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Distanze tra costruzioni: il muro di confine è opera edile?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19686/2025, ha chiarito la distinzione tra muro di cinta e ‘costruzione’ ai fini delle distanze legali. Nel caso esaminato, la costruzione di un garage parzialmente interrato, con un muro di contenimento a ridosso del confine, è stata qualificata come ‘costruzione’ soggetta alle normative sulle distanze tra costruzioni. La Corte ha rigettato il ricorso dei costruttori, confermando le decisioni dei giudici di merito che ne avevano ordinato l’arretramento, stabilendo che un’opera con funzione di contenimento del terreno non può essere considerata un semplice muro di cinta e deve rispettare le distanze previste dall’art. 873 c.c. e dai regolamenti locali.

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Distanze tra Costruzioni: Quando un Muro di Contenimento Diventa Edificio?

La regolamentazione delle distanze tra costruzioni è un pilastro del diritto immobiliare, finalizzata a garantire un’ordinata convivenza e a tutelare diritti come la privacy, la salubrità e la sicurezza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 19686 del 2025, offre un importante chiarimento su un tema ricorrente: la qualificazione di un muro di contenimento. Si tratta di un semplice muro di cinta, esente da distanze, o di una vera e propria costruzione? La risposta a questa domanda determina l’obbligo di arretrare l’opera, con conseguenze economiche e pratiche significative. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti del Caso: La Costruzione di un Garage al Confine

La controversia nasce quando due coniugi decidono di costruire un garage parzialmente interrato, edificando un muro a ridosso del preesistente muro di confine con la proprietà vicina. I proprietari del fondo confinante avviano due azioni legali parallele: una per turbativa del possesso e una petitoria, chiedendo la demolizione o l’arretramento della porzione di garage costruita in violazione delle distanze minime previste dalla legge e dai regolamenti edilizi locali.

La Decisione dei Giudici di Merito: Il Muro è una “Costruzione”

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello danno ragione ai vicini. Attraverso una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), i giudici accertano che il muro in questione non è un semplice muro di cinta. Essendo stato eretto per contenere la spinta del terreno a seguito di uno scavo, esso assume la natura di “costruzione” a tutti gli effetti. Di conseguenza, deve rispettare la distanza minima di tre metri dal confine prevista dall’articolo 873 del Codice Civile e le ulteriori distanze imposte dal Regolamento Edilizio comunale. I costruttori vengono quindi condannati alla demolizione della parte fuori terra dell’opera.

L’Analisi della Cassazione e le regole sulle distanze tra costruzioni

I coniugi soccombenti decidono di ricorrere in Cassazione, articolando la loro difesa su tre motivi principali, tutti respinti dalla Suprema Corte.

Primo Motivo: Errata Qualificazione dell’Opera?

I ricorrenti contestano la qualificazione del loro muro come “costruzione”, sostenendo che si trattasse di un’opera costruita in aderenza a un preesistente muro reggi terra. La Cassazione dichiara questo motivo infondato. La Corte ribadisce che la valutazione dei fatti, come la natura di un’opera edilizia, spetta ai giudici di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, specialmente se basata su accertamenti tecnici come la CTU. Viene inoltre riaffermato un principio cruciale: la costruzione in aderenza non è consentita se la normativa locale impone una distanza minima dal confine, a meno che la stessa normativa non preveda esplicitamente tale facoltà.

Secondo Motivo: L’irrilevanza della Sentenza Penale di Assoluzione

I ricorrenti lamentano che la Corte d’Appello non abbia considerato una precedente sentenza penale che li aveva assolti dall’accusa di abuso edilizio per la stessa opera. Anche questo motivo viene ritenuto inammissibile. La Cassazione applica il principio della “doppia conforme”: poiché sia il Tribunale che la Corte d’Appello sono giunti alla stessa ricostruzione dei fatti, non è possibile contestare tale ricostruzione in sede di legittimità. La sentenza penale, che valuta aspetti diversi da quelli civilistici delle distanze, non crea un contrasto di giudicati rilevante.

Terzo Motivo: Il Rigetto delle Richieste Istruttorie

Infine, i ricorrenti si dolgono del fatto che la Corte d’Appello abbia respinto le loro richieste di una nuova CTU o di chiarimenti. La Cassazione giudica inammissibile anche questa censura, spiegando che non si tratta di una violazione delle norme sull’onere della prova, ma di una critica alla valutazione delle prove esistenti da parte del giudice, attività che rientra nella sua discrezionalità e non è sindacabile in Cassazione.

Le Motivazioni

La decisione della Corte di Cassazione si fonda su principi consolidati. In primo luogo, la qualificazione di un’opera edilizia come “costruzione” non dipende dal materiale usato o dalla sua funzione portante, ma dal fatto che essa si elevi stabilmente dal suolo, modificando lo stato dei luoghi. Un muro che, pur sorgendo sul confine, serve a contenere un dislivello creato artificialmente con uno scavo, assolve a una funzione statica che va oltre quella di semplice recinzione, rientrando a pieno titolo nella nozione di costruzione soggetta alle normative sulle distanze tra costruzioni. In secondo luogo, le norme locali che impongono una distanza minima dal confine prevalgono sulla facoltà generale di costruire in aderenza prevista dal Codice Civile, a meno che non sia la stessa norma locale a consentirlo. Infine, l’accertamento dei fatti operato dai giudici di merito, se logicamente motivato e basato su prove adeguate, non può essere rimesso in discussione davanti alla Corte di Cassazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un concetto fondamentale per chiunque intenda costruire sul proprio fondo: è essenziale un’attenta analisi non solo del Codice Civile, ma soprattutto dei regolamenti edilizi locali. La distinzione tra muro di cinta e costruzione non è formale, ma funzionale. Qualsiasi opera che, per dimensioni o funzione (come quella di contenimento), abbia un impatto significativo sul territorio e sui rapporti di vicinato, sarà soggetta alle rigorose norme sulle distanze. Ignorare questa distinzione può portare a costosi ordini di demolizione e a lunghe battaglie legali.

Un muro costruito per contenere il terreno dopo uno scavo è una ‘costruzione’ ai fini delle distanze legali?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, un muro che ha la funzione di contenere la spinta di un terreno, specialmente se derivante da uno scavo, va qualificato come ‘costruzione’ e non come semplice muro di cinta. Pertanto, deve rispettare le distanze minime previste dalla legge e dai regolamenti edilizi locali.

È possibile costruire in aderenza al confine se il regolamento edilizio locale prevede una distanza minima da esso?
No. La giurisprudenza consolidata stabilisce che se la normativa locale impone una distanza minima dal confine, la facoltà di costruire in aderenza (prevista in via generale dal Codice Civile) non è consentita, a meno che non sia la stessa normativa locale a prevederla espressamente.

Una sentenza di assoluzione in un processo penale per abuso edilizio può influenzare una causa civile sulle distanze tra costruzioni?
Non necessariamente. Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha ritenuto irrilevante la sentenza penale, in quanto il giudizio civile sulle distanze si basa su accertamenti di fatto autonomi. Inoltre, se due sentenze di merito (primo grado e appello) concordano sulla ricostruzione dei fatti, questa non può essere contestata in Cassazione (principio della ‘doppia conforme’).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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