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Distanze tra costruzioni: area pubblica non basta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 337/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di distanze tra costruzioni. Il caso riguardava una scala esterna costruita in violazione delle norme. I proprietari sostenevano che la successiva cessione dell’area intermedia al Comune, destinata a verde pubblico, rendesse inapplicabili tali norme. La Corte ha rigettato il ricorso, precisando che l’esenzione prevista dall’art. 879 c.c. vale solo se l’area interposta è una via o una piazza pubblica, e non una generica area di proprietà comunale come un parco o un parcheggio.

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Distanze tra costruzioni: quando l’area pubblica non basta a sanare l’abuso

Il tema delle distanze tra costruzioni è una fonte costante di contenzioso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un chiarimento cruciale su una delle eccezioni più invocate: la presenza di uno spazio pubblico tra due edifici. La decisione sottolinea che non basta che un’area diventi di proprietà pubblica per derogare alle norme, ma è fondamentale la sua specifica destinazione a via o piazza.

Il caso: una scala troppo vicina e un terreno ceduto al Comune

La vicenda giudiziaria ha origine dalla costruzione di una scala esterna in violazione delle distanze legali dal confine e dal fabbricato del vicino. Il Tribunale, in primo grado, aveva condannato i proprietari della scala alla sua demolizione. Il caso è poi approdato in Corte d’Appello e successivamente in Cassazione.

Durante il giudizio di appello, i proprietari della costruzione illegittima hanno introdotto un elemento nuovo: l’area interposta tra i due fabbricati era stata ceduta al Comune e destinata, tramite un piano di lottizzazione, a verde pubblico e parcheggi. Secondo la loro tesi, questa circostanza avrebbe reso inapplicabile la normativa sulle distanze, sanando di fatto l’abuso.

Il lungo percorso processuale

Una prima sentenza della Corte di Cassazione (n. 3654/2016) aveva accolto il motivo di ricorso, ritenendo ammissibile la nuova allegazione e rimandando il caso alla Corte d’Appello (in qualità di giudice di rinvio). Il compito del giudice di rinvio era duplice: accertare se fosse effettivamente avvenuta la cessione di proprietà in favore dell’ente pubblico e valutare se tale cessione comportasse l’inapplicabilità della normativa sulle distanze tra costruzioni ai sensi dell’art. 879 c.c.

La Corte d’Appello, riesaminando il caso, ha confermato l’avvenuta cessione dell’area al Comune. Tuttavia, ha dato una risposta negativa al secondo quesito, affermando che la destinazione a verde pubblico non fosse sufficiente a far scattare l’eccezione prevista dalla legge. Contro questa decisione, i proprietari hanno proposto un nuovo ricorso in Cassazione.

Le motivazioni della Corte: non ogni area pubblica è una deroga alle distanze tra costruzioni

La Corte di Cassazione, con la decisione in commento, ha rigettato definitivamente il ricorso, confermando la correttezza della sentenza della Corte d’Appello. Il ragionamento dei giudici si fonda su una interpretazione rigorosa dell’articolo 879, comma 2, del codice civile.

Questo articolo stabilisce che le norme relative alle distanze non si applicano agli edifici separati da una “piazza o via pubblica”. La Corte ha chiarito che questa eccezione ha una finalità specifica e non può essere estesa per analogia.

La distinzione tra ‘area pubblica’ e ‘via o piazza pubblica’

Il punto centrale della decisione è la distinzione tra la mera proprietà pubblica di un’area e la sua specifica destinazione funzionale. I giudici hanno spiegato che il fatto impeditivo del diritto a pretendere il rispetto delle distanze è l’esistenza di una piazza o di una via pubblica, non un generico spazio di proprietà di un ente pubblico.

Perché si possa applicare l’esonero, non è sufficiente che lo spazio soddisfi un’esigenza di pubblico transito o sia adibito a un servizio pubblico come un parco. È necessario che l’area appartenga a un ente territoriale e che questo, con una manifestazione di volontà espressa o tacita, l’abbia destinata specificamente a pubblico servizio come strada o piazza. Una striscia di terreno di proprietà della pubblica amministrazione, ma non destinata a tale scopo (come un’area a verde), non interrompe la contiguità dei fondi ai fini del calcolo delle distanze.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio di diritto consolidato: la deroga alle norme sulle distanze tra costruzioni è un’eccezione di stretta interpretazione. La proprietà pubblica di un’area interposta tra due fondi non è di per sé sufficiente a giustificare la violazione delle distanze. È indispensabile che tale area sia qualificata e funzionalmente destinata a “via” o “piazza” pubblica. Questa pronuncia serve da monito per chi costruisce, ricordando che successive modifiche urbanistiche o trasferimenti di proprietà non garantiscono una sanatoria automatica per le opere realizzate in spregio alle normative edilizie.

Quando non si applicano le norme sulle distanze tra costruzioni?
Secondo l’art. 879, comma 2, del codice civile, come interpretato dalla Corte, le norme sulle distanze legali non si applicano unicamente alle costruzioni che sono separate da una via pubblica o da una piazza pubblica.

Un’area destinata a verde pubblico tra due immobili è sufficiente per derogare alle norme sulle distanze?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che un’area destinata a verde pubblico o a parcheggi, anche se di proprietà comunale, non è equiparabile a una “piazza o via pubblica” e, pertanto, non è sufficiente per attivare l’esonero dal rispetto delle distanze legali tra fabbricati.

Cosa deve provare chi costruisce senza rispettare le distanze invocando l’eccezione dell’area pubblica?
Chi costruisce senza osservare le distanze ha l’onere di provare l’esistenza del fatto impeditivo, ovvero deve dimostrare non solo che l’area interposta appartiene a un ente territoriale, ma anche che quest’ultimo l’ha specificamente destinata al pubblico servizio come via o piazza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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