Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13130 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13130 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27659/2022 R.G. proposto da : COGNOME, COGNOME, COGNOME NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, difesi da ll’avvocato COGNOMEricorrente- contro
NOME COGNOME difeso da ll’avvocato COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 1217/2022 depositata il 23/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME conveniva i COGNOME dinanzi al Tribunale di Salerno domandando l’arretramento di un fabbricato fino alla distanza originaria dalla sua proprietà, la chiusura della nuova porta al piano terra e dei due balconi ai piani primo e secondo – in quanto costituenti servitù di veduta realizzate in violazione delle
distanze legali – e il risarcimento dei danni subiti per violazione della distanze. I convenuti eccepivano la carenza di legittimazione passiva e chiedevano la chiamata in causa della società RAGIONE_SOCIALE, dell’ingegnere COGNOME e di NOME COGNOME, esecutori dell’opera, per essere manlevati. Nel merito, contestavano e chiedevano, in via riconvenzionale, la demolizione di opere abusive realizzate da NOME.
Il Tribunale di Salerno, con sentenza del 2018, ha accolto parzialmente la domanda di NOMECOGNOME condannando i convenuti COGNOME a trasformare le nuove vedute in luci ai sensi dell’art. 901 c.c., nonché al pagamento di € 4.000 a titolo di risarcimento danni. Ha dichiarato cessata la materia del contendere in relazione alla distanza del fabbricato dal confine, ritenendo che la situazione fosse stata sanata. Ha inoltre rigettato la domanda riconvenzionale proposta dai COGNOME e quella di manleva nei confronti di COGNOME Infine, ha condannato RAGIONE_SOCIALE e Senatore a tenere indenni i Natella delle somme da essi dovute in forza della sentenza.
La Corte di appello ha confermato integralmente la sentenza di primo grado. Ha ritenuto che le risultanze peritali confermassero l’aumento delle vedute rispetto allo stato preesistente e che la distanza dal confine fosse inferiore a quanto previsto dall’art. 905 c.c. Ha inoltre escluso che le nuove costruzioni realizzate da NOME potessero incidere sulla decisione, in quanto estranee al giudizio principale. La Corte ha infine ribadito l’inammissibilità della domanda riconvenzionale, ritenendola preclusa dal giudicato formatosi con una precedente sentenza del Tribunale di Salerno del 1992.
Ricorrono in cassazione i convenuti con quattro motivi, illustrati da memoria. Resiste l’attore con controricorso e memoria. Il consigliere delegato ha proposto la definizione del ricorso per inammissibilità o manifesta infondatezza. La parte ricorrente ne ha chiesto la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo rappresentato dai chiarimenti resi dal c.t.u. in data 04/02/2016, laddove egli rispondendo ai quesiti posti dal Giudice di primo grado concludeva a pag. 4/5 che erano sei le nuove vedute in contrasto con le distanze legali. Si afferma che tali chiarimenti, disposti a seguito dell’arretramento spontaneo del fabbricato da parte dei convenuti, avrebbero fornito dati aggiornati circa la distanza delle vedute dal confine, evidenziando che le nuove vedute in contrasto con la norma sarebbero solo sei e non diciannove come ritenuto dalla Corte. Si censura pertanto che la Corte di appello abbia fondato la propria decisione sulle precedenti relazioni tecniche, senza considerare le risultanze più recenti.
Il secondo motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo, consistente nella mancata determinazione precisa delle distanze delle vedute rispetto al confine, come risultante dai chiarimenti del c.t.u. del 2016. Si contesta che la Corte di appello abbia erroneamente considerato le vedute come non regolamentari in base alla consulenza del 2010, senza tener conto dell’aggiornamento tecnico successivo, dal quale sarebbe emerso che solo alcune vedute erano a distanza inferiore a quella legale. Di conseguenza si censura la violazione dell’art. 905 c.p.c.
Il terzo motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo, relativo alla costruzione di due nuovi corpi di fabbrica da parte di Giuliano nel 2008. Si afferma che la Corte di appello avrebbe ignorato tale circostanza.
Il quarto motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo, rappresentato dalla mancata valutazione dei chiarimenti resi dal c.t.u. nel 2016, che avrebbero dovuto indurre la Corte di appello a riconsiderare le conclusioni della sentenza di primo grado. Si sostiene che la decisione impugnata abbia erroneamente omesso di esaminare le risultanze peritali più recenti, violando il principio
secondo cui il giudice di merito deve tener conto di tutti gli elementi probatori acquisiti nel corso del processo.
-I quattro motivi possono essere esaminati congiuntamente per connessione.
Essi sono inammissibili.
Ci troviamo dinanzi ad una doppia pronuncia conforme in primo e secondo grado. In tale ipotesi, ai sensi dell’art. 348 -ter, co. 5 c.p.c. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, co. 2 d.l. 83/2012, conv. in l. 134/2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), la parte ricorrente in cassazione, per evitare che il motivo ex art. 360, n. 5 c.p.c. sia dichiarato inammissibile (cfr. art. 348-ter, co. 5 c.p.c., nel suo richiamo al comma precedente), deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. Cass. 7724/2022).
Nel caso di specie tutti e quattro motivi censurano l’omesso esami di fatti decisivi. Solo il secondo motivo aggiunge espressamente la censura di violazione d ell’art. 905 c.c., ma si tratta di censura consequenziale a quella di omesso esame di fatto decisivo ed è quindi caducata in forza dell’inammissibilità di quest’ultima . L’onere indicato nella parte finale del capoverso precedente non è stato assolto.
In ogni caso, i quattro motivi di ricorso, pur denunciando l’omesso esame di fatti decisivi, in realtà si risolvono in una contestazione delle valutazioni compiute dalla Corte di appello, senza integrare un vizio rilevante in sede di legittimità. Il giudice di merito ha espressamente considerato la consulenza tecnica e i relativi chiarimenti, come emerge dalla sentenza impugnata. Pertanto, l’omesso esame lamentato nei motivi di ricorso non sussiste.
Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, anche ai sensi dell’art. 93 co. 3 e 4 c.p.c.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in € 2.100 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge, da corrispondere all’ avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario. Inoltre, condanna la parte ricorrente al pagamento ex art. 96 co. 3 c.p.c. di € 2.1000 in favore della parte controricorrente, da corrispondere all’avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario , nonché al pagamento ex art. 96 co. 4 c.p.c. di € 3.000 in favore della cassa delle ammende.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16/04/2025.