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Distanze tra costruzioni: la Cassazione e la CTU

In un caso di violazione delle distanze tra costruzioni, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di merito che condannava un proprietario alla riduzione in pristino del proprio terrazzo. La Corte ha stabilito che i giudici d’appello hanno errato nel qualificare l’opera come ‘nuova costruzione’ senza un’adeguata motivazione e discostandosi immotivatamente dalle conclusioni della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), che aveva escluso un aumento di volume. La causa è stata rinviata per un nuovo esame.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Distanze tra Costruzioni: Quando la Ristrutturazione Diventa Nuova Costruzione?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9802/2024, torna su un tema cruciale del diritto immobiliare: la disciplina delle distanze tra costruzioni. La pronuncia chiarisce i limiti del potere del giudice nel valutare la natura di un intervento edilizio e l’importanza fondamentale della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU). Il caso analizzato riguarda la ristrutturazione di un terrazzo che, secondo un vicino, si era trasformata in una nuova costruzione illegittima.

I Fatti del Caso

La controversia nasce tra due proprietari confinanti. Uno di essi avvia lavori di ristrutturazione sul proprio immobile, trasformando un terrazzo scoperto in un locale chiuso e coperto. Il vicino contesta l’opera, sostenendo che i lavori abbiano comportato un aumento di volume e altezza, la modifica della falda del tetto con sconfinamento sulla sua proprietà e un aggravio sulla stabilità del muro comune. Di conseguenza, si rivolge al Tribunale per ottenere la demolizione dell’opera (riduzione in pristino) e il risarcimento dei danni.

Il Percorso Giudiziario

In primo grado, il Tribunale rigetta la domanda, ritenendo che i lavori rientrassero in una manutenzione straordinaria eseguita in conformità con i titoli abilitativi e che non vi fosse stato un aumento volumetrico. La Corte d’Appello, invece, ribalta la decisione. Riqualifica l’intervento come ‘nuova costruzione’, basandosi sull’analisi di documenti grafici e fotografici e concludendo che l’opera, avendo comportato un aumento di estensione in altezza e ampiezza, violava le norme sulle distanze tra costruzioni. Condanna quindi il proprietario alla riduzione in pristino del terrazzo e al risarcimento dei danni.
Contro questa sentenza, il proprietario soccombente propone ricorso in Cassazione.

La Valutazione delle Distanze tra Costruzioni e il Ruolo della CTU

La Corte di Cassazione accoglie il motivo di ricorso principale, censurando profondamente la decisione della Corte d’Appello. Il punto centrale della critica risiede nel modo in cui i giudici di secondo grado hanno gestito la valutazione tecnica. Essi hanno concluso per un aumento di volumetria, qualificando l’opera come ‘nuova costruzione’, senza però confrontarsi adeguatamente con le risultanze della CTU disposta in primo grado, la quale aveva escluso tale aumento.

La Suprema Corte ricorda che, sebbene il giudice sia ‘peritus peritorum’ (l’esperto degli esperti), non può semplicemente ignorare o disattendere le conclusioni del consulente tecnico senza fornire una motivazione solida, logica e scientificamente fondata. Nel caso di specie, la Corte d’Appello si è limitata a una valutazione autonoma dei documenti, senza spiegare perché le conclusioni del CTU fossero errate.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha individuato diverse criticità nella sentenza d’appello:
1. Mancanza di Motivazione: La decisione non chiarisce da quali elementi concreti sia stato desunto l’aumento di volumetria, in contrasto con quanto accertato tecnicamente in primo grado.
2. Contraddittorietà: La sentenza appariva contraddittoria, poiché, pur rilevando un aumento sia in altezza che in ampiezza, ordinava solo l’arretramento del manufatto e non anche il suo abbassamento.
3. Ineseguibilità del Dispositivo: L’ordine di demolizione era vago e impreciso, facendo riferimento ai titoli abilitativi (SCIA) per definire i limiti della riduzione in pristino, rendendo di fatto il comando del giudice incerto e ineseguibile.

La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata, affermando che il giudice di merito, quando si discosta da una CTU, ha l’obbligo di motivare adeguatamente, dimostrando di poter risolvere i problemi tecnici sulla base di criteri corretti e senza limitarsi a ignorare l’istanza di approfondimento tecnico.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: nei contenziosi edilizi, la valutazione tecnica è un pilastro del processo decisionale. Il giudice non può sostituirsi al tecnico senza una giustificazione robusta. La decisione di qualificare un’opera come ‘nuova costruzione’ ai fini delle distanze tra costruzioni deve fondarsi su prove concrete e un’analisi rigorosa, non su valutazioni superficiali o non adeguatamente motivate. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi stabiliti dalla Cassazione, dando il giusto peso alle risultanze tecniche.

Quando una ristrutturazione è considerata “nuova costruzione” ai fini delle distanze legali?
Una ristrutturazione viene considerata una “nuova costruzione” quando comporta un aumento della volumetria o una variazione rispetto alle dimensioni originarie dell’edificio, e non semplici modifiche interne. In tal caso, è soggetta al rispetto delle norme sulle distanze.

Un giudice può ignorare le conclusioni di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU)?
Sì, il giudice ha il potere di discostarsi dalle conclusioni del CTU, ma deve fornire una motivazione adeguata e dettagliata che spieghi le ragioni della sua diversa valutazione, dimostrando di poter risolvere i problemi tecnici sulla base di criteri corretti e non arbitrari.

Cosa succede se una sentenza che ordina una demolizione è imprecisa?
Se il dispositivo di una sentenza, cioè la parte che contiene l’ordine del giudice, è incerto, impreciso o contraddittorio con la motivazione, può essere considerato ineseguibile. Questa indeterminatezza costituisce un vizio della sentenza, che può portarne alla cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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