Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19694 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19694 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
Oggetto: Distanze ex art. 889 c.c.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18137/2021 R.G. proposto da
COGNOME e COGNOME NOME COGNOME, in proprio e quali eredi di COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME nel cui studio in Barletta, INDIRIZZO
-ricorrenti –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME, in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO
-controricorrente-
ricorrente incidentale –
COGNOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO -controricorrenti- avverso la sentenza n. 375/2021 pronunciata dalla Corte d’Appello di Bari, pubblicata il 9/3/2021 e notificata il 5/5/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 giugno 2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rispettivamente usufruttuario e nudo proprietario dell’appartamento posto al terzo piano, con annesso lastrico solare, del fabbricato condominiale ubicato in Barletta, INDIRIZZO acquistati in forza di due atti pubblici di compravendita del 9/11/2006 e del 12/3/2010, convennero in giudizio i proprietari delle unità immobiliari dello stabile confinante, ubicato in INDIRIZZO esponendo che questi ultimi avevano edificato, in epoca successiva, un altro fabbricato utilizzando la muratura del primo, avevano realizzato, al piano terra, un bagno con impianti idrici e fognari installati sul muro comune e a distanza dal confine inferiore a mt. 1 in violazione dell’art. 889 cod. civ. e avevano costruito, sul lastrico solare di loro proprietà, il muro del proprio fabbricato invadendo la loro proprietà di cm. 24, e chiedendo, perciò, che, accertata l’illegittimità delle opere, i convenuti venissero condannati al rilascio della porzione di parete di proprietà attorea abusivamente occupata per tutta l’altezza del fabbricato condominiale, nonché all’esecuzione delle opere murarie necessarie all’eliminazione degli abusi, al risarcimento dei danni e al rimborso delle spese della procedura di A.T.P.
Costituitisi in giudizio, COGNOME Carolina, COGNOME NOME e COGNOME NOME eccepirono l’improcedibilità della domanda per violazione dell’art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, la carenza di legittimazione attiva degli attori e la prescrizione del loro diritto per essere stato il fabbricato edificato negli anni 1957-1958, spiegarono domanda riconvenzionale, deducendo l’intervenuta usucapione della servitù di utilizzo del muro di confine di INDIRIZZO
d’Aragona n. INDIRIZZO e manifestando la disponibilità a corrispondere la somma di € 2.288,20 a titolo di spese sostenute per il giudizio di A.T.P.
Integrato il contraddittorio anche nei confronti di NOME COGNOME proprietario delle altre unità immobiliari del fabbricato di INDIRIZZO che si costituì in giudizio, e assegnato il termine per la procedura di mediazione, il Tribunale di Trani rigettò le domande con sentenza n. 1415/2018, pubblicata il 27/6/2018.
Il giudizio di gravame, instaurato da COGNOME NOME e COGNOME NOME, si concluse, nella resistenza di COGNOME COGNOME NOME e COGNOME NOME e nella contumacia di COGNOME Carolina, con la sentenza n. 375/2021, pubblicata il 9/3/2021, con la quale la Corte d’Appello di Bari condannò, in solido tra loro, COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME alla rimozione degli impianti idrici e fognari installati sulla parete divisoria tra i fabbricati di INDIRIZZO, nn. 79 e 85, e al loro riposizionamento nel rispetto delle distanze legali ex art. 889 cod. civ., nonché al risarcimento dei danni nella misura di € 79,01 per anno, dal 2006 all’effettivo ripristino delle distanze legali violate, alla rifusione delle spese del doppio grado del giudizio e al pagamento della spese di A.T.P.
I giudici di merito sostennero, in particolare, che sussistesse la legittimazione attiva degli attori/appellanti in quanto comproprietari del muro a confine; che il fabbricato degli appellati fosse stato edificato in appoggio su quello degli appellanti senza la realizzazione di una propria muratura e che gli impianti idrici e fognari del bagno a piano terra fossero stati sistemati in questo muro a distanza inferiore a mt. 1,00; che, anche in tali casi, andasse rispettata la distanza di cui all’art. 889 cod. civ., essendo l’esonero applicabile solo in caso di edifici in condominio; che non vi fosse stata alcuna violazione delle distanze, non emergendo dagli
atti, né essendo stato dedotto un divieto assoluto di edificazione sul confine evincibile dal Programma di Fabbricazione; che il danno sussistesse in re ipsa e dovesse essere liquidato in via equitativa; che, tenuto conto dell’esito complessivo della lite e del sostanziale accoglimento della domanda proposta in primo grado, le spese del giudizio andassero regolate all’esito del giudizio alla stregua degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ..
Contro la predetta sentenza, COGNOME NOME e COGNOME NOME propongono ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Propone ricorso anche COGNOME COGNOME affidato a quattro motivi, mentre COGNOME NOME e COGNOME NOME si difendono con controricorso, illustrato anche con memoria.
Considerato che :
1.1 Preliminarmente occorre rilevare che il principio di unità dell’impugnazione, secondo il quale l’impugnazione proposta per prima determina la pendenza dell’unico processo nel quale sono destinate a confluire, sotto pena di decadenza, per essere decise simultaneamente, tutte le eventuali impugnazioni successive della stessa sentenza, comporta che nei procedimenti con pluralità di parti, una volta avvenuta a istanza di una di esse la notificazione del ricorso per cassazione, le altre impugnazioni devono essere considerate incidentali ( Cass. Sez. U, 20/10/2017, n. 24876).
Pertanto, sulla base del richiamato principio va qualificato incidentale il ricorso proposto da NOME COGNOME.
1.2 Vanno, altresì, preliminarmente rigettati i rilievi di inammissibilità dei due ricorsi, principale e incidentale, sollevati dai controricorrenti per violazione del principio di autosufficienza e di specificità con riguardo alla mancata precisazione degli antefatti di causa e dei motivi del gravame, siccome tutti asseritamente fondati sulla valorizzazione della sentenza di primo grado.
Infatti, secondo il più recente orientamento nomofilattico, il requisito dell’autosufficienza, corollario del requisito di specificità dei motivi, deve essere interpretato in maniera elastica (Cass., Sez. 1, 2/5/2023, n. 11325), in conformità all’evoluzione della giurisprudenza di questa Corte -oggi recepita dal nuovo testo dell’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ., come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022 -e alla luce dei principi stabiliti nella sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 ( Succi e altri c. Italia ), che lo ha ritenuto compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, a condizione che, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa (Cass., Sez. 1, 19/4/2022, n. 12481); tra l’altro, esso non può tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, ove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass. Sez. U, 18/3/2022, n. 8950; Cass., Sez. 1, 7/11/2023, n. 30917). Nella specie, i ricorrenti principale e incidentale hanno descritto adeguatamente l’oggetto della causa e l’andamento dei processi di merito, così come hanno specificato in modo chiaro quali parti della sentenza impugnata si ponessero in contrasto con le norme richiamate, con la conseguenza che deve escludersi la lamentata inammissibilità dei ricorsi.
2.1 Con il primo motivo di ricorso principale, si lamenta la violazione per omessa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., per «omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti, mancata espressa impugnazione del capo della sentenza di primo grado relativo alla presunzione di comunione del muro divisorio e conseguente acquiescenza parziale,
omessa pronuncia sulle eccezioni mosse dai ricorrenti, volte ad escludere la fondatezza delle proposte domande». I ricorrenti hanno in particolare lamentato il fatto che i giudici di merito si fossero limitati a esaminare le eccezioni degli appellanti, senza prendere in esame le eccezioni proposte dagli appellati, consistite 1) nella mancata impugnazione della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva accertato la presunzione di comunione del muro; 2) nella prescrizione del diritto azionato e, conseguentemente, della domanda di tutela reale proposta, nonché nella sua infondatezza nel merito, non essendo gli appellati autori della violazione, ma avendo ereditato la proprietà esclusiva del bene; 3) nell’intervenuta usucapione della servitù di utilizzo del muro di confine per cui è causa, con particolare riferimento a quello su cui erano posizionati gli impianti idrici e fognari costruiti in aderenza, alla costruzione del muro perimetrale del fabbricato di INDIRIZZO dal piano attico di proprietà degli appellanti al di sopra di esso, e al conseguente posizionamento dell’antenna tv e della canna di sfiato sistemati sul terrazzo di parte convenuta, siccome realizzati nel 1957; 4) nella costruzione in aderenza dei due fabbricati, che avrebbe fatto venir meno il diritto all’osservanza delle distanze legali.
Inoltre, i giudici avevano dichiarato la contumacia di Salice Carolina, benché gli appellati si fossero costituiti quali suoi eredi.
2.2 Il primo motivo è fondato nei termini che seguono.
Va, preliminarmente, evidenziato che, in materia di impugnazioni, la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, non ha l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le eccezioni o le questioni superate o assorbite, difettando di interesse al riguardo, ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente, in modo tale da manifestare la volontà di chiederne il riesame, onde
evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ. (Cass., Sez. 1, 23/09/2021, n. 25840; Cass., Sez. U, 21/03/2019, n. 7940).
Tale principio può applicarsi anche alla fattispecie in esame, in quanto, dall’esame degli atti dei gradi di merito, risulta che il Tribunale di Trani aveva rigettato la domanda proposta da COGNOME NOME e COGNOME NOME senza prendere posizione, neppure implicitamente, sull’eccezione di usucapione sollevata da COGNOME NOME e COGNOME NOME NOME e che questi ultimi, nel costituirsi in appello, in proprio e quali eredi della genitrice COGNOME NOME, avevano rinnovato sia l’eccezione di prescrizione del diritto azionato e della conseguente proposta domanda di tutela reale, sia quella riconvenzionale di usucapione della servitù di utilizzo del muro di confine, con particolare riferimento sia alla muratura posta al confine, sia agli impianti idrici e fognari costruiti in aderenza allo stesso muro, nonché alla costruzione del muro perimetrale del fabbricato di INDIRIZZO in Barletta, dal piano attico di proprietà degli appellanti al di sopra dello stesso e al conseguente posizionamento dell’antenna tv e della canna di sfiato, entrambi ubicati sulla terrazza della convenuta, siccome opere realizzate nel 1957.
In sostanza, non risultando che il giudice di primo grado avesse respinto, espressamente o implicitamente, l’eccezione riconvenzionale di usucapione sollevata dai ricorrenti, essi, risultati vittoriosi in primo grado, non erano tenuti a proporre appello incidentale sulla questione, essendo sufficiente la sua riproposizione, come di fatto avvenuto.
Ciò detto, si osserva che l’omessa pronuncia sulle eccezioni ritualmente introdotte in giudizio, ovviamente quando ammissibili (Cass., Sez. 5, 16/7/2021, n. 20363), si risolve, al pari di quanto accade per le domande, nella violazione della corrispondenza tra il
chiesto e il pronunciato e integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo -ovverosia della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n.4, cod. proc. civ. – la quale soltanto consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità – in tal caso giudice anche del fatto processuale – di effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello (Cass., Sez. L, 13/10/2022, n. 29952; Cass., Sez. 5, 31/7/2024, n. 21444; Cass., Sez. 2, 13/08/2018, n. 20716; Cass., 21/04/2016, n. 8069; Cass., Sez. 1, 30/07/2015, n. 16164).
Nella specie, i giudici di merito hanno del tutto omesso di affrontare il dedotto acquisto della servitù di mantenimento dei tubi di acqua pura o lurida posti a distanza non legale e di verificare, dunque, se fosse stata costituita, per usucapione, una servitù contraria avente come contenuto la non osservanza della distanza legale e nella quale fondo dominante è quello entro cui è effettuata l’apertura o l’installazione e fondo servente è quello confinante con il primo, che non può più pretendere il rispetto della distanza stessa (sull’ammissibilità di una siffatta servitù, siccome avente natura dispositiva e non cogente, vedi Cass., Sez. 2, 05/04/1982 , n. 2094; Cass., Sez. 2, 03/03/1961, n. 441).
Né può dirsi applicabile il principio secondo cui il rigetto del gravame operato senza analizzare e decidere gli ulteriori motivi d’appello non si risolve nella violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. allorché vi sia stato un assorbimento in senso improprio della domanda o dell’eccezione, ossia quando la decisione assorbente escluda la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporti un implicito rigetto di altre domande (Cass., Sez. L, 22/06/2020, n. 12193; Cass., Sez. 6 – 1, 03/02/2020, n. 2334), situazione questa che non dà luogo a
omissione di pronuncia (se non in senso formale), in quanto la decisione assorbente, ove valutata correttamente, permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell’assorbimento (Cass., Sez. 1, 12/11/2018, n. 28995).
Infatti, la questione dell’assetto proprietario del muro e della sussistenza di diritti reali limitati non è stata affatto affrontata dai giudici d’appello, i quali non hanno analizzato, neppure implicitamente, quale fosse l’assetto proprietario del muro, avendo fondato la decisione sulla portata dell’art. 889 cod. civ. e sull’obbligo da esso imposto di rispettare le distanze a prescindere dalla proprietà comune o esclusiva del muro, rispetto alla quale si erano limitati a dare conto di quanto affermato dal c.t.u., che aveva ritenuto il muro di proprietà esclusiva, e dal giudice di primo grado, che lo aveva viceversa ritenuto comune.
Consegue da quanto detto la fondatezza della censura con specifico riferimento all’omesso esame dell’eccezione di usucapione.
2.3 Sono invece inammissibili le ulteriori questioni prospettate nel motivo: sia quella afferente alla mancata impugnazione della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva accertato la presunzione di comunione del muro, in quanto non attinge la ratio decidendi della sentenza, essendo la stessa fondata su presupposti del tutto diversi rispetto all’assetto proprietario (esclusivo o comune); sia quella riguardante il mancato esame della responsabilità della violazione, per non esserne autori i ricorrenti, in quanto irrilevante, stante la natura reale dell’azione esercitata, qualificabile in termini di actio negatoria servitutis , proponibile nei confronti del proprietario attuale del fondo, (Cass., Sez. U, 7/1/1975, n. 14); sia quella concernente la dichiarazione di contumacia di Salice Carolina, in quanto non tiene conto del fatto che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di
norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass., Sez. 3, 20/11/2020, n. 26419; Cass., S ez. 5, 18/12/2014, n. 26831).
3. Con il secondo motivo di ricorso principale, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., per l’errata valutazione dei fatti come risultanti dai documenti in atti e dall’espletato A.T.P. promosso dai ricorrenti e non dai Vitrani.
I ricorrenti si sono doluti, in particolare, del fatto che la Corte d’Appello avesse mal interpretato il disposto di cui all’art. 889, secondo comma, cod. civ., a differenza di quanto effettuato dal Tribunale, che aveva invece ritenuto il muro utilizzabile dagli appellati attraverso il mantenimento in esso degli impianti idrico e fognario realizzati fin dal 1957, siccome comune; che fossero errate le misurazioni della distanza delle tubazioni operate dal c.t.u., in quanto non tenevano conto della comunione del muro, come accertata in entrambi i gradi del giudizio; che fosse errata la decisione assunta dai giudici in ordine alle spese dell’A.T.P. (avviato dai Salice-Lattanzio in danno dei Vitrani), siccome poste a carico degli appellati, benché quel procedimento fosse finalizzato alla composizione della lite con funzione preventiva della causa di merito; che fosse errata la decisione sulla condanna per i danni, posto che questi non potevano considerarsi in re ipsa , che nessun danno poteva occorrere alle controparti, che stavano al terzo piano,
da tubature poste al piano terra e oltretutto non dannose, perché prive di un flusso costante di sostanze liquide e gassose e dunque non comportanti pericolo di trasudamento e infiltrazione per il fondo vicino.
Il secondo motivo di ricorso principale resta assorbito dall’accoglimento del primo.
Con il primo motivo di ricorso incidentale, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 696bis , 698, 101 e 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito ritenuto utilizzabile e senz’altro utilizzato nei confronti del ricorrente incidentale la c.t.u. svolta in sede di A.T.P., nonostante egli non fosse stato posto nelle condizioni di partecipare al relativo procedimento, non essendo stato citato, con la conseguenza che questo mezzo istruttorio non poteva essergli opposto, né potevano essere poste a suo carico le spese del relativo giudizio cautelare. Tale questione era stata peraltro prospettata dal ricorrente incidentale sia con la comparsa di costituzione in primo grado, sia con quella in sede d’appello, senza che i giudici prendessero posizione sul punto.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 800 e 889 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito affermato che la parete divisoria tra i due fabbricati fosse costituita da un’unica muratura inequivocamente di proprietà del fabbricato al civico n. 79, essendo più antico di quello al civico n. 85, senza considerare che nella specie l’accertamento in questione riguardava altro muro di confine, come correttamente evidenziato dal giudice di primo grado. Da questo travisamento della prova, i giudici avevano poi fatto derivare il diritto degli appellanti al risarcimento, siccome in re ipsa , senza che vi fosse la
prova della violazione delle distanze e della sua riferibilità al ricorrente incidentale.
Con il terzo motivo di ricorso incidentale, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 880 e 889 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., perché i giudici di merito, dopo avere valutato le distanze degli impianti idrici e fognari del locale commerciale ai civici nn. 81-83, benché la domanda originale investisse i civici nn. 79 e 85, e dopo avere ritenuto sussistente una proprietà condominiale, non ne avevano considerato l’intera struttura onde verificare se il bagno rinvenuto all’interno del civico 81/83 fosse soggetto al regime derogatorio di cui all’art. 889 cod. civ., in quanto indispensabile al fine di consentire l’utilizzazione dell’immobile di cui ai civici nn. 81/83, senza neppure motivare.
Con il quarto motivo di ricorso incidentale, si lamenta, infine, la violazione e falsa applicazione dell’art. 92 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano posto a carico del ricorrente incidentale le spese del giudizio di RAGIONE_SOCIALE senza considerare che egli non vi aveva partecipato perché non evocato.
I motivi di ricorso incidentale restano assorbiti dall’accoglimento della prima censura del ricorso principale.
In conclusione, dichiarata la fondatezza del primo motivo di ricorso principale e l’assorbimento del restante e dei motivi di ricorso incidentale, il ricorso principale deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Bari, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso principale e il primo e quarto di ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte
d’Appello di Bari, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 giugno 2025.