Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4923 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 4923 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6674/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZOINDIRIZZO NOME COGNOMEINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME, NOME COGNOME
– intimati –
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI CATANZARO n. 109/2018 depositata il 16/01/2018.
Udito il Sostituto Procuratore generale in persona del dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo di ricorso con assorbimento dei restanti.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, proprietarie di un fabbricato sito in Cosenza, INDIRIZZO chiedevano ex articolo 1171 c.c. e 688 c.p.c. la sospensione dei lavori di sopraelevazione intrapresi da NOME COGNOME ed NOME COGNOME in un fabbricato fronteggiante il proprio.
1.1 Il pretore di Cosenza sospendeva i lavori ad assegnava un termine per la riassunzione della causa. Le originarie parti ricorrenti procedevano alla riassunzione e chiedevano conclusivamente il ripristino dello stato dei luoghi con contestuale risarcimento del danno.
1.2 I convenuti resistevano al giudizio e chiedevano il rigetto della domanda e la revoca dei provvedimenti cautelari.
Il giudice di primo grado rigettava la domanda.
NOME COGNOME proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME e NOME COGNOME si costituivano in giudizio per resistere al gravame, chiedendone il rigetto. Gli altri appellati rimanevano contumaci.
La C orte d’ Appello di Catanzaro rigettava il gravame.
In primo luogo, la Corte rilevava come la rilevanza giuridica della licenza o concessione edilizia si esaurisse nell’ambito del rapporto pubblicistico senza estendersi ai rapporti tra privati in tema di distanze nelle costruzioni, regolati dalle norme edilizie sulle distanze legali e dal le caratteristiche oggettive dell’opera .
A tal proposito la CTU espletata in primo grado era stata chiara nell’affermare il rispetto delle distanze nella realizzazione delle opere
Ric. 2019 n. 6674 sez. S2 – ud. 16/01/2025
oggetto di causa sia in relazione alle distanze che alle altezze. Tale certezza era stata ribadita anche nelle controdeduzioni rese dallo stesso CTU in primo grado. D’altra parte , in caso di violazione delle distanze ex articolo 872, comma 2, c.c. era prevista la facoltà di chiedere la riduzione in pristino solo in caso di violazione delle norme del codice civile e di quelle regolamentari da essa richiamate, mentre per le altre norme non direttamente richiamate era previsto solo il risarcimento del danno.
Quanto invece all’ulteriore questione controversa circa l’altezza delle opere difforme rispetto a quella preesistente il consulente aveva precisato che la concessione edilizia conteneva la prescrizione che non fosse alterata l’attuale altezza della linea di gronda di m t. 0 e quella di colmo di metri 2,40 e che, pertanto, i lavori di rifacimento avevano rispettato tali distanze.
Quanto alla domanda tesa ad ottenere il risarcimento del presunto danno risultava una deduzione del tutto generica priva dei necessari elementi fattuali di valutazione e ciò comportava il rigetto del relativo motivo di appello e la conferma integrale della decisione impugnata.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di otto motivi e, in prossimità dell’udienza , ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., insistendo nella richiesta di accoglimento del ricorso.
Le parti intimate non si sono costituite.
Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l’ accoglimento del secondo motivo di ricorso con assorbimento dei restanti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c. in relazione agli articoli 61, 62, 194 e 201 c.p.c.
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La censura ha ad oggetto il richiamo fatto nella sentenza impugnata all’articolo 34 5 c.p.c. senza alcun riferimento a quali atti la statuizione si riferisca. Peraltro, essendo il giudizio cominciato in epoca remota non è soggetto alle preclusioni neanche in appello.
1.1 Il primo motivo è inammissibile.
Secondo lo stesso ricorrente l’erroneità del richiamo all’art. 34 5 c.p.c. non assume rilievo pratico essendo la sentenza fondata su altri presupposti di fatto e ragioni di diritto censurate con i motivi seguenti. Risulta palese, pertanto, l’inammissibilità della censura per difetto di interesse all’impugnazione.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art . 9 del d.m. n. 1444 del 1968 in relazione all’articolo 873 c.c. e all’articolo 9 delle norme di attuazione del piano regolatore generale del Comune di Cosenza.
Parte ricorrente evidenzia come la questione decisiva della causa riguardi il rispetto della distanza tra la nuova opera edilizia realizzata dai Marano e la parete frontale del proprio fabbricato e ritiene che la C orte d’ Appello abbia erroneamente ritenuto che in mancanza di uno strumento urbanistico recante la previsione di prescrizioni sulle distanze tra fabbricati debba trovare applicazione l ‘ articolo 873 e ss. del codice civile mentre in base alla giurisprudenza consolidata farsi immediata applicazione del la disciplina di cui all’art . 9 del d.m. n. 1444 del 1968.
Risultava dagli atti, infatti, che i Marano avessero realizzato una sopraelevazione del fabbricato e dunque un manufatto che non costituiva un volume tecnico destinato sin dal progetto originario a soffitta. Tale soffitta rappresentava una sopraelevazione di metri 2,60 con elevazione sia della linea di gronda che di quella di colmo. Richiamata la consulenza tecnica e le osservazioni del consulente di parte con il motivo si sostiene che in applicazione al citato decreto
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ministeriale la nuova costruzione ha violato la normativa in materia di distanze.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
La censura è ripetitiva di quella svolta col secondo motivo sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto storico avente carattere decisivo rappresentato dalla sopraelevazione che deve essere considerata come nuova opera. Inoltre, il CTP ha compiuto un errore nel ritenere che non vi fosse elevazione in ordine alla linea di gronda considerando invece solo due lati del fabbricato.
3.1 Il secondo e il terzo motivo di ricorso sono fondati e il loro accoglimento determina l’assorbimento dei restanti.
Il collegio condivide le conclusioni del P.G. secondo cui la pronuncia impugnata non ha tenuto conto del fatto che l’inserzione automatica della disciplina delle distanze dettata dall’art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 nello strumento urbanistico comunale opera non solo quando lo strumento urbanistico stesso, individuando le zone territoriali omogenee, violi le distanze minime prescritte dallo stesso art. 9 per ciascuna zona territoriale, prevedendo una distanza inferiore a quella minima prescritta, ma anche quando lo strumento urbanistico, dopo aver individuato le zone territoriali omogenee, nulla preveda sulle distanze legali relativamente ad esse (o ad una di esse), come risulta essere avvenuto nel caso di specie. Per l’effetto, se lo strumento urbanistico locale recepisca le prescrizioni in materia di distanze tra costruzioni dettate dall’art. 9 del d.m. n. 1444/1968 ovvero stabilisca distanze più rigorose, si applicheranno le norme del regolamento comunale, ma se non osservi le prescrizioni del detto art. 9, o in quanto preveda distanze minori ovvero in quanto non preveda affatto alcuna distanza tra i fabbricati, si determinerà l’inserzione automatica delle prescrizioni dell’art. 9 nello strumento urbanistico, divenendo cos ì tali
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prescrizioni -a mezzo dello strumento urbanistico del quale entrano a far parte -immediatamente applicabili anche ai rapporti tra privati.
Deve darsi continuità al seguente principio di diritto: Lo strumento urbanistico comunale che individui le zone territoriali omogenee di cui all’art. 2 del d. m. n. 1444 del 1968, deve osservare le prescrizioni in materia di distanze minime tra fabbricati previste, per ciascuna di dette zone, dal successivo art. 9, comma 1, avente immediata ed inderogabile efficacia precettiva. Ne consegue che, qualora nel regolamento comunale non sia stabilita alcuna distanza tra fabbricati relativamente ad una o più zone territoriali omogenee, o ne sia prevista una inferiore a quella minima prevista nel citato d.m., la disciplina dettata dall’art. 9 cit. sostituirà ” ipso iure ” quella difforme contenuta nel regolamento, così divenendone parte integrante e immediatamente applicabile ai rapporti tra privati (Sez. 2, Ordinanza n. 12562 del 10/05/2023, Rv. 667781 – 01).
Inoltre, la Corte non ha tenuto conto dell’orientamento del tutto consolidato di questa Corte secondo cui la sopraelevazione costituisce nuova costruzione ai fini delle distanze tra costruzioni. A tal proposito è sufficiente richiamare il seguente principio di diritto: «La sopraelevazione, a tutti gli effetti deve essere considerata come nuova costruzione e può essere di conseguenza eseguita solo con il rispetto della normativa sulle distanze legali dalle costruzioni esistenti sul fondo confinante» ( ex plurimus Sez. 2, Ord. n. 12292 del 07/05/2024 Rv. 671489; Sez. 2, Ord. n. 5049 del 05/03/2018, Rv. 647818).
La Corte territoriale non ha esaminato tali profili, rilevabili in base al principio iura novit curia applicabile in materia di distanze, e non ha valutato la violazione del d.m. n.1444 del 1968, trattandosi di manufatto realizzato in ‘zona A’ del Comune di C osenza.
In proposito è utile anche ribadire che la sopraelevazione costituisce nuova costruzione soggetta ai limiti inderogabili di densità,
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altezza e distanza tra i fabbricati previsti dall’art. 9, comma 2, del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, (emanato su delega dell’art. 41- quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 – c.d. legge urbanistica, aggiunto dall’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765) limiti che prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica, e trovano applicazione anche con riferimento alle nuove costruzioni, quali devono considerarsi le sopraelevazioni effettuate nei centri storici ove, vigendo il generale divieto di nuove edificazioni, è previsto solo che le distanze tra gli edifici interessati da interventi di ristrutturazione e di risanamento conservativo non possano essere inferiori a quelle intercorrenti tra i preesistenti volumi edificati (Sez. 2, Sentenza n. 3739 del 15/02/2018, Rv. 647800 – 02).
Nella specie, peraltro, la Corte ha fondato la decisione su un giudizio erroneo assumendo che il CTU in primo grado aveva precisato che la concessione edilizia conteneva la prescrizione che non venisse alterata l’attuale altezza della linea di gronda posta a quota di metri zero e quella di colmo a quota di metri 2,40 e che pertanto in seguito i lavori di rifacimento avrebbero rispettato tali distanze.
In proposito deve richiamarsi il precedente di questa Corte secondo cui: In materia di distanze legali tra edifici, nell’ipotesi di ristrutturazione con sopraelevazione di un fabbricato preesistente, l’altezza del nuovo edificio va calcolata considerando non la linea di gronda, ma quella di colmo, configurandosi una nuova costruzione soltanto se essa produce un aumento della superficie esterna e della volumetria dei piani sottostanti, così incidendo sulla struttura e sul modo di essere della copertura; spetta al giudice di merito di volta in volta verificare, in concreto, se l’opera eseguita abbia le anzidette caratteristiche ovvero se, in ipotesi, avendo carattere ornamentale e funzioni meramente accessorie rispetto al fabbricato, vada esclusa dal
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calcolo delle distanze legali (Sez. 2, Sentenza n. 18281 del 27/06/2023, Rv. 667971 – 01).
L’accoglimento del secondo e terzo motivo di ricorso comporta l’assorbimento dei seguenti che, pertanto, si riportano solo in sintesi.
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame della consulenza di parte RAGIONE_SOCIALE.
La consulenza di parte svolta dalla ricorrente aveva mosso dettagliati circostanziati rilievi critici alla consulenza tecnica d’ufficio riportati ampiamente nel motivo e la corte d’appello non ha superato i suddetti rilievi con una puntuale motivazione.
Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame delle risultanze della prova testimoniale espletata nella fase cautelare del giudizio.
La ricorrente richiama le dichiarazioni testimoniali svolte nel giudizio cautelare e totalmente ignorate nella sentenza oggetto di ricorso.
Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame degli accertamenti effettuati delle pronunce emesse nel giudizio penale a carico dei fratelli COGNOME
Per i lavori effettuati era stato contestato ai fratelli COGNOME la condotta di rilevanza penale per aver eseguito opere in difformità rispetto alle opere assentite. La condanna di primo grado era stata riformata per l’intervenuta prescrizione e amnistia, fermo restando l’accertamento circa l’esistenza degli elementi di colpevolezza. Di tale pronuncia non si è tenuto conto nella motivazione della sentenza della Corte d’Appello.
Il settimo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 872, comma 2 , c.c. in relazione all’articolo 873 c.c. all’articolo 9 del d. m. n. 1444 del 1968 e dell’articolo 2043 e 2016 e 2056 c.c.
Ric. 2019 n. 6674 sez. S2 – ud. 16/01/2025
La censura attiene al rigetto della domanda di risarcimento del danno che invece avrebbe dovuto essere riconosciuto una volta accertata la violazione della normativa sulle distanze essendo comunque il danno in re ipsa . Peraltro, la ricorrente aveva già precisato natura e ammontare dei danni subiti, indicando perfino la somma complessiva della differenza del valore dell’immobile prima e dopo l’intervento contestato .
L’ottavo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti.
La censura è ripetitiva della precedente sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto costituente la relazione di parte dell’ingegnere COGNOME.
Come si è detto i motivi dal quarto all’ottavo sono assorbiti dall’accoglimento de i motivi secondo e terzo.
La Corte accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo e assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo e assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione