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Distanze legali: No usucapione per sopraelevazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un proprietario che, avendo realizzato una sopraelevazione in violazione delle distanze legali, aveva invocato l’usucapione del diritto a costruire in deroga. L’ordinanza chiarisce che la sopraelevazione va considerata una nuova costruzione, per cui il termine ventennale per l’usucapione decorre dalla sua realizzazione e non da quella dell’edificio originario. Essendo il termine non maturato, la richiesta di demolizione e risarcimento del danno del vicino è stata confermata.

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Sopraelevazione e Distanze Legali: Quando l’Usucapione Non Salva

Il rispetto delle distanze legali tra costruzioni è un pilastro del diritto immobiliare, essenziale per garantire rapporti di vicinato equilibrati e il corretto sviluppo urbanistico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico: la realizzazione di una sopraelevazione a una distanza inferiore a quella prevista dalla legge. La difesa basata sull’usucapione, ovvero sull’aver acquisito il diritto di mantenere l’opera per il passare del tempo, è stata respinta, offrendo importanti chiarimenti sulla natura giuridica della sopraelevazione.

I Fatti di Causa

La controversia nasce quando un proprietario cita in giudizio il suo vicino, accusandolo di aver realizzato un manufatto in violazione delle norme sulle distanze legali tra costruzioni. La richiesta è chiara: la demolizione dell’opera illegittima e il risarcimento dei danni subiti. Il vicino convenuto si difende sostenendo di aver acquisito per usucapione il diritto di costruire a una distanza inferiore a quella legale, dato che l’edificio originario era presente da oltre vent’anni.

Il Tribunale di primo grado accoglie la domanda dell’attore. I giudici osservano che l’oggetto della contesa non è l’edificio originario, ma una successiva sopraelevazione, costituita da una parete e una copertura piana. Questa opera, secondo il Tribunale, deve essere considerata una “nuova costruzione”, e il termine ventennale necessario per l’usucapione non era ancora trascorso dalla sua edificazione. Di conseguenza, condanna i convenuti all’arretramento della costruzione e al pagamento di 5.000 euro a titolo di risarcimento.

La decisione viene appellata, ma la Corte d’Appello conferma in toto la sentenza di primo grado, ribadendo che i manufatti erano stati realizzati in epoche diverse e che la sopraelevazione, risalente agli anni 1995-1996, non poteva beneficiare dell’anzianità dell’edificio sottostante.

La Decisione della Cassazione e le Distanze Legali

I proprietari dell’immobile sopraelevato ricorrono in Cassazione, presentando sette motivi di ricorso. La Suprema Corte, tuttavia, li dichiara tutti inammissibili, confermando la condanna.

L’ordinanza si sofferma su diversi aspetti, principalmente di natura processuale, che hanno reso i motivi di ricorso non meritevoli di accoglimento. Tra questi, spiccano:

1. Carenza di legittimazione ad agire: I ricorrenti lamentavano che l’attore non avesse provato la sua qualità di proprietario del fondo leso. La Corte dichiara il motivo inammissibile perché formulato in modo generico e perché i ricorrenti avevano tenuto nel corso del giudizio difese incompatibili con tale eccezione.
2. Omesso esame di un fatto decisivo: Il ricorso è stato respinto anche su questo punto in applicazione del principio della “doppia conforme”. Poiché la sentenza d’appello aveva confermato quella di primo grado basandosi sulle medesime ragioni di fatto, non era possibile contestare in Cassazione l’omessa valutazione di un fatto, a meno di non dimostrare una diversità nelle motivazioni delle due sentenze, cosa che i ricorrenti non hanno fatto.
3. Difetto di contraddittorio: L’eccezione relativa alla mancata citazione di un altro comproprietario è stata rigettata poiché, nel corso del giudizio, la sua quota era stata trasferita a uno dei convenuti già presenti in causa.

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili i motivi relativi alla presunta erroneità della consulenza tecnica, alla decadenza da prove testimoniali e all’errata applicazione delle norme urbanistiche, sottolineando in ogni occasione la mancanza di specificità delle censure o il tentativo di introdurre nel giudizio di legittimità valutazioni di merito non consentite.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel confermare un principio giuridico consolidato: la sopraelevazione di un edificio deve essere qualificata come una nuova costruzione. Questa qualificazione ha conseguenze determinanti in materia di distanze legali e usucapione.

La Corte spiega che non è possibile estendere alla parte sopraelevata i diritti o le condizioni di fatto relative alla costruzione originaria. Se un edificio è stato costruito da oltre vent’anni a una distanza non regolamentare, il proprietario può aver usucapito il diritto a mantenerlo in quella posizione (servitù attiva). Tuttavia, questo diritto non si estende automaticamente a qualsiasi ampliamento verticale. La nuova porzione di edificio deve rispettare autonomamente la normativa sulle distanze in vigore al momento della sua costruzione.

Nel caso specifico, essendo stato accertato che la sopraelevazione era stata realizzata in un’epoca successiva al 1993, il termine ventennale per l’usucapione non era maturato al momento dell’avvio della causa. Pertanto, la difesa dei ricorrenti era infondata. La violazione delle distanze legali andava quindi sanzionata con la riduzione in pristino (arretramento) e con il risarcimento del danno, che si considera implicito (in re ipsa) nella violazione stessa.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Suprema Corte offre un importante monito per chi intende effettuare lavori di ampliamento, in particolare sopraelevazioni. Le principali implicazioni pratiche sono:

* La sopraelevazione è una nuova costruzione: Qualsiasi intervento che comporti un innalzamento dell’edificio deve essere considerato come una nuova opera edilizia, soggetta alle normative urbanistiche e civilistiche vigenti al momento della sua realizzazione.
* L’usucapione non si eredita: Il diritto di mantenere una costruzione a distanza illegale, eventualmente acquisito per usucapione per la parte originaria dell’edificio, non si trasferisce automaticamente alla parte sopraelevata. Per quest’ultima, il calcolo del ventennio necessario all’usucapione parte dal giorno della sua ultimazione.
* Attenzione alle regole processuali: La decisione evidenzia come la correttezza formale e la specificità dei motivi di ricorso siano fondamentali. Molti ricorsi vengono respinti non per infondatezza nel merito, ma per vizi procedurali che ne precludono l’esame.

Una sopraelevazione è considerata una nuova costruzione ai fini delle distanze legali?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che una sopraelevazione deve essere considerata a tutti gli effetti una nuova costruzione. Come tale, è soggetta al pieno rispetto delle normative sulle distanze legali in vigore al momento in cui viene realizzata, indipendentemente dall’epoca di costruzione dell’edificio originario.

È possibile acquisire per usucapione il diritto di mantenere una costruzione a una distanza inferiore a quella legale?
Sì, è teoricamente possibile, ma è necessario dimostrare il possesso continuo e ininterrotto per vent’anni della costruzione illegale. Per una sopraelevazione, questo termine di vent’anni inizia a decorrere solo dal momento della sua effettiva realizzazione, non dalla costruzione dell’edificio preesistente.

Cosa significa “doppia conforme” e quale impatto ha sul ricorso in Cassazione?
Si ha una “doppia conforme” quando la sentenza della Corte d’Appello conferma la decisione del Tribunale di primo grado basandosi sulle stesse ragioni di fatto. In questo caso, l’articolo 348-ter c.p.c. limita la possibilità di ricorrere in Cassazione per il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, rendendo il motivo di ricorso inammissibile, come avvenuto nella vicenda esaminata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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