Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19987 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 19987 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4139/2020 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME e COGNOME ANNUNZIATA, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende,
-ricorrenti- contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME che la rappresenta e difende,
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA n. 907/2018 depositata il 24.12.2018.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29.5.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con citazione del 1991, COGNOME NOME, proprietaria di un fabbricato al piano terra adibito a garage, sito in Gallina di Reggio Calabria, INDIRIZZO e di un fabbricato ad uso di civile abitazione su tre piani ubicato sul lato nord della stessa particella 129 del foglio 10, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Reggio Calabria COGNOME Caterina, COGNOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME Bruno Salvatore e COGNOME, proprietari dell’edificio su cinque piani fuori terra, costruito successivamente, e prospiciente ad est il suo fabbricato ad un solo piano, per sentirli condannare alla demolizione parziale dell’immobile per violazione delle distanze legali, o quanto meno, alla rimozione dei balconi ed alla chiusura delle vedute che si aprivano sul suo fondo, e/o al risarcimento dei danni subiti per il mancato rispetto delle distanze legali.
COGNOME NOME, COGNOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME Bruno Salvatore e COGNOME si costituivano in giudizio, resistendo alle avverse pretese, sostenendo, per quanto ancora rileva, che tra i fabbricati delle parti c’era una strada privata ad uso pubblico, che escludeva l’applicabilità delle distanze legali.
Nel corso del giudizio di primo grado veniva espletata CTU dall’Ing. COGNOME
Con sentenza non definitiva n. 352/2004, il Tribunale di Reggio Calabria, sezione stralcio, condannava i convenuti al risarcimento dei danni subiti in conseguenza della violazione delle distanze tra fabbricati e, con separata ordinanza, rimetteva la causa in
istruttoria, disponendo CTU per la quantificazione dei danni con incarico all’ing. COGNOME che però non ravvisava violazioni delle distanze legali tra costruzioni nella zona in questione (zona E agricola) trattandosi di fabbricati abusivi. Con successiva ordinanza, il giudice di primo grado disponeva la rinnovazione delle operazioni peritali, conferendo l’incarico al CTU geom. COGNOME
Con la sentenza definitiva n. 72/2008, il Tribunale di Reggio Calabria, sezione stralcio, condannava i convenuti per violazione delle distanze legali tra costruzioni al risarcimento dei danni, determinati in € 32.140,00 oltre rivalutazione monetaria ed interessi sulla somma via via rivalutata dalla domanda giudiziale (27.11.1991) al saldo, sulla base di una media tra i parametri indicati nell’elaborato peritale del CTU geom. COGNOME.
COGNOME NOME, COGNOME COGNOME COGNOME NOME, COGNOME Bruno Salvatore e COGNOME impugnavano la predetta sentenza e COGNOME NOME resisteva al gravame, articolando a sua volta appello incidentale.
Con la sentenza n. 907/2018 del 12.11/24.12.2018, la Corte d’Appello di Reggio Calabria, rigettava l’appello principale, ed in parziale accoglimento del gravame incidentale, ordinava agli appellanti principali di portare il fabbricato di loro proprietà a confine con parete cieca, chiudendo i balconi e realizzando finestre lucifere, e li condannava al risarcimento dei danni derivanti dalla violazione della normativa antisismica, quantificandoli in €29.833,86 oltre interessi legali dal deposito della sentenza di secondo grado, sempre secondo la stima del CTU geom. COGNOME condannando gli appellanti principali alle spese di secondo grado.
In particolare la Corte distrettuale ha ritenuto che le distanze legali tra costruzioni e dal confine debbano essere osservate anche per gli edifici abusivi, attenendo il rilascio, o meno della concessione, o della concessione in sanatoria al rapporto pubblicistico tra l’Amministrazione ed il privato, e non al rapporto tra privati.
La Corte d’Appello ha ricordato che sono norme integrative del codice civile, la cui violazione dà diritto alla riduzione in pristino, e non solo al risarcimento del danno, quelle norme locali che regolano, con qualsiasi criterio, o modalità, la misura dello spazio che dev’essere osservato tra le costruzioni, ritenendo non fondato il motivo di appello principale, col quale si era sostenuta l’applicabilità, nella specie, della distanza di tre metri tra costruzioni dell’art. 873 cod. civ., pur riconoscendo la qualifica di costruzione sia al garage di Fortugno Caterina, sia all’edificio di cinque piani degli originari convenuti, ma rigettando le impugnazioni con le quali era stata chiesta la demolizione anche per la violazione in genere delle distanze tra costruzioni, salvo il parziale accoglimento dell’appello incidentale sulla violazione della normativa antisismica in seguito esaminato.
La sentenza di appello ha infatti riconosciuto, che le costruzioni in zona sismica devono rispettare, non solo le distanze tra costruzioni previste dalle norme tecniche di attuazione del PRG, ma anche le norme tecniche antisismiche contenute nei decreti ministeriali 2.4.1968 n. 1444, 7.3.1981 e 3.6.1981, la cui violazione dà diritto alla riduzione in pristino qualora non vi siano alternative atte ad evitare la demolizione della costruzione e gli onerosi costi ad essa connessi (Cass. 17.3.2009 n. 9318), e nel caso di specie ha individuato tale alternativa nella possibilità di portare la costruzione a confine con parete cieca, schermando gli aggetti dei balconi con mattoni di vetro cemento e realizzando delle finestre lucifere, condannando quindi gli originari convenuti all’adozione di tale alternativa, implicitamente ritenuta come risolutiva anche del problema della violazione delle distanze legali per l’apertura di vedute ex art. 905 1° e 2° comma cod. civ., ed al risarcimento del danno per violazione della normativa antisismica, calcolato dal CTU in € 29.833,86.
Da ultimo, la sentenza di secondo grado, ha escluso che la stradina presente tra i fondi delle parti potesse qualificarsi come strada pubblica, o di uso pubblico, e potesse quindi giustificare la deroga ex art. 879 ultimo comma cod. civ. alla normativa sulle distanze legali tra costruzioni.
Avverso tale sentenza COGNOME Caterina, COGNOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME Bruno Salvatore e COGNOME hanno proposto ricorso principale a questa Corte, affidandosi a cinque motivi, e COGNOME NOME ha resistito con controricorso e ricorso incidentale, sulla scorta di due censure.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
La Procura Generale ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso principale, e per l’accoglimento della prima censura di ricorso incidentale, con reiezione della seconda.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente occorre stabilire se la sentenza impugnata abbia inteso sostituire la condanna degli attuali ricorrenti al risarcimento dei danni subiti da Fortugno Caterina per il mancato rispetto delle distanze tra costruzioni, quantificati in € 32.140,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi sulla somma via via rivalutata dalla domanda giudiziale (27.11.1991) al saldo, emessa dalla sentenza definitiva del Tribunale di Reggio Calabia n. 72/2008, con la condanna degli attuali ricorrenti a portare la loro costruzione a confine con parete cieca, schermando gli aggetti dei balconi con mattoni di vetro cemento e realizzando delle finestre lucifere ed al risarcimento dei danni subiti da COGNOME NOME, liquidati in €29.833,86, per il mancato rispetto della normativa antisismica, oltre interessi legali dalla data di deposito della sentenza fino al soddisfo, come sostenuto dalla COGNOME e dalla Procura Generale, o se invece le suddette condanne debbano considerarsi aggiuntive rispetto a quella pronunciata in primo grado, come sostenuto dai ricorrenti principali.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte ‘ la sentenza di appello assorbe e sostituisce, anche se confermativa, la sentenza di primo grado (v. Cass. nn. 601/1979 e 2591/1979), e in caso di conferma del dispositivo di quest’ultima in base a diversa motivazione la portata confermativa della sentenza va interpretata secondo i criteri e i limiti della nuova motivazione’ (Cass. 10.1.2017 n. 352; Cass. sez. lav. 8.7.1995 n. 7525).
Orbene, guardando al contenuto della motivazione della sentenza impugnata, la circostanza che a pagina 11 la Corte d’Appello abbia ritenuto assorbito il secondo motivo di appello degli attuali ricorrenti, col quale si lamentava la mancata valutazione delle prove e l’omessa e/o insufficiente motivazione sulle critiche puntuali e dettagliate mosse dal consulente tecnico di parte alla CTU, in relazione alla domanda della COGNOME accolta, di condanna degli attuali ricorrenti al risarcimento danni, per violazione delle norme sulle distanze tra costruzioni, ed abbia ritenuto assorbito il quinto motivo di appello degli attuali ricorrenti, col quale essi avevano contestato che l’importo da loro dovuto alla COGNOME a quel titolo dovesse essere oggetto di rivalutazione monetaria e di interessi dalla data della domanda giudiziale di primo grado (27.11.1991), pur essendone avvenuta la stima da parte del CTU in epoca di gran lunga successiva, potrebbero portare a ritenere che il giudice di secondo grado abbia inteso sostituire, e non aggiungere, le sue statuizioni, alla condanna pronunciata in primo grado, riconoscendo quindi solo la violazione da parte degli attuali ricorrenti della normativa antisismica e dell’art. 905 cod. civ. per la violazione della distanza di m 1,5 dal confine dei balconi del fabbricato dei ricorrenti.
Occorre però considerare, che della condanna al risarcimento danni per violazione delle distanze legali tra costruzioni (esclusa la violazione della normativa antisismica) avevano richiesto la caducazione, o la riduzione, solo gli appellanti principali ed attuali
ricorrenti, la cui impugnazione é stata totalmente respinta, mentre la COGNOME, appellante incidentale, che ha visto invece parzialmente accolta la sua impugnazione, ferma restando la condanna ottenuta con la sentenza di primo grado, aveva chiesto aggiuntivamente la condanna degli attuali ricorrenti alla demolizione, o riduzione in pristino del fabbricato dei ricorrenti, nonché alla demolizione dei loro balconi, o all’esecuzione di opere che impedissero di esercitare da essi la veduta sul suo fondo confinante, ed al risarcimento di danni ulteriori rispetto a quelli liquidati in primo grado.
Ulteriormente, va detto che l’impugnata sentenza ha respinto nel merito i motivi dell’appello principale degli attuali ricorrenti relativi alla violazione dell’art. 22 delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Reggio Calabria, dell’art. 873 cod. civ. (applicabile in difetto di una norma locale che imponga una distanza maggiore rispetto ai tre metri tra costruzioni) e dell’art. 879 cod. civ. (norma che esonera dall’obbligo di rispetto delle distanze tra costruzioni i fabbricati edificati a confine con una via pubblica, o con una strada privata aperta al pubblico transito), violazioni attinenti alla condanna degli appellanti principali al risarcimento danni per violazione delle distanze legali tra costruzioni, che non sarebbe stato necessario esaminare, se l’impugnata sentenza avesse ritenuto sostituito, l’accertamento di quella violazione, da quello della violazione della normativa antisismica e della violazione delle distanze per le vedute dell’art. 905 commi 1° e 2° cod. civ., riconosciuti in secondo grado.
Ne consegue, che necessariamente le condanne al risarcimento danni in forma specifica e generica, pronunciate in secondo grado per violazione della normativa antisismica e delle distanze per le vedute ed i balconi, vanno considerate aggiuntive, e non sostitutive rispetto alla condanna risarcitoria ottenuta in primo grado dalla Fortugno per violazione delle distanze legali tra costruzioni.
Col primo motivo i ricorrenti principali lamentano, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., la violazione dell’art. 22 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Reggio Calabria nonché, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 5) c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il Giudice di seconde cure avrebbe omesso di considerare che l’art. 22 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Reggio Calabria, prevedeva l’osservanza di distanze legali per immobili ad uso agricolo e per altri tipi di insediamento specificamente consentiti in zona agricola, ma non per i fabbricati ad uso civile come il loro, per cui la COGNOME non poteva far valere l’actio negatoria servitutis sulla base di distanze legali riferite ad altre tipologie di costruzioni, o a fabbricati di civile abitazione ubicati in zone diverse da quella agricola.
