Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21972 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21972 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25779/2020 R.G. proposto da:
COGNOME RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difes a dall’av vocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, INDIRIZZO -domicilio digitale all’indirizzo PEC EMAIL e EMAIL–
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO RAGIONE_SOCIALE COGNOME sito in INDIRIZZO di Grado, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME -indirizzi PEC: EMAIL e EMAIL–
-controricorrente-
nonchè
NOME
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TRIESTE n. 859/2019 depositata il 30/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE aveva realizzato su un’area confinante con la proprietà del Condominio Villa Ercole un intervento edilizio per la realizzazione di un edificio adibito a servizi e a parcheggio, con uscita di sicurezza sulla proprietà condominiale.
Il Condominio Villa Ercole, ritenendo l’intervento posto in essere da GAG violativo delle norme in materia di distanze legali e di servitù, aveva adito il Tribunale di Gorizia; nel giudizio era intervenuta NOME COGNOME a supporto delle tesi della società convenuta. Il Tribunale di Gorizia aveva accolto le domande, accertando (tra l’altro) l’illegittimità delle opere edificate a confine da GAG per mancato rispetto delle distanze legali, con le pronunce conseguenti.
Proposta impugnazione da GAG, con articolazione di appello incidentale da parte del Condominio, la Corte d’Appello di Trieste aveva accolto in parte solo l’appello incidentale (in relazione alla domanda risarcitoria, respinta in primo grado e accolta dalla Corte di merito per l’importo di € 25.000,00), confermando per il resto la sentenza di primo grado, per le seguenti motivazioni (che si riportano in relazione alle questioni oggetto del ricorso):
-sono inammissibili le critiche, totalmente generiche, che la società appellante rivolge alla pretesa errata applicazione, da parte del primo Giudice, dell’art.9 del DM 1444/68 e dell’art. 3 della LR n.19/2009 e alle valutazioni del CTU, che non avrebbe risposto alle osservazioni del consulente di parte; ‘ Ciò premesso va in ogni caso precisato che la CTU di primo grado è stata svolta nel contraddittorio tra le parti e che il consulente del Tribunale ha compiutamente risposto a tutte le osservazioni dei consulenti di parte. Non vi è pertanto motivo di disporre la rinnovazione della consulenza in atti ‘;
-l’appellante afferma l’intervenuta violazione dell’art.907 c.c., contestando le risultanze sul punto della CTU, in ordine al mancato rispetto della distanza minima tra i fabbricati; ‘ in realtà è la stessa parte appellante in citazione di appello a scrivere che sulla violazione delle distanze ‘non si può negare con riguardo al posizionamento dei pilastri di ferro del porticato adibito a parcheggio, trovandosi gli stessi effettivamente ad una distanza inferiore a 3 m.’, precisando che la colpa del fatto era da attribuire ai tecnici incaricati dei lavori’ ; si tratta di un’indubbia ammissione proveniente dalla stessa appellante; -infondato è anche il motivo di appello relativo alle spese processuali.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a quattro motivi.
Il Condominio Villa Ercole ha depositato controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso COGNOME lamenta l’illegittima declaratoria di inammissibilità in rito del secondo motivo di appello, operata dalla Corte d’Appello di Trieste in violazione dell’art.360 n.3 c.p.c.
Osserva la ricorrente che, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, nell’atto di appello erano state riportate le parti della sentenza di primo grado ritenute gravemente viziate (pag.11, 12, 15,16 e 17 dell’atto di appello) e nel motivo ritenuto inammissibile (appunto il secondo) si faceva espresso riferimento alla legge regionale del Friuli Venezia Giulia n.19/2009 che all’art.3 illustra in modo chiaro che cosa sia una parete finestrata ai fini del calcolo delle distanze, questione comunque oggetto del successivo motivo di ricorso; anche per la consulenza tecnica d’ufficio, la ricorrente afferma di avere evidenziato che il Tribunale si era assestato sulle conclusioni del Tecnico senza una reale motivazione. Quindi il motivo avrebbe dovuto essere vagliato nel merito.
Il motivo è infondato.
La Corte d’Appello di Trieste , infatti, ha comunque valutato il merito della doglianza posta col secondo motivo di appello perché, dopo averne rilevato la genericità tale da giustificarne la declaratoria di inammissibilità, ha comunque affermato: ‘ Ciò premesso va in ogni caso precisato che la CTU di primo grado è stata svolta nel contraddittorio tra le parti e che il consulente del Tribunale ha compiutamente risposto a tutte le osservazioni dei consulenti di parte. Non vi è pertanto motivo di disporre la rinnovazione della consulenza in atti ‘ (v, pag. 20 sentenza impugnata): la Corte di merito ha ritenuto quindi, che il consulente tecnico d’ufficio aveva dato compiutamente conto delle osservazioni dei tecnici di parte e che la relazione tecnica depositata fosse esaustiva, escludendo la necessità di una rinnovazione della consulenza d’ufficio.
L’intervenuto esame nel merito della doglianza formulata dalla società convenuta come secondo motivo d’appello, effettuato , seppur molto sinteticamente dalla Corte di merito, esclude l’ipotizzabilità di violazioni sia del disposto dell’art.342 c.p.c., sia, in relazione ad esso, dell’art.112 c.p.c. e, in assenza di diversi rilievi, che avrebbero dovuto essere specifici ex art.366 c.p.c., ad opera della ricorrente, non sono rilevabili altri profili inquadrabili come violazione di legge.
Del resto, la valutazione del merito del secondo motivo di appello è riconosciuta dalla stessa ricorrente nella parte iniziale del secondo motivo di ricorso, ove prende l’avvio dalla motivazione della Corte di merito sopra testualmente riportata, derivandone i presupposti sia per la formulazione del terzo motivo di ricorso in merito all’obbligo di motivare sulle osservazioni dei consulenti di parte, sia per la formulazione del secondo motivo di ricorso, non essendo stata considerata la portata
precettiva dell’art.3 LR. Friuli-Venezia Giulia n.19/2009 -motivi che si esaminano di seguito, nell’ordine -.
Con la seconda doglianza la società ricorrente lamenta che ‘la sentenza della Corte d’Appello di Trieste ha omesso di esaminare la questione relativa alla portata precettiva dell’art.3 della legge regionale del Friuli Venezia Giulia n.19/2009 omettendo quindi di esaminare un elemento essenziale per il giudizio o comunque errando nell’interpretazione ed applicazione di una norma di diritto (art.360 n.3 e n.5 c.p.c.)’
La Corte di merito non avrebbe tenuto conto dell’art.3 LR citata che definisce ‘ parete’, ai fini del calcolo delle distanze, unicamente la ‘ superficie collegante orizzontamenti strutturali o un orizzontamento strutturale e le falde di copertura ‘ e ‘ parete finestrata ‘, ai fini dell’applicazione del DM 1444/68, ‘ la parete dotata di vedute ai sensi del codice civile ‘; l’articolo richiamato escluderebbe che possano essere considerati altresì, ai fini delle distanze da parete finestrata, le opere o i manufatti non idonei a compromettere il profilo igienico-sanitario e il corretto inserimento dell’opera nel contesto urbanistico, e offrirebbe a tal fine un’elencazione esemplificativa non tassativa. In applicazione delle indicazioni emergenti dalla norma richiamata, le opere oggetto di controversia non potrebbero violare le distanze legali perché non comprometterebbero la salubrità dell’ambiente sotto il profilo igienico sanitario. Il CTU non avrebbe preso in esame la legge regionale n.19/09 e non avrebbe svolto la valutazione della compromissione del profilo igienico sanitario indicata dalla stessa e nemmeno avrebbe tenuto conto che l’opera realizzata dalla ricorrente non sarebbe da qualificare come ‘parete’ ai fini del computo delle distanze legali, trattandosi di tettoie aperte con pannellature orizzontali. La ricorrente ribadisce che il tema di discussione non sarebbe la distanza da osservarsi tra fabbricati ma la distanza da osservarsi tra pareti finestrate e l’intervento edificatorio realizzato da GAG, oggetto di contestazione, riguarda tettoie aperte con pannellature orizzontali, posizionate su richiesta dello stesso Condominio, prive delle caratteristiche di ‘parete’ come identificate dalla normativa regionale richiamata.
Il motivo in esame pecca prima di tutto di autosufficienza, perché non offre nessuna indicazione in ordine alle opere edificate da GAG in relazione alle quali la ricorrente lamenta l’inadeguata verifica, da parte dei Giudici di merito, sia quanto al loro possibile inquadramento nella definizione di parete che si dovrebbe ricavare dalla LR n.19/2009, sia quanto alla loro rilevanza ai fini dell’attitudine a compromettere il profilo igienico sanitario, che la società ricorrente ritiene imprescindibile e di autonoma valutazione perché esse possano essere considerate significative per il rispetto delle distanze legali in base alla LR citata. La ricorrente fa riferimento nell’articolazione del motivo in esame ai ‘ manufatti e le opere contestati ‘, senza offrire indicazioni ulteriori salvo evidenziare nella sua parte finale che ‘ quanto
realizzato da RAGIONE_SOCIALE altro non sono che delle tettoie aperte ‘ con ‘ pannellature orizzontali ‘; dalla parte espositiva del ricorso risulta invece che le contestazioni del Condominio avevano riguardato corpi di fabbrica indicati come autorimessa al piano terra e sala relax-palestra-magazzino al primo piano e che negli stessi termini si era espresso il Tribunale di Gorizia, ordinando la demolizione e riduzione in pristino delle costruzioni ‘ corpi di fabbrica indicati come autorimessa al piano terra e sala relax-palestra-magazzino al primo piano ‘, nonché della scala di ferro con torrino.
In sostanza, non è dato comprendere, sulla base della lettura del ricorso, rispetto a quali opere e manufatti realizzati da RAGIONE_SOCIALE occorra riscontrare i rilievi sollevati dalla stessa società ricorrente in relazione al contenuto della LR Friuli Venezia Giulia n.19/2009.
Si richiama, in proposito, l’orientamento interpretativo costante di questa Corte, secondo il quale il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ex art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c., richiede che il ricorso abbia un contenuto idoneo a permettere al Giudice di legittimità di conoscere dall’atto, senza doverli ricercare altrove, gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia -oltre che dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti-: devono essere quindi identificati in modo chiaro, anche se, in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME ed altri c/Italia), senza formalità eccessive -anche i presupposti di fatto sui quali le domande ed eccezioni delle parti -e la decisione della Corte di merito- si fondano (cfr., tra le tante, SU n.34469/2219, Cass. n.8425/2020, Cass. n.8950/2022, Cass. n.24432/2020, Cass. n.7186/2022, Cass. n.8117/2022, Cass. n.12481/2022, Cass. n. 1352/2024).
In ogni caso, anche a voler superare il primo profilo di inammissibilità evidenziato, le argomentazioni svolte dalla ricorrente non considerano -e il rilievo è assolutamente decisivo- che la norma regionale citata (art. 3 LR n.19/2009) fa comunque salva, al comma 2 ter. ogni ‘diversa previsione degli strumenti urbanistici locali ‘.
Ebbene, la sentenza di primo grado (confermata in appello) dà atto proprio della violazione della distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate e pareti frontistanti prescritta anche dall’art. 18 NTA PRG Comune di Grado (v. stralcio trascritto proprio in ricorso a pagg. 8 e 9) e quindi sulla base di una norma rientrante nella clausola di salvezza esaminata.
Ne consegue, quindi, che sono state correttamente individuate dai Giudici di merito le norme di riferimento da utilizzare per la soluzione della controversia.
Vanno aggiunte due ulteriori notazioni: per l’identificazione delle distanze legali tra costruzioni da prendere a riferimento è sufficiente che solo una delle pareti
fronteggiantisi sia finestrata, come prevede esplicitamente l’art.18 NTA cit. (secondo cui, per gli immobili in Zona omogenea B come quelli in contestazione, ‘… Nel caso di nuova costruzione o di ampliamento di volume urbanistico il distacco tra pareti finestrate di due edifici deve essere di almeno dieci metri. La norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata ‘) e come del resto conferma anche l’art.3 LR n.19/2009 -che lo esplicita ai commi 2 bis e 2 ter-; -in virtù di un accertamento di fatto vincolante in questa sede (presupposto delle pronunce conformi di merito in primo e in secondo grado, criticato del resto solo in parte dalla ricorrente, che concentra l’attenzione sulle caratteristiche della costruzione da essa realizzata, per negarne la qualità di parete) si debbono considerare quale parete finestrata, con vedute, quella dell’edificio condominiale a fronte della quale è intervenuta l’edificazione oggetto di controversia, e quali costruzioni assimilabili a parete ad essa frontistante, al fine del calcolo delle distanze legali, le ‘opere o i manufatti’ realizzati da GAG, come identificati nell’ambito dei giudizi di merito -anche attraverso la disposta CTU -.
Deve pertanto essere esclusa la violazione di legge ad opera della Corte di merito nell’identificare la normativa da applicare per individuare le distanze tra le ‘opere e i manufatti’ realizzati dalla ricorrente e la parete finestrata del Condominio controricorrente che le fronteggia, mentre ogni altra considerazione relativa a pretese omissioni o errori motivazionali inquadrabili in tesi nell’ambito del disposto dell’art.360 n.5 c.p.c., anche concernenti l’individuazione delle caratteristiche e la qualificazione delle ‘opere e manufatti’ realizzati dalla ricorrente e frontistanti alla parete condominiale finestrata, è preclusa in questa sede dal disposto dell’art.348 ter co 4 e 5 c.p.c. per l’esistenza di due pronunce di merito in primo e in secondo grado pienamente conformi.
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta, infine, che ‘la sentenza della Corte d’Appello non si è attenuta ai principi in forza dei quali il Giudice non può omettere nella propria motivazione l’analisi di quanto indicato dai consulenti tecnici di parte (art.360 n.5 c.p.c.)’
RAGIONE_SOCIALE incentra il terzo motivo di critica sull’omessa considerazione, da parte della Corte d’Appello di Trieste, delle osservazioni del consulente di parte della società.
La doglianza, sviluppata peraltro solo apparentemente perché non sono richiamate in alcun punto le osservazioni del consulente di parte di cui sarebbe stata omessa la valutazione (cfr. Cass. n.19989/2021), è inammissibile per plurimi motivi.
L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nell’attuale testo modificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 40 del 2006, non può colpire l’impianto motivazionale della sentenza in quanto ritenuto genericamente insufficiente ma riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il
giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico; esso non può ricomprendere questioni o argomentazioni come quelle articolate dalla ricorrente per sostenere la generica omessa considerazione delle genericamente richiamate osservazioni del consulente di parte alla relazione peritale d’ufficio, miranti a riproporre surrettiziamente il vizio di insufficiente motivazione non più rilevabile in sede di legittimità; la conseguenza del mancato rispetto delle indicazioni desumibili dal contenuto attuale della norma in esame è l’inammissibilità delle censure in esame, che vorrebbero estendere irritualmente l’ambito di operatività della norma richiamata -cfr. Cass. n.22397/2019-.
Qualora fosse stato denunziato un omesso esame circa un fatto decisivo, l ‘inammissibilità del motivo deriverebbe però, ancor prima e in modo dirimente, dal fatto che nel caso di specie le pronunce delle due fasi di merito sono conformi e, ai sensi del disposto dell’art.348 ter co 4 e 5 c.p.c., applicabile ratione temporis , è in tal caso precluso il ricorso per cassazione fondato sulla critica disciplinata all’art.360 n.5 c.p.c.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con addebito delle spese del giudizio di legittimità alla parte soccombente, secondo la liquidazione che sarà effettuata in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte respinge il ricorso.
Condanna RAGIONE_SOCIALE a rimborsare le spese del giudizio di legittimità al Condominio Villa INDIRIZZO di Grado, liquidandole in complessivi € 5.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre IVA, CPA e rimborso forfetario come per legge;
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 20.3.2025.