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Distanze tra costruzioni: i balconi si calcolano

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22765/2024, ha rigettato il ricorso di due proprietari che avevano costruito un edificio senza rispettare le distanze legali dal vicino. La Corte ha confermato che nel calcolo delle distanze tra costruzioni devono essere inclusi anche i balconi aggettanti. Inoltre, ha validato la motivazione ‘per relationem’ della Corte d’Appello, poiché i motivi di gravame erano una mera riproposizione delle difese di primo grado. L’appello era stato comunque respinto in via preliminare per la perdita di proprietà dell’immobile da parte dei ricorrenti durante il giudizio.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Distanze tra costruzioni: La Cassazione conferma che i balconi contano

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 22765/2024) torna su un tema fondamentale del diritto immobiliare: il calcolo delle distanze tra costruzioni. La decisione ribadisce un principio consolidato, ovvero che i balconi aggettanti, in quanto elementi sporgenti che ampliano la superficie abitabile e limitano aria e luce al vicino, devono essere computati nella misurazione delle distanze minime previste dalla legge e dai regolamenti edilizi. Questo caso offre anche spunti procedurali importanti, come la perdita della legittimazione ad agire e la validità della motivazione per relationem.

I Fatti di Causa: Una Costruzione Troppo Vicina

La controversia ha origine quando un proprietario cita in giudizio i suoi vicini, una coppia di coniugi, che avevano iniziato la costruzione di un nuovo edificio a una distanza inferiore a quella minima di dieci metri tra pareti finestrate, prescritta dal regolamento edilizio comunale. Il proprietario chiedeva la sospensione dei lavori e, successivamente, l’arretramento o l’abbattimento della nuova costruzione.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda, ordinando ai coniugi di arretrare il loro fabbricato per ripristinare la distanza legale. I costruttori, a loro volta, avevano presentato una domanda riconvenzionale per l’abbattimento dell’abitazione del vicino, sostenendo fosse difforme dalla concessione edilizia, domanda che veniva però respinta.

L’Appello: Carenza di Titolarità e Soccombenza Virtuale

I costruttori decidevano di impugnare la sentenza di primo grado. Tuttavia, durante il giudizio d’appello, emergeva un fatto nuovo e decisivo: l’immobile oggetto della controversia era stato acquisito gratuitamente al patrimonio del Comune. Di conseguenza, i coniugi non erano più i proprietari del bene.

La Corte d’Appello dichiarava quindi l’appello inammissibile per “sopravvenuta carenza di legittimazione attiva”: non essendo più titolari dell’immobile, gli appellanti avevano perso l’interesse giuridico a contestare la violazione delle distanze. Nonostante questa decisione pregiudiziale, la Corte esaminava comunque il merito della questione ai fini della cosiddetta “soccombenza virtuale”, per stabilire a chi addebitare le spese legali. Anche nel merito, l’appello veniva considerato infondato, confermando la correttezza della decisione del Tribunale.

Le Motivazioni della Cassazione: Il Calcolo delle distanze tra costruzioni

I costruttori ricorrevano infine in Cassazione, sollevando diverse censure, tutte respinte dalla Suprema Corte. Il punto centrale del ricorso riguardava l’errato, a loro dire, calcolo delle distanze tra costruzioni, sostenendo che i balconi dell’edificio del vicino non dovessero essere considerati. La Cassazione ha smontato questa tesi, ribadendo la sua giurisprudenza costante: ai fini del calcolo delle distanze, si deve considerare ogni elemento costruttivo, inclusi i balconi aggettanti, che abbia i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo. Questi elementi, sporgendo dal corpo principale del fabbricato, ne aumentano la superficie e possono pregiudicare i diritti dei vicini in termini di aria e luce.

Un altro motivo di ricorso contestava la motivazione della sentenza d’appello, definendola “apparente” in quanto si limitava a richiamare integralmente quella di primo grado. Anche questa censura è stata respinta. La Cassazione ha chiarito che la motivazione per relationem è pienamente valida quando, come nel caso di specie, i motivi d’appello sono una mera e testuale riproposizione delle difese già esaminate e rigettate in primo grado. Il giudice d’appello, in tali circostanze, può legittimamente confermare la decisione precedente evidenziandone la correttezza e la coerenza, senza dover riscrivere un percorso argomentativo identico.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida due importanti principi. In primo luogo, dal punto di vista sostanziale, riafferma che i balconi sono parte integrante dell’edificio ai fini del rispetto delle distanze tra costruzioni. Chi costruisce deve quindi prestare la massima attenzione a tutti gli elementi sporgenti per non incorrere in violazioni che possono portare a costosi ordini di demolizione o arretramento. In secondo luogo, dal punto di vista processuale, la decisione chiarisce i limiti e la legittimità della motivazione per relationem, distinguendola dalla motivazione meramente apparente, e sottolinea come la perdita della titolarità del bene in corso di causa determini l’improcedibilità del giudizio per carenza di legittimazione.

I balconi vanno inclusi nel calcolo delle distanze tra costruzioni?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato la sua giurisprudenza consolidata secondo cui i balconi aggettanti, essendo corpi di fabbrica solidi e stabili che ampliano la superficie dell’edificio, devono essere computati nel calcolo della distanza minima legale tra le costruzioni.

Una sentenza d’appello può motivare richiamando semplicemente la decisione di primo grado?
Sì, è possibile attraverso la cosiddetta “motivazione per relationem”. La Corte ha stabilito che questa pratica è legittima quando i motivi di appello sono una semplice riproposizione delle argomentazioni già esaminate e respinte in primo grado. In tal caso, il giudice d’appello può confermare la prima decisione senza dover ripetere l’intero ragionamento giuridico.

Cosa succede se si perde la proprietà dell’immobile durante un processo sulle distanze legali?
Si perde la “legittimazione attiva” a proseguire il giudizio. Come avvenuto nel caso di specie, se una parte non è più proprietaria dell’immobile oggetto della controversia, non ha più un interesse giuridicamente tutelato a contestare la decisione. L’appello o il ricorso vengono quindi dichiarati inammissibili per ragioni procedurali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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