Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9802 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9802 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al R.G.N. 13473-2019 proposto da:
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME, giusta procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
NOME , rappresentato e difeso, giusta procura speciale in atti, dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 320/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 19/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/03/2023 dal Consigliere AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, proprietario di un immobile sito nel Comune di Cocconato, conveniva in giudizio il proprietario confinante NOME COGNOME, asserendo che nel periodo primavera -estate 2014 lo stesso aveva eseguito opere interne ed esterne comprendenti la rimozione della copertura provvisoria del terrazzo aperto sui tre lati al fine di ricavarne un locale chiuso ed al fine di aumentare volume ed altezza del proprio fabbricato mediante la fruizione di un volume non autorizzato; che nel corso de ll’esecuzione de i lavori, aveva demolito e ricostruito la nuova falda del tetto verso INDIRIZZO tagliando la struttura lignea del tetto del fabbricato di parte attrice e ricavato un cornicione di aggetto maggiore del preesistente, con l’effetto di dovere modificare lo scarico della grondaia. Affermava inoltre che fossero state tagliate alcune travi destinate a reggere il tetto della sua proprietà e che ciò avesse alterato la chiusura di due sottotetti al fine di evitare il collegamento tra le due proprietà. Lamentava una serie di lavori con i quali il convenuto aveva creato una sopraelevazione del proprio fabbricato verso INDIRIZZO ed anche verso la proprietà attorea, sconfinando con l’aggetto delle falde del tetto e sul terrazzo di parte attrice. Denunciava come detta sopraelevazione, in ragione del maggior volume e del maggior peso gravante sul vecchio muro comune, incidesse sulla stabilità dello stesso.
NOME COGNOME adiva, quindi, il Tribunale di Asti per sentire accertare la realizzazione delle opere illegittime ed ottenere la condanna alla rimessione al pristino stato a regola d’arte, previa rimozione di ogni manufatto illegittimamente realizzato, con l’eliminazione di ogni sconfinamento, danno e pericolo, con risanamento e bonifica della cisterna destinata alla raccolta dell’acqua , nella quale erano stati posizionati dal COGNOME i detriti. Instava, inoltre, per la condanna del convenuto, a titolo di risarcimento del danno subito, al pagamento della somma occorrente alla realizzazione delle opere suddette, nonché alla rifusione del danno ulteriore, indicato in
via approssimativa in euro 10.000,00 oltre alla rifusione delle spese di giudizio.
Il convenuto, nel costituirsi in giudizio, chiedeva il rigetto delle domande attoree.
Con sentenza n. 306/2017, il Tribunale di Asti rigettava le domande attoree, qualificate di natura aquiliana, ritenendole sfornite di prova; escludeva che la ristrutturazione della terrazza avesse determinato un aumento volumetrico; riteneva che il convenuto, oltre ad eseguire le opere attenendosi alle prescrizioni di cui ai titoli abilitativi, non avesse proceduto alla chiusura totale della terrazza in parola e rigettava l’attribuzione a gli interventi strutturali eseguiti della natura di atti emulativi ex art. 833 c.c., dato che il COGNOME aveva eseguito le opere di manutenzione straordinaria sul proprio immobile proprio allo scopo di ottenerne, tramite il rialzo , un’utilità , con l’esclusione, quindi, dello scopo di nuocere o recare pregiudizio ad altri.
Proponeva appello NOME COGNOME sulla base di quattro motivi.
Con la sentenza n. 320/2019 la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell’appellato, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha accolto la domanda di riduzione in pristino proposta da NOME COGNOME, condannando NOME COGNOME alla riduzione in pristino, nella forma dell’arretramento del fabbricato (ossia il terrazzo coperto) fino alla misura corrispondente a quella stabilita per le distanze dal codice civile o dai regolamenti in ordine alle opere eseguite dall’appellato in base ai titoli abilitativi (SCIA in data 03/12/2013 e SCIA in variante 26/09/2015). Ha condannato inoltre l ‘appellato al risarcimento dei danni cagionati da tale stato di cose all’appellante, liquidati in euro
4.500 oltre interessi legali dalla domanda al saldo oltre al rimborso delle spese di lite.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.
Ha resistito con controricorso NOME COGNOME, il quale, in prossimità dell’udienza, ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo è così rubricato: ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. Omessa pronuncia della sentenza di appello in punto di eccezione di inammissibilità -nullità dell’atto di impugnazione avversario per indeterminatezza dei suoi motivi, in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 3, 4 e 5 c.p.c. ‘
Con tale mezzo il ricorrente deduce che la sentenza impugnata risulta viziata per avere il giudice omesso di pronunciarsi sull’ammissibilità dell’atto di impugnazione dell’appellante , nel quale non erano state specificate le parti di sentenza di primo grado che si intendono appellare e le modifiche che venivano richieste per la ricostruzione del fatto, con conseguente violazione dell’art. 342 c.p. c.
2.Il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 873 c.c., l’o messa, insufficiente e contraddittoria motivazione relativamente alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio posta a base della decisione impugnata in punto di aumento della volumetria della terrazza e violazione delle distanze tra costruzioni, in relazione all’art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c.
Con il motivo il ricorrente censura la decisione del giudice a quo individuando una motivazione erronea e frutto di valutazione superficiale nell’affermazione che il risanamento del terrazzo abbia comportato un aumento della volumetria, con conseguente configurazione di una nuova costruzione. La Corte distrettuale non ha tenuto in considerazione che le originarie intenzioni progettuali del COGNOME sono state modificate, essendo il terrazzo su due lati senza chiusura tramite finestratura. Inoltre la Corte, sulla base delle risultanze fotografiche allegate, ha ritenuto che la falda del tetto di
copertura sia stata non solo sopraelevata ma anche allargata ‘oltre la linea di confine’ . Si evince invece, sia dai disegni progettuali che dai rilievi fotografici allegati alle perizie, che: a) la sopraelevazione della tettoia di 50 cm ha riguardato solo la parte discendente della copertura verso la INDIRIZZO di INDIRIZZO e non tutta la copertura; b) la tettoia in plexiglas già sbordava verso la proprietà di NOME; c) l”unica variazione della nuova copertura è che la sua lunghezza è costante, mentre pri ma dell’intervento la lunghezza (di sconfinamento) variava da 10 cm per arrivare fino a 30 cm. verso il lato di INDIRIZZO . Quindi, la sagoma del l’edificio del ricorrente è rimasta immutata e non ha subito alcuna variazione sostanziale. Posto che la decisione non coincide con i rilievi della CTU, il giudice avrebbe dovuto disporre un supplemento di perizia con relativa integrazione del quesito.
3.Con il terzo motivo si contesta la contraddittoria motivazione relativamente alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio in punto di taglio degli ‘ arcarecci ‘ (travi secondarie) e in ordine alla quantificazione del danno, in relazione all’art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c.
Per quanto concerne il taglio degli ‘arcarecci’ di 15 cm, il ricorrente censura i passaggi argomentativi della sentenza in quanto gli stessi risultano in contrasto non solo con le risultanze della CTU, ma anche con le difese di controparte che aveva ravvisato un danno per il timore che tale taglio avesse menomato la stabilità del suo tetto. Infatti, il CTU ha esposto che ‘ per quanto ispezionato sui luoghi e per quanto indicato in precedenza è possibile, perciò, asserire che il taglio degli elementi lignei i ndicati non ha all’attualità pregiudicato o compromesso la stabilità della struttura di copertura di proprietà COGNOME né potrà farlo in futuro ‘ . Il giudice di appello, esorbitando le richieste del COGNOME, pur escludendo ogni danno da instabilità strutturale, ha affermato contraddittoriamente che il taglio degli arcarecci abbia menomato l’utilità degli elementi lignei, liquidando un danno che non è risultato provato.
4.Il primo motivo è in parte inammissibile, in parte infondato.
Si deve anzitutto rilevare che il vizio è mal posto, visto che il ricorrente prospetta nella rubrica l’omessa pronuncia sull’eccezione di
inammissibilità/nullità dell’atto di appello, indifferentemente, in relazione ai nn. 3, 4 e 5 dell’art. 360 c.p.c., insistendo nella illustrazione del motivo proprio sulla omessa pronuncia. Il ricorrente si duole, più specificamente, che la Corte distrettuale avrebbe dovuto argomentare sull’eccezione proposta dall’appellato COGNOME invece di omettere completamente ogni motivazione sul punto quando il mancato esame da parte del giudice, sollecitato dalla parte, di una questione puramente processuale, come, per l’appunto, quella dell’inammissibilità dell’appello proposto, non può mai dare luogo al vizio di omessa pronunzia, che è configurabile con riferimento alle sole domande di merito (Cfr. Cass. n. 14276/2017).
4.1.La censura appare comunque anche infondata.
Come risulta dalla parte della sentenza in cui si riportano i motivi di appello (pag. 3 e 4), questi risultano adeguatamente prospettati e le argomentazioni sono rivolte a censurare con grado di sufficiente specificazione e comprensibilità i passaggi argomentativi della sentenza di primo grado, tenuto conto che la valutazione del giudice del gravame -quanto al rispetto dell’art. 342 c.p.c. – deve essere ‘ condotta alla luce del raffronto tra la motivazione del provvedimento appellato e la formulazione dell’atto di gravame, nel senso che quanto più approfondite e dettagliate risultino le argomentazioni del primo, tanto più puntuali devono profilarsi quelle utilizzate nel secondo per confutare l’impianto motivazionale del giudice di prime cure ‘ (Cass. n. 4695/2017). Nel caso de quo , l’appellante premette che proprio la pervasività degli errori che hanno inficiato l’impianto della sentenza gravata -che sarà poi ribaltata dal giudice di seconde cure -rendeva difficile l’enucleazione delle singole parti e, dunque, il dialogo con la decisione.
Costituisce giurisprudenza consolidata che ‘ colui il quale intenda proporre appello non è obbligato ad indicare i passi della motivazione (della sentenza impugnata) da censurare, le modifiche da apportare alla stessa (…) e ad esporre un progetto alternativo di sentenza ‘ (Cass. SS. UU n. 27199/2017; Cass. n. 10916/2017), tenuto conto -anche nella vigenza dell’art. 342 c. p.c. – della permanente natura di
“revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass. S.U. n. 36841/2022).
È evidente che, pur in assenza di un esplicito deliberato, le denunciate carenze dell’atto di appello non hanno impedito alla Corte territoriale di esaminare nel merito le censure rivolte alla sentenza dall’appellante e di accoglierle. Conseguentemente, può dirsi che, implicitamente, la Corte torinese abbia risolto la questione dell’inammissibilità dell’appello in senso negativo, posto che non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancanza di espressa statuizione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (Cass. Sez. V, n. 15172/2009).
5.Il secondo motivo è invece fondato e merita accoglimento.
La Corte di Appello ha constatato che il COGNOME ha demolito una precaria tettoia preesistente, sostituita dalla realizzazione di un terrazzo in muratura, coperto in coppi, con sopraelevazione di 50 cm. della falda del tetto (e una conseguente maggiore estensione in altezza e in ampiezza). La falda del tetto costruita in luogo della preesistente tettoia precaria avrebbe superato la linea di confine tra le proprietà delle due parti in causa, aggettando verso la proprietà COGNOME.
La Corte di appello è pervenuta a questi esiti analizzando direttamente i documenti grafici prodotti in atti e i rilievi fotografici, riprodotti anche in sentenza ‘ per comodità di lettura ‘ e ha desunto che l’opera realizzata integri la realizzazione di una nuova costruzione, soggetta all’obbligo delle distanze , invocando la distinzione tra ricostruzione e nuova costruzione tracciata dalle Sezioni Unite di questa Corte che hanno differenziato la semplice “ristrutturazione”, che ‘ si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano e rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura ‘ dalla “ricostruzione”, che si verifica ‘ allorché dell’edificio preesistente siano
Ric. 2019 n. 13473 sez. S2 – Ad. 15-03-2023
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venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l’intervento si traduca nell’esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell’edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di “nuova costruzione”, come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento della medesima ‘ (Cass. S.U. n. 21578/2011).
La decisione è errata per più motivi:
-a) l ‘ aumento di volumetria è stato tratto dall’osservazione dello schema progettuale e della realizzazione effettiva, dalla quale è emerso che l’opera ‘ costruita in sostituzione risulta essere stata costruita con una maggiore estensione in altezza e quindi anche in ampiezza, essendo la falda del tetto sopraelevata di 50 cm rispetto a quella preesistente ‘, laddove il primo giudice aveva ritenuto di escludere questo esito sulla scorta del rilievo che il COGNOME aveva realizzato l’opera in conformità dell e due SCIA e non avesse proceduto alla chiusura totale della terrazza e di fronte alle conclusioni del CTU che aveva escluso l’aumento di volumetria, come sostenuto anche dal ricorrente, che sostiene che il vano è chiuso da finestre solo su due lati.
Se la decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio costituisce ‘ un potere discrezionale del giudice, lo stesso che è comunque tenuto a motivare adeguatamente il rigetto dell’istanza di ammissione proveniente da una delle parti, dimostrando di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potersi limitare a disattendere l’istanza sul presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza avrebbe potuto accertare ‘ ( Cass n. 25851/2018, in motiv.).
Niente di tutto questo si rinviene nella decisione impugnata, nella quale il giudice agisce direttamente quale ‘peritus peritorum’, ma senza chiarire da dove desume l’aumento di volumetria e non si confronta con le risultanze della CTU e della decisione di primo grado
che invece l’avevano escluso . Sussiste nella specie, come sostenuto dal ricorrente, la mancanza di motivazione sull’aumento di volumetria;
la sentenza appare contraddittoria laddove ritiene realizzato un aumento di volume e quindi un’estensione della tettoia sia in altezza sia in ampiezza, quando l’art. 873 c.c. (la cui violazione nella specie sussiste) dispone di arretrare, non già anche di abbassare il manufatto;
ne è derivato un dispositivo della sentenza incerto e non preciso, oltre che contradditorio con la motivazione, privo di indicazioni sulle modalità di demolizione (e dunque ineseguibile), per il quale NOME COGNOME viene condannato alla ‘ riduzione in pristino nella forma dell’arretramento del fabbricato (i.e., terrazzo coperto) fino alla misura corrispondente a quella stabilita per le distanze dal codice ovvero da regolamenti locali se difformi in ordine alle opere eseguite dell’appellato in Comune di Cocconato, in base alla Scia del 03/12/2013 (Prot. 5322) e Scia in variante 26/09/2015 ‘.
d) il giudice quo -venendo meno al principio iura novit curia – non ha verificato neppure in concreto la normativa locale applicabile, ritenendo irrilevanti le disposizioni ‘ della legislativa urbanistica minuta che presidiano la tutela di interessi generali urbanistici ‘, ed ha affermato che tutti gli atti amministrativi abilitativi ai fini dell’esecuzione delle opere atti esauriscono la loro rilevanza nell’ambito dei rapporti pubblicistici amministrativi penali o fiscali senza estendersi ai rapporti tra privati (ma le due SCIE depositate dal controricorrente vengono espressamente richiamate in dispositivo per stabilire i confini della domanda di riduzione in pristino).
Alla luce di quanto argomentato, la decisione impugnata merita di essere cassata e il giudice del rinvio, che si individua nella Corte di Appello di Torino in diversa composizione, dovrà compiere un nuovo esame e attenersi ai principi di diritto sopra esposti.
6.I n conseguenza dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso, il terzo perde di rilevanza decisoria e deve essere dichiarato assorbito.
7.In conclusione, in relazione al motivo accolto, la causa va rinviata alla Corte di appello di Torino in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
la Corte rigetta il primo motivo; accoglie il secondo motivo e dichiara assorbito il terzo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda