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Distanze sopraelevazione: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha stabilito che una sopraelevazione va considerata come una nuova costruzione e deve rispettare le normative nazionali sulle distanze minime tra edifici (D.M. 1444/1968). Tali norme si applicano automaticamente, sostituendo quelle locali se mancanti o meno restrittive. Il caso riguarda una disputa tra proprietari confinanti in cui le corti di merito avevano inizialmente respinto la domanda di ripristino, basandosi su una perizia tecnica. La Cassazione ha annullato la decisione, affermando che il giudice deve applicare d’ufficio la legge nazionale prevalente, a prescindere dal contenuto della concessione edilizia.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Distanze Sopraelevazione: La Legge Nazionale Prevale Sempre sul Regolamento Locale

Quando si costruisce un nuovo piano su un edificio esistente, quali regole sulle distanze dai vicini si devono rispettare? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4923/2025, offre un chiarimento fondamentale sul tema delle distanze sopraelevazione, stabilendo la prevalenza inderogabile della normativa nazionale su quella locale. Questa decisione sottolinea che una sopraelevazione è a tutti gli effetti una nuova costruzione e deve sottostare a regole precise, anche se il piano urbanistico comunale è silente o meno restrittivo.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla richiesta di alcuni proprietari di sospendere i lavori di sopraelevazione intrapresi dai vicini su un fabbricato fronteggiante il loro. Essi sostenevano che la nuova costruzione non rispettasse le distanze legali. Dopo una prima fase cautelare in cui i lavori vennero sospesi, il giudizio di merito, sia in primo grado che in appello, diede torto ai ricorrenti. Le corti territoriali rigettarono la domanda, basandosi principalmente sulle conclusioni di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU), secondo la quale le opere realizzate rispettavano le prescrizioni contenute nella concessione edilizia. Insoddisfatta della decisione, la proprietaria dell’immobile danneggiato ha proposto ricorso in Cassazione.

La Questione Giuridica e le Norme sulle Distanze per Sopraelevazione

Il cuore del problema legale risiedeva nell’errata applicazione della legge da parte della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva limitato la sua analisi al rispetto della concessione edilizia, senza considerare che le norme sulle distanze tra costruzioni sono disciplinate da fonti gerarchicamente superiori. La ricorrente ha sostenuto che, in assenza di uno strumento urbanistico locale specifico o in presenza di norme meno rigorose, si dovesse applicare direttamente l’articolo 9 del Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968, che stabilisce distanze minime inderogabili tra fabbricati. Questo principio, noto come ‘inserzione automatica’, impone che la norma nazionale si sostituisca ‘ipso iure’ (cioè per legge) a quella locale difforme.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto le ragioni della ricorrente, cassando la sentenza d’appello. Le motivazioni della decisione si fondano su principi consolidati e di fondamentale importanza nel diritto immobiliare.

Innanzitutto, la Corte ribadisce un punto fermo: una sopraelevazione deve essere considerata in tutto e per tutto una nuova costruzione. Come tale, non può sottrarsi al rispetto della normativa sulle distanze legali vigente al momento della sua realizzazione. Non importa se l’edificio originario fosse preesistente; l’innalzamento crea un nuovo volume che deve conformarsi alla legge.

In secondo luogo, e questo è il passaggio cruciale, la Cassazione ha censurato la Corte d’Appello per non aver applicato il principio ‘iura novit curia’ (il giudice conosce la legge). Il giudice, infatti, ha il dovere di individuare e applicare la norma corretta al caso concreto, anche se non specificamente invocata dalle parti. In materia di distanze, la disciplina del D.M. 1444/1968 è imperativa e prevale sui regolamenti locali. Se un piano regolatore non prevede alcuna distanza o ne prevede una inferiore a quella minima nazionale, la norma del decreto ministeriale si inserisce automaticamente nello strumento urbanistico, diventando immediatamente applicabile anche nei rapporti tra privati. La Corte territoriale ha quindi errato nel ritenere sufficiente la conformità dell’opera alla sola concessione edilizia, che regola i rapporti con la pubblica amministrazione ma non può derogare alle norme civilistiche sulle distanze.

Le Conclusioni della Suprema Corte

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello, in diversa composizione, affinché riesamini il caso applicando i corretti principi di diritto. Il nuovo giudice dovrà verificare se la sopraelevazione realizzata rispetta le distanze minime imposte dalla normativa nazionale (D.M. 1444/1968), considerando l’opera una nuova costruzione. Questa sentenza riafferma la tutela del diritto di proprietà e la certezza del diritto, garantendo che le regole sulle distanze, poste a tutela della salubrità, sicurezza e decoro urbano, siano rispettate in modo uniforme su tutto il territorio nazionale.

Una sopraelevazione è considerata una nuova costruzione ai fini delle distanze legali?
Sì, la Corte di Cassazione conferma in modo consolidato che la sopraelevazione, a tutti gli effetti, deve essere considerata come una nuova costruzione e, di conseguenza, deve essere eseguita nel pieno rispetto della normativa sulle distanze legali dalle costruzioni esistenti sul fondo confinante.

Quali norme si applicano alle distanze tra edifici se il regolamento comunale non dice nulla o prevede distanze inferiori a quelle nazionali?
Si applica direttamente la disciplina nazionale, in particolare l’articolo 9 del D.M. n. 1444 del 1968. Questa norma si sostituisce automaticamente (‘ipso iure’) a quella locale mancante o meno restrittiva, diventando parte integrante del regolamento comunale e immediatamente applicabile anche nei rapporti tra privati.

Il giudice può basare la sua decisione solo sulla perizia tecnica (CTU) che attesta la conformità dell’opera alla concessione edilizia?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che è un errore. Il giudice deve applicare il principio ‘iura novit curia’ (il giudice conosce le leggi) e quindi verificare d’ufficio il rispetto delle norme imperative in materia di distanze, come quelle del D.M. 1444/1968, che prevalgono sulla concessione edilizia e sulle previsioni meno rigorose dei regolamenti locali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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