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Distanze costruzioni: la piscina va arretrata

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna alla demolizione di una piscina e del relativo muro di contenimento costruiti in violazione delle distanze dal confine. La sentenza chiarisce che una piscina, anche se parzialmente interrata ma dotata di solidità e stabilità, rientra nella nozione di ‘costruzione’ ai fini del rispetto delle distanze legali. Le norme locali possono solo aumentare tali distanze, non derogare alla definizione civilistica. Pertanto, le eccezioni previste dal piano urbanistico comunale per piscine ‘inserite nella morfologia del terreno’ non si applicano a strutture realizzate con terrapieni artificiali e opere in cemento armato, che devono rispettare le norme sulle distanze costruzioni.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Distanze Costruzioni: Anche la Piscina Deve Rispettare i Confini

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia edilizia: il rispetto delle distanze costruzioni dai confini vale anche per le piscine. Quando un’opera presenta caratteristiche di stabilità e solidità, non può beneficiare di deroghe e deve essere considerata una costruzione a tutti gli effetti, soggetta alle normative del Codice Civile e dei regolamenti locali. Vediamo nel dettaglio il caso e le motivazioni della Corte.

I Fatti del Caso: Una Piscina Troppo Vicina

La vicenda ha origine dalla costruzione di una piscina su un fondo privato. La proprietaria confinante citava in giudizio la vicina, sostenendo che la piscina e il relativo muro di contenimento in cemento armato fossero stati realizzati in violazione della distanza minima di 5 metri dal confine, prescritta dal Piano Urbanistico Comunale (PUC) di Genova.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda, ordinando la demolizione del manufatto. La Corte d’Appello, pur dichiarando nulla la sentenza di primo grado per un difetto di motivazione, riesaminava il caso nel merito e giungeva alla stessa conclusione: la piscina violava le distanze legali e doveva essere demolita.

La proprietaria della piscina si rivolgeva quindi alla Corte di Cassazione, sostenendo che la sua opera non dovesse essere considerata un ‘edificio’ o una ‘costruzione’ ai fini delle distanze e che, in ogni caso, dovesse rientrare in una specifica deroga prevista dal PUC per le ‘piscine a carattere pertinenziale inserite nel terreno nel rispetto della morfologia del terreno’.

La Nozione di Costruzione e le Distanze dal Confine

La questione centrale ruotava attorno all’interpretazione del concetto di ‘costruzione’. Secondo la difesa, il regolamento locale, nel fissare una distanza per gli ‘edifici’, non intendeva includere opere come una piscina. Inoltre, la deroga per le piscine inserite nel terreno avrebbe dovuto, a suo avviso, escludere l’applicazione delle norme sulle distanze.

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi di ricorso, basando la sua decisione su principi consolidati.

Le Motivazioni della Cassazione sulle Distanze Costruzioni

Gli Ermellini hanno chiarito diversi punti cruciali, rafforzando l’interpretazione rigorosa delle norme a tutela dei rapporti di vicinato e dell’ordinato assetto del territorio.

La Nozione Unica di ‘Costruzione’ del Codice Civile

Il primo punto fondamentale ribadito dalla Corte è che, ai sensi dell’art. 873 del Codice Civile, esiste una nozione unica di costruzione. Questa comprende qualsiasi opera non completamente interrata che presenti i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione rispetto al suolo. I regolamenti comunali, essendo norme secondarie, non possono modificare questa nozione civilistica. Essi possono solo stabilire una distanza maggiore di quella minima prevista dal Codice, ma non possono ridefinire cosa sia o non sia una costruzione per escluderla dalle regole.

Nel caso specifico, la perizia tecnica (c.t.u.) aveva accertato che la piscina, di dimensioni significative (7,00 m x 3,90 m, profonda 1,10 m), era poggiata su un basamento in calcestruzzo e contenuta da un terrapieno di riporto e un muro di sostegno in cemento armato. Tali caratteristiche strutturali la qualificavano inequivocabilmente come una ‘costruzione’ solida e stabile, soggetta quindi alle norme sulle distanze costruzioni.

L’Irrilevanza della Deroga del Piano Urbanistico

La Corte ha poi analizzato la deroga invocata dalla ricorrente. Il PUC locale escludeva dal rispetto delle distanze le piscine ‘inserite nel terreno realizzati nel rispetto della morfologia del terreno’.

Tuttavia, i giudici hanno evidenziato come la piscina in questione non rientrasse in questa eccezione. La deroga, infatti, è applicabile solo a piscine realmente interrate nel profilo naturale del terreno, senza alterazioni significative del suolo. Al contrario, l’opera in esame era stata realizzata creando un terrapieno artificiale sostenuto da un imponente muro, modificando così la morfologia originaria. Una tale struttura non può beneficiare di alcuna deroga e deve rispettare la distanza di 5 metri dal confine come qualsiasi altra costruzione fuori terra.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche per chi intende realizzare una piscina o altre opere pertinenziali nel proprio giardino:

1. Definizione Ampia di Costruzione: Qualsiasi manufatto stabile e non completamente interrato è una ‘costruzione’ e deve rispettare le distanze. Non ci si può basare su definizioni restrittive o distinzioni tra ‘edificio’ e ‘costruzione’ contenute nei regolamenti locali se queste contrastano con il principio civilistico.
2. Attenzione alle Deroghe: Le eccezioni previste dai piani urbanistici devono essere interpretate restrittivamente. Se una deroga è concessa a condizione che non si alteri la morfologia del terreno, qualsiasi opera che comporti terrapieni, riporti di terra o muri di contenimento sarà esclusa dal beneficio.
3. Rischio di Demolizione: Costruire in violazione delle distanze legali espone al rischio concreto di una condanna alla demolizione o all’arretramento dell’opera, oltre al pagamento delle spese legali. Prima di iniziare i lavori, è essenziale una verifica scrupolosa delle norme nazionali e locali con un tecnico qualificato.

Una piscina è considerata una ‘costruzione’ ai fini del rispetto delle distanze legali dal confine?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che una piscina, anche se solo parzialmente interrata, che rivela caratteri di solidità, stabilità e immobilizzazione rispetto al suolo (come una struttura in calcestruzzo armato), rientra a pieno titolo nella nozione civilistica di ‘costruzione’ e deve quindi rispettare le distanze previste dalla legge e dai regolamenti locali.

I regolamenti edilizi comunali possono prevedere eccezioni che consentono di costruire una piscina a una distanza inferiore a quella legale?
I regolamenti locali possono prevedere deroghe, ma queste vanno interpretate in modo restrittivo. Nel caso esaminato, la deroga era prevista solo per piscine inserite nel profilo naturale del terreno. Poiché la piscina era contenuta da un terrapieno artificiale e un muro di sostegno, la Corte ha ritenuto che tale deroga non fosse applicabile, in quanto la morfologia del terreno era stata alterata.

Qual è la conseguenza della violazione delle norme sulle distanze dal confine previste dal piano regolatore comunale?
La violazione delle norme sulle distanze contenute negli strumenti urbanistici locali, che integrano la disciplina del codice civile, comporta la condanna ad arretrare la costruzione fino al ripristino della distanza legale prevista. Il vicino ha quindi diritto a ottenere la demolizione della parte di opera costruita in violazione delle norme.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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