LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Distanze legali: quando una strada privata le annulla

Un proprietario ha citato in giudizio il vicino per aver costruito un edificio senza rispettare le distanze legali. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il motivo è la presenza, tra le due proprietà, di una strada privata ma gravata da servitù di uso pubblico. Secondo la Corte, l’effettiva destinazione della strada al transito pubblico è il fattore decisivo che fa venire meno l’obbligo di rispettare le distanze legali tra costruzioni, rendendo irrilevante la proprietà formale della via.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Distanze Legali tra Edifici: La Strada Privata a Uso Pubblico Fa la Differenza

Le norme sulle distanze legali tra costruzioni rappresentano un pilastro del diritto immobiliare, volte a garantire salubrità, sicurezza e decoro. Tuttavia, esistono eccezioni importanti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: la presenza di una strada privata, ma soggetta a servitù di uso pubblico, tra due proprietà, è sufficiente a escludere l’applicazione di tali norme.

I Fatti del Caso: Una Costruzione Troppo Vicina?

La vicenda ha origine dalla causa intentata da un proprietario terriero contro il suo vicino, accusandolo di aver edificato un fabbricato in violazione delle distanze minime previste dalla legge. La richiesta era duplice: l’arretramento della costruzione e il risarcimento dei danni.

In primo grado, il Tribunale aveva respinto la domanda, applicando il cosiddetto “principio di prevenzione”. In seguito, la Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la motivazione, aveva confermato il rigetto, basando la propria decisione su un presupposto diverso e fondamentale: la strada che separava le due proprietà, sebbene di proprietà privata, era gravata da una servitù di uso pubblico. Di conseguenza, secondo la Corte territoriale, operava l’esenzione prevista dall’articolo 879 del Codice Civile, che esclude l’obbligo di rispettare le distanze per le costruzioni a confine con vie pubbliche.

Il Ricorso in Cassazione

Insoddisfatto, il proprietario originario ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente che la Corte d’Appello avesse errato nel qualificare la strada. A suo avviso, si trattava di una semplice via privata a fondo cieco, destinata al solo transito del vicino, e che la sua iscrizione negli elenchi comunali avesse un valore puramente dichiarativo, non sufficiente a comprovarne l’uso pubblico.

Le Motivazioni della Cassazione: prevalgono le distanze legali o l’uso pubblico?

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando in toto la decisione d’appello e offrendo importanti chiarimenti sul tema delle distanze legali. Il punto centrale della motivazione risiede nella distinzione tra la proprietà formale di una strada e il suo uso effettivo.

La Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato, secondo cui:

> “L’esonero dal rispetto delle distanze legali previsto dall’articolo 879, comma secondo, c.c. per le costruzioni a confine con piazze e vie pubbliche, va riferito anche alle costruzioni a confine delle strade di proprietà privata gravate da servitù pubbliche di passaggio, giacché il carattere pubblico della strada, rilevante ai fini dell’applicazione della norma citata, attiene più che alla proprietà del bene, piuttosto all’uso concreto di esso da parte della collettività”.

In altre parole, non è l’intestazione catastale a contare, ma la destinazione di fatto della strada al transito pubblico. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente accertato questa condizione sulla base di una serie di elementi concreti: una precedente sentenza che già riconosceva la servitù, delibere comunali, la presenza di numeri civici e di una targa toponomastica, e la conformazione stessa della via, aperta su un’arteria principale della città.

La Cassazione ha inoltre ritenuto inammissibili le altre censure, inclusa quella relativa al mancato risarcimento del danno. Se la normativa sulle distanze non è applicabile, viene a mancare il presupposto stesso per qualsiasi pretesa risarcitoria legata alla sua presunta violazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione in esame ha conseguenze pratiche significative per proprietari, costruttori e professionisti del settore immobiliare. Essa chiarisce che la valutazione sulla necessità di rispettare le distanze legali non può basarsi unicamente sulla natura privata di una strada interposta tra due fondi. È indispensabile un’analisi fattuale per determinare se su tale strada gravi una servitù di uso pubblico.

Questo principio impone una maggiore diligenza nella fase di progettazione e verifica. Prima di avviare una costruzione o contestare quella del vicino, è fondamentale accertare non solo la titolarità della strada di confine, ma anche il suo concreto utilizzo da parte della collettività e la sua eventuale inclusione nella viabilità pubblica di fatto. In presenza di elementi che indichino un uso pubblico consolidato, l’obbligo di rispettare le distanze dal confine potrebbe non sussistere.

Le norme sulle distanze legali tra edifici si applicano se le proprietà sono separate da una strada privata?
No, se la strada privata è gravata da una servitù di uso pubblico. La sentenza chiarisce che l’effettiva destinazione al transito della collettività prevale sulla proprietà formale della strada, facendo scattare l’esenzione dall’obbligo di rispettare le distanze.

Come si determina se una strada privata è soggetta a uso pubblico?
Si determina attraverso un’analisi dei fatti concreti. Elementi rilevanti includono la sua funzione di collegamento, l’uso da parte di un numero indeterminato di persone, la presenza di toponomastica e numeri civici, l’inclusione in elenchi comunali e precedenti accertamenti giudiziari.

Se le distanze legali non si applicano, è possibile chiedere un risarcimento del danno per la costruzione ravvicinata?
No. La Corte ha stabilito che, una volta esclusa l’applicabilità della normativa sulle distanze, viene meno il presupposto giuridico per qualsiasi richiesta di risarcimento del danno derivante dalla sua presunta violazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati