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Distanze tra costruzioni: la Cassazione chiarisce

Un proprietario di un immobile ha contestato la violazione delle distanze tra costruzioni da parte di un’impresa edile. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha stabilito principi fondamentali per il calcolo: la misurazione va effettuata considerando l’intera facciata degli edifici e non solo le parti prospicienti, e deve includere anche elementi aggettanti come gli sbalzi tamponati, in quanto parte integrante della sagoma del fabbricato.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Distanze tra costruzioni: la Cassazione chiarisce i criteri di misurazione

L’ordinanza n. 7604/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui criteri per il calcolo delle distanze tra costruzioni, un tema cruciale nel diritto immobiliare e urbanistico. La Corte ha ribadito che la misurazione deve essere effettuata in modo rigoroso, tenendo conto dell’intera estensione dei fabbricati e degli elementi che ne costituiscono la sagoma, come gli sbalzi tamponati. Questa pronuncia cassa la decisione della Corte d’Appello, stabilendo principi chiari a tutela della corretta pianificazione edilizia.

I fatti di causa: l’origine della controversia

Un privato cittadino, proprietario di un appartamento, aveva citato in giudizio una società costruttrice, lamentando che un nuovo complesso edilizio era stato edificato in violazione delle distanze legali previste dal regolamento edilizio locale e dalla normativa nazionale. In particolare, il ricorrente sosteneva che la misurazione delle distanze fosse stata eseguita in modo errato.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto la domanda, ritenendo corretto il calcolo effettuato dal consulente tecnico d’ufficio (CTU). Secondo i giudici di merito, la distanza minima era stata rispettata in relazione alla parte di nuova costruzione direttamente prospiciente l’appartamento dell’attore. Insoddisfatto, il cittadino ha proposto ricorso per cassazione.

L’analisi della Corte e le distanze tra costruzioni

La Suprema Corte ha accolto i motivi principali del ricorso, focalizzandosi su due errori commessi dai giudici di merito. Il primo errore riguardava il metodo di misurazione delle distanze.

La misurazione corretta delle distanze

Il ricorrente aveva denunciato che la misurazione era stata limitata solo alle parti di facciata prospicienti le finestre del suo appartamento, ignorando il principio secondo cui le distanze tra costruzioni si misurano in relazione a ciascun punto dei fabbricati. La Cassazione ha confermato questa tesi, affermando che la normativa, in particolare l’art. 9 del D.M. 1444/1968, mira a tutelare l’intero edificio. La distanza minima tra pareti finestrate (10 metri secondo la norma nazionale, 14 metri secondo quella locale nel caso di specie) deve essere garantita lungo tutta la facciata e non solo in corrispondenza di specifiche aperture. Pertanto, la misurazione deve essere lineare e non parziale.

Il calcolo delle distanze e gli elementi aggettanti

Il secondo motivo di ricorso, anch’esso accolto, verteva sulla rilevanza di uno “sbalzo tamponato” presente sul nuovo edificio, che la Corte d’Appello aveva escluso dal calcolo delle distanze.

Lo “sbalzo tamponato” e la sua rilevanza

La Corte d’Appello aveva considerato tale elemento architettonico non rilevante ai fini delle distanze perché di moderata lunghezza. La Cassazione ha smontato questa argomentazione, chiarendo che la nozione di “costruzione” ai sensi dell’art. 873 c.c. è unica e non può essere derogata da normative secondarie. Sono esclusi dal calcolo solo gli elementi con funzione puramente ornamentale o accessoria (come mensole o cornicioni). Al contrario, le sporgenze che hanno una certa profondità e ampiezza, come balconi o sbalzi tamponati (in questo caso di 2,20 metri), costituiscono parte integrante della sagoma del fabbricato e devono essere inclusi nel calcolo delle distanze.

Le motivazioni della decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su una consolidata giurisprudenza che interpreta le norme sulle distanze in modo da garantire effettivamente salubrità e decoro degli spazi urbani. La regola sulla distanza tra pareti finestrate non protegge solo il singolo proprietario della finestra, ma l’intero edificio, assicurando aria e luce a tutte le unità. Analogamente, considerare nel calcolo anche le sporgenze significative impedisce che vengano creati volumi edilizi che, di fatto, riducono le distanze minime prescritte, eludendo lo scopo della norma.

Le conclusioni: i principi di diritto e l’impatto della sentenza

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello per un nuovo esame. Il giudice del rinvio dovrà attenersi a due principi di diritto fondamentali:
1. La misurazione delle distanze tra costruzioni deve essere effettuata considerando le facciate degli edifici nella loro interezza, e non solo in porzioni limitate.
2. Nel calcolo delle distanze devono essere inclusi tutti gli elementi che costituiscono parte della sagoma dell’edificio, come gli sbalzi tamponati, ad eccezione di quelli con funzione meramente ornamentale.
Questa ordinanza rafforza la tutela contro l’abusivismo edilizio e fornisce un’interpretazione rigorosa e chiara delle normative sulle distanze, a beneficio della certezza del diritto e della qualità dell’ambiente costruito.

Come devono essere misurate le distanze tra due edifici con pareti finestrate?
Secondo la Corte di Cassazione, la distanza minima obbligatoria deve essere misurata in modo lineare tra le due facciate degli edifici, considerando l’intera loro estensione e non solo le porzioni di muro antistanti specifiche finestre o appartamenti.

Gli elementi che sporgono da un edificio, come balconi o sbalzi, rientrano nel calcolo delle distanze legali?
Sì, rientrano. La Corte ha specificato che solo gli elementi con funzione puramente ornamentale o accessoria (es. cornicioni) sono esclusi. Le sporgenze di apprezzabile profondità e ampiezza, come i balconi o uno ‘sbalzo tamponato’ di 2,20 metri, sono considerate parte della sagoma dell’edificio e devono essere incluse nel calcolo delle distanze.

Cosa accade se un giudice d’appello non esamina un motivo specifico sollevato da una parte?
Si verifica un vizio di ‘omessa pronuncia’. Come nel caso esaminato, la Corte di Cassazione ha rilevato che la Corte d’Appello non aveva esaminato correttamente la questione sulla modalità di misurazione delle distanze, accogliendo il motivo di ricorso e cassando la sentenza per questo errore procedurale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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