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Distanze tra costruzioni: approvazione del piano urbanistico

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3939/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di distanze tra costruzioni. In un caso di violazione delle distanze legali, la Corte ha chiarito che la normativa applicabile è quella in vigore al momento dell’approvazione del piano regolatore comunale, e non della sua precedente adozione. Di conseguenza, un piano regolatore approvato dopo l’entrata in vigore del D.M. 1444/1968 deve rispettare la distanza minima di 10 metri, anche se la sua adozione era anteriore. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio.

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Distanze tra Costruzioni: Conta l’Approvazione del Piano, non l’Adozione

Il tema delle distanze tra costruzioni è una fonte costante di contenzioso tra vicini. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 3939/2024) ha fornito un chiarimento cruciale su quale normativa applicare quando i regolamenti locali si scontrano con la legislazione nazionale, in particolare con il D.M. n. 1444/1968. La Corte ha stabilito che il momento determinante per l’efficacia di un piano regolatore è la sua approvazione finale, non la sua adozione preliminare.

I Fatti del Caso: Una Lunga Controversia di Confine

La vicenda ha origine dalla causa intentata da una proprietaria contro la sua vicina. La prima lamentava che l’edificio della convenuta era stato costruito in violazione delle distanze minime legali, sia dal confine che dal proprio preesistente fabbricato. In particolare, si contestava il mancato rispetto della distanza di 10 metri tra pareti finestrate, prevista come inderogabile dal D.M. n. 1444/1968.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto solo parzialmente la domanda, condannando la convenuta a un risarcimento economico e a opere minori, ma senza ordinare la demolizione richiesta. La Corte d’Appello, successivamente, confermava questa decisione, rigettando sia l’appello principale degli eredi della proprietaria originaria, sia l’appello incidentale degli eredi della vicina.

La Decisione della Corte d’Appello e il Nodo Giuridico

Il fulcro della decisione della Corte d’Appello, poi contestata in Cassazione, risiedeva nell’interpretazione temporale delle norme. I giudici di secondo grado avevano ritenuto inapplicabile il D.M. n. 1444/1968 perché il piano regolatore generale del Comune, pur essendo stato approvato nel 1969 (dopo il decreto), era stato adottato nel 1962 (prima del decreto). Secondo questa visione, la normativa locale adottata prima del 1968, che prevedeva distanze inferiori, doveva continuare ad applicarsi. Questo ragionamento è stato censurato dalla Corte Suprema.

Il Principio sulle Distanze tra Costruzioni secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ribaltando la visione dei giudici di merito. Ha affermato un principio di diritto fondamentale: il procedimento di formazione di uno strumento urbanistico è un atto complesso che si conclude e produce effetti solo con l’approvazione da parte dell’organo di controllo (la giunta regionale) e la successiva pubblicazione. La semplice adozione da parte del consiglio comunale è un atto preliminare, privo di efficacia esterna.

Di conseguenza, la data da considerare per determinare la normativa applicabile è quella dell’approvazione definitiva del piano. Poiché nel caso di specie il piano regolatore era stato approvato nel 1969, esso doveva necessariamente adeguarsi alle disposizioni del D.M. n. 1444/1968, entrato in vigore l’anno precedente. Questo decreto, avendo efficacia di legge dello Stato, impone limiti inderogabili ai comuni, tra cui la distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate di edifici antistanti.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano sulla natura del procedimento amministrativo di pianificazione urbanistica e sulla gerarchia delle fonti del diritto. I giudici hanno specificato che le norme dei regolamenti edilizi diventano efficaci e obbligatorie per i privati solo dopo il completamento dell’intero iter, che include adozione, approvazione e pubblicazione. Prima di tale momento, lo strumento urbanistico è ‘improduttivo di effetti’.

Pertanto, è irrilevante che il piano sia stato ‘adottato’ prima del 1968. La normativa a cui l’attività costruttiva (avvenuta nel 1982) doveva conformarsi era quella vigente al momento dell’approvazione del piano, la quale includeva le norme nazionali più restrittive. La Corte d’Appello ha quindi errato nel ritenere che il piano regolatore, in quanto ‘preesistente’ nella sua fase di adozione, potesse derogare alle norme imperative sopravvenute in materia di distanze tra costruzioni.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Costruttori e Proprietari

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche. Stabilisce con chiarezza che per verificare la legittimità di una costruzione rispetto alle distanze, non si può fare affidamento sulla data di adozione di un piano regolatore. Bisogna invece verificare la data della sua approvazione finale. Qualsiasi piano urbanistico approvato dopo l’aprile 1968 deve inderogabilmente rispettare i limiti minimi di distanza imposti dal D.M. 1444/1968. I proprietari che ritengono lesi i propri diritti da costruzioni vicine devono quindi basare le proprie contestazioni sulla normativa vigente al momento dell’approvazione dello strumento urbanistico locale, tenendo sempre presente la prevalenza della legge nazionale. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello, che dovrà decidere nuovamente la questione attenendosi a questo fondamentale principio.

Quando diventa efficace e obbligatorio un piano regolatore comunale?
Un piano regolatore comunale diventa efficace e obbligatorio per i privati solo dopo la conclusione dell’intero iter amministrativo, che comprende l’adozione da parte del consiglio comunale, l’approvazione da parte dell’organo regionale competente e la successiva pubblicazione. La sola adozione non è sufficiente.

Una costruzione deve rispettare le norme sulle distanze previste da un piano regolatore adottato prima del 1968 ma approvato dopo?
No. Secondo la sentenza, se un piano regolatore è stato approvato dopo l’entrata in vigore del D.M. n. 1444/1968, deve rispettare le distanze minime previste da tale decreto (es. 10 metri tra pareti finestrate), anche se la sua adozione preliminare era avvenuta prima del 1968. La data rilevante è quella dell’approvazione.

Cosa succede se un regolamento locale prevede distanze inferiori a quelle del D.M. n. 1444/1968?
Se il regolamento locale è stato approvato dopo l’entrata in vigore del D.M. n. 1444/1968, le sue disposizioni che prevedono distanze inferiori sono illegittime e non si applicano. Prevalgono le norme nazionali, che sono inderogabili e hanno forza di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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