Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 28098 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 28098 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6353/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende domicilio digitale all’indirizzo PEC: EMAIL–
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME -domicilio digitale alla PEC: EMAIL–
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 3804/2020 depositata il 28/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, comproprietaria con la sorella NOME di un fabbricato in Palestrina, aveva convenuto in giudizio NOME COGNOME, proprietaria esclusiva di altro edificio realizzato su terreno confinante con l’immobile in comproprietà, lamentando il mancato rispetto delle distanze legali. La convenuta aveva contestato la domanda eccependo l’intervenuta usucapione del diritto di servitù per il mantenimento del fabbricato di proprietà esclusiva, edificato in luogo di un precedente immobile, nella collocazione esistente. L’adito Tribunale di Tivoli aveva accolto la domanda di NOME COGNOME, ritenendo che si dovesse fare riferimento alla distanza di 10 mt. tra pareti finestrate e di 5 mt. dal confine e che l’immobile di proprietà esclusiva di NOME COGNOME fosse diverso per sagoma e volumetria dal fabbricato preesistente, non permettendo quindi la valutazione positiva dell’eccezione di usucapione del diritto di servitù per il mantenimento delle distanze preesistenti a favore della convenuta.
La Corte d’Appello di Roma, adita dalla convenuta, aveva confermato il deciso di primo grado, rilevando che la questione del riferimento operato dal Tribunale alla distanza di metri 5 dal confine, invece che di metri 3 come previsto dal regolamento comunale del Comune di Palestrina, aveva in concreto poca importanza, dato il profilo assorbente della violazione della distanza di metri 10 tra fabbricati.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidandolo a due motivi.
NOME COGNOME ha depositato controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa delle difese svolte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso NOME COGNOME lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex articolo 360 comma 1, n.5 c.p.c. in relazione alla differente distanza del fabbricato prevista sia dalla facciata finestrata che dal confine con il fondo finitimo, come dichiarata e riconosciuta dalla controparte e rilevata dal CTU.
La Corte di merito avrebbe omesso di affrontare la questione delle diverse norme regolatrici la distanza tra fabbricati e tra fabbricato e confine, ritenendola assorbita dal mancato rispetto della distanza di metri 10 tra le pareti delle due proprietà confinanti: ciò senza considerare che il nuovo edificio realizzato da NOME COGNOME fronteggerebbe il vecchio edificio in comproprietà solo per 59 cm di volume residenziale e di mt.3,80 circa per la scala, mentre per il resto la distanza da considerare sarebbe solo quella dal confine, da individuare in 3 mt. secondo l’art.873 c.c. e il regolamento del Comune di Palestrina, in concreto rispettati.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art.9 DM n.1444/1968 e dell’art.2 bis , comma 1 ter del DPR n.380/2001, in relazione all’art.360 co 1 n.3 c.p.c.
La Corte d’Appello di Roma avrebbe erroneamente applicato il disposto dell’art.9 del DM n.1444/1968, non tenendo conto di quanto previsto dall’art.2 bis , comma 1 ter del DPR n.380/2001 come risultante all’esito dell’intervento legislativo operato con DL. n.76/2020, convertito con modifiche dalla l. n.120 del 2020-.
Secondo la ricorrente la nuova norma, della quale ultima modifica la Corte di merito non avrebbe potuto tenere conto perché intervenuta dopo la pronuncia della sentenza impugnata, permetterebbe di realizzare il nuovo edificio che sostituisce quello demolito utilizzando le distanze legittimamente preesistenti -da identificare ai sensi dell’art.9 bis TU n.380/2001, pure modificato a seguito dell’intervento legislativo del 2020 – e/o permettendo di
superare l’altezza massima dell’edificio preesistente -con incentivo volumetrico-.
Il secondo motivo di ricorso appare fondato, con assorbimento del primo motivo.
Si osserva in proposito quanto segue.
Nella motivazione della sentenza impugnata si legge che NOME COGNOME ha sostituito, sulla base della concessione edilizia del 17.2.2000, il vecchio edificio rurale esistente sul fondo con un nuovo edificio <> e a distanza irregolare dal confine <>: la sentenza fa riferimento alla disposta relazione integrativa della consulenza tecnica che, a pag.2, evidenzia come ove la nuova costruzione non presenti la stessa sagoma e la volumetria di quella originaria e come si debba quindi parlare di nuova costruzione anche ai fini della possibilità di deroga alle distanze tra costruzioni, in tal caso impossibili. In sostanza la Corte d’Appello di Roma ha ritenuto determinante -sulla base di una corretta applicazione delle disposizioni normative all’epoca vigenti – il fatto che la nuova costruzione realizzata da NOME COGNOME ricadeva al di fuori della sagoma dell’edificio preesistente, con parti accessorie site a distanza inferiore a mt.10 dalla parete finestrata dell’edificio frontistante.
L’art.2 bis comma 1 ter DPR n.380/2001, introdotto con DL n.76/2020, convertito in l. n.120/2020, recita: <>.
La modifica normativa sopra riportata è successiva alla sentenza d’appello – e non è stata quindi considerata nemmeno in sede di consulenza tecnica d’ufficio – e precedente al ricorso per cassazione, che la richiama: se ne deve sicuramente tenere conto in questa sede cfr., anche per la ricostruzione dell’ iter normativo che ha portato all’attuale situazione normativa e per la sua incidenza in concreto: Cass. n.12751/2023; Cass. n.20428/2022-.
Ora, non appare possibile in questa sede alcuna verifica sulla legittimità del fabbricato realizzato dalla ricorrente alla luce dell’art.2 bis comma 1 ter cit., poiché i contenuti della sentenza, del ricorso e del controricorso non offrono elementi sufficienti di valutazione a tal fine: non appaiono infatti di per sé decisivi i rilievi relativi alla difformità del fabbricato realizzato rispetto a quello assentito in sede amministrativa, effettuati prima dell’introduzione dell’art.2 bis co 1 ter cit., né appaiono da sole sufficienti le considerazioni in materia di distanze legali da rispettare, tra costruzioni e dal confine, alla luce della possibilità di realizzare il nuovo fabbricato sostitutivo di quello demolito anche con sagoma e collocazione non coincidenti.
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata per l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, con assorbimento del primo, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, per gli opportuni approfondimenti alla luce della modifica normativa operata con il DL n.76/2020, convertito nella legge n.120/2020, intervenuta dopo la pronuncia della sentenza di secondo grado.
Il Giudice del rinvio provvederà anche sule spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 28 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME