Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12670 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12670 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18523/2020 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME -ricorrente- contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n.410/2020 depositata il 31.1.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.3.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con citazione del 19.2.1999, Napolitano NOME conveniva Vetrano Saverio innanzi al Tribunale di Nola. L’attrice, premettendo di essere proprietaria di un appartamento sito in Camposano, lamentava che il confinante convenuto aveva sopraelevato il proprio fabbricato in violazione delle distanze prescritte dal P.R.G. adottato nel 1990 per la zona B1 (residenziale satura), in cui ricadevano le proprietà delle parti e, pertanto, ne domandava la condanna alla demolizione di quanto illegittimamente edificato.
Si costituiva in giudizio COGNOME, resistendo alle avverse pretese.
Con sentenza n. 2248/2011, previo espletamento di CTU, il Tribunale adito rigettava la domanda attorea, inquadrando l’immobile del Vetrano nella zona B (agricola) del Piano di Fabbricazione approvato con D.P.G.R. n. 4164 del 20.10.1977, ritenuta non soggetta all’applicazione della distanza minima di 10 metri tra fabbricati ai sensi dell’art. 9 del D.M. n. 1444/68.
Con citazione del 21.12.2011, COGNOME NOME interponeva appello avverso detta sentenza. COGNOME NOME resisteva al gravame.
Nelle more del giudizio decedeva l’appellato e il processo veniva riassunto nei confronti dei suoi eredi, collettivamente e impersonalmente, dei quali si costituiva soltanto COGNOME NOME.
Con sentenza n. 410/2020 del 6.12.2019/31.1.2020, la Corte d’Appello di Napoli accoglieva il gravame e condannava COGNOME all’arretramento delle opere in sopraelevazione realizzate a distanza inferiore a quella di dieci metri tra pareti finestrate dell’art. 9 del D.M. n. 1444/1968. Il Giudice di secondo grado, sulla scorta di una nuova consulenza tecnica d’ufficio, rilevava che, al
tempo del rilascio della concessione edilizia ai fini della sopraelevazione del Vetrano, era in vigore il regolamento edilizio adottato dal Commissario ad acta con delibere nn. 1/90 e 2/90, approvato con D.P.A.P. n. 431 del 27.5.1997, annesso al Piano di Fabbricazione del 20.10.1977, ed il P.R.G. adottato con la delibera del Consiglio Comunale di Camposano n. 40 del 25.5.1997, con conseguente operatività delle relative misure di salvaguardia.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME ha proposto ricorso a questa Corte, articolato su tre motivi, e NOME NOME ha resistito con controricorso.
Nell’imminenza dell’adunanza camerale, il solo ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso sollevata dalla controricorrente, in quanto il ricorso consente di individuare i passi della motivazione della sentenza censurati, e non è volto esclusivamente ad ottenere l’inclusione della sopraelevazione contestata in una zona territoriale piuttosto che in un’altra.
1) Col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, nn. 3) e 5) c.p.c., il ricorrente lamenta la violazione, falsa e/o errata applicazione degli artt. 872 e 873 cod. civ., nonché l’errata individuazione della normativa regolamentare in materia di distanze vigente nel Comune di Camposano all’epoca della costruzione del sottotetto per cui è causa. La Corte territoriale avrebbe erroneamente individuato la normativa vigente al momento del rilascio al dante causa dell’odierno ricorrente, da parte del Comune di Camposano, della concessione edilizia per la sopraelevazione del proprio fabbricato, non sollecitando alcuna richiesta di informazioni all’Ente pubblico, ai fini chiarificatori ex art. 213 c.p.c., né consultando il sito internet comunale, dal quale emergeva la corretta cronistoria della normativa urbanistica.
Il primo motivo attiene all’errata individuazione della normativa regolamentare in materia di distanze, vigente nel Comune di Camposano, all’epoca della costruzione del sottotetto contestato, ed è infondato.
In realtà l’impugnata sentenza ha rilevato che all’epoca della sopraelevazione, iniziata entro l’anno dal rilascio della concessione edilizia n. 54 dell’1.10.1997, certamente in corso alla data della notifica dell’atto di citazione di primo grado del 19.2.1999, e ultimata entro l’1.10.2000, era in vigore il Piano di Fabbricazione approvato con D.P.G.R. n. 4164 del 20.10.1977, che collocava la sopraelevazione in questione in zona agricola B con annesso regolamento edilizio approvato il 27.5.1997, ed era stato altresì adottato il PRG con la delibera del Consiglio comunale di Camposano n. 40 del 25.7.1997, le cui misure di salvaguardia erano applicabili nonostante la mancata approvazione, che collocava la sopraelevazione de qua in zona B1 (residenziale satura), mentre il punto 61.5 del regolamento edilizio comunale consentiva di derogare alle distanze minime previste dall’art. 9 del D.M. n. 1444/1968 solo per i volumi tecnici non abitabili, laddove nella specie la sopraelevazione, benché la concessione edilizia fosse stata rilasciata per un mero sottotetto termico, costituiva nella realtà una nuova costruzione abitabile, in quanto tale soggetta alla distanza di dieci metri tra pareti finestrate stabilita dall’art. 9 del D.M. n.1444/1968.
La sentenza impugnata ha poi aggiunto, che non sarebbe stata provata dall’attuale ricorrente la mancata approvazione del PRG adottato il 25.7.1997, e che comunque tale mancata approvazione doveva ritenersi irrilevante, in quanto alla data della realizzazione della sopraelevazione operavano comunque le misure di salvaguardia di quel piano regolatore.
In realtà l’individuazione della normativa sulle distanze applicabile doveva essere compiuta dalla Corte d’Appello anche d’ufficio per il
principio iura novit curia, in quanto ‘le prescrizioni dei piani regolatori generali e degli annessi regolamenti comunali edilizi, che disciplinano le distanze nelle costruzioni, anche con riguardo ai confini, sono integrative del codice civile ed hanno, pertanto, valore di norme giuridiche (anche se di natura secondaria), sicché il giudice, in virtù del principio iura novit curia, deve acquisirne diretta conoscenza d’ufficio, quando la violazione di queste sia dedotta dalla parte ‘ (Cass. ord. 14.12.2022 n. 36543), e dal certificato di destinazione urbanistica del 22.3.2018 era comunque desumibile che il PRG adottato dal Comune di Camposano il 25.7.1997 non era poi stato approvato, ma dal momento che il suddetto ente pubblico aveva comunque provveduto, sia col Piano di Fabbricazione del 1977, che col PRG del 25.7.1997, all’individuazione delle zone territoriali omogenee, si era comunque verificato il presupposto della sostituzione della distanza tra pareti finestrate dell’art. 9 del D.M. n.1444/1968 alle eventuali più favorevoli prescrizioni della normativa locale.
Secondo l’indirizzo di questa Corte, infatti (vedi Cass. 29.4.2024 n. 11456), ” le prescrizioni del D.M. n. 1444 del 1968 necessitano, per la loro applicazione, della previa emanazione degli strumenti urbanistici locali, con i quali i comuni individuano le zone territoriali omogenee. Una volta che i comuni abbiano proceduto alla pianificazione del territorio, effettuando la ripartizione per zone omogenee, le distanze minime sono quelle previste dall’art. 9 del citato D.M. n.1444 del 1968, sia nel caso in cui lo strumento urbanistico preveda distanze inferiori, sia nel caso di assenza di previsioni sul punto.
Nella prima ipotesi, questa Corte ha da tempo affermato che si verifica l’inserimento automatico della norma cogente di cui al D.M. n. 1444 del 1968 in sostituzione della illegittima previsione di distanze inferiori a quella minima (Cass. sez. un. 7.7.2011 n.14953).
Nella seconda ipotesi, quando cioè lo strumento urbanistico non contenga previsioni al riguardo, ragioni di ordine sistematico e di interpretazione conforme impongono l’analoga conclusione, della inserzione automatica della disciplina dettata dal richiamato decreto’ .
Questa Corte, del resto, ha precisato come il D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 (emanato in esecuzione della norma sussidiaria della L. 17 agosto 1942, n.1150, art. 41 quinquies , introdotto dalla legge 6 agosto 1967, n. 765), ed in particolare l’art. 9 di tale decreto, impone determinati limiti edilizi ai comuni nella formazione o nella revisione degli strumenti urbanistici, ma non è immediatamente operante nei rapporti tra privati. Ciò significa, però, che i limiti in tema di distanze prescritti dall’art. 9 del D.M. citato non sono direttamente applicabili nei rapporti tra privati finché non siano stati inseriti negli strumenti appositamente formati o revisionati, mentre l’adozione, da parte degli enti locali, di strumenti urbanistici contrastanti con la citata norma (come appunto avvenuto nel caso per cui si è in lite, con l’adozione ed approvazione del Piano di Fabbricazione, e poi con l’adozione del PRG del 25.7.1997) fa insorgere l’obbligo per il giudice di merito non solo di disapplicare le disposizioni illegittime, ma proprio di applicare immediatamente la disposizione del menzionato articolo 9, divenuta, per inserzione automatica, parte integrante dello strumento urbanistico, in sostituzione della norma illegittima che è stata disapplicata (Cass. 14.11.2016 n. 23136; Cass. 31.12.2014 n. 27558; Cass. 30.3.2006 n. 7563), e ciò indipendentemente dalla data in cui i regolamenti comunali del Comune di Camposano hanno previsto l’inderogabilità in tutto il territorio comunale delle distanze previste dall’art. 9 del D.M. n. 1444/1968.
2) Col secondo motivo, articolato in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c., si denuncia la sentenza di seconde cure per omesso esame di un fatto storico principale. La Corte di Appello avrebbe
omesso di rilevare la vigenza, all’epoca della concessione edilizia a Vetrano Saverio, del Piano di Fabbricazione del 1976, con annesso Regolamento Edilizio, con conseguente classificazione dell’area in cui ricadono i fabbricati per cui è causa come ‘Zona Bianca’, all’interno della quale l’intervento edilizio di sopraelevazione realizzato da Vetrano Saverio era da considerarsi pienamente legittimo.
Col secondo motivo di ricorso, si invoca il vizio dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., in quanto si assume che la Corte d’Appello non avrebbe correttamente letto ed interpretato i certificati di destinazione urbanistica del 28.11.1991 (che prevedeva che la sopraelevazione contestata ricadesse in zona agricola secondo il Piano di Fabbricazione approvato con D.P.G.R. n. 4164 del 20.10.1977 ed il regolamento edilizio approvato il 27.5.1997), del 23.7.1999 (che prevedeva che la sopraelevazione ricadesse in zona B1 residenziale satura secondo le previsioni del P.R.G. adottato con la delibera del Consiglio comunale di Camposano n. 40 del 25.7.1997) e del 22.3.2018 (che prevedeva che alla luce del Piano Stralcio per l’assetto idrogeologico pubblicato il 27.5.2002, del PRG approvato con decreto del Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Napoli n. 563 del 5.7.2007 e della variante al PRG approvata con delibera del Consiglio comunale n. 50 del 27.12.2013, la sopraelevazione ricadesse in zona bianca, ossia priva di pianificazione urbanistica), quest’ultimo prodotto con le note critiche alla CTU espletata in secondo grado.
Si duole il ricorrente che la Corte d’Appello, sulla base della CTU espletata, abbia ritenuto erroneo il certificato di destinazione urbanistica del 22.3.2018, potendosi qualificare come zone bianche solo le aree per le quali era stata dettata a livello di PRG una disciplina vincolistica successivamente decaduta per mancata attuazione nel quinquennio e quindi di piani attuativi in tutto, o in parte non eseguiti, zone bianche comunque soggette alle
prescrizioni dell’art. 4 ultimo comma della L. n. 10/1977, poi confluite nell’art. 9 comma 1° lettere a) e b) del D.P.R. n.380/2001, non contenenti norme sulle distanze, ed abbia invece considerato i precedenti certificati di destinazione urbanistica del 28.11.1991 e del 23.7.1999, senza assumere informazioni ex art. 213 c.p.c. dal Comune di Camposano per chiarire il contrasto tra i menzionati certificati di destinazione urbanistica.
Il secondo motivo é inammissibile, in quanto anche a voler ritenere che il ricorrente abbia inteso dolersi della mancata considerazione delle situazioni rappresentate nei tre certificati di destinazione urbanistica summenzionati, e non dei documenti in sé, posto che l’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. è invocabile per l’omessa considerazione di fatti storici primari, o secondari decisivi e non di documenti, nella specie è del tutto evidente che la sentenza impugnata non ha omesso di considerare le situazioni rappresentate nei certificati in questione, avendo fatto propria la valutazione espressa dal CTU sopra sintetizzata, che semplicemente non è quella auspicata dal ricorrente, non potendosi richiedere in questa sede un nuovo giudizio di fatto che porti a collocare la sopraelevazione in contestazione in una zona territoriale omogenea diversa da quella ritenuta dalla Corte d’Appello.
Va detto poi che l’esercizio del potere, previsto dall’art. 213 c.p.c., di richiedere d’ufficio alla P.A. le informazioni relative ad atti e documenti della stessa che sia necessario acquisire al processo, costituisce una facoltà rimessa alla discrezionalità del giudice, il mancato ricorso alla quale non è censurabile in sede di legittimità (Cass. 20.12.2019 n. 34158), ed anche la più recente giurisprudenza di questa Corte, che ha ammesso la sindacabilità ex art. 360 comma primo n. 4) c.p.c. della mancata assunzione di informazioni ex art. 213 c.p.c., nel caso in cui si tratti di informazioni che solo tramite il giudice potrebbero essere acquisite
dalla P.A., esige che vi sia stata una richiesta di parte in tal senso disattesa (vedi Cass. 9.1.2025 n. 525), laddove nel caso di specie non è stata allegata la richiesta di parte e non é stato invocato il vizio di motivazione.
3) Col terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., il ricorrente si duole della violazione, falsa e/o errata applicazione dell’art. 9 del D.M. n.1444 del 1968 alla luce della Legge n. 55/2019 di conversione del D.L. n.32/2019 (Decreto Sblocca Cantieri). Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe dovuto valutare l’incidenza sul caso di specie della norma di interpretazione autentica dell’art. 9 D.M. n. 1444/68, introdotta dalla Legge n. 55/2019, di conversione del D.L. 32/2019, in virtù della quale la distanza minima di 10 metri tra fabbricati non sarebbe applicabile alla zona in cui ricadono le particelle del Vetrano e della Napolitano.
Il terzo motivo è infondato, in quanto l’art. 5 della L. 14.6.2019 n.55 ha fornito l’interpretazione autentica dell’art. 9 del D.M. n.1444/1968 solo per i fabbricati ricadenti in zona di nuova espansione (zona C), e quindi non per la sopraelevazione oggetto di causa, non ricadente nella suddetta zona territoriale.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico di COGNOME Alfredo.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, rigetta il ricorso di COGNOME NOME e lo condanna al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per spese ed €4.500,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui
all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto. Così deciso nella camera di consiglio del 19.3.2025