Con la seconda doglianza i ricorrenti principali denunciano, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione delle norme del codice civile in materia di distanze tra costruzioni nonché, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 5) c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La Corte territoriale avrebbe omesso di rilevare che l’edificio di proprietà degli odierni ricorrenti rispettava la distanza di tre metri dal fabbricato ad un piano della Fortugno, prescritta dall’art. 873 cod. civ., unica disposizione in materia di distanze applicabile al caso di specie, stante l’inapplicabilità delle distanze prescritte dal P.R.G. Comunale.
Sulla base della riconosciuta portata aggiuntiva e non sostitutiva della sentenza di secondo grado, i primi due motivi del ricorso principale, attinenti alla violazione degli articoli 22 delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Reggio Calabria e dell’art. 873 cod. civ., ed all’omessa considerazione della circostanza di fatto decisiva oggetto di discussione tra le parti rappresentata dal fatto che nella zona agricola E (zona per attività
primarie) del P.R.G. del Comune di Reggio Calabria, nella quale pacificamente ricadono i fabbricati destinati a civile abitazione delle parti, non é espressamente prevista alcuna distanza tra costruzioni, o dal confine per tale tipologia di fabbricato, possono essere esaminati congiuntamente, perché entrambi attinenti alla motivazione addotta dall’impugnata sentenza per confermare la condanna degli attuali ricorrenti, pronunciata in primo grado, al risarcimento danni per violazione delle distanze legali tra costruzioni, quantificati in € 32.140,00 oltre rivalutazione monetaria ed interessi sulla somma via via rivalutata dalla domanda giudiziale (27.11.1991) al saldo, e sono fondati per quanto di ragione.
Al primo motivo di appello degli attuali ricorrenti, concernente l’asserito difetto di legittimazione della COGNOME ad esercitare l’ actio negatoria servitutis, in quanto proprietaria di un fabbricato di civile abitazione abusivo, e la mancanza di una disposizione delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Reggio Calabria che imponesse per i fabbricati di civile abitazione in zona agricola una distanza dal confine, o dalle altre costruzioni, la Corte d’Appello si é limitata a rispondere che le distanze tra costruzioni vanno rispettate anche rispetto ai fabbricati abusivi, e ad aggiungere che il difetto di concessione edilizia di una costruzione esula dal giudizio che attiene al rispetto delle distanze, le cui disposizioni attengono alla tutela del diritto soggettivo del privato, posto che il provvedimento amministrativo rileva nel rapporto pubblicistico tra il privato e la Pubblica Amministrazione.
Tale principio é senz’altro condivisibile, in quanto il rispetto delle distanze legali non postula alcun accertamento della legittimità della costruzione o della relativa veduta (sulla possibilità di esigere l’osservanza di tale distanza anche a fronte di immobili abusivi, Cass. ord. 22.6.2023 n. 16564; Cass. ord. 28.9.2022 n. 28263; Cass. 20.1.2022 n. 1764; Cass. ord. 4.2.2021 n. 2637; Cass.
19.2.2019 n. 4833; Cass. 14.9.2017 n. 21354; Cass. 18.3.2015 n.5411; Cass. 12.8.2011 n. 17286; Cass. 30.3.2006 n. 7563; Cass. 27.3.2002 n. 4372; Cass. 14.10.1998 n. 10173; Cass. sez. un. 22.5.1998 n. 5143), la quale ultima rileva, semmai, nel rapporto tra il privato e la Pubblica Amministrazione e non nel rapporto tra privati, ma il giudice di secondo grado non ha dato alcuna risposta alla doglianza degli appellanti che riguardava, non solo l’abusività del fabbricato di civile abitazione della Fortugno, ma anche il fatto che nella zona agricola E del P.R.G. del Comune di Reggio Calabria non fosse prevista, per i fabbricati di civile abitazione, alcuna specifica distanza dal confine, o dalle costruzioni, dovendosi quindi applicare secondo gli attuali ricorrenti principali la distanza tra costruzioni di tre metri dell’art. 873 cod. civ..
La Corte d’Appello non ha neppure individuato la normativa sulle distanze legali tra costruzioni, dalla cui violazione è derivata la conferma della condanna risarcitoria emessa in primo grado, peraltro con una quantificazione parametrata alla mera ipotesi del risarcimento per equivalente non accompagnata dalla condanna al risarcimento danni in forma specifica e dalla condanna al risarcimento per violazione della normativa antisismica poi intervenute in secondo grado, benché il principio iura novit curia le imponesse di individuare anche d’ufficio la normativa locale applicabile sulle distanze (vedi in tal senso Cass. 14.5.2025 n.12927; Cass. 5.2.2020 n. 2661; Cass. 15.6.2010 n. 14446; Cass. 2.2.2009 n. 2563).
La Corte d’Appello di Reggio Calabria avrebbe dovuto rilevare che nella zona E agricola del P.R.G. del Comune di Reggio Calabria, nella quale pacificamente ricadono sia la costruzione preesistente non finestrata, ad un piano fuori terra, di Fortugno Caterina, sia il fabbricato, a cinque piani fuori terra, degli attuali ricorrenti, non erano espressamente previste dall’art. 22 delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Reggio Calabria distanze dal
confine, o dalle costruzioni da rispettare per gli edifici ad uso di civile abitazione e pertinenze relative.
Nella suddetta zona, data la vocazione agricola, é stata prevista l’inedificabilità, salvo che per la destinazione specifica a ‘ fabbricati rurali per il ricovero e l’allevamento di animali, per il ricovero di macchine agricole, per la conservazione dei prodotti agricoli, concimaie, silos, fabbricati per la conservazione e trasformazione dei prodotti agricoli ‘, e per la destinazione consentita ad ‘ abitazioni rurali, e – su parere favorevole del Consiglio Comunale – industrie estrattive e cave, attrezzature sportive, turistiche e ricreative pubbliche e private, impianti tecnologici o servizi di interesse pubblico che richiedono localizzazioni isolate ‘, per cui non é stata prevista la realizzazione di fabbricati destinati a civile abitazione e pertinenze ad essi connesse.
L’art. 22 delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Reggio Calabria prevede, inoltre, che ‘ altri indici edilizi e ogni ulteriore eventuale dotazione di spazi pubblici per insediamenti non agricoli ammessi nella zona omogenea E, sono disciplinati secondo il tipo di insediamenti stessi, dalle norme contenute negli articoli che li riguardano ‘.
La mancanza di una norma locale che imponesse nel PRG del Comune di Reggio Calabria una distanza dal confine, o tra costruzioni in zona agricola, non significa peraltro che fossero applicabili le distanze dal confine previste per le abitazioni civili in altre zone omogenee (vedi in tal senso Cass. 22.3.2022 n.9264, riferita proprio all’art. 22 delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Reggio Calabria), o che fosse applicabile la distanza di tre metri tra costruzioni prevista dall’art. 873 cod. civ. per l’ipotesi di assenza di una normativa locale di programmazione urbanistica ed asseritamente rispettata nel caso di specie.
Occorreva, infatti, tenere conto del principio più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale, in caso di
adozione da parte degli enti locali, di strumenti urbanistici contrastanti con l’art. 9 del D.M. n.1444/1968 (che fissa in dieci metri la distanza minima assoluta tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti), il giudice del merito ha l’obbligo non solo di disapplicare le disposizioni locali che illegittimamente prevedano distanze inferiori, o che prevedano soltanto l’inedificabilità assoluta (vedi Cass. ord. 12.3.2018 n. 5934; Cass. 26.7.2016 n. 15458; Cass. 30.12.2015 n.26123), ma anche di applicare direttamente l’art. 9 del D.M. n. 1444/1968, divenuto per inserzione automatica, parte integrante dello strumento urbanistico in sostituzione della norma illegittima disapplicata (Cass. ord. 12.3.2018 n. 5934; Cass. 31.12.2014 n. 27558; Cass. sez. un. 5.9.2013 n.20354; Cass. sez. un. 7.7.2011 n. 14953).
L’art. 9 del D.M. n. 1444/1968, del resto, dopo avere regolamentato al n. 1) le distanze per la zona A), al n. 2) stabilisce, che per i nuovi edifici ricadenti in altre zone, è prescritta, in tutti i casi, la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, ed impone quindi tale limite ai Comuni in sede di approvazione, o modificazione dei propri piani regolatori, anche per le zone agricole per le quali sia prevista. in sede di esercizio del potere di pianificazione urbanistica, l’inedificabilità assoluta.
Il giudice di rinvio, pertanto, dovrà procedere all’individuazione corretta ed applicazione della normativa sulle distanze tra costruzioni in relazione alla disposta condanna degli originari convenuti al risarcimento danni sulla base dei principi sopra espressi, tenendo conto, in sede di quantificazione di tali danni, del pregiudizio subito dalla Fortugno fino all’esecuzione della condanna al risarcimento danni in forma specifica per la violazione della normativa antisismica.
3) Col terzo motivo, articolato in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 5) c.p.c., i ricorrenti principali si dolgono dell’omesso esame
circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla mancata valutazione delle prove offerte, in particolare la relazione tecnica di parte dell’arch. COGNOME Pur in presenza di un quadro probatorio incerto, ed a fronte di un’articolata relazione redatta dal consulente tecnico dei ricorrenti principali, la Corte d’Appello avrebbe disatteso, senza motivare sul punto, la richiesta di nomina di un nuovo CTU o, in subordine, di assunzione di chiarimenti da parte dei CTU ing. COGNOME e geom. COGNOME incaricati come ausiliari in primo grado, mediante un’integrazione peritale che tenesse in considerazione i rilievi del loro consulente tecnico di parte.
Col quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 5) c.p.c., i ricorrenti principali denunciano l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (punto n. 6 conclusioni Atto di Appello), nonché l’omesso esame della sentenza n. 352/2004 non definitiva del Giudice di primo grado. Nel disporre la demolizione parziale del fabbricato oggetto di controversia, la Corte territoriale avrebbe omesso di annullare la condanna degli odierni ricorrenti al pagamento dell’indennità sostitutiva, disposta dal primo Giudice per violazione della normativa sulle distanze legali tra costruzioni in alternativa alla demolizione; inoltre, il Giudice del gravame avrebbe omesso di esaminare le conclusioni dell’atto di appello principale, nella parte in cui si domandava, nell’ipotesi di accertamento della violazione delle distanze, la sola conferma della condanna risarcitoria disposta in prime cure.
Attraverso la quinta censura, subordinata alla quarta, i ricorrenti principali lamentano, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1219, 1224 e 1226 cod. civ., nonché, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 5) c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il Giudice di secondo grado
avrebbe omesso di esaminare il motivo di gravame con il quale si censurava la sentenza definitiva n. 72/2008 del Tribunale di Reggio Calabria sezione stralcio, per avere il giudice di primo grado erroneamente aggiunto alla somma determinata dal CTU per la violazione delle distanze legali tra costruzioni ulteriori oneri accessori, non dovuti, realizzando in tal modo una duplicazione delle voci risarcitorie.
Il terzo, quarto e quinto motivo del ricorso principale devono ritenersi assorbiti per effetto dell’accoglimento, nei termini sopra indicati, dei primi due motivi dello stesso ricorso.
1A) Col primo motivo del ricorso incidentale, la COGNOME si duole della carenza e contraddittorietà della motivazione dell’impugnata sentenza, con la quale é stato in parte respinto il secondo motivo del suo appello incidentale. Con esso era stata chiesta la condanna degli attuali ricorrenti principali al risarcimento dei danni per €130.000,00, o in subordine per € 73.507,57 con gli interessi legali dalla domanda, mentre era stata pronunciata a carico degli stessi la condanna al risarcimento danni per violazione della normativa antisismica, per € 29.833,86, oltre interessi dalla sentenza di secondo grado al saldo, facendo rinvio ad un importo stimato dal CTU in data 5.3.2007, in aggiunta alla condanna al risarcimento danni per violazione delle distanze legali tra costruzioni per €32.140,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi sulla somma via via rivalutata dalla domanda giudiziale (27.11.1991) al saldo, pronunciata in primo grado, senza spiegare per quali ragioni non fossero state accolte le maggiori pretese risarcitorie avanzate con l’appello incidentale. Ulteriormente la COGNOME si duole che l’impugnata sentenza abbia violato gli articoli 2043, 1223 e 2056 cod. civ., in quanto nel condannare gli attuali ricorrenti principali al risarcimento dei danni per violazione della normativa antisismica, commisurandoli ad un importo stimato dal CTU il 5.3.2007, ha posto a loro carico solo gli interessi legali sulla somma di
€29.833,86 dalla pronuncia della sentenza di secondo grado del 24.12.2018 al saldo, come se si trattasse di un importo già rivalutato a tale ultima data, senza considerare la rivalutazione monetaria e gli interessi maturati dal 5.3.2007 al 24.12.2018.
2A) Col secondo motivo di ricorso incidentale, la COGNOME lamenta la violazione degli articoli 872, 873 e 2058 cod. civ., perché la Corte distrettuale dopo avere affermato (richiamando l’insegnamento di Cass. 17.3.2009 n.9318) che la violazione della normativa antisismica, equiparabile alla violazione dell’art. 873 cod. civ. in materia di distanze tra costruzioni, comportava certamente l’obbligo del risarcimento del danno, ma anche il diritto alla riduzione in pristino qualora non vi fossero alternative atte ad evitare la demolizione della costruzione e gli onerosi relativi costi, ha ritenuto di individuare tale alternativa nell’ordine di portare il fabbricato dei ricorrenti a confine con una parete cieca, schermando gli aggetti dei balconi e realizzando al loro posto delle aperture lucifere, oltre al risarcimento del danno per il mancato rispetto della normativa antisismica, quantificato in € 29.833,86 oltre interessi dalla sentenza di secondo grado al saldo, ancorché l’art. 2058 cod. civ., che consente di disporre che il risarcimento del danno abbia luogo per equivalente, anziché in forma specifica, qualora quest’ultima sia eccessivamente onerosa per il debitore, sia ritenuto dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte inapplicabile nelle ipotesi, come quella di specie, di lesione di un diritto reale (così in tema di distanze legali Cass. 17.2.2012 n.2359; Cass. 1.8.2003 n. 11744; Cass. 13.11.1997 n. 11221).
I due motivi del ricorso incidentale, attinenti entrambi alle statuizioni adottate dall’impugnata sentenza in ordine alla violazione della normativa antisismica, applicabile al Comune di Reggio Calabria, comune collocato in zona sismica 1, con alto livello di pericolosità sismica, vanno esaminati congiuntamente e sono fondati nei termini di seguito indicati.
Va premesso che ben poteva il giudice di secondo grado riesaminare, in relazione al proposto appello incidentale della Fortugno, le domande attinenti alla violazione della normativa cosiddetta antisismica di cui alla L. 25.11.1962 n.1684, trascurate in primo grado, senza per questo incorrere in violazione dell’art. 112 c.p.c., perché le domande di demolizione, o arretramento e di risarcimento del danno per violazione delle distanze legali tra costruzioni, ricomprendono anche quelle, di identico contenuto, che siano basate anziché sulla violazione della normativa urbanisticoedilizia generale, o locale in tema di distanze, sulla violazione delle norme tecniche attuative della normativa antisismica, che a loro volta impongono il rispetto di determinati intervalli di isolamento tra costruzioni (vedi in tal senso Cass. 14.5.2025 n. 12927; Cass. 28.5.2020 n. 10069; Cass. 2.7.2014 n. 15105; Cass. 17.3.2009 n.9318), particolarmente nelle zone sismiche di prima categoria.
La sentenza impugnata, però, ha fornito una motivazione per relationem , in ordine alla lamentata violazione della normativa antisismica, del tutto lacunosa, che non consente di comprendere le ragioni della decisione adottata, in quanto non ha spiegato quale disposizione normativa abbia ritenuto applicabile, limitandosi a richiamare la CTU espletata dal geometra COGNOME per la quantificazione del risarcimento danni stimato dal suddetto ausiliario alla data del 5.3.2007 in € 29.833,86. Ulteriormente l’impugnata sentenza non ha spiegato come possa essere scongiurato il rischio che la normativa antisismica é volto a prevenire, non solo nell’interesse dei proprietari frontisti, ma anche della pubblica incolumità, anziché attraverso la demolizione, o l’arretramento del fabbricato di ben cinque piani dei ricorrenti, realizzato in violazione dell’intervallo di isolamento summenzionato, di sei metri dal fabbricato preesistente della Fortugno, addirittura mediante l’avanzamento del fabbricato dei ricorrenti, sia pure con parete cieca, fino al confine con la proprietà COGNOME, che su di
esso non ha edificato, misura che, con la disposta schermatura degli aggetti dei balconi con mattoni in vetro cemento e la realizzazione di finestre lucifere, può costituire una soluzione alla distinta questione della violazione della distanza legale delle vedute di tale fabbricato di m 1,5 dal confine con la proprietà Fortugno, prescritta dall’art. 905 commi 1° e 2° cod. civ., ma certamente non elimina, ed anzi aggrava, il rischio che, in caso di sisma, il crollo del fabbricato dei ricorrenti principali coinvolga anche il fabbricato della Fortugno.
Ulteriormente é fondata la doglianza relativa alla violazione degli articoli 873 e 2058 cod. civ., in quanto ‘ l’art. 2058 comma 2° cod. civ., che prevede la possibilità di ordinare il risarcimento del danno per equivalente anzichè la reintegrazione in forma specifica, in caso di eccessiva onerosità di quest’ultima, non trova applicazione nelle azioni intese a far valere un diritto reale la cui tutela esige la rimozione del fatto lesivo, come quella diretta ad ottenere la riduzione in pristino per violazione delle norme sulle distanze, atteso il carattere assoluto del diritto les o (Cass. 17.2.2012 n.2359; Cass. 1.8.2003 n.11744; Cass. 13.11.1997 n. 11221). Ne deriva che avendo la Fortugno insistito con l’appello incidentale per la condanna congiunta dei ricorrenti principali sia alla reintegrazione in forma specifica mediante demolizione/arretramento, sia al risarcimento danni, non poteva la Corte d’Appello, per considerazioni attinenti all’eccessiva onerosità della reintegrazione in forma specifica, limitare la condanna al solo risarcimento danni, che peraltro dovrà essere determinato, al pari del risarcimento per violazione delle distanze legali, tenendo conto del risarcimento danni in forma specifica che sarà disposto in sede di rinvio per la ravvisata violazione della normativa antisismica.
La questione proposta dalla COGNOME, della rivalutazione monetaria e degli interessi sull’importo riconosciutole dalla Corte d’Appello, per la violazione della normativa antisismica, maturati nel periodo
compreso tra la stima compiuta dal CTU il 5.3.2007 e la data della sentenza di secondo grado (24.12.2018), deve ritenersi assorbita, per effetto dell’accoglimento dei due motivi del ricorso incidentale per la parte relativa al vizio di motivazione.
Il giudice di rinvio, che si individua nella Corte d’Appello di Reggio Calabria in diversa composizione, provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, accoglie i primi due motivi del ricorso principale per quanto di ragione, assorbiti il terzo, quarto ed il quinto motivo dello stesso ricorso, accoglie per quanto di ragione i due motivi del ricorso incidentale, cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Reggio Calabria in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 29.5.2025