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Distanze legali tra costruzioni: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato l’obbligo di arretramento per una nuova costruzione che violava le distanze legali tra costruzioni. L’ordinanza chiarisce che la distanza minima di 10 metri, prevista dal D.M. 1444/1968, prevale sui regolamenti locali, i balconi devono essere inclusi nel calcolo e la norma si applica anche se una sola delle pareti frontistanti è finestrata.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Distanze Legali tra Costruzioni: La Cassazione Ribadisce i Principi Fondamentali

Il rispetto delle distanze legali tra costruzioni rappresenta uno dei pilastri del diritto immobiliare, essenziale per garantire un’ordinata espansione urbana, la salubrità e la sicurezza degli ambienti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza su alcuni aspetti cruciali della materia, confermando principi consolidati e offrendo una guida preziosa per costruttori e proprietari di immobili. La decisione analizza in dettaglio l’applicabilità della distanza minima di dieci metri, il ruolo dei regolamenti locali e come calcolare le distanze in presenza di balconi e pareti finestrate.

I Fatti del Caso: Una Costruzione Troppo Vicina

La vicenda ha origine dalla controversia tra alcune proprietarie di unità abitative e una società di costruzioni. Quest’ultima stava realizzando un nuovo fabbricato adiacente alle loro proprietà, ma in presunta violazione delle normative sulle distanze. Le proprietarie si sono rivolte al Tribunale chiedendo la condanna della società all’arretramento della costruzione fino al ripristino della distanza legale e al risarcimento dei danni subiti.

Il Percorso Giudiziario e i Punti Salienti

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione alle proprietarie, ordinando l’arretramento del fabbricato. In particolare, i giudici hanno stabilito che la distanza minima da rispettare era di dieci metri, come previsto dalla normativa nazionale. La società costruttrice, ritenendo errata la decisione, ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali.

Le Distanze Legali tra Costruzioni nel Ricorso in Cassazione

La società ricorrente ha contestato la decisione dei giudici di merito sostenendo che:
1. La norma che impone la distanza di 10 metri (art. 9 del D.M. 1444/1968) non si sarebbe dovuta applicare al caso di specie, trattandosi di una zona urbanistica (B2) non esplicitamente richiamata da una recente interpretazione legislativa.
2. La costruzione era conforme allo strumento urbanistico locale e, in ogni caso, i balconi non dovevano essere considerati nel calcolo della distanza.
3. La regola dei dieci metri sarebbe applicabile solo quando entrambe le pareti contrapposte sono finestrate, mentre nel caso in esame solo una lo era.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti decisivi su ogni punto.

Sul primo motivo, i giudici hanno precisato che l’interpretazione legislativa citata dalla ricorrente riguarda specifiche zone (le zone C) e non intacca la validità generale della regola dei dieci metri di distanza tra pareti finestrate, applicabile anche in altre zone come la B2 in cui sorgevano gli immobili.

In merito al secondo motivo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: le norme nazionali sulle distanze minime sono inderogabili e prevalgono su eventuali disposizioni contrarie contenute nei regolamenti edilizi locali. Un regolamento comunale che preveda distanze inferiori o criteri di misurazione che escludano elementi come i balconi è da considerarsi contra legem. I balconi, infatti, sono considerati a tutti gli effetti ‘corpi di fabbrica’ e devono essere inclusi nel calcolo, poiché la loro sporgenza riduce di fatto lo spazio e l’aria tra gli edifici.

Infine, riguardo al terzo motivo, la Cassazione ha confermato il suo orientamento consolidato: per l’applicazione della distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate è sufficiente che anche una sola delle due pareti frontistanti abbia delle finestre. La norma è posta a tutela non solo della vista, ma anche della salubrità e della sicurezza, garantendo un’adeguata intercapedine tra gli edifici, indipendentemente dal fatto che entrambe le facciate siano finestrate.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza tre capisaldi in materia di distanze legali tra costruzioni:
1. Prevalenza della Normativa Nazionale: Le disposizioni del D.M. 1444/1968 sulle distanze minime sono imperative e si sostituiscono ipso iure (automaticamente) a quelle difformi previste dai regolamenti locali.
2. Rilevanza dei Balconi: I balconi e altri aggetti sporgenti sono parte integrante della costruzione e devono sempre essere computati nel calcolo delle distanze.
3. Applicabilità della Distanza con una Sola Parete Finestrata: La distanza di dieci metri si applica anche quando solo una delle due pareti che si fronteggiano è dotata di finestre.

Questa decisione sottolinea l’importanza di una progettazione attenta e conforme non solo ai regolamenti locali, ma soprattutto alla normativa nazionale, per evitare contenziosi e costosi interventi di adeguamento.

Un regolamento edilizio comunale può prevedere distanze inferiori a quelle nazionali?
No. Secondo la Corte, lo strumento urbanistico comunale deve rispettare le prescrizioni in materia di distanze minime previste dalla normativa nazionale (D.M. 1444/1968). Se il regolamento locale prevede una distanza inferiore, questa viene automaticamente sostituita dalla norma nazionale, che è inderogabile.

I balconi vanno inclusi nel calcolo delle distanze tra edifici?
Sì. La giurisprudenza costante, confermata in questa ordinanza, stabilisce che i balconi costituiscono ‘corpi di fabbrica’ e devono essere computati ai fini del calcolo delle distanze. Un regolamento che li escludesse dal calcolo sarebbe illegittimo (contra legem).

La distanza minima di 10 metri si applica anche se solo una delle due pareti ha finestre?
Sì. La Corte ha ribadito che la distanza minima di dieci metri è richiesta anche nel caso in cui una sola delle pareti che si fronteggiano sia finestrata. È irrilevante quale delle due pareti (quella del nuovo edificio o quella del preesistente) abbia le finestre.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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