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Distanze derivazioni idriche: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, in tema di distanze derivazioni idriche, ha annullato una decisione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche. Il Tribunale aveva erroneamente ritenuto inapplicabile un criterio di protezione ambientale a causa della modifica di uno solo dei molteplici punti di presa d’acqua esistenti, ignorando gli altri. Le Sezioni Unite hanno definito tale motivazione contraddittoria e incompleta, ordinando un nuovo esame che tenga conto di tutte le concessioni coinvolte.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Distanze Derivazioni Idriche: La Cassazione Sottolinea l’Obbligo di una Valutazione Completa

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha ribadito un principio fondamentale in materia di concessioni idroelettriche, sottolineando l’importanza di una valutazione completa e non parziale quando si discute di distanze derivazioni idriche. La decisione chiarisce che la modifica o l’inattività di un singolo impianto non può giustificare l’inosservanza delle normative di tutela ambientale e dei diritti preesistenti relativi ad altri impianti vicini. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I fatti del caso: una complessa vicenda di concessioni

La controversia nasce dalla contestazione mossa da una società e da un privato, titolari di concessioni per la derivazione di acqua a uso idroelettrico da due corsi d’acqua montani, contro il rilascio di una nuova concessione a un’altra impresa. I ricorrenti lamentavano che il nuovo impianto non rispettasse le distanze minime previste da un specifico criterio tecnico (noto come “criterio 2L”), volto a proteggere l’integrità dei corsi d’acqua.

In un primo momento, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche aveva respinto le loro ragioni. La Corte di Cassazione, tuttavia, aveva annullato tale decisione, affermando la piena applicabilità del criterio delle distanze e rinviando la causa al Tribunale per un nuovo esame.

Durante questo secondo giudizio (il cosiddetto giudizio di rinvio), il Tribunale ha nuovamente dato torto ai concessionari originari. La motivazione? Una delle loro opere di presa era diventata inattiva e successivamente spostata più a monte a seguito di una variante autorizzativa. Secondo il Tribunale, questo “mutamento della situazione di fatto” rendeva inapplicabile il criterio delle distanze. Contro questa decisione, i concessionari hanno proposto un nuovo ricorso in Cassazione.

Distanze derivazioni idriche e la decisione della Cassazione

Le Sezioni Unite hanno accolto il ricorso, cassando la decisione del Tribunale e rinviando nuovamente la causa per un terzo esame. La Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale “irresolubilmente contraddittoria” e “radicalmente assente”.

Il cuore dell’errore commesso dal giudice del rinvio è stato quello di fondare la propria decisione esclusivamente sulla modifica avvenuta su un singolo punto di presa, ignorando completamente l’esistenza e la piena operatività degli altri impianti dei ricorrenti. La sentenza impugnata, pur parlando di “impianti” al plurale, aveva poi ristretto la sua analisi a una sola “opera di presa” al singolare, omettendo di considerare sia la seconda presa d’acqua della società, sia quella del concessionario privato.

Le motivazioni della Corte: un’analisi parziale non è sufficiente

La Corte di Cassazione ha censurato duramente l’approccio parziale del Tribunale. Ha spiegato che la modifica fattuale relativa a un impianto non poteva in alcun modo cancellare l’obbligo di verificare il rispetto delle distanze derivazioni idriche per tutti gli altri impianti che non erano stati oggetto di alcuna variazione. L’analisi doveva essere complessiva e non frammentaria.

Inoltre, la Corte ha sottolineato come il Tribunale abbia violato il “vincolo del rinvio”, ovvero l’obbligo di attenersi ai principi di diritto e all’ambito di indagine stabiliti nella precedente sentenza di Cassazione. Quest’ultima, infatti, faceva esplicito riferimento a tutti gli impianti, compresi quelli che il Tribunale ha poi ignorato.

Un altro aspetto procedurale rilevante riguarda un argomento sollevato dalle controparti, secondo cui il “criterio 2L” sarebbe stato superato da nuove normative. La Cassazione ha dichiarato tale deduzione inammissibile, poiché per contestare questo punto specifico della sentenza (che confermava l’applicabilità del criterio), le parti avrebbero dovuto presentare un apposito ricorso incidentale condizionato, cosa che non avevano fatto.

Conclusioni: le implicazioni della sentenza

La pronuncia delle Sezioni Unite stabilisce un principio di chiarezza e rigore: nelle controversie relative alle distanze derivazioni idriche, l’analisi del giudice deve essere onnicomprensiva. Non è legittimo escludere dalla valutazione impianti e concessioni preesistenti solo perché un altro impianto, seppur collegato, ha subito delle modifiche. Ogni diritto e ogni opera devono essere considerati nel loro specifico contesto.

Questa ordinanza rafforza la tutela degli operatori che hanno investito in concessioni idroelettriche, garantendo che i loro diritti non vengano erosi da valutazioni giudiziarie parziali e incomplete. Allo stesso tempo, ribadisce l’importanza del rispetto delle regole procedurali, evidenziando come la mancata proposizione degli strumenti di impugnazione corretti possa precludere l’esame di questioni anche potenzialmente fondate.

La modifica di un singolo impianto di derivazione idrica rende inapplicabili le norme sulle distanze minime rispetto agli altri impianti dello stesso concessionario o di terzi?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la modifica o l’inattività di un singolo punto di presa d’acqua non esime il giudice dal valutare il rispetto delle distanze minime per tutti gli altri impianti e concessioni preesistenti nella stessa area, che non sono stati oggetto di modifica.

Cosa succede se un giudice, in sede di rinvio, non si attiene ai principi stabiliti dalla Corte di Cassazione?
Se il giudice del rinvio non si attiene al principio di diritto e all’ambito di indagine fissato dalla Cassazione (il cosiddetto “vincolo del rinvio”), la sua decisione è viziata e può essere nuovamente cassata. In questo caso, il Tribunale ha violato il vincolo limitando la sua analisi a un solo impianto, mentre la Cassazione aveva ordinato una valutazione complessiva.

È possibile introdurre in Cassazione argomenti non contestati correttamente nei gradi precedenti?
No. Le questioni che non sono state sollevate correttamente nelle fasi precedenti del giudizio sono considerate inammissibili. Nel caso specifico, la parte resistente avrebbe dovuto contestare l’applicabilità di un certo criterio tecnico attraverso un ricorso incidentale condizionato, non potendolo fare con semplici deduzioni nel controricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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