Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12958 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12958 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17981/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi congiuntamente e disgiuntamente dagli avvocati COGNOME e COGNOME con domicilio digitale come in atti.
-RICORRENTE- contro
NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio eletto in Roma, in INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME.
–
CONTRORICORRENTI E RICORRENTI INCIDENTALI- nonché
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME E NOME COGNOME con domicilio digitale come in atti.
– CONTRORICORRENTE – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 734/2020, depositata il 26/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME hanno convenuto in giudizio NOME COGNOME e NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Verona quali comproprietari della corte individuata in atti, sita nel Comune di Bonifacio, lamentando che la scala che COGNOME NOME aveva in corso di realizzazione sullo spazio comune diminuiva il valore della proprietà degli attori, violando la normativa sulle distanze prevista dall’art. 9 del D. M. 1444/1968, e che il convenuto aveva innalzato il tetto della unità abitativa ed aveva
La sentenza è stata parzialmente riformata in appello.
Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte di Venezia ha respinto la domanda di accertamento della illegittimità della sopraelevazione poiché, a suo parere, l’opera integrava un mu ro comune e non una costruzione in aderenza; ha confermato l’illegittimità della scala , con ordine di arretramento fino al rispetto della distanza imposta dall’art. 9 del DM 1444/1968, dalle vedute poste sull’edificio prospiciente .
La cassazione della sentenza è chiesta da NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME con ricorso in due motivi. NOME COGNOME ed NOME COGNOME ed NOME COGNOME hanno resistito con controricorso e con ricorso incidentale in quattro motivi.
NOME COGNOME si è difeso con controricorso.
In prossimità dell’ adunanza camerale le parti hanno illustrato le proprie difese con memorie ex art. 380 bis c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale si censura la violazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo della controversia, per aver la sentenza ritenuto che la scala esterna fosse stata costruita a distanza illegale, in contrasto con la sentenza di appello n. 2237/2014, passata in giudicato, che aveva ritenuto valida e vincolante la clausola dell’atto di divisione del 1980 , che riconosceva ai singoli comproprietari il diritto a costruire sulla corte comune a distanza inferiore a quella prevista dagli strumenti urbanistici locali.
Il motivo è inammissibile.
Dall’ esame degli atti non risulta che l’eccezione di giudicato sia stata formalmente proposta in appello, per cui ne è preclusa la deduzione in cassazione.
In tema di giudicato esterno formatosi nel corso del giudizio di secondo grado, qualora la sua esistenza non sia stata eccepita dalla parte interessata, la sentenza d’appello pronunciata in difformità è impugnabile con il ricorso per revocazione ex art. 395, n. 5, c.p.c. e non con quello per cassazione, mentre, nelle ipotesi in cui l’esistenza di tale giudicato abbia costituito oggetto di eccezione ritualmente sollevata in giudizio, la sentenza d’appello è ricorribile in cassazione (cfr. Cass. SU 21493/2010).
E’ per giunta pacifico che al giudizio in cui è stata emessa la sentenza passata in giudicato non aveva partecipato NOME COGNOME che ha chiesto nel presente giudizio di disporre la demolizione della scala realizzata da NOME COGNOME sicché il suddetto giudicato non ostava a che la Corte di merito confermasse l’arretramento della costruzione.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta errata e falsa applicazione dell’art. 9 del D.M. 1444/1968 , per aver la Corte di merito applicato le disposizioni in tema di distanze di cui al citato decreto ministeriale, in luogo delle previsioni dello strumento urbanistico del Comune di San Bonifacio. Sostengono i ricorrenti che sugli edifici fronteggiati erano presenti luci e non vedute e che le norme locali, nel richiamare l’art. 9 del DM 1444/1968 , regolavano la distanza tra edifici, tale non essendo la scala, aperta e priva di copertura. Lamentano che solo una parte del manufatto era posta a distanza illegale per una lieve sporgenza, non potendosi disporre l’integrale arretramento.
Il motivo è infondato.
La presenza di pareti finestrate fronteggianti la scala esterna è circostanza accertata in fatto, solo genericamente contestata, senza alcuna illustrazione delle critiche alla sentenza impugnata, al pari della collocazione del manufatto a meno di cinque metri dalle pareti finestrate, dovendo integralmente arretrare fino al rispetto di dieci metri dalle pareti fronteggianti (cfr. sentenza, pag. 9 -10).
Le norme urbanistiche locali avevano recepito l’art. 9 del D.M. 1444/1968, imponendo una distanza di mt 10 per le costruzioni, unitariamente intese, comprese le sporgenze e gli elementi accessori, con esclusione di eventuali elementi meramente decorativi.
Nel calcolo della distanza minima fra costruzioni, posta dall’art. 873 c.c. o dalle norme regolamentari integrative, deve tenersi conto anche delle strutture accessorie di un fabbricato che presentino connotati di consistenza e stabilità ed abbiano, quindi, natura di opera edilizia (Cass. 4322/1989; Cass. 5222/1998; Cass. 1966/2007; Cass. 30708/2018), non occorrendo alcuna indagine sulla concreta pericolosità o dannosità dell’intercapedine (Cass. 4138/1985).
Non ha rilievo che la costruzione fosse stata assentita: le norme relative alle distanze tra costruzioni previste dall’art. 873 c.c. e dai regolamenti locali devono essere tenute distinte dalle regole di edilizia contenute in leggi speciali e nei regolamenti comunali (artt. 871 e 872 c.c.) poiché, in caso di loro violazione, le prime, che incidono sui rapporti di vicinato, consentono al privato l’esercizio delle azioni di riduzione in pristino e di risarcimento del danno, mentre le seconde, essendo dirette al soddisfacimento di interessi di ordine generale, ne limitano la tutela alla sola azione risarcitoria. Pertanto, da un lato, la regolarità urbanistica del fabbricato non rileva ai fini della proposizione dell’azione ripristinatoria atteso che, in ipotesi di mancato rispetto delle distanze, il provvedimento autorizzatorio può essere disapplicato dal giudice ordinario, previo accertamento incidentale della sua illegittimità, dall’altro, se le distanze sono state osservate, il vicino non ha diritto di chiedere la riduzione in pristino anche se l’immobile è abusivo (Cass. 5605/2019).
Con il primo motivo di ricorso incidentale NOME COGNOME e NOME COGNOME lamentano la violazione dell’art. 116, 132 n. 4 e 191 c.p.c.,
per aver la Corte d’Appello condiviso senza vaglio critico le conclusioni del CTU e le motivazioni della pronuncia di primo grado, che aveva ordinato l’abbattimento della sopraelevazione. Si afferma che il c.t.u. aveva formulato conclusioni di carattere giuridico che non gli competevano riguardo al l’appartenenza comune del muro . Il motivo è infondato.
La comproprietà del muro è stata desunta dalle caratteristiche oggettive e dalla presenza di un unico muro comune tra le due costruzioni, non da due muri in aderenza, constatata dal c.t.u. in risposta al mandato volto alla ricognizione dello stato dei luoghi, da cui questi ha poi, del tutto legittimamente, desunto il superamento della presunzione di proprietà esclusiva di cui all’art. 881 c.c. , con risultati condivisi dal giudice.
Appaiono adeguatamente illustrate le ragioni di dissenso della sentenza impugnata rispetto alle conclusioni cui era giunto il Tribunale, secondo cui il muro su sui erano appoggiate le nuove strutture non apparteneva ai resistenti in proprietà esclusiva.
Il relativo apprezzamento -adeguatamente motivato – attiene al fatto ed è incensurabile, data l’impossibilità di un sindacato di adeguatezza motivazionale ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c., nel testo introdotto alle modifiche apportate dal D.L. n. 83/12, convertito in legge n. 134/12. L’attuale formulazione della norma deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione il vizio -insussistente nel caso concreto – che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, e perciò in caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, “motivazione apparente”, il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa
qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. s.u. 8053/14).
L ‘art. 885 c.c., che riconosce ad ogni comproprietario la facoltà di alzare il muro comune, introduce una deroga sia al normale regime della comunione che a quello dell’accessione, perché consente -anche senza il consenso dell’altro comproprietario del muro -la formazione di una proprietà separata ed esclusiva della sopraelevazione, appartenente al comproprietario che per primo abbia innalzato il muro comune, il quale può altresì giovarsi, nella prosecuzione in altezza, dello stesso principio di prevenzione adottato sulla base della costruzione, fatta salva la possibilità per il vicino comproprietario di chiedere la comunione del muro sopraelevato (Cass. 3926/1988; Cass. 237/1997; Cass.8000/2018).
4.Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 166, 167, 180, 183 e 115 c.p.c., per aver la sentenza ritenuto tempestiva l’eccezione , formulata in appello dagli eredi di NOME COGNOME circa la presenza di una preesistente mansarda, di altezza maggiore di quella del loro tetto, per la presenza di sporti sul muro comune, circostanza che occorreva allegare nel rispetto delle preclusioni assertive.
Il motivo è infondato.
L’esistenza di elementi strutturali comprovanti la preesistenza di una mansarda al piano superiore era stata rilevata dalla c.t.u. in primo grado (sentenza, pag. 10) ed era circostanza acquisita al processo, rilevabile d’ufficio e deducibile in appello in quanto oggetto di un’eccezione in senso lato volta a paralizzare la domanda di demolizione, essendo i fatti oggetto di eccezione già muniti di riscontro probatorio. Con un ormai risalente arresto delle S.U. di questa Corte, si è stabilito che, in relazione all’opzione difensiva del convenuto, consistente nel contrapporre alla pretesa attorea fatti ai quali la legge attribuisce autonoma idoneità modificativa, impeditiva
o estintiva degli effetti del rapporto su cui la pretesa si fonda, occorre distinguere il potere di allegazione da quello di rilevazione: il primo compete esclusivamente alla parte e va esercitato nei tempi e nei modi previsti dal rito in concreto applicabile (soggiacendo alle relative preclusioni e decadenze), mentre il secondo compete alla parte (e soggiace perciò alle preclusioni previste per le attività di parte) solo nei casi in cui la manifestazione della volontà della parte sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (come nel caso di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un’azione costitutiva), ovvero quando singole disposizioni espressamente prevedano come indispensabile l’iniziativa di parte, dovendosi in ogni altro caso ritenere la rilevabilità d’ufficio dei fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito (Cass. s.u. 1099/1998).
A tale principio hanno dato continuità le successive pronunce di questa Corte e -soprattutto – Cass. s.u. 10531/2012, con cui si è precisato che il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati “ex actis”, in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe sviato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto (cfr., in tal senso, Cass. 18602/2013; Cass. 13335/2015; Cass. 23587/2016; Cass. 18830/2020; Cass. 22371/2021; Cass. 41474/2021).
5. Con il terzo motivo è dedotta la violazione degli artt. 880,881 e 874 c.c., assumendo che la sentenza, nel ritenere che la sopraelevazione fosse stata realizzata su un muro comune, non abbia tenuto conto della diseguale altezza degli edifici, situazione
nella quale il muro poteva considerarsi in comproprietà fino al punto in cui i due edifici avevano la medesima elevazione, per cui, ai sensi dell’art. 874 c.c. affinché il proprietario del fondo contiguo al muro altrui potesse ottenerne la comunione erano necessari una dichiarazione di volontà della parte interessata all’acquisto , il consenso del proprietario e il pagamento del prezzo.
Il motivo è inammissibile.
La censura si basa su un dato di fatto solo ipotetico, non munito di riscontro processuale riguardo alla differente altezza dei due manufatti, circostanza -per contro – implicitamente smentita dalla sentenza, che ha ravvisato la comunione del muro per l’intera sua altezza per la presenza di elementi residuali di una struttura sovrastante, giustificando l’applicazion e dell’art. 885 c.c.
6. Con il quarto motivo del ricorso incidentale si censura la violazione degli art. 91 c.p.c., 3 della L. 794/1942 e degli artt. 1 e 4 del D.M. 55/2014, e vizio di motivazione, sostenendo che la Corte di merito abbia liquidato, a titolo di spese processuali, importi inferiori a quelli risultanti dalla corretta applicazione dei parametri tabellari, senza distinguere tra le singole voci e senza dar conto delle riduzioni operate rispetto alle prestazioni elencate nella nota.
Il motivo è infondato.
I ricorrenti sostengono, senza spiegarne le ragioni, che la lite sarebbe di valore indeterminato alto (52.000-260.000), mentre dal calcolo eseguito dalla CDA è dato desumere l’applicazion e dello scaglione inferiore, con liquidazione di importi compresi tra i medi ed i minimi, previa riduzione di un terzo per la compensazione parziale, essendo conseguentemente inficiata la stessa nota specifica depositata dal difensore.
Ai sensi del D.M. 55/2014, la liquidazione non avviene per singole attività né, come richiedono i ricorrenti, distinguendo tra diritti ed onorari, voci ormai abrogate, ma per fasi, potendo il giudice
motivatamente discostarsi dai valori medi e ridurre non oltre il 50% i compensi per le varie fasi.
Sono respinti il ricorso principale e quello incidentale, con compensazione delle spese processuali tra dette parti processuali, ponendo a carico dei ricorrenti principali le spese spettanti a NOME COGNOME
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e di quelli incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale e quello incidentale, compensa le spese tra i ricorrenti principali e quelli incidentali, condanna NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME al pagamento solidale delle spese di giudizio in favore di NOME COGNOME che si liquidano in €. 4. 800,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e di quelli incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione