Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19578 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19578 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24780/2022 R.G. proposto da: NOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME
– controricorrenti – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI BARI n. 1148/2022, depositata il 07/07/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Trani -Sezione distaccata di Andria, il vicino NOME
Papa, per fare accertare l’inesistenza di servitù di passaggio e qualsivoglia altro diritto a favore del convenuto, e ottenere la cessazione di turbative e molestie derivanti dal passaggio.
A sostegno delle loro pretese, deducevano gli attori di essere proprietari, tra l’altro, di un fabbricato ad uso artigianale e relativa area pertinenziale (foglio 55, p.lla 669 sub. 1), nonché del fondo rustico attiguo al predetto fabbricato e area pertinenziale (foglio 55 p.lla 412), pervenuti loro per successione testamentaria del padre NOME COGNOME; che tale fabbricato e area pertinenziale si trovano all’interno di una recinzione in cemento armato, fatta eccezione per un ampio spiazzo antistante il cancello di ingresso che affaccia sulla tangenziale, parte nella part. 669 sub. 1 e parte nella part. 412; che l’area pertinenziale del suddetto fabbricato confina con il fondo di proprietà del convenuto (foglio 55 p.lle 471, 470, 469, 667, 627 e 492); che nel 1994, in dipendenza ad un presunto accordo con NOME COGNOME era stato concesso al Papa di entrare nella proprietà del primo per accedere nel suo fondo confinante; che attraverso tale cancello Papa ha esercitato il passaggio ed è entrato nel suo fondo dal 1994 al 2007, sino a quando gli stessi fratelli NOME hanno ostacolato l’accesso posizionando mucchi di terra davanti al cancello; che, con provvedimento del 22 settembre 2008, Papa ha ottenuto ordinanza di reintegrazione nel possesso del passaggio al proprio fondo attraverso la predetta area pertinenziale, senza intraprendere la fase di merito del giudizio possessorio.
Si costitutiva il convenuto NOME COGNOME contestando l’avversa domanda e chiedendo in via riconvenzionale e subordinata la costituzione di servitù coattiva di passaggio sul fondo in questione; sempre in via riconvenzionale lamentava l’inosservanza , da parte degli attori, dell’obbligo di distacco di dieci metri dal confine con riferimento
al muro realizzato tra il fondo di proprietà degli attori ed il proprio fondo, con ordine di demolizione di detto muro.
Il Tribunale di Trani rigettava la domanda degli attori e dichiarava assorbita la domanda riconvenzionale subordinata; in accoglimento dell ‘altra domanda riconvenzionale, avanzata in via principale dal convenuto, ordinava la demolizione del muro nella parte non avente funzione di contenimento ed eccedente i tre metri a partire dalla quota del terreno di proprietà del Papa.
La pronuncia veniva impugnata dai due attori innanzi alla Corte d’Appello di Bari, che , in accoglimento del gravame, dichiarava l’inesistenza del diritto di servitù di passaggio e comunque di qualsivoglia altro diritto in capo al confinante NOME COGNOME rigettava inoltre le domande riconvenzionali proposte da quest’ultimo.
Per quel che qui ancora rileva, osservava la Corte:
non si condividono le conclusioni cui era pervenuto il giudice di prime cure, ossia che il muro di confine (qualificabile quale costruzione, in quanto avente un’altezza superiore ai 10 mt) fosse stato costruito successivamente all’adozione del nuovo P.R. G. (intervenuta con delibera del Consiglio Comunale in data 2 marzo 1991, poi approvato con delibera di Giunta Regionale in data 26.06.1995). A giudizio della Corte territoriale, invece, dalla lettura dell’atto di acquisto del fondo dell’ottobre 1991 si ev ince che il dante causa degli appellanti avesse avuto la disponibilità materiale del fondo già dal 1988;
tale circostanza, unitamente alle conformi dichiarazioni dei testi, rende verosimile la tesi dei Tesse secondo la quale il muro era stato edificato nel 1990, ossia in epoca antecedente all’adozione del P.R.G. che imponeva la distanza dei 10 m dal confine per le costruzioni;
-sotto diverso profilo, anche attestando l’epoca di realizzazione del muro al 1991, come affermato dal Tribunale, l’edificazione sarebbe da
considerarsi regolare, stante la vigenza delle c.d. misure di salvaguardia, che delimitano il periodo in cui nello stesso territorio comunale valgono contemporaneamente due Piani Regolatori dal momento dell’adozione del P.R.G. alla sua approvazione definitiva;
– non si ritiene fondata la domanda subordinata di NOME COGNOME con la quale si chiede la costituzione coattiva della servitù di passaggio per il fondo di proprietà COGNOME, non essendo stata provata l’interclusione del fondo di sua proprietà, avendo, per contro accertato il C.T.U., e come si evince dagli atti di acquisto, che alle particelle di proprietà COGNOME si accede attraverso uno stradone che insiste su altre proprietà confinanti.
La suddetta sentenza è impugnata per la cassazione da NOME COGNOME con tre motivi.
Resistono con controricorso NOME e NOME COGNOME.
A séguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, il ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380bis , comma 2, cod. proc. civ. Il ricorrente ha depositato una memoria fuori termine e successivamente istanza di rimessione in termini per il deposito tardivo (addebitabile, a suo dire, ad un errore di sistema).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Va premesso che non sussiste incompatibilità nel Collegio per il consigliere autore della proposta (v. Cass. Sez. U., n. 9611 del 10.04.2024), e che la rimessione in termini non può accogliersi per assoluta intempestività dell’istanza depositata in PCT la sera del 9.12.2025 (ore 17,48) e pervenuta alle 9,43 del 10 dicembre 2024 (v. PCT), quindi appena pochi minuti prima dell’adunanza camerale (sulla tempestività della reazione, cfr tra le tante, cass. n. 4034/2025): ciò ha impedito alla Corte non solo di valutare l’istanza ma anche e
soprattutto – di studiare le sette pagine di memoria in vista della camera di consiglio.
Passando all’esame dei motivi, osserva la Corte che con il primo di essi si deduce violazione di norma di diritto e, in particolare, degli artt. 116, comma 1 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. , in relazione all’art. 360 nn. 3) e 5) cod. proc. civ.
Il ricorrente lamenta l’errata statuizione della Corte di Appello nella parte in cui afferma che la costruzione del muro oggetto di causa è avvenuta in data anteriore all’ottobre del 1991, con la conseguente inapplicabilità al caso di specie delle regole dettate dal PRG relativamente al rispetto dei dieci metri dal confine.
A dire del ricorrente, q uanto all’anticipato conseguimento della disponibilità del fondo, l’efficacia privilegiata dell’atto pubblico non si estende alla veridicità delle dichiarazioni rilasciate dalle parti. Parimenti si ritengono non attendibili le dichiarazioni dei testi a sostegno della prova della costruzione del muro in data anteriore al 1991, in quanto vaghe, nonché, in un caso, provenienti da persona portatrice di interesse alla causa e legata in via parentale ai fratelli NOME. Infine, il ricorrente evidenzia che, anche qualora i COGNOME avessero avuto il possesso della particella di causa sin dal 1988, non avrebbero in ogni caso avuto il titolo per costruire il muro prima del compimento dell’atto di vendita del 1991; del resto, conclude il motivo, se il dante causa dei COGNOME avesse davvero costruito il muro già alla data del 1990 e, quindi, al momento della vendita esso fosse già presente sul terreno, ben avrebbe potuto indicarlo espressamente nell’atto di vendita tutelandosi così da qualsiasi richiesta futura e certificando, questa volta senza dubbio alcuno la costruzione dello stesso. Di tali elementi al Corte territoriale ha omesso qualsiasi valutazione.
2 . Con il secondo motivo si deduce violazione di norma di diritto e, in particolare, dell’art. 12, comma 3 D.P.R. n. 380/2001, in relazione all’art. 360 , comma 1, nn. 3) e 5) cod. proc. civ. Il ricorrente non condivide l’assunto della Corte di Appello secondo cui, anche attestando l’epoca di realizzazione del muro nel 1991, l’edificazione sarebbe da considerare regolare. Con una diversa interpretazione della disciplina delle misure di salvaguardia (art. 12,commi 3 e 4 D.P.R. n. 380/2001), il ricorrente evidenzia la compresenza di un P.R.G. vigente e di un P.R.G. adottato in salvaguardia: in tal caso, la richiesta di permesso di costruire deve essere esaminata alla luce del solo strumento urbanistico vigente e che, solo qualora la richiesta di permesso di costruire sia ammissibile in base a quest’ultimo , diviene necessario un esame di compatibilità con lo strumento urbanistico adottato. Pertanto, in assenza della prova della detenzione della particella dal 1988 e con l’attestazione della realizzazione del muro solo nel 1991, il ricorrente ritiene che tale attività edificatoria non potesse essere considerata regolare in quanto non conforme alle prescrizioni del nuovo piano regolatore che imponeva una distanza di dieci metri dal confine.
I due motivi, che ben possono essere esaminati congiuntamente per evidente connessione logica, sono infondati.
In tema di distanze delle costruzioni dal confine, le norme di un regolamento edilizio e dell’annesso programma di fabbricazione sono efficaci e possono applicarsi nei rapporti tra privati solo dopo che siano state adottate dal consiglio comunale, approvate della giunta regionale e portate a conoscenza dei destinatari mediante pubblicazione da eseguirsi con affissione all’albo pretorio, essendo tale pubblicazione condizione necessaria per l’efficacia e l’obbligatorietà dello strumento urbanistico, senza possibilità di efficacia retroattiva dalla data di
approvazione da parte dell’organo regionale, rimanendo, nel frattempo, applicabile la disciplina in materia di distanze dettata dal codice civile (tra le varie, Sez. 2 – , Sentenza n. 3939 del 13/02/2024; Sez. 2, Sentenza n. 14915 del 16/07/2015).
Nel caso in esame la Corte d’Appello ha ritenuto verosimile la costruzione del muro in epoca antecedente al 1990 ed è pervenuta a tale conclusione sulla scorta della deposizione dei testi e del fatto che il fondo era posseduto dal COGNOME (dante causa degli attori) già dal 1988 (v. pag. 7 sentenza).
Trattasi di accertamento in fatto qui non sindacabile, perché la valutazione delle risultanze processuali e dell’attendibilità dei testi è riservata al giudice di merito, come costantemente affermato da questa Corte (tra le tante, v. Sez. 2 – , Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448).
Considerato che all’epoca di realizzazione del muro come individuata dalla Corte di merito (ante 1990), il nuovo PRG non era entrato ancora in vigore (avendo gli stessi ricorrenti affermato che il PRG venne solo adottato con la delibera del 27.3.1991), non merita censura la sentenza laddove non ha applicato il distacco dei dieci metri previsto dal PRG che -lo si ripete -non era ancora entrato in vigore all’epoca dell’edificazione del muro
3 . Con il terzo motivo si deduce violazione di norma di diritto e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ex art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ. in relazione agli art. 1051 e 1052 cod. civ. per non avere la Corte di Appello ritenuto accertata la servitù coattiva di passaggio. Sostiene il ricorrente che l’esistenza di una servitù di passaggio alternativa -peraltro non più esercitata dal ricorrente, che utilizzava lo spiazzo di cui è causa – non esclude la necessità di accesso con passaggio carrabile di cui ha bisogno il convenuto per coltivare i
propri terreni e per raccogliere i prodotti. Afferma, inoltre, il ricorrente che il CTU ha individuato come via di accesso più breve quella che ha ad oggetto proprio il fondo oggetto di contestazione.
Il motivo è infondato.
La Corte territoriale ha qualificato il passaggio a favore di NOME COGNOME come un diritto personale (definendola come servitù irregolare o personale derivante da un rapporto obbligatorio atipico: p. 4 ss.), correttamente escludendo la natura reale per mancanza di forma scritta ad substantiam (p. 7, 2° capoverso).
Il giudice di seconde cure ha, poi, disatteso la tesi del l’interclusione del fondo sulla scorta di quanto accertato dal C.T.U. (v. p. 8, 4° capoverso), per il quale le esigenze di accesso sono soddisfatte da uno stradone che inizia dalla strada principale, attraverso a proprietà di terzi, nonché da un viottolo esistente su altra particella confinante.
Trattasi di un convincimento maturato dal giudice del merito sulla scorta delle valutazione delle risultanze processuali, insindacabile in sede di legittimità in quanto scevro da vizi logici e giuridici.
In conclusione, il ricorso va respinto.
Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagamento delle ulteriori somme ex art. 96, commi 3 e 4 cod. proc. civ., sempre come liquidate in dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art.
13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore dei controricorrenti, che liquida in €. 4.000,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%;
condanna, altresì, parte ricorrente al pagamento di €. 4.000,00 in favore dei controricorrenti ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ., nonché al pagamento di €. 2.000,00 in favore della cassa delle ammende, ex art. 96, comma 4, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda