Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4896 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 4896 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 5098/2019 R.G. proposto da:
COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante COGNOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura in calce al ricorso,
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende
unitamente e disgiuntamente a ll’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE per procura in calce al controricorso e ricorso incidentale,
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n.1904/2018 depositata il 3.7.2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16.1.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE proprietaria di alcuni terreni non edificati in tenimento del Comune di Vazzola (mappali 4, 11 e 91 del foglio 12 del NCT) sui quali da tempo esercitava la propria attività vinicola, confinava sul lato est e sul lato nord con i terreni di proprietà di COGNOME (mappali 256, 257 e 252 del foglio 12), che su essi esercitava attività di allevamento zootecnico di tipo intensivo di oltre 750 capi, avendo realizzato nel 1981 una struttura edilizia ad uso stalla (individuata con la lettera A nell’allegato B alla CTU) ed una concimaia scoperta (individuata con la lettera B nell’allegato B alla CTU).
Nel corso degli anni, essendo mutata la normativa nazionale ed europea sul benessere degli animali con conseguente necessità di adeguamento della dimensione degli spazi a disposizione dei capi allevati in modo intensivo, il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE COGNOME Galileo, e COGNOME, su richiesta del Comune di Vazzola, avevano concluso una serie di convenzioni notarili di servitù di distanza trascritte nei registri immobiliari (atti del 15.6.1995, del 9.7.2003 e del 3.6.2008), che prevedevano dietro pagamento di un corrispettivo a favore dei fondi serventi nei quali veniva creata una zona di rispetto in
prossimità del confine in cui era prevista l’impossibilità di costruire, la possibilità di realizzare immobili a distanza inferiore a quella dal confine prescritta dalla normativa locale (art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Vazzola), distanza compensata dalla zona di rispetto imposta al di là dal confine.
Sulla base delle suddette convenzioni, dei titoli edilizi rilasciati dal Comune di Vazzola in deroga alle distanze dal confine e col parere favorevole della ULSS 7, COGNOME costruiva nel 1995 l’ampliamento della stalla identificato con la lettera C nell’allegato B alla CTU, nel 2003 l’edificio adibito ad allevamento bovini identificato con la lettera D nel suddetto allegato e nel 2009 l’annesso rustico adibito in parte a concimaia coperta ed in parte a deposito identificato con la lettera F nel suddetto allegato, e nel 2003 e 2008 COGNOME erigeva due concimaie, identificate con le lettere E ed F nel menzionato allegato, non espressamente menzionate nelle convenzioni sottoscritte, a distanza dal confine inferiore a quella prescritta dalla normativa locale.
Nel 2011 la RAGIONE_SOCIALE non potendo più tollerare l’esistenza a ridosso dei suoi terreni adibiti ad attività agricola vinicola degli edifici (stalle, concimaie, annessi rustici) destinati all’allevamento intensivo di COGNOME, ed avendo avuto contezza della contrarietà a norme imperative delle deroghe apportate nelle convenzioni notarili di servitù di distanza, conveniva in giudizio il confinante davanti al Tribunale di Treviso per fare dichiarare la nullità delle convenzioni notarili per contrasto con norme imperative e per ottenerne la condanna alla demolizione dei fabbricati costruiti in violazione delle distanze legali dal confine ed in un caso per asserito sconfinamento del fabbricato sulla sua proprietà individuata secondo i parametri catastali, e quanto alle concimaie perché asseritamente non contemplate nelle convenzioni notarili, nonché al risarcimento dei danni subiti.
Si costituiva nel giudizio di primo grado COGNOME che sosteneva che il confine tra le proprietà delle parti era rappresentato da una recinzione da lui realizzata in base a titolo edilizio nel 1987 e dalla linea retta in prosecuzione risultante anche catastalmente, confine mai contestato in precedenza e considerato dalle parti nelle convenzioni notarili intervenute nel 1995, 2003 e 2008; che comunque aveva usucapito la fascia di terreno a confine ora contestata; che le convenzioni costitutive di servitù di distanza erano pienamente valide in quanto imponevano l’onere reale di compensare nei distacchi la distanza non osservata dal vicino; che anche le concimaie poi identificate con le lettere E ed F nell’allegato B alla CTU dovevano ritenersi assentite dalle convenzioni notarili del 2003 e 2008 perché rappresentate nelle planimetrie allegatevi. COGNOME concludeva quindi per il rigetto delle domande della controparte, ed avendo la stessa ripetutamente concordato la deroga alla distanza dal confine, mutando improvvisamente e senza ragione il proprio atteggiamento, chiedendo un risarcimento danni spropositato e la demolizione dei fabbricati in precedenza assentiti, domandava la condanna della RAGIONE_SOCIALE al risarcimento danni per lite temeraria.
Il Tribunale di Treviso, dopo avere sospeso il giudizio per l’espletamento della procedura di mediazione, che dava esito negativo, disponeva l’espletamento di CTU per accertare i confini tra le proprietà delle parti e l’eventuale violazione delle distanze legali, e con la sentenza n. 2752/2016 confermava quanto al confine, che esso era rappresentato dalla recinzione esistente dal 1987, respingeva le domande di parte attrice di accertamento della nullità delle convenzioni notarili e di risarcimento danni in forma specifica e per equivalente e condannava la RAGIONE_SOCIALE al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. in misura pari alle spese processuali liquidate.
Avverso tale sentenza proponeva appello la RAGIONE_SOCIALE che riproponeva le domande avanzate in primo grado e chiedeva la sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado, mentre COGNOME chiedeva la conferma della sentenza impugnata.
Sospesa con ordinanza del 20.3.2017 l’efficacia esecutiva della sentenza del Tribunale di Treviso, la Corte d’Appello di Venezia, con la sentenza n.1904/2018 del 27.3/3.7.2018, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accertava che l’annesso rustico adibito in parte a concimaia coperta ed in parte a deposito, identificato con la lettera F nell’allegato B alla CTU, distava da 4,70 a 4,00 metri dal confine est con la proprietà della appellante, e m4,82 dal confine nord e violava quindi la distanza di cinque metri dal confine est prescritta per gli annessi rustici dall’art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Vazzola, condannando COGNOME ad arretrarlo sul lato est fino ad una distanza di cinque metri dal confine, reputando invece irrilevante lo scostamento di 18 cm sul lato nord. La sentenza stessa revocava la condanna emessa in primo grado a carico della RAGIONE_SOCIALE ex art. 96 comma 3° c.p.c. e compensava le spese processuali del doppio grado per reciproca soccombenza.
In particolare la sentenza di secondo grado confermava che il confine era rappresentato dalla recinzione e che era stato confermato dalle parti col disegno allegato alla convenzione notarile del 15.6.1995, e rispetto ad esso non c’erano stati sconfinamenti dei fabbricati contestati, richiamava le convenzioni notarili concluse dalle parti del 1995, 2003 e 2008, che avevano immediatamente costituito le servitù prediali di distanza, ossia dei diritti reali e non potevano essere quindi oggetto di risoluzione per inadempimento, e le riteneva dotate della necessaria forma scritta ad substantiam richiesta dall’art. 1350 n. 4) cod. civ., e consentite, in quanto
avevano derogato a norme poste a tutela della salubrità e non della sicurezza e stabilità degli edifici, e quindi di interessi privati e non di interessi pubblici, come confermato dallo stesso Comune di Vazzola, che proprio perché aveva considerato derogabili le norme locali sulle distanze, con la cautela delle fasce di rispetto compensative previste nelle convenzioni notarili costitutive delle servitù di distanza stipulate dalle parti, aveva concesso il permesso di costruire per gli edifici costruiti in deroga a quelle distanze, essendo state peraltro rispettate le prescrizioni di carattere igienico-sanitario per gli allevamenti di bestiame intensivi, come desumibile dal parere favorevole della ULSS 7.
La Corte d’Appello dichiarava poi di concordare col Tribunale di Treviso nel ritenere che in caso di successione nel tempo di discipline diverse in materia di distanze, dovesse trovare applicazione la nuova disciplina meno restrittiva anche alle costruzioni realizzate prima della sua entrata in vigore, ed identificava tale nuova disciplina nell’art. 44 della Legge regionale del Veneto n.11/2004 e nella lettera d) degli atti di indirizzo approvati dalla Giunta Regionale ai sensi dell’art. 50 della L.R. n.11/2004, con D.G.R.V. del 15.5.2012 n. 856, precisando che obiettivo di tale normativa, come ritenuto dal primo giudice, era quello di assicurare protezione contro l’inquinamento e le esalazioni nocive e/o fastidiose, per cui anche in questo caso le distanze dai confini dovevano ritenersi derogabili purché fossero assicurate comunque, attraverso l’imposizione di fasce di rispetto sui fondi serventi in base alle convenzioni notarili di servitù di distanza, le esigenze di tutela ambientale.
Quanto alla stalla ed alla concimaia scoperta realizzate da COGNOME nel 1981, identificate con le lettere A e B nell’allegato B alla CTU, la Corte d’Appello sulla base della relazione dell’ausiliario escludeva che ci fosse stata violazione della distanza legale dal confine di dieci metri prevista all’epoca della costruzione
per le zone agricole, senza distinzioni di tipologia di edificio, dal regolamento edilizio approvato col D.G.R.V. n. 4071 del 9.11.1976. Relativamente alla concimaia aperta, identificata alla lettera E nell’allegato B alla CTU, realizzata da COGNOME in forza del permesso di costruire n.9330 del 14.10.2003, la Corte d’Appello la riteneva assentita, in deroga alla distanza legale dal confine, perché contemplata nella planimetria della convenzione del 9.7.2003.
Il giudice di secondo grado riteneva, invece, fondato l’appello, in ordine alla concimaia identificata con la lettera F nell’allegato B alla CTU, realizzata in forza del permesso di costruire n. 10958 del 27.5.2009 e della successiva DIA in variante n. 14461 del 24.12.2009, in quanto secondo l’ausiliario la stessa distava tra i 4,70 metri ed i 4,00 metri dal confine est, e tra i 5,00 metri ed i 4,82 metri dal confine nord, a fronte di una distanza minima dal confine prescritta dall’art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Vazzola per gli annessi rustici di cinque metri e la deroga alla distanza era stata prevista nella convenzione notarile del 3.6.2008 per l’ampliamento ad uso allevamento intensivo e per un annesso rustico, e non per la concimaia che doveva essere rimossa fino a rispettare la distanza di cinque metri dal confine est, essendo irrilevante lo scostamento per il confine nord. Anche per tale concimaia veniva però escluso il diritto della parte appellante al risarcimento danni in quanto si trattava di una distanza dal confine e non tra costruzioni e non risultava che dalla sua violazione ne fosse derivata una limitazione al godimento della proprietà della appellante.
Quanto alla condanna al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. emessa in primo grado, l’accoglimento anche se parziale dell’appello, ne giustificava la revoca, difettando l’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave.
Avverso tale sentenza ha proposto tempestivo ricorso principale la RAGIONE_SOCIALE affidandosi a cinque motivi, ed ha resistito con controricorso e ricorso incidentale COGNOME affidandosi a tre motivi, al quale ha controdedotto la RAGIONE_SOCIALE con controricorso incidentale.
La Procura Generale, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, anche per le conseguenze in punto di domanda di risarcimento danni, con rigetto degli altri motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale.
In prossimità dell’udienza pubblica il solo COGNOME ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va respinta l’eccezione d’inammissibilità del ricorso principale sollevata dal controricorrente, in quanto la RAGIONE_SOCIALE attraverso i primi tre motivi del ricorso, ha contestato tutte le motivazioni addotte dalla Corte d’Appello di Venezia a sostegno della decisione adottata in punto di rigetto delle domande di accertamento della nullità delle convenzioni notarili di costituzione delle servitù di distanza, e di conseguente rigetto delle domande di risarcimento danni in forma specifica e per equivalente avanzate per la violazione delle distanze dal confine derogate con quelle convenzioni, compresa la motivazione afferente alla ritenuta applicabilità dell’art. 44 della Legge regionale del Veneto n.11/2004 e della lettera d) degli atti di indirizzo approvati dalla Giunta Regionale ai sensi dell’art. 50 della L.R. n. 11/2004, con D.G.R.V. del 15.5.2012 n. 856.
Col primo motivo la RAGIONE_SOCIALE lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) e 4) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. per motivazione apparente in
quanto manifestamente perplessa, contraddittoria e gravemente insufficiente, ed in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dall’interesse pubblico tutelato dalle norme sulle distanze previste dalla normativa locale applicabile (l’art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Vazzola, l’art. 44 della Legge regionale del Veneto n. 11/2004, e la lettera d) degli atti di indirizzo approvati dalla Giunta Regionale ai sensi dell’art. 50 della L.R. n. 11/2004, con D.G.R.V. del 15.5.2012 n.856).
Si duole la ricorrente che l’impugnata sentenza, con insuperabile contraddizione, abbia ritenuto valide le convenzioni notarili di costituzione delle servitù di distanza del 15.6.1995, del 9.7.2003 e del 3.6.2008, con le quali le parti avevano derogato alle distanze dal confine imposte dalla normativa locale, asseritamente poste a tutela di interessi privati, ed abbia conseguentemente respinto le domande della RAGIONE_SOCIALE di risarcimento danni in forma specifica e per equivalente basate sulla violazione di quelle distanze, – salvo che per la concimaia identificata con la lettera F nell’allegato B alla CTU, ritenuta non assentita da convenzioni e costruita in contrasto con la distanza minima di cinque metri dal confine prescritta dall’art. 40 delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Vazzola -, per poi riconoscere che gli interessi tutelati dalla normativa locale applicabile erano attinenti alla tutela ambientale e della salubrità, e quindi ad interessi pubblici, in quanto tali non derogabili attraverso convenzioni tra privati, nonostante la contraria volontà manifestata in proposito dal Comune di Vazzola, che aveva rilasciato a favore di COGNOME i titoli edilizi in deroga alle distanze in base ai quali le stalle, gli annessi rustici e le concimaie in contestazione erano stati edificati.
2) Col secondo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 1418, 1421, 872, 873, 889, 890 cod. civ. e dell’art. 40 delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Vazzola, delle norme di cui alla delibera della Giunta Regionale del Veneto n. 7949/1989, attuativa dell’art. 6 della L.R. del Veneto n. 24/1985, delle norme di cui alla delibera della Giunta Regionale del Veneto n. 3178/2014, attuativa degli articoli 44 e 50 della L.R. del Veneto n. 11/2004, delle norme di cui alla delibera della Giunta Regionale del Veneto n. 85/2012 attuativa degli articoli 44 e 50 della L.R. del Veneto n. 11/2004, nonché in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere dichiarato inaccoglibile un’azione di risoluzione per inadempimento delle convenzioni notarili mai proposta, ed in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, quest’ultimo però non identificato.
Si duole la ricorrente che la Corte d’Appello di Venezia, al fine di individuare gli interessi protetti dalle distanze legali dal confine imposte per gli allevamenti intensivi dalla normativa locale riconosciuta applicabile, abbia fatto riferimento agli articoli 873 cod. civ. (relativo alle distanze tra costruzioni) e 889 cod. civ. (distanze dal confine delle fosse di latrina o di concime), norme a tutela di interessi privatistici, che prescrivono quindi distanze derogabili mediante accordi costitutivi di servitù di distanza, anziché fare riferimento all’art. 890 cod. civ., che per fabbricare stalle impone di osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza quelle necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza, e di osservare la normativa locale sopra richiamata e ritenuta applicabile dalla stessa sentenza impugnata, che é preordinata all’ordinato sviluppo urbanistico del territorio comunale e ad evitare danni all’ambiente,
alla salubrità, igiene e sicurezza dei luoghi, e quindi alla tutela di interessi pubblici la cui valutazione é stata effettuata a monte tramite la norma regolamentare che impone il rispetto di una distanza minima assoluta dal confine non derogabile, la cui violazione comporta l’invalidità della deroga convenzionale anche nei rapporti interni tra i proprietari che hanno concluso la convenzione (in tal senso Cass. 6.5.2015 n. 9148; Cass. 23.4.2010 n. 9751; Cass. 29.3.2007 n. 7702; Cass. 31.5.2006 n. 12966; Cass. 28.9.2004 n. 19449; Cass. 4.2.2004 n. 2117; Cass. 25.6.2001 n. 8661; Cass. 30.3.1983 n. 2331).
3) Col terzo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 delle preleggi, la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 872, 873, 889, 890 cod. civ. e dell’art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Vazzola, delle norme di cui alla delibera della Giunta Regionale del Veneto n. 7949/1989, attuativa dell’art. 6 della L.R. del Veneto n. 24/1985, delle norme di cui alla delibera della Giunta Regionale del Veneto n.3178/2014, attuativa degli articoli 44 e 50 della L.R. del Veneto n. 11/2004, delle norme di cui alla delibera della Giunta Regionale del Veneto n. 85/2012 attuativa degli articoli 44 e 50 della L.R. n.11/2004; nonché in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c.; nonché in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 e 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. per motivazione apparente perché manifestamente perplessa, contraddittoria e gravemente insufficiente, ed in relazione all’art. 360 comma primo n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.
Si duole la ricorrente che l’impugnata sentenza abbia dichiarato del tutto genericamente applicabile la nuova normativa sopravvenuta sugli allevamenti intensivi fissata dalla delibera della Giunta
Regionale del Veneto n. 856/2012, attuativa degli articoli 44 e 50 della L.R. del Veneto n. 11/2004, laddove il principio fondamentale ricavabile dal principio di irretroattività della legge, é che debbano essere applicate le disposizioni locali vigenti al tempo dell’esercizio dello ius aedificandi (Cass. 20.8.2015 n. 17043), salva l’applicabilità della disciplina sopravvenuta solo se meno restrittiva della precedente, e rileva altresì che la Corte d’Appello non abbia affatto individuato la disposizione applicabile della delibera della Giunta Regionale del Veneto n.856/2012, peraltro variabile a seconda del tipo di edificio e del numero e tipo dei capi dell’allevamento intensivo, e comunque più restrittiva della disciplina precedente, perché impositiva di una distanza minima dal confine di m 15, 20 o 25, oltre che di una distanza di 100 metri dai limiti della zona agricola e di 50 metri dalle residenze civili sparse.
I primi tre motivi, da esaminare congiuntamente, in quanto afferenti alle motivazioni addotte dalla Corte d’Appello per giustificare la ritenuta validità delle convenzioni notarili costitutive di reciproche servitù di distanza del 15.6.1995, del 9.7.2003 e del 3.6.2008, con le quali le parti avrebbero derogato alle distanze dal confine imposte per stalle, annessi rustici e concimaie dalla normativa locale, e conseguentemente il rigetto (salvo che per la concimaia identificata con la lettera F nella planimetria allegata sub B alla CTU) delle domande della RAGIONE_SOCIALE di condanna del confinante, COGNOME al risarcimento danni in forma specifica e per equivalente per la violazione di quelle distanze, sono fondati e meritano accoglimento.
La motivazione addotta dalla Corte d’Appello, infatti, deve ritenersi meramente apparente ed inidonea a spiegare le ragioni della decisione adottata nel respingere, per la gran parte, le domande di accertamento della nullità delle summenzionate convenzioni notarili di deroga delle distanze legali dal confine imposte per le stalle, gli annessi rustici e le concimaie concluse dalle parti, e le
conseguenziali domande di risarcimento danni in forma specifica e per equivalente per violazione di tali distanze, e comunque si tratta di motivazione contraria a legge nella parte in cui finisce per considerare derogabili da parte di convenzioni private interessi pubblici che sono sottratti alla disponibilità delle parti.
A pagina 16 capoverso e seguenti, infatti, la sentenza impugnata ritiene consentita la deroga convenzionale alla distanza prevista dall’art. 889 cod. civ., che in realtà si riferisce alla distanza dal confine prescritta per le fosse di latrina o di concime, e non alle stalle, annessi rustici e concimaie, regolate quanto alla distanza dal confine dall’art. 890 cod. civ. (che si riferisce a stalle e simili) e dai regolamenti locali, e solo in difetto di essi, dalle distanze necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza, e parla di normativa a tutela di interessi privati e non di interessi pubblici, richiamando l’inconferente art. 873 cod. civ., relativo alle distanze tra costruzioni poste a tutela della salubrità e non della sicurezza e stabilità degli edifici (nella specie si tratta invece di distanze dal confine imposte per manufatti di un allevamento intensivo ritenuti inquinanti e potenzialmente nocivi in zona agricola), e la giurisprudenza che in presenza di accordo tra le parti e di forma scritta consente di derogare alle distanze codicistiche tra costruzioni mediante la costituzione di servitù che attribuiscano il diritto di tenere l’edificio a distanza minore di quella legale (si cita Cass. 15.12.1984 n.6575). Poi, invece, a pagina 17, la Corte d’Appello ha riconosciuto l’applicabilità, per le distanze dal confine degli allevamenti intensivi, non delle norme codicistiche degli articoli 889 e 873 cod. civ., ma dell’art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Vazzola e dei sopravvenuti art. 44 della L.R. del Veneto n. 11/2004 e della lettera d) degli atti di indirizzo approvati dalla Giunta Regionale del Veneto ai sensi dell’art. 50 della L.R. del Veneto n.11/2004 con la Delibera della Giunta Regionale del Veneto n. 856 del 15.5.2012,
norme locali indicate, in accordo con la sentenza di primo grado, come aventi il fine di assicurare protezione contro l’inquinamento ed esalazioni nocive e/o fastidiose, ossia di tutelare tipici interessi pubblici e non privati, ma considerati salvaguardabili con l’imposizione di un divieto di costruzione sul fondo servente, come confermato dal rilascio dei titoli edilizi in deroga alle distanze da parte del Comune di Vazzola e dal rilascio del parere favorevole della ULSS 7.
In realtà sia gli interessi espressamente richiamati dall’art. 890 cod.civ., che si riferisce alla costruzione di stalle ed edifici simili (solidità, salubrità, sicurezza), sia gli interessi per i quali la disciplina locale sopra indicata impone il rispetto di determinate distanze dal confine, variabili a seconda del tipo di costruzione destinata all’allevamento intensivo e del numero di capi di bestiame (assicurare protezione contro inquinamento, esalazioni nocive e/o fastidiose), sono interessi pubblici che non rientrano nella disponibilità dei proprietari confinanti (vedi in tal senso in riferimento alla distanza legale imposta da un allevamento di animali nella Regione Veneto Cons. Stato 21.12.2012 n. 6639).
La giurisprudenza di questa Corte in relazione all’art. 890 cod. civ. ha stabilito che qualora le norme regolamentari (generali, speciali, locali) stabiliscano una distanza minima, tale distanza dev’essere sempre osservata dal costruttore, indipendentemente dalla prova dell’esistenza di un pericolo, ed é inderogabile dalla volontà delle parti (Cass. n. 1035/1962), e che il rispetto della distanza prevista dall’art. 890 cod. civ. é collegato ad una presunzione assoluta di nocività e pericolosità che prescinde da ogni accertamento concreto nel caso in cui vi sia un regolamento edilizio comunale che stabilisca la distanza medesima (vedi Cass. n. 22389/2009 relativa a fabbriche e depositi nocivi, anch’essi regolati come le stalle dall’art. 890 cod. civ.). Proprio in riferimento ad un’ipotesi di distanza legale di una stalla prescritta da un regolamento comunale
attuativo dell’art. 890 cod. civ., inoltre, questa Corte ha chiarito che la ratio della norma di cui all’art. 890 cod. civ. é quella di evitare il pericolo di danno derivante dalle esalazioni nocive alla salubrità ed all’igiene provenienti da una stalla troppo vicina, pericolo sussistente indipendentemente dall’accertamento delle caratteristiche dell’apertura di una vicina casa di abitazione per effetto della sola violazione della distanza imposta (Cass. n.1623/1972).
La sentenza impugnata ha quindi errato nel ritenere interessi meramente privati quelli tutelati dall’art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Vazzola e dall’art. 44 della L.R. del Veneto n. 11/2004 e della lettera d) degli atti di indirizzo approvati dalla Giunta Regionale del Veneto ai sensi dell’art. 50 della L.R. del Veneto n. 11/2004 con la Delibera della Giunta Regionale del Veneto n. 856 del 15.5.2012, che rientrano comunque tra i regolamenti richiamati dall’art. 890 cod. civ. (vedi in tal senso per l’estensione del richiamo regolamentare anche alle norme regionali Cass. 3.11.2000 n.14354), e nel considerare quindi derogabili dalle parti le distanze dal confine imposte da tale normativa locale per la costruzione di stalle, annessi rustici e concimaie.
Del resto, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, sono derogabili mediante convenzioni notarili costitutive di servitù di distanza, che compensino, con la costituzione di zone di inedificabilità del fondo servente, il mancato rispetto della distanza le norme del codice civile che prescrivono distanze tra costruzioni per evitare intercapedini dannose, mentre non sono derogabili per convenzione le prescrizioni contenute nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi comunali, essendo dettate, contrariamente a quelle del codice civile, a tutela dell’interesse generale a un prefigurato modello urbanistico, inteso come organizzazione del territorio da parte del competente ente locale, per cui tali deroghe
se concordate sono invalide (vedi Cass. 30.7.2024 n. 21322; Cass. 30.6.2022 n. 20839; Cass. 26.1.2022 n. 2309; Cass. 18.10.2018 n. 26270; Cass. 2.3.2018 n. 5016; Cass. 23.4.2010 n. 9751; Cass. 22.3.2005 n. 6170; Cass. 4.2.2004 n. 2117; Cass. 23.11.1999 n.12984; Cass. 29.4.1998 n. 4353; Cass. 13.8.1990 n. 8260; Cass. 27.5.1987 n. 4737; Cass. 21.3.1987 n. 2824).
Quanto all’affermata applicabilità ai fabbricati in contestazione dell’art. 44 della L.R. del Veneto n. 11/2004 e della lettera d) degli atti di indirizzo approvati dalla Giunta Regionale del Veneto ai sensi dell’art. 50 della L.R. del Veneto n.11/2004, deve ritenersi errata, trattandosi di fabbricati anteriori all’entrata in vigore di quella disciplina, da ritenere soggetti alla normativa locale applicabile all’epoca della rispettiva costruzione.
Per giurisprudenza consolidata di questa Corte, infatti, ‘ I regolamenti edilizi in materia di distanze tra costruzioni contengono norme di immediata applicazione, salvo il limite, nel caso di norme più restrittive, dei cosiddetti “diritti quesiti” (per cui la disciplina più restrittiva non si applica alle costruzioni che, alla data dell’entrata in vigore della normativa, possano considerarsi “già sorte”), e, nel caso di norme più favorevoli, dell’eventuale giudicato formatosi sulla legittimità o meno della costruzione ‘ (Cass. ord. 21.12.2021 n. 40984; Cass. ord. n. 26713/2020).
A ciò va aggiunto che l’impugnata sentenza ha sbrigativamente ritenuto applicabile la suddetta disciplina locale, senza neppure indagare le caratteristiche tipologiche ed il numero dei capi di bestiame dell’allevamento intensivo, incidenti sulla distanza dal confine da osservare, con motivazione per questo aspetto totalmente carente, che neppure consente di comprendere se tale normativa locale sopravvenuta sia in concreto più, o meno favorevole di quella locale anteriore (art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Vassola) e se sia, o meno applicabile anche retroattivamente.
4) Col quarto motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dei criteri ermeneutici di cui agli articoli 1362 -1363 e ss. cod. civ., ed in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.
Si duole la ricorrente che la Corte d’Appello abbia ritenuto assentita, dalla convenzione notarile del 9.7.2003 n. 33295, la concimaia posta a circa due metri dal confine, individuata con la lettera E nell’allegato B alla CTU, perché asseritamente contemplata nella planimetria allegata a tale convenzione, così violando i criteri dell’interpretazione letterale e della comune intenzioni delle parti, in quanto nella convenzione suddetta la deroga era riferita solo alla costruzione di un fabbricato ad uso di annesso rustico (individuato con la lettera D nell’allegato B alla CTU) e non ad una concimaia.
Tale motivo deve ritenersi logicamente assorbito, per effetto dell’accoglimento dei primi due motivi, relativi alla nullità delle convenzioni notarili concluse dalle parti in deroga a distanze dal confine stabilite a tutela di interessi pubblici e non meramente privati e quindi sottratti alla disponibilità delle parti, risultando quindi inutile accertare se la concimaia in questione fosse o meno compresa nella convenzione notarile del 9.7.2003 n. 33295.
5) Col quinto motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 871, 872, 873, 889, 890 cod. civ. e dell’art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Vazzola, delle norme di cui alla delibera della Giunta Regionale del Veneto n. 7949/1989, attuativa dell’art. 6 della L.R. del Veneto n. 24/1985, delle norme di cui alla delibera della Giunta Regionale del Veneto n.3178/2014, attuativa degli articoli 44 e 50 della L.R. del Veneto n. 11/2004, delle norme di cui alla delibera della Giunta Regionale del Veneto n. 85/2012 attuativa degli
articoli 44 e 50 della L.R. n. 11/2004, nonché degli articoli 1226, 2043, 1223, 2056 e 2697 cod. civ..
Si duole la ricorrente che la Corte d’Appello, pur accogliendo la sua domanda di arretramento della concimaia identificata con la lettera F nell’allegato B alla CTU, abbia ad essa applicato la distanza dal confine di cinque metri prevista per gli annessi rustici dall’art. 40 lettera b) punto 1 delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Vazzola, anziché la distanza dal confine di trenta metri prevista dall’art. 40 lettera b) delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Vazzola per le concimaie quando si tratti di stalle di bovini in numero superiore a 30 capi, risultando dalla relazione agronomica e dalla CTU che si trattava di un allevamento intensivo di oltre 750 capi, ed ulteriormente lamenta la mancata liquidazione dei danni subiti, da liquidare equitativamente, e da ritenere in re ipsa per le avvenute violazioni delle norme locali sulle distanze, e ciò sia per la concimaia oggetto dell’ordine di arretramento, sia per gli altri fabbricati realizzati da COGNOME in violazione delle distanze legali.
Tale motivo, per la prima parte deve ritenersi fondato e merita accoglimento, in quanto la Corte d’Appello ha commesso un errore di sussunzione, avendo applicato alla concimaia identificata con la lettera F nell’allegato B alla CTU la disciplina legale locale (art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Vazzola) relativa agli annessi rustici, anziché quella relativa alle concimaie, da individuare tenendo conto del numero dei capi bovini dell’allevamento intensivo, mentre per la seconda parte deve ritenersi assorbito per effetto dell’accoglimento della prima parte di questo motivo e dei primi tre motivi, che imporranno al giudice di rinvio di individuare le distanze applicabili ai singoli fabbricati dell’allevamento intensivo, tenendo conto dell’epoca di costruzione, delle caratteristiche tipologiche e del numero di capi bovini dell’allevamento intensivo, e di valutare all’esito, le domande di
risarcimento danni in forma specifica e per equivalente, tenendo conto dell’inderogabilità per convenzione notarile delle distanze dal confine imposte dalla normativa locale, volte a tutelare un interesse pubblico.
Passando all’esame del ricorso incidentale, col primo articolato motivo COGNOME si duole della manifesta ed irriducibile contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., nella parte in cui ha stabilito che la concimaia identificata con la lettera F nell’allegato B alla CTU debba essere arretrata fino ad una distanza di cinque metri dal confine est, facendo riferimento all’erroneo confine individuato dal CTU, che non corrisponde al confine corretto accertato dalla sentenza stessa, rappresentato dalla recinzione esistente e dalla linea retta in prosecuzione e confermato dalla convenzione notarile conclusa dalle parti il 15.6.1995, confine quest’ultimo rispetto al quale risultava rispettata la distanza di cinque metri. Nel contempo il ricorrente incidentale lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione dell’art. 1362 cod. civ., per avere la sentenza impugnata ritenuto che la deroga della convenzione del 3.6.2008 si riferisse esclusivamente ad un ampliamento ad uso allevamento intensivo ed all’annesso rustico, e non alla concimaia identificata con la lettera F nell’allegato B alla CTU.
Il primo articolato motivo del ricorso incidentale deve ritenersi assorbito per la necessità del giudice di rinvio di applicare, alla concimaia identificata con la lettera F nell’allegato B alla CTU, la distanza legale prevista dall’art. 40 delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Vazzola per le concimaie sulla base del numero di capi bovini dell’allevamento intensivo, e di prescindere dalle deroghe alle distanze stabilite nella convenzione notarile del 3.6.2008, naturalmente facendo riferimento al confine
accertato tra le proprietà e non a quello diversamente individuato dal CTU.
Col secondo motivo del ricorso incidentale COGNOME chiede che in conseguenza dell’accoglimento del primo motivo di ricorso incidentale la controparte venga nuovamente condannata al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c., come era stato statuito in primo grado, per avere abusato del proprio diritto chiedendo la nullità delle convenzioni notarili concluse, dopo avere per lunghi anni consentito lo svolgimento delle attività di allevamento intensivo nei fabbricati in contestazione in virtù delle deroghe alle distanze dal confine concesse.
Col terzo motivo del ricorso incidentale COGNOME COGNOME lamenta in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione dell’art. 91 c.p.c., per avere la Corte d’Appello compensato le spese processuali tra le parti per reciproca soccombenza, laddove la riconvenzionale di usucapione del COGNOME era stata ritenuta assorbita e non respinta e la soccombenza della controparte era di gran lunga prevalente.
Il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale devono ritenersi assorbiti per effetto dei motivi accolti, che imporranno al giudice del rinvio, di governare le spese ,e di decidere sulla domanda di risarcimento danni ex art. 96 c.p.c. riproposta dal COGNOME, in base all’esito finale della lite.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il primo, secondo e terzo motivo e per quanto di ragione il quinto motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri motivi del ricorso principale ed il ricorso incidentale, cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia in diversa
composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 16.1.2025