Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13201 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13201 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 32024/2020 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
-controricorrente –
e
COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec dei difensori;
-controricorrenti e ricorrenti incidentali-
avverso la sentenza n. 1648/2020 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 06/10/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME citò in giudizio NOME COGNOME e NOME COGNOME la prima nuda proprietaria e il secondo usufruttuario di taluni immobili confinanti con quello di proprietà dell’attore, e facenti parte d’uno stabile condominiale, denominato ‘ INDIRIZZO ‘.
Esposto che i convenuti avevano realizzato, in violazione dell’art. 873 cod. civ., la chiusura d’un cavedio con un copertura, messo in opera un ballatoio in cemento con tettoia, modificato le copertura preesistenti, creando nuove servitù, allocato grondaia e pluviali in violazione dell’art. 889 cod. civ., chiese la condanna dei convenuti al ripristino.
NOME COGNOME e NOME COGNOME chiesero rigettarsi la domanda e, in via riconvenzionale, eccepirono il diritto al mantenimento delle opere per usucapione.
Nel corso del giudizio di primo grado si apprendeva che NOME COGNOME era divenuta piena proprietaria e aveva venduto l’appartamento e i due sottostanti garage ai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali, chiamati in giudizio, eccepirono ‘l’improponibilità’ della domanda nei loro confronti in difetto di trascrizione della domanda giudiziale anteriore alla trascrizione del proprio atto d’acquisto. Formulavano, comunque domanda di riduzione prezzo e risarcimento del danno nei confronti della venditrice.
Con la memoria istruttoria l’attore eccepiva la nullità dell’atto di acquisto dei NOME/COGNOME per contrasto con l’art. 40, l. n. 47/1985, trattandosi d’immobile non conforme alla disciplina ediliziourbanistica; nonché per non essere stati indicati nell’atto di trasferimento gli estremi della domanda di sanatoria. Deduceva, infine, contrasto con la normativa antisismica, non essendo stato messo in opera il giunto tecnico in presenza di fabbricati contigui.
Il Tribunale adito rigettò tutte le domande, inclusa quella di declaratoria di nullità dell’atto pubblico di trasferimento.
La Corte d’appello di Catania, in parziale accoglimento dell’impugnazione proposta da NOME COGNOME, condannò i NOME/COGNOME a regolarizzare la luce posta nella parete del cavedio, a ricollocare i tubi di acqua e gas, la caldaia e la gronda con il pertinente pluviale alla distanza di un metro dal confine; condannò la COGNOME a risarcire il danno, quantificato in € 1.000,00, in favore dello COGNOME e a rifondere ai NOME/COGNOME <>. Ha ritenuto invece tardiva la domanda relativa alla violazione delle norme antisismiche.
NOME COGNOME ricorre sulla base di quattro motivi.
NOME COGNOME resiste con controricorso.
NOME COGNOME e COGNOME NOME resistono con controricorso e, col medesimo atto, propongono ricorso incidentale condizionato nei confronti della COGNOME la quale ha depositato a sua volta controricorso al ricorso incidentale.
Tutte le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il ricorrente con il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 872 e 873 cod. civ., 9, co. 2, l. n. 1684/1962, art. 32, co. 4, l. n. 64/1974; nonché del d.m. 19/1/1996; infine, dell’art. 112 cod. proc. civ.
Rimprovera alla Corte di merito di avere ritenuto inammissibile per tardività la domanda di riduzione in pristino per violazione della normativa antisismica.
Sostiene il ricorrente che, in disparte all’osservazione che una tale violazione era stata dedotta sin con l’atto introduttivo del giudizio, la declaratoria d’inammissibilità si poneva in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui il rispetto della normativa antisismica, siccome diretta alla salvaguardia
pubblica e privata, doveva intendersi implicitamente evocata con la denuncia della violazione della normativa sulle distanze e, avendo questa natura vincolistica, prevaleva su qualsiasi altra norma.
Il motivo è fondato.
Questa Corte ha condivisamente più volte affermato che la domanda di demolizione di una costruzione per la generica violazione delle norme in tema di distanze legali non esclude che il giudice, investito della decisione, possa pronunciarsi sulla legittimità dell’opera avuto riguardo alle previste distanze non solo fra costruzioni, ma anche dal confine, nonché a quelle stabilite della normativa cosiddetta antisismica di cui alla legge 25 novembre 1962, n. 1684, senza per questo incorrere in violazione dell’art. 112 c.p.c. (Sez. 2, n. 10069, 28/05/2020 (Rv. 657757 -01; conf., ex multis, Cass. nn. 10741/2018, 15105/2014).
Di conseguenza la Corte etnea giudicando inammissibile la prospettazione della violazione antisismica sull’assunto della tardività di essa non si è conformata al riportato principio di diritto, dal quale, peraltro, neppure ha motivatamente preso le distanze, anzi affermando, senza un corollario argomentativo di adeguato sostegno, che la normativa antisismica non è integrativa del rispetto della distanza legale tra costruzioni. Quindi, in conclusione, affermando principio diametralmente opposto a quello accolto da questa Corte. L’errore di diritto è palese e comporta la cassazione della sentenza.
Con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 873 cod. civ., 9, co 1, punto 1, d.m. n. 1444/1968, 41 quinquies e 41 sexies l . n. 1150/1942.
Si assume che la sentenza impugnata era incorsa in errore nel non avere considerato che la chiusura con tettoia del cavedio aveva dato vita a una nuova costruzione in zona A ove è consentita solo la ricostruzione.
Anche tale motivo è fondato.
La Corte locale, pur dando atto a pag. 17 dell’avvenuto aumento di volumetria interna e della modifica del prospetto condominiale dal lato interno, si è discostata dalla costante giurisprudenza di questa Corte, la quale ha affermato ‘ il vincolo conformativo d’inedificabilità assoluta in zona ‘A ‘. E’ stato infatti affermato che nelle zone A, nelle quali sono consentiti esclusivamente interventi di risanamento conservativo senza incremento delle densita’ edilizia di zona e territoriale preesistenti, è stato in sostanza imposto un vincolo conformativo inerente alla caratteristiche intrinseche del territorio – non temporaneo e, come tale, non caducabile; ciò comporta che il vincolo d’inedificabilita’ assoluta, impedisce in radice che possano trovare applicazione i criteri stabiliti dall’art. 873 c.c., nonche’ quelli di cui alla L. n. 765 del 1967, art. 17, comma 1. (cfr. tra le varie, Cass. ord. n. 1360/2018; Cass. n. 14552/2016).
E ancora, <> (Sez. 2, n. 19405/2024, fra le ultime).
Peraltro, la ordinanza n. 8532/2018 di questa Corte, richiamata a sostegno dalla sentenza impugnata, risulta estranea al tema qui in discussione (in quel caso di discuteva del diritto al solo risarcimento del danno per violazione di norme paesistiche, escluso il ripristino, ove non fosse rimasta violata la distanza fra costruzioni).
Si rende quindi necessario nuovo esame sulla scorta dei citati principi.
3. Il terzo motivo, con il quale viene denunciata violazione degli artt. 116 cod. proc. civ. e 881 cod. civ., assumendo che il muro di confine, al contrario di quanto affermato dalla sentenza, sarebbe di proprietà esclusiva del ricorrente, poiché le presunzioni previste dalla norma civilistica richiamata militavano a favore del ricorrente, sulla base degli atti di causa, non supera il vaglio d’ammissibilità.
In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Rv. 659037 -02).
Quanto alla dedotta violazione dell’art. 881 cod. civ. deve osservarsi che la denuncia di violazione di legge sostanziale non determina nel giudizio di legittimità lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (ex multis, S.U. n. 25573, 12/11/2020). E ancora, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, n. 3340, 05/02/2019).
Nel caso in esame, si censura l’apprezzamento del giudice di merito sulla assenza di piovente (v. sentenza pag. 16).
4 . Il quarto motivo, con il quale viene denunciato l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, <>, è inammissibile.
In presenza di ‘doppia conforme’, sulla base dell’art. 348 ter, co. 5, cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Sez. 2, n. 5528, 10/03/2014, Rv. 630359; conf., ex multis, Cass. nn.
19001/2016, 26714/2016), evenienza che nel caso in esame non ricorre affatto.
Peraltro, è appena il caso di soggiungere che il vizio contemplato dal n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. deve riguardare fatti storici o documenti e non già ‘argomenti’ adottati dalla motivazione.
Con il <> NOME COGNOME e NOME COGNOME in realtà ripropongono, nel caso fosse accolto il ricorso dello COGNOME, le domande avanzate nei confronti di NOME COGNOME.
È chiaro che tali domande dovranno formare oggetto di nuovo esame da parte del Giudice del rinvio, ovviamente nel caso in cui vengano accolte le domande di NOME COGNOME Pertanto, il ricorso incidentale va dichiarato assorbito.
In conclusione, cassata la sentenza in relazione ai due motivi accolti , il giudice del rinvio, che s’individua nella Corte d’appello di Catania in diversa composizione, riesaminerà la vicenda facendo applicazione dei principi di diritto sopra richiamati, statuendo, inoltre sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso principale e dichiara inammissibili i restanti; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato; cassa la sentenza impugnata, in relazione agli accolti motivi e rinvia alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 6 febbraio