Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1344 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1344 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18517/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 1272/2023, depositata il 12/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 11/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
NOME COGNOME ha convenuto davanti al Tribunale di Verona NOME COGNOME, deducendo di essere proprietaria di un terreno con sovrastante fabbricato e chiedendo di condannare il convenuto a retrocedere alla distanza legale di metri cinque dal confine un proprio manufatto, costruito abusivamente e successivamente condonato. Il convenuto, costituendosi, ha chiesto il rigetto delle domande dell’attrice e, in via riconvenzionale, l’accertamento dell’acquisto per usucapione della servitù avente ad oggetto il mantenimento del fabbricato a distanza inferiore a quella legale, dal momento che gli interventi abusivi erano stati effettuati nel 1977 e i successivi interventi non erano stati modificativi della struttura.
Con la sentenza n. 369/2022, il Tribunale di Verona ha ritenuto che il manufatto preesistente, una tettoia, sia stata trasformata in una nuova costruzione e ha così accolto la domanda dell’attrice e ha condannato il convenuto ad arretrare di cinque metri il proprio fabbricato rispetto alla linea di confine; ha conseguentemente rigettato la domanda riconvenzionale del convenuto.
La sentenza è stata appellata da COGNOME. Con la sentenza n. 1272/2023 la Corte d’appello di Venezia ha accolto il primo motivo di gravame e, in riforma della sentenza di primo grado, ha accertato che COGNOME non è tenuto ad arretrare la costruzione alla distanza di metri cinque dal confine tra i due fondi, in applicazione di quanto prescrive base il d.P.R. 380/2001, così come modificato dalla legge n. 120 del 2020.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione NOME COGNOME.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
Il Consigliere delegato dal Presidente della sezione seconda ha ritenuto che il ricorso sia inammissibile e/o manifestamente infondato e ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis , comma 1 c.p.c.
La ricorrente ha chiesto, ai sensi del comma 2 dell’art. 380 -bis c.p.c., la decisione del ricorso da parte del Collegio.
La ricorrente ha depositato memoria.
Un atto denominato ‘memoria illustrativa autorizzata’ è stato depositato dal controricorrente, che si è limitato a rinviare a quanto argomentato e dedotto nel controricorso.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in due motivi.
1) Il primo motiva contesta ‘violazione – falsa applicazione dell’art. 873 c.c. in relazione all’art. 102 delle norme tecniche di attuazione del piano degli interventi del Comune di Verona, nonché del combinato disposto dell’art. 3, comma 1, lettera d del d.P.R. 380/2001, come modificato dalla legge 120/2020 e dell’art. 2bis , comma 1ter d.P.R. 380/2001, come modificato dalla legge 120/2020’: il tamponamento dei lati perimetrali di una tettoia prima aperta costituisce nuova costruzione e non ristrutturazione, in quanto una tettoia può essere ristrutturata restando pur sempre tettoia e così aperta su tre lati, ma la trasformazione di una tettoia in un edificio deve essere considerata come nuova costruzione, essendovi una modifica ontologica-funzionale della costruzione e del suo volume sicché la nuova opera deve rispettare le distanze dai confini, e ciò anche in virtù della mancata impugnazione della statuizione di primo grado con cui il Tribunale di Verona ha espressamente rigettato la domanda di usucapione promossa da COGNOME; la normativa richiamata dalla Corte d’appello non è applicabile al caso in esame in quanto vi era non un edificio, ma una semplice tettoia e comunque manca il requisito del rispetto della distanza ‘legittimamente preesistente’ perché la tettoia, già al momento della sua realizzazione, violava la prescritta distanza dal confine.
Il motivo è fondato con le seguenti precisazioni. La Corte d’appello, dopo avere rilevato che la legge n. 120/2020 ha radicalmente
mutato l’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, prevedendo che nell’ambito di tali interventi sono ricompresi altresì gli ‘interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime’ (così l’art. 3, comma 1, lettera d del d.P.R. 380/2001 come modificato dalla legge n. 120 del 2020), ha ritenuto che, alla luce della sopravvenuta normativa, l’intervento di COGNOME non deve considerarsi quale nuova costruzione, ma quale intervento di ristrutturazione edilizia e che, in base all’art. 2bis , comma 1ter del medesimo d.P.R. 380/2001, come modificato dalla legge 120/2020, la ricostruzione ‘è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti’. Dato che gli interventi di ristrutturazione effettuati da COGNOME hanno ad oggetto una tettoia che già nel 1977 era a distanza inferiore ai cinque metri dal confine – ha concluso la Corte -non vi è ‘obbligo di arretramento del manufatto fino alla distanza di cinque metri dal confine’.
La conclusione della Corte, così come è formulata, non è corretta. È vero che con le modifiche apportate dalla legge n. 120 del 2020 gli interventi di ristrutturazione possono consistere anche in demolizioni e ricostruzioni in cui, rispetto all’edificio originario, mutino la sagoma, i prospetti, il sedime e le caratteristiche planivolumetriche e tipologiche; l’intervento può prevedere altresì, ma nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria ‘anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana’, flessibilità derogatoria che non è ammessa né per gli edifici tutelati, né nei ‘centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico’ (cfr. al riguardo Cass. n. 17024/2023). In ogni caso, però, il disposto dell’art. 2bis , comma 1ter , del d.P.R. n. 380 del 2001, nel testo risultante a seguito delle modificazioni introdotte dalla legge n. 120 del 2020, richiamato dalla Corte d’appello, se prevede che possano appunto
rientrare nella nozione di ricostruzione anche opere che aumentano il volume o modificano la sagoma dell’opera da costruire, richiede pur sempre che l’intervento sia realizzato nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, e cioè di quelle conformi alla normativa vigente al momento in cui è stato realizzato l’intervento originario (v. al riguardo Cass. n. 20428/2022, Cass. n. 2022/2428 e Cass. n. 29314/2024).
Non è pertanto sufficiente accertare, come ha fatto la Corte d’appello, che la costruzione originaria (la tettoia) sia stata costruita a distanza inferiore a cinque metri dal confine, ma occorre accertare che tale preesistente distanza fosse conforme alla normativa vigente al momento in cui la costruzione originaria è stata realizzata e che l’eventuale aumento di volumetria dell’intervento posto in essere da COGNOME in ogni caso rientri nelle ipotesi consentite dal d.P.R. n. 380/2001.
L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo motivo (rubricato ‘violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.’), per il quale la cassazione della sentenza comporterà anche la riforma della statuizione della intervenuta compensazione delle spese di lite.
II. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Venezia, che provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione