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Distanze legali: la demolizione è inevitabile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24719/2024, ha ribadito un principio fondamentale in materia di distanze legali tra costruzioni. In caso di violazione, il proprietario danneggiato ha diritto alla demolizione dell’opera illegittima (riduzione in pristino) e non può essere costretto ad accettare un semplice risarcimento del danno. La Corte ha chiarito che il rimedio della demolizione non può essere escluso per ‘eccessiva onerosità’, poiché la tutela del diritto di proprietà in questo ambito è assoluta. La sentenza è scaturita da una controversia tra proprietari di fondi confinanti, in cui uno aveva edificato un manufatto senza rispettare le distanze previste dalla legge e dai regolamenti comunali.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Distanze Legali tra Edifici: Demolizione Obbligatoria in Caso di Violazione

Il rispetto delle distanze legali tra costruzioni è un pilastro del diritto immobiliare, essenziale per garantire la salubrità, la sicurezza e la privacy dei rapporti di vicinato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 24719/2024) ha rafforzato un principio chiave in materia: chi subisce la violazione di tali distanze ha diritto a ottenere la demolizione dell’opera illegittima, senza che il costruttore possa opporre l’eccessiva onerosità dell’intervento o offrire un semplice risarcimento del danno. Analizziamo questa importante decisione.

I fatti del caso: una costruzione troppo vicina

La vicenda giudiziaria ha origine dalla causa intentata da due proprietarie contro il loro vicino. Quest’ultimo aveva realizzato un fabbricato sul fondo confinante violando sia le distanze minime previste dal codice civile sia le normative del regolamento comunale. Le attrici chiedevano quindi la completa demolizione del manufatto abusivo per ripristinare lo stato dei luoghi originario.
Il Tribunale di primo grado accoglieva parzialmente la domanda, ordinando la demolizione di una parte del fabbricato, ovvero quella aggiunta a una costruzione preesistente, riconoscendo la violazione delle distanze legali. La Corte d’Appello, successivamente, confermava la decisione, respingendo il ricorso del costruttore, il quale sosteneva che la demolizione fosse una misura sproporzionata e dannosa per l’intero edificio.

La violazione delle distanze legali secondo la Cassazione

Arrivata dinanzi alla Corte di Cassazione, la controversia si è concentrata sui rimedi esperibili in caso di violazione delle norme sulle distanze. Il ricorrente lamentava, tra le altre cose, che la Corte d’Appello avesse aderito acriticamente alle conclusioni della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) e che, trattandosi di norme urbanistiche, la tutela per il privato dovesse limitarsi al solo risarcimento del danno, e non estendersi alla demolizione (c.d. riduzione in pristino).

Le motivazioni della Cassazione: perché la demolizione è l’unica via

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti decisivi su tre punti fondamentali.

Il diritto assoluto alla riduzione in pristino

I giudici hanno ribadito un orientamento consolidato: le norme del codice civile e dei regolamenti edilizi locali in materia di distanze, pur avendo una finalità pubblicistica, conferiscono ai proprietari confinanti un vero e proprio diritto soggettivo. Tale diritto, in caso di violazione, può essere tutelato in forma specifica, ovvero attraverso la richiesta di ‘restitutio in integrum’. Questo significa che il proprietario danneggiato ha il diritto di pretendere la rimozione fisica di ciò che è stato costruito illegalmente, per ripristinare la situazione precedente all’illecito. Il risarcimento del danno è una tutela aggiuntiva, ma non sostitutiva.

L’inapplicabilità dell’eccessiva onerosità

Un argomento centrale del ricorrente era basato sull’art. 2058 del codice civile, che consente al giudice di disporre un risarcimento per equivalente se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore. La Cassazione ha chiarito, senza mezzi termini, che questo principio non si applica alle azioni reali a tutela del diritto di proprietà, come quella per il rispetto delle distanze legali. Il carattere assoluto del diritto leso non permette di bilanciare il pregiudizio del danneggiato con il costo che il responsabile deve sostenere per eliminare l’abuso. La demolizione, quindi, non è una scelta discrezionale del giudice, ma una conseguenza diretta e obbligata della violazione accertata.

Onere della prova e valutazione del CTU

La Corte ha inoltre ritenuto infondate le critiche mosse all’operato dei giudici di merito riguardo alla valutazione delle prove. È stato chiarito che spetta a chi agisce in giudizio (le proprietarie danneggiate) provare la violazione, e nel caso di specie, la prova era stata ampiamente fornita tramite la CTU e la documentazione prodotta. Il giudice ha correttamente valorizzato tali elementi, esercitando il proprio potere di apprezzamento delle prove in modo logico e coerente.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

L’ordinanza in esame consolida un messaggio molto chiaro per chi costruisce: il rispetto delle distanze legali non è negoziabile. La violazione di queste norme espone il costruttore a conseguenze severe e inevitabili, prima fra tutte la demolizione dell’opera. Non è possibile ‘monetizzare’ l’illecito offrendo un indennizzo, né sperare in un bilanciamento di interessi basato sul costo dell’intervento ripristinatorio. La tutela del diritto di proprietà del vicino prevale, garantendo il ripristino effettivo della legalità e dello status quo ante.

Chi viola le distanze legali può evitare la demolizione pagando un risarcimento del danno?
No. La sentenza chiarisce che il proprietario danneggiato ha un diritto soggettivo al ripristino della situazione preesistente (‘restitutio in integrum’), che si attua con la demolizione dell’opera illegittima. Il risarcimento del danno può essere una tutela aggiuntiva, ma non sostituisce la demolizione.

La demolizione di un’opera può essere esclusa se è ‘eccessivamente onerosa’ per chi ha costruito in violazione delle distanze?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che il principio dell’eccessiva onerosità (art. 2058 c.c.) non si applica alle azioni a tutela di un diritto reale, come quello al rispetto delle distanze. Il carattere assoluto del diritto leso impone il ripristino, indipendentemente dal costo per il responsabile.

Le norme sui regolamenti edilizi locali che integrano le distanze legali danno diritto solo a un risarcimento del danno e non alla demolizione?
No. Anche quando le norme del codice civile sono integrate dai regolamenti edilizi locali, che hanno natura pubblicistica, esse creano nei rapporti tra privati un diritto soggettivo alla loro osservanza. La violazione di tali norme dà diritto non solo al risarcimento, ma anche alla riduzione in pristino, cioè alla demolizione o all’arretramento della costruzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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