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Distanze legali vedute: veranda e diritto di affaccio

La Corte di Cassazione ha chiarito che la costruzione di una veranda, pur interessando parti comuni dell’edificio, non può violare il diritto di veduta in appiombo del proprietario dell’appartamento superiore. La Corte ha cassato la sentenza d’appello che aveva erroneamente applicato le norme sull’uso della cosa comune (art. 1102 c.c.) invece di quelle specifiche a tutela delle distanze legali vedute (art. 907 c.c.), affermando la prevalenza della protezione del diritto di affaccio.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Distanze Legali Vedute: La Cassazione Chiarisce la Differenza con l’Uso dei Beni Comuni

L’installazione di una veranda può rappresentare un miglioramento per un appartamento, ma cosa succede quando questa nuova struttura limita la vista del vicino del piano di sopra? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta proprio questo tema, stabilendo un principio fondamentale in materia di distanze legali vedute e condominio. La Corte ha chiarito che il diritto di affaccio del singolo proprietario prevale sulle norme che regolano l’uso delle parti comuni dell’edificio.

I Fatti di Causa: una Veranda Contesa

Il caso ha origine dalla domanda di un proprietario di un appartamento che lamentava la violazione del proprio diritto di veduta, esercitato da una terrazza di sua proprietà esclusiva. I proprietari dell’appartamento sottostante avevano infatti realizzato una veranda sulla loro terrazza, limitando la cosiddetta “veduta in appiombo”, ovvero la possibilità di guardare direttamente verso il basso.

La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, aveva respinto la domanda. Il suo ragionamento si era concentrato erroneamente sull’articolo 1102 del codice civile, che disciplina l’uso della cosa comune da parte dei singoli condomini. Secondo i giudici d’appello, la costruzione, appoggiandosi al muro perimetrale (bene comune), rappresentava un uso più intenso del bene condominiale, legittimo purché non alterasse la destinazione e non impedisse il pari uso agli altri.

L’Errore della Corte d’Appello secondo la Cassazione

Il proprietario dell’appartamento superiore ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse commesso un grave errore di diritto. La questione, infatti, non riguardava l’uso più o meno intenso di una parte comune, ma la violazione di una norma specifica posta a tutela della proprietà individuale: l’articolo 907 del codice civile, che disciplina le distanze delle costruzioni dalle vedute. La lamentela non era sull’uso del muro comune, ma sulla lesione del diritto di godere della vista dalla propria terrazza esclusiva.

Le Motivazioni della Cassazione: Tutela delle Distanze Legali Vedute

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, definendo il motivo “manifestamente fondato”. I giudici hanno spiegato che la Corte d’Appello ha confuso due piani giuridici distinti e non sovrapponibili. Un conto è la disciplina dell’uso dei beni condominiali (art. 1102 c.c.), altro è la normativa a tutela delle distanze legali per proteggere le vedute (art. 907 c.c.).

L’errore fondamentale è stato quello di non verificare se il manufatto costruito dai vicini violasse la veduta in appiombo dell’attore. La Cassazione ha ribadito, richiamando una consolidata giurisprudenza, che il diritto alla veduta in appiombo deve essere tutelato integralmente da qualsiasi costruzione realizzata dal proprietario del piano inferiore. La natura condominiale dell’edificio e le deroghe alle distanze che essa comporta non possono spingersi fino a comprimere il diritto di un condomino di affacciarsi dalla sua proprietà esclusiva. Il fatto che la veranda si appoggiasse a un muro comune è irrilevante ai fini della tutela specifica richiesta.

Le Conclusioni: Il Principio di Diritto e le Implicazioni Pratiche

Con questa ordinanza, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, affinché riesamini il caso applicando il corretto principio di diritto. Il nuovo giudizio dovrà concentrarsi esclusivamente sulla verifica della violazione dell’articolo 907 del codice civile, accertando se la veranda leda effettivamente il diritto di veduta del ricorrente.

La decisione ha importanti implicazioni pratiche per la vita in condominio: chi intende realizzare una veranda o qualsiasi altra costruzione sulla propria terrazza o balcone deve prestare la massima attenzione non solo alle norme urbanistiche e condominiali, ma anche e soprattutto al rispetto delle distanze legali vedute dei vicini, in particolare di quelli del piano superiore. Il diritto all’uso più intenso di una parte comune non può mai essere una giustificazione per sacrificare il diritto di un altro condomino di godere pienamente della propria proprietà.

Un condomino può costruire una veranda che limita la vista del vicino al piano di sopra?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la costruzione di un manufatto non può ledere il diritto di veduta in appiombo (la vista verso il basso) del proprietario dell’appartamento superiore, come stabilito dall’art. 907 del codice civile.

Perché la decisione della Corte d’Appello è stata considerata errata?
La Corte d’Appello ha commesso un errore applicando le norme sull’uso delle parti comuni (art. 1102 c.c.) invece di quelle specifiche sulla tutela delle distanze dalle vedute (art. 907 c.c.). La controversia non riguardava l’uso di un muro comune, ma la lesione di un diritto di proprietà esclusiva.

Il fatto che la veranda si appoggi a un muro perimetrale comune giustifica la violazione delle distanze?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il rispetto delle distanze legali per la tutela delle vedute è un principio che non può essere derogato dalla disciplina sull’uso più intenso della cosa comune. La tutela del diritto di affaccio del singolo proprietario prevale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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