d.l. 17 maggio 2022, n. 50, conv., con modif., dalla legge 15 luglio 2022, n. 91, che ha sostituito il richiamo all’art. 142 con l’indicazione degli artt. 136, comma 1, lettere c) e d), e 142, in quanto, in virtù di essa, la ricostruzione non riguarda più i soli interventi di ‘ demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica ‘, ma contempla anche i casi in cui
l’intervento sia avvenuto con modifica di sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico e altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, con incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana.
Come osservato dalla Sez. 3, penale, di questa Corte, con la sentenza n. 1669 del 18/1/2023, il riportato ampliamento dell’ambito di operatività della nozione attuale di ristrutturazione, quand’anche riguardante manufatti crollati o demoliti e soggetti poi a “ripristino”, non ha fatto venir meno la ratio qualificante del suddetto intervento edilizio, ossia quella del recupero del fabbricato preesistente, con la conseguenza che lo stesso non può fare a meno di una certa continuità con l’edificato pregresso, come affermato dalla dottrina e dalla giurisprudenza (T.A.R. Veneto Sez. H n. 660 del 2 maggio 2022; T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna Sez. II, 16 febbraio 2022, n. 183; Consiglio di Stato, Sez. II, 6 marzo 2020 n. 1641), nonché, analogamente, da questa Suprema Corte (Cass., Sez. 3, n. 23010 del 10/01/2020, Rv. 280338-01), laddove ha precisato, ancorché rispetto a un quadro normativo non inclusivo ancora del citato d.l. del luglio 2020 n. 76, che l’art. 3, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001, che gli “interventi di ristrutturazione edilizia” non prescindono, né potrebbero, dalla necessità che venga conservato l’immobile preesistente, del quale deve essere comunque garantito il recupero, e che l’interpretazione della definizione di intervento di ristrutturazione edilizia deve essere aderente (e non tradire) la finalità di conservazione del patrimonio edilizio esistente, che lo contraddistingue rispetto all’intervento di “nuova costruzione” di cui alla successiva lettera
e), senza prestarsi all’elusione degli standard urbanistici vigenti al momento della riedificazione e applicabili in caso di nuova costruzione, come confermato dallo stesso art. 10, integrativo dell’art. 3, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 380 del 2001, laddove premette che le novelle introdotte rispondono ” al fine di semplificare e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, nonché di assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana, decarbonizzazione, efficientamento energetico, messa in sicurezza sismica e contenimento del consumo di suolo “.
Proprio con specifico riguardo agli interventi di demolizione e ricostruzione, la suddetta disposizione va correlata, per quanto qui interessa, al comma 1ter dell’art. 2 -bis , del medesimo d.P.R. n. 380 del 2001, aggiunto dall’art. 5, comma 1, legge n. 55 del 2019 poi così sostituito dall’art. 10, comma 1, lett. a), legge n. 120 del 2020, il quale stabilisce che ‘ In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nell’osservanza delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti ‘.
Con circolare, a firma congiunta del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e della Funzione Pubblica, del 2 dicembre 2020, sono stati dati alcuni chiarimenti interpretativi sulle modifiche al T.U. edilizia in materia di distanze in caso di interventi di demolizione e ricostruzione di edifici già esistenti e sulla definizione degli
interventi di ristrutturazione edilizia, precisandosi, innanzitutto, che « Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico », che « L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana » e che « costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza ».
Si è poi chiarito che « la modifica di cui sub a) amplia l’area degli interventi ricadenti nella nozione di ristrutturazione edilizia, individuando i parametri la cui modifica -a differenza di quanto previsto dalla previgente disciplina -non risulta rilevante ai fini della qualificazione di un intervento di demolizione e ricostruzione come ristrutturazione edilizia, piuttosto che come nuova costruzione », che sono possibili ora « incrementi di volumetria non solo per l’adeguamento alla normativa antisismica, ma anche per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico », salvo che si tratti di edifici vincolati ovvero ricadenti in zona A o assimilate, o per previsioni legislative e degli strumenti urbanistici che contemplino siffatti incrementi per finalità di ‘rigenerazione urbana’.
Si è, infine, chiarito che « le previsioni contenute nel comma 1ter dell’articolo 2 -bis del testo unico vanno lette nel contesto della disposizione in questione, che è specificamente intesa a disciplinare i casi in cui siano oggetto di demolizione e ricostruzione edifici preesistenti che risultino ‘legittimamente’ ubicati rispetto ad altri immobili in posizione tale da non rispettare specifiche norme in materia di distanze (ivi comprese quelle contenute nel d.m. n. 1444/1968), di guisa che non ne sarebbe consentita l’edificazione ex novo», sicché la ricostruzione è possibile col mantenimento delle distanze preesistenti « se non è possibile la modifica dell’originaria area di sedime e purché l’edificio originario fosse stato ‘legittimamente’ realizzato » (intendendosi con ciò sussistente un titolo edilizio), che « la previsione è testualmente riferita ad ‘ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici’, e quindi indipendentemente dalla ascrivibilità degli interventi alla categoria della ristrutturazione edilizia o a quella della nuova costruzione» e che «in questi casi sono consentiti gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento, anche fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, purché sia sempre rispettata la distanza preesistente », intendendosi con tale previsione « non ogni incremento volumetrico, ma solo quelli aventi carattere di ‘incentivo’, ad esempio perché attribuiti in forza di norme di ‘piano casa’ ovvero aventi natura premiale per interventi di riqualificazione ».
In sostanza, in virtù della ratio della lett. d) dell’art. 3, T.U. dell’Edilizia, così come modificata dall’art. 10, comma 1, lett. b), del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, conv., con modif., dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, data dall’esigenza di recuperare il patrimonio edilizio preesistente, il ripristino di edifici eventualmente crollati o demoliti e la loro ricostruzione, quando ne sia accertabile
la preesistente consistenza e non sia possibile modificare l’originaria area di sedime, può avvenire nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti anche quando siano stati realizzati ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, purché questi avvengano nell’ambito degli incentivi volumetrici riconosciuti per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico oppure per promuovere interventi di rigenerazione urbana, salvo che si tratti di edifici vincolati ovvero ricadenti in zona A o assimilate.
Nella specie, i giudici di merito hanno ritenuto violate le norme sulle distanze, sostenendo che il manufatto in esame costituisse una ricostruzione dell’edificio preesistente, con riguardo al quale non si applicavano le distanze prescritte dal vigente strumento urbanistico, che la distinzione tra ricostruzione e nuova costruzione andasse rinvenuta nell’aumento volumetrico rispetto all’immobile preesistente, che vi fosse stato, in questo caso, un lieve incremento di volumetria (5,53%) al primo piano e che pertanto l’intera opera dovesse considerarsi nuova costruzione ai fini delle distanze, con la conseguenza che, in assenza di pareti finestrate, andasse applicata la distanza di mt. 5 dal confine.
In tal modo, i giudici hanno del tutto pretermesso l’analisi e la portata delle modifiche intervenute nel 2020, con la conseguenza che la censura deve trovare accoglimento, dovendo essere valutato se, nella specie, trovino applicazione le disposizioni di cui al nuovo testo degli artt. 2bis 3 e 3 del D.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001.
Con il secondo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito accolto la domanda subordinata di arretramento del fabbricato fino
alla distanza di mt. 5 dal confine sul presupposto che il costruendo fabbricato distasse dal confine con la proprietà COGNOME solo cm. 9, senza invece considerare che l’intervento edilizio era consistito nella ricostruzione in sito dell’immobile preesistente realizzato nel rispetto della normativa antisismica e che il minimo distacco individuato costituiva un mero ‘giunto tecnico’, come rilevato nelle osservazioni al c.t.u., nella fase cautelare e nella comparsa di costituzione in appello, con la conseguenza che vi era stato un travisamento della prova.
Con il terzo motivo, si lamenta, infine, la violazione e falsa applicazione degli artt. 873 e ss. cod. civ. e 51.8 Norme del Regolamento urbano del Comune di Fontanarosa, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché i giudici di merito, quand’anche avessero considerato la costruzione nuova, avrebbero dovuto dichiarare che la stessa era stata realizzata in aderenza nel rispetto della locale disciplina urbanistica.
La seconda e terza censura restano assorbite dall’accoglimento della prima.
In conclusione, dichiarata la fondatezza del primo motivo e l’assorbimento del secondo e del terzo, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME