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Distanze legali: un balcone è sempre costruzione?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 239/2024, ha chiarito che, ai fini del rispetto delle distanze legali, un balcone va sempre considerato come ‘costruzione’. La Corte ha rigettato il ricorso di alcuni proprietari che sostenevano la natura di ‘camminamento’ della loro opera, affermando che ciò che conta è lo stato di fatto dell’immobile al momento della decisione, rendendo irrilevanti sia i permessi di costruire ottenuti sia eventuali future modifiche per sanare l’illecito.

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Balconi e distanze legali: la Cassazione chiarisce cosa conta come ‘costruzione’

La gestione delle distanze legali tra edifici rappresenta una delle questioni più spinose e frequenti nel diritto immobiliare. Un elemento spesso al centro del contendere è il balcone: è da considerarsi parte della costruzione ai fini del calcolo delle distanze? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha offerto una risposta chiara e inequivocabile, stabilendo principi fondamentali per proprietari e costruttori. Analizziamo la decisione per comprendere le sue importanti implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

La vicenda giudiziaria nasce dalla controversia tra proprietari di fondi confinanti. Un gruppo di proprietari citava in giudizio i vicini, lamentando che la loro nuova costruzione, e in particolare un balcone, violava la distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate prevista dal regolamento edilizio locale. I costruttori si difendevano sostenendo che la struttura in questione non fosse un vero e proprio balcone, ma un camminamento perimetrale destinato a trovarsi al livello del giardino, una volta completati i lavori di riporto del terreno.

La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, accoglieva la domanda dei vicini e ordinava l’arretramento del balcone per ripristinare la distanza legale. Secondo i giudici di secondo grado, basandosi sulle risultanze della consulenza tecnica, il manufatto era a tutti gli effetti un balcone e, allo stato attuale, violava le normative.

Il Ricorso in Cassazione

I proprietari soccombenti presentavano ricorso in Cassazione, lamentando un’errata interpretazione delle prove (in particolare della perizia) da parte della Corte d’Appello. Essi insistevano sulla natura di camminamento della struttura e sottolineavano che un nuovo permesso di costruire avrebbe consentito il completamento dell’opera, regolarizzando la situazione con l’interro del piano seminterrato. A loro avviso, l’illecito era solo apparente e temporaneo.

Le Motivazioni della Cassazione sulle distanze legali

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, fornendo chiarimenti cruciali sulla nozione di costruzione e sull’irrilevanza dei titoli edilizi nei rapporti tra privati.

La nozione di costruzione ai fini delle distanze

La Cassazione ribadisce un principio consolidato: ai fini dell’articolo 873 del Codice Civile, la nozione di ‘costruzione’ è ampia. Comprende qualsiasi opera non completamente interrata che abbia i caratteri della solidità, della stabilità e dell’immobilizzazione al suolo. I regolamenti comunali possono solo stabilire una distanza maggiore, ma non modificare questa nozione codicistica.

Di conseguenza, le strutture accessorie come i balconi, se dotate di dimensioni consistenti e stabilmente incorporate all’edificio, ne costituiscono un ampliamento e devono essere computate nel calcolo delle distanze legali. L’eccezione riguarda solo gli sporti di limitata entità con funzione puramente decorativa o di finitura, che non creano intercapedini dannose. Un balcone aggettante, per sua natura, non rientra in questa eccezione.

L’irrilevanza del titolo edilizio nei rapporti tra privati

Un altro punto fondamentale chiarito dalla Corte riguarda il valore del permesso di costruire. La licenza edilizia regola il rapporto tra il privato e la Pubblica Amministrazione, ma non incide sui rapporti di diritto privato con i vicini. Avere costruito in conformità a un permesso non esclude la violazione delle norme sulle distanze e, quindi, il diritto del vicino a chiedere la riduzione in pristino.

Inoltre, la Corte ha specificato che la violazione deve essere valutata in base alla situazione esistente al momento della pronuncia della sentenza, non al momento dell’inizio della causa. È irrilevante che l’opera non sia ancora ultimata o che il costruttore abbia intenzione di regolarizzarla in futuro. Finché la violazione sussiste, il giudice deve ordinarne la rimozione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione della Cassazione rafforza la tutela del proprietario che subisce una violazione delle distanze legali. Le conclusioni che possiamo trarre sono nette:
1. I balconi contano: Salvo casi eccezionali di elementi puramente decorativi, i balconi sono considerati a tutti gli effetti ‘costruzione’ e devono rispettare le distanze minime.
2. Il permesso non basta: L’autorizzazione comunale non è uno scudo contro le azioni legali dei vicini. La conformità urbanistica non garantisce la conformità civilistica.
3. Conta lo stato di fatto: I tribunali giudicano la realtà attuale. Le promesse di future modifiche o sanatorie non sono sufficienti a evitare una condanna alla demolizione se, al momento della decisione, l’opera viola le norme.

Un balcone viene considerato ‘costruzione’ ai fini del calcolo delle distanze legali?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che qualsiasi opera non completamente interrata, con caratteri di solidità e immobilizzazione al suolo, va considerata costruzione. I balconi, in quanto sporgenze stabili che ampliano la superficie e la funzionalità dell’edificio, rientrano in questa definizione e devono rispettare le distanze normative.

Avere un permesso di costruire valido mi protegge da una causa del vicino per violazione delle distanze?
No. La sentenza chiarisce che il permesso di costruire regola i rapporti tra il cittadino e la Pubblica Amministrazione, ma non pregiudica i diritti dei terzi, come i vicini. Il rispetto delle distanze legali è una questione di diritto privato e il giudice deve valutarla autonomamente, indipendentemente dalla legittimità del titolo edilizio.

Se una costruzione viola le distanze, posso evitare la demolizione promettendo di modificarla in futuro per renderla conforme?
No. Il giudizio si basa sulla situazione di fatto esistente al momento della decisione. La mera possibilità o intenzione di regolarizzare l’opera in futuro non è sufficiente a paralizzare la domanda del vicino. Finché la violazione sussiste, il proprietario leso ha diritto a ottenere la riduzione in pristino, ovvero la demolizione o l’arretramento della parte illegittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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