Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 28099 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 28099 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6489/2021 R.G. proposto da :
ARREDAMENTI RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME NOME -domicilio digitale alle PEC: EMAIL e EMAIL–
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME domicilio digitale alla PEC: EMAIL e EMAIL–
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CAMPOBASSO n. 19/2021 depositata il 25/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME aveva convenuto in giudizio RAGIONE_SOCIALE avanti al Tribunale di Campobasso lamentando che la società convenuta aveva realizzato un immobile, un garage e altri manufatti a distanza illegale e aveva reso impossibile, di conseguenza, anche la realizzazione della strada per il cui sedime entrambe le parti si erano impegnate, nei rispettivi atti d’acquisto dall’unica proprietaria originaria dell’intero, a riservare tre metri a confine. L’attore aveva chiesto, oltre alla demolizione o all’arretramento delle opere a distanza illegale, anche la condanna della controparte al risarcimento dei danni. La società convenuta aveva contrastato le domande ed eccepito l’intervenuto acquisto per usucapione della servitù a mantenere i beni e manufatti a distanza illegale, dando altresì disponibilità alla realizzazione della strada.
Il Tribunale di Campobasso, esperita una consulenza tecnica d’ufficio, aveva disatteso l’eccezione di usucapione proposta dalla società convenuta e condannato RAGIONE_SOCIALE: a demolire o arretrare la scala, il terrapieno e il garage realizzati a distanza illegale; a versare, a titolo di risarcimento del danno, € 68.843,96 per la mancata realizzazione della strada; a versare € 25.000,00 quale risarcimento per equivalente in sostituzione dell’arretramento a distanza legale del fabbricato principale.
La Corte d’Appello di Campobasso, adita da RAGIONE_SOCIALE, ritenuta ammissibile e non coperta da un precedente giudicato l’eccezione di usucapione svolta dalla società in relazione alle servitù in materia di distanze illegali, l’aveva respinta nel merito sul presupposto che non vi fosse certezza sulla
data del completamento delle opere, da prendere a riferimento temporale iniziale per il decorso del tempo necessario ad usucapirne a titolo di servitù la collocazione rispetto al confine. La Corte di merito aveva rilevato, in particolare, quanto segue: per il fabbricato, che pure si afferma realizzato tra il 1966 e il 1969, sarebbero intervenute concessioni in sanatoria nel 1995 che potrebbero aver implicato interventi edili di sistemazione anche importanti; per il terrapieno e la scala, non vi sono elementi per affermarne con certezza l’epoca di realizzazione antecedente al 1992; quanto al garage con accesso da INDIRIZZO che si afferma risalente agli anni ’70, il teste non lo ha riconosciuto sulle foto e quindi non vi è prova dell’epoca di edificazione; negata la parziale demolizione del fabbricato, si riconoscono € 25.000,00 quale risarcimento dei danni per equivalente; esplicitata e confermata la risoluzione dell’accordo per la realizzazione della strada, divenuto di impossibile esecuzione per inadempimento di RAGIONE_SOCIALE, si conferma la condanna al risarcimento del danno subito da NOME COGNOME per la mancata costruzione del manufatto e per i costi sostenuti per la viabilità sostitutiva, pari a complessivi € 68.843,96.
Propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandolo a tre motivi.
Ha depositato controricorso NOME COGNOME, che afferma l’inammissibilità del ricorso ex art.360 bis co 1 c.p.c. o ex art.366 c.p.c.
Le parti non hanno depositato memorie ulteriormente illustrative delle rispettive difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Non è condivisibile il rilievo di inammissibilità del ricorso per violazione dell’art.360 bis co 1 c.p.c., non essendone oggetto questioni di puro diritto, mentre il rispetto del disposto dell’art. 366 c.p.c. e dell’art.360 c.p.c., quanto alla possibilità di sottoporre a
critica la sentenza appellata ai sensi dell’art.360 co 1 n.5 c.p.c. -, dovrà essere verificato in relazione ai singoli motivi di ricorso proposti.
1. Con un primo motivo di critica RAGIONE_SOCIALE lamenta la <>. La società ricorrente ribadisce che l’immobile di sua proprietà sarebbe stato realizzato nel 1968 e che le difformità che furono sanate nel 1995 erano appunto preesistenti alla sanatoria (le uniche modifiche apportate con esse avrebbero riguardato la destinazione d’uso, non la realizzazione di altre opere). Ciò troverebbe conferma nel fatto che lo sbancamento e il muro di contenimento, pure contestati e realizzati nel 1992, furono l’unica doglianza svolta da NOME COGNOME nella denuncia-querela presentata nel 1993; il garage costruito nel 1970 sarebbe esattamente quello interrato posto all’esterno del fabbricato sul confine della strada, mentre l’altro garage seminterrato sarebbe quello posto sotto l’edificio.
Il motivo si compone di due doglianze che leggono gli stessi fatti sotto profili diversi: come violazione di legge, rispetto alle plurime norme citate, e come nullità della sentenza per violazione dell’obbligo di motivazione.
Entrambi i profili di critica delineati sono infondati.
La Corte di merito ha motivato in modo logico e privo di contraddizioni la decisione sulle questioni in esame, permettendo la comprensione del ragionamento giuridico seguito per escludere la fondatezza dell’eccezione di usucapione proposta e gli elementi istruttori valorizzati a tal fine (cfr., per tutte, Cass. SU n.8053/2014, che esprime principi di diritto ai quali si è uniformata la giurisprudenza successiva).
La possibilità di identificare univocamente la data di ultimazione delle opere per le quali si eccepisce l’intervenuta usucapione,
considerando che la causa è stata introdotta in primo grado nel 1993 e che, quindi, il ventennio avrebbe dovuto essere già maturato a quella data, è questione di fatto rimessa alla valutazione del Giudice di merito e non può essere sindacata in sede di legittimità se sorretta, come nel caso di specie, da motivazione effettiva e congruente che valorizza – in ultima analisi e a fronte di risultanze istruttorie considerate equivoche – il mancato adempimento ad opera della società dell’onere di prova, correttamente posto a suo carico, quanto al ricorrere di tutti i presupposti necessari per l’acquisto per usucapione del preteso diritto di servitù.
Quanto al garage privo di concessione edilizia, <>la Corte di merito rileva che non è possibile stabilire la data della sua realizzazione in considerazione del fatto che il teste COGNOME che lo avrebbe condotto in locazione non ha indicato il <>, ma ha riconosciuto, <>.
La Corte d’Appello di Campobasso ha dato sul punto una precisa valutazione degli elementi istruttori acquisiti, fondata sul fatto che il teste COGNOME avrebbe indicato un garage diverso da quello oggetto di controversia. All’interpretazione del materiale istruttorio operata dalla Corte di merito la ricorrente oppone la propria valutazione, in base alla quale la fotografia riconosciuta dal teste sarebbe invece proprio quella del garage esterno al fabbricato, posto sul confine della strada, e questo garage corrisponderebbe a quello fotografato a pag.11 fig.7 della CTU, essendo l’altro garage indicato nella CTU seminterrato e posto sotto
l’edificio principale (l’indicazione non è a pag. 11 ma a pag. 6 dell’elaborato, come riferisce nel ricorso la stessa ricorrente: detta indicazione non è stata in alcun modo presa in considerazione dalla Corte di merito che ha fatto sempre e solo riferimento al garage esterno al fabbricato, posto sul confine della strada).
La ricorrente contesta quindi la valutazione della prova testimoniale, della quale nemmeno riporta il testo per la parte criticata, operata dal Giudice di merito, che avrebbe considerato diverse la fig.7 a pag.11 della CTU e la fotografia prodotta dalla stessa ricorrente come doc. n.5: ma, a fronte della motivazione specifica offerta riguardo alla questione in esame nella sentenza ricorsa, ciò che in concreto RAGIONE_SOCIALE richiede è una riconsiderazione del materiale istruttorio esaminato dalla Corte di merito per ottenerne, inammissibilmente in sede di legittimità, una diversa interpretazione in senso ad essa favorevole.
2. Con il secondo motivo la società ricorrente si duole della <>. L’immobile di proprietà di RAGIONE_SOCIALE non fronteggerebbe l’immobile di proprietà di NOME COGNOME ma altro immobile di proprietà di terzi: il danno riconosciuto a favore della controparte avrebbe dovuto essere provato e quantificato in base al reale pregiudizio subito, non essendovi in concreto limitazioni di alcun tipo al godimento della proprietà per la controparte.
Il motivo, che contiene due autonomi profili di doglianza, è infondato quanto alla prospettata violazione di legge, inammissibile quanto alla proposta omissione di esame di fatto decisivo discusso.
Sotto il primo profilo, la pretesa violazione di legge deriverebbe dal fatto che l’edificio di proprietà della controparte fronteggerebbe un edificio di proprietà di terzi, dal quale lo dividerebbe una ‘striscia di suolo adibita a strada’ di proprietà dello stesso
contro
ricorrente. Questo profilo di doglianza, di non chiara comprensione, è, per quanto sembra di capire leggendo il ricorso, comunque infondato: la ricorrente non contesta infatti che l’edificio di sua proprietà è a distanza illegale dal confine con la proprietà del controricorrente – cfr. a pag.7 del ricorso – ma rileva che non vi sarebbe invece alcuna violazione delle distanze tra fabbricati anche in considerazione del fatto che essi non sarebbero frontistanti. Anche se detta ultima circostanza fosse vera rimarrebbe comunque la violazione della distanza legale dal confine tra le proprietà, che è quella considerata in sede di merito, e il fatto che la quantificazione del danno subito da NOME COGNOME è stata effettuata dai Giudici di merito, conformemente in primo e in secondo grado, per equivalente, tenendo conto che la demolizione parziale del fabbricato principale di proprietà della ricorrente, che altrimenti avrebbe dovuto essere disposta, avrebbe implicato una trasformazione invasiva dello stesso con possibili implicazioni sulla sua statica -circostanza questa in alcun modo sottoposta a critica da RAGIONE_SOCIALE: l’assenza di rilievi da parte di NOME COGNOME non permette valutazioni ulteriori sul punto.
Sotto il profilo della prospettata omessa considerazione di un fatto decisivo discusso tra le parti – che sarebbe, ancora una volta, il fatto che gli edifici delle parti non sarebbero frontistanti – il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 348 ter u.c. c.p.c., applicabile ratione temporis , che esclude la possibilità di proporre ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 co 1 n.5 c.p.c. in ipotesi di conforme valutazione in primo e in secondo grado, come è appunto avvenuto nel caso di specie, del rilievo della circostanza di fatto che si pretende omessa.
Il terzo motivo di ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE, lamenta la <>, perché non vi sarebbe
stata opposizione della ricorrente alla realizzazione della strada, ancora possibile avendo la società la disponibilità di una striscia di tre metri, seppure arretrata rispetto a quella originariamente prevista, da adibire allo scopo; il Giudice avrebbe inoltre inteso riferire l’importo risultante dalla relazione di consulenza tecnica d’ufficio all’impossibile realizzazione della strada, senza dare giustificazione dei rilievi critici svolti sul punto.
Il motivo in esame è inammissibile.
Sotto il profilo della pretesa violazione di legge in relazione all’applicazione del disposto dell’art.1453 c.c., è la stessa ricorrente che riconosce la definitiva impossibilità di realizzazione della strada secondo gli accordi originari: il fatto che la società sia disponibile ad offrire una striscia di tre metri per la realizzazione della strada in posizione diversa rispetto a quanto concordato non esclude l’inadempimento definitivo, ritenuto intrinsecamente grave dai Giudici del merito, con pronunce conformi.
Quanto alla critica della quantificazione del danno operata dal Giudice d’Appello, che si assume sia stata effettuata senza nemmeno considerare le doglianze svolte dalla ricorrente sulla quantificazione effettuata sulla base della CTU dal primo Giudice, il motivo manca di specificità, perché non è dato in alcun modo comprendere quali siano state le critiche di cui sarebbe stato omesso l’esame , dove esse siano state articolate e come siano state coltivate in sede di impugnazione.
In conclusione, il ricorso deve essere integralmente respinto.
Le spese del giudizio di legittimità si pongono a carico della società ricorrente.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di NOME COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 28 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME