Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 120 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 120 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 3745/2020 R.G. proposto da:
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME con indirizzo pec EMAIL controricorrente avverso la sentenza n. 5734/2018 della Corte d’appello di Napoli
pubblicata il 14-12-2018
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28-
11-2023 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La sentenza n. 19794 depositata il 4-10-2016 della Corte suprema di cassazione ha deciso il ricorso proposto avverso la sentenza n. 1910/2010 della Corte d’appello di Napoli che, accogliendo
OGGETTO:
distanze legali
R.G. 3745/2020
C.C. 28-11-2023
parzialmente l’impugnazione proposta da NOME COGNOME aveva condannato NOME e NOME COGNOME, rispettivamente proprietari e usufruttuario, ad arretrare il loro fabbricato alla distanza di tre metri da quello contiguo di NOME COGNOME.
La C orte d’appello aveva rilevato che il comune di Massalubrense ove si trovavano gli immobili al momento in cui erano state realizzate le opere era sprovvisto di strumenti urbanistici e perciò doveva essere applicato l’art. 873 cod. civ.
La Corte suprema ha accolto il ricorso, rilevando che, poiché la costruzione era stata eseguita tra il 1982 e il 1984, la disciplina da applicare era quella posta dalla legge 6 agosto 1967 n. 765 e quindi erroneamente la C orte d’appello aveva applicato la disciplina codicistica. Di conseguenza ha cassato la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli per decidere la causa facendo applicazione del principio esposto, valutando altresì se la normativa successivamente entrata in vigore fosse più o meno restrittiva al fine di trarne le debite conseguenze, dichiarando assorbito il motivo di ricorso incidentale sul sistema di misurazione delle distanze.
2.Riassunta la causa, con sentenza n. 5734 pubblicata il 14-122018 la Corte d’appello di Napoli ha condannato NOME COGNOME ad arretrare il suo fabbricato sino a raggiungere la distanza di sei metri dal fabbricato di NOME COGNOME secondo quanto indicato nell’elaborato del c.t.u. COGNOME; ha compensato per un terzo le spese di lite di tutti i gradi e del giudizio di cassazione e ha condannato NOME COGNOME alla rifusione dei residui due terzi.
La sentenza ha dato atto che le disposizioni urbanistiche sopravvenute prevedevano l’inedificabilità assoluta nella zona ove era eretta la costruzione; perciò ha dichiarato che nella fattispecie si applicava l’art. 17 legge 6 agosto 1967 n. 765 , che aveva aggiunto
l’art. 41 -quinquies alla legge 17 agosto 1942 n.1150 e alla lett. c) aveva previsto che la distanza non poteva essere inferiore all’altezza di ciascun fronte dell’edificio da costruire; ha dichiarato che si applicava il principio della prevenzione e, poiché il fabbricato di COGNOME era alto m.6, come risultava a pag. 43 della c.t.u., secondo l’altezza misurata lungo la parete posta a confine con la proprietà COGNOME e poiché, su tale fronte, la distanza tra i due immobili era pari, a seconda dei punti, da un minimo di m.2,50 a un massimo di m. 2,85, come risultava dalla c.t.u., la parete doveva essere demolita e arretrata per ricondurla a distanza di m.6 dalla proprietà COGNOME secondo quanto indicato dal consulente d’ufficio.
3.NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 28-11-2023 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente si dà atto che non si pongono questioni di regolare composizione del collegio giudicante con riguardo alla partecipazione del dott. NOME COGNOME in quanto componente anche del precedente Collegio che ha pronunciato la sentenza n. 19794/2016 che ha disposto il rinvio alla Corte d’appello di Napoli . Infatti, il collegio che giudichi il ricorso per cassazione avverso sentenza pronunciata dal giudice del rinvio può essere composto anche dai giudici che hanno partecipato al precedente giudizio conclusosi con la sentenza che ha disposto il rinvio, senza incompatibilità o obbligo di astensione ex art. 52 co.1 n. 4 cod. proc. civ. a loro carico, in quanto tale partecipazione
non determina alcuna compromissione dei requisiti di imparzialità e terzietà del giudice, e ciò a prescindere dalla natura del vizio che ha determinato la pronuncia di annullamento, in quanto il sindacato anche in caso di error in iudicando è esclusivamente di legalità, riguardando l’interpretazione della norma ovvero la verifica del suo ambito di applicazione (Cass. Sez. 2, 31-10-2023 n. 30264, Cass. Sez. 3, 25-12021 n. 1542 Rv. 660462-01, Cass. Sez. 3 18-7-2016 n. 14655 Rv. 640587-01).
2. Con il primo motivo rubricato ‘ violazione di norme di diritto (art. 360, primo comma, n.3, c.p.c.) in relazione all’art. 873 c.c. e all’art. 41 quinquies, lett. c) della legge n. 1150/1942, introdotto dall’art. 17 della legge n. 765/1967’ la ricorrente evidenzia che le distanze tra le costruzioni si misurano in modo lineare e non radiale e lamenta che la sentenza abbia fatto proprio l’errato criterio di misurazione radiale adottato dal consulente tecnico d’ufficio. Rileva che la corte d’appello ha erroneamente recepito le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio svolta in primo grado, disattendendo le eccezioni proposte dalla convenuta COGNOME dal primo grado di giudizio e anche in cassazione, con espresso motivo di ricorso incidentale dichiarato assorbito.
3.Con il secondo motivo rubricato ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, primo comma, n.5 c.p.c.) ‘ la ricorrente lamenta che la sentenza non si sia pronunciata sulle eccezioni relative all’errato criterio di misurazione delle distanze tra le costruzioni adottato dal consulente d’ufficio, il quale aveva proceduto con il metodo radiale e non lineare come avrebbe dovuto.
4.I motivi di ricorso, esaminati congiuntamente in quanto aventi entrambi a oggetto le modalità di misurazione delle distanze, sono inammissibili.
4.1.Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte in tema di limitazioni legali della proprietà, l’art. 873 cod. civ., avendo finalità di impedire intercapedini dannose, prevede che le norme sulle distanze legali si applicano soltanto agli edifici che si fronteggiano, sicché la loro misurazione deve essere effettuata in modo lineare e non in modo radiale, ossia a raggio, come invece previsto in materia di vedute (Cass. Sez. 2 11-5-2016 n. 9649 Rv. 639696-01, Cass. Sez. 2 7-42005 n. 7285 Rv. 580948-01, Cass. Sez. 2 25-6-1993 n. 7048 Rv. 482917-01 ); la disposizione dell’art. 873 cod. civ. pertanto trova applicazione soltanto nel caso in cui i due fabbricati, eretti in parti opposte rispetto alla linea di confine, si fronteggino, anche in minima parte, nel senso che, supponendo di farli avanzare verso il confine in linea retta, si incrocino almeno in un punto (Cass. 9649/2016).
E’ stato altresì statuito che, ai fini del rispetto delle norme dei regolamenti edilizi che impongono distanze tra le costruzioni maggiori rispetto a quelle previste dal codice civile o stabiliscono un determinato distacco tra le costruzioni e il confine, rileva la distanza in sé, a prescindere dal fatto che gli edifici si fronteggino, essendo tali norme volte non solo a regolare i rapporti di vicinato, ma anche a soddisfare esigenze di carattere generale, come quella della tutela dell’assetto urbanistico (Cass. Sez. 2 15-3-2023 n. 7466, Cass. Sez. 2 11-9-2018 n. 22054 Rv. 650320-01, Cass. Sez. 6-2 18-2-2014 n. 3854 Rv. 629629-01, Cass. Sez. 2 24-9-2008 n. 24013 Rv. 605174-01).
4.2.Non ricorrono i presupposti per esaminare la questione del metodo di misurazione da applicare alla fattispecie, per il fatto che i motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità ex art. 366 co.1 n. 6 cod. proc. civ., eseguito tenendo presente che il requisito di specificità dei motivi e il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione non devono essere interpretati in modo eccessivamente formalistico, ma comunque richiedono che nel ricorso sia puntualmente
indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure (Cass. Sez. U 18-3-2022 n. 8950 Rv. 664409-01, Cass. Sez. U 27-12-2019 n. 34469 Rv. 656488-01).
In primo luogo, la sentenza impugnata non ha in nessun punto dichiarato di applicare il metodo radiale di misurazione ritenuto erroneo dalla ricorrente e, anzi, a pag. 8 punto 7, laddove richiama la consulenza d’ufficio e fa riferimento alla distanza tra i due immobili misurata sul fronte del confine, lascia presupporre che gli immobili si fronteggino. La ricorrente, per sostenere che il consulente d’ufficio abbia erroneamente applicato il metodo radiale e che la sentenza abbia recepito la consulenza erronea, si limita a richiamare (pag. 6 ricorso) il punto dell’elaborato peritale in cui la misurazione della distanza tra i fabbricati è stata presa in corrispondenza del ‘vertice’ del fabbricato COGNOME: ma c iò non indica che il consulente d’ufficio abbia applicato il metodo radiale, misurando la distanza tra gli opposti spigoli di fabbricati non fronteggianti, puntando un immaginario compasso sul vertice del fabbricato COGNOME e delimitando con il movimento circolare del compasso l’area libera pari al raggio della distanza da rispettare: il vertice del fabbricato COGNOME può avere costituito esclusivamente il punto dal quale supporre di fare avanzare il fabbricato COGNOME verso il fabbricato COGNOME, individuare il punto di incrocio con il fabbricato COGNOME e così individuare la distanza tra i fabbricati nella misura di tale retta, applicando il metodo lineare voluto dalla ricorrente. In effetti, la circostanza che il consulente d’ufficio abbia eseguito la misura nel modo ritenuto esatto dalla stessa ricorrente non è esclusa dal passo della consulenza richiamato a pag. 6 del ricorso, laddove risulta che il consulente d’ufficio indica le distanze tra i vertici del fabbricato COGNOME e l”immobile Laudando’ : ciò indica che il consulente non abbia preso in considerazione i vertici -e cioè la massima sporgenza- del fabbricato antagonista, secondo il
metodo radiale, ma abbia misurato la distanza risultante dalla trasposizione del fabbricato COGNOME dai suoi vertici fino a toccare il fabbricato Laudando.
Ne consegue, per quanto rileva in questa sede di legittimità, che i motivi di ricorso sono carenti di specificità ai sensi dell’art. 366 co.1 n. 6 cod. proc. civ., per il fatto che il contenuto della consulenza d’ufficio richiamato dalla ricorrente non adduce alcun argomento a favore della sua tesi; nel contempo, manca totalmente l’ indicazione puntuale dei passaggi della consulenza d’ufficio dai quali risulterebbe che le distanze siano state misurate secondo il metodo radiale dalla ricorrente ritenuto erroneo.
5.In applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente deve essere condannata alla rifusione a favore del controricorrente delle spese di lite del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate con la distrazione richiesta.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege, con distrazione a favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di
ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione