Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27024 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27024 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18725/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato NOME COGNOME -controricorrenti-
nonchè contro
COGNOME e NOMECOGNOME
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PALERMO n.103/2021 depositata il 27.1.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16.9.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 2012, COGNOME NOME conveniva innanzi al Tribunale di Agrigento la RAGIONE_SOCIALE e NOME per fare accertare che la loro costruzione in Agrigento, INDIRIZZO, INDIRIZZO era stata edificata in violazione delle norme di legge e dei regolamenti sulle distanze tra fabbricati, dichiarando peraltro, in via incidentale, l’illegittimità della concessione edilizia rilasciata alla RAGIONE_SOCIALE e con condanna conseguente delle convenute all’arretramento della costruzione ed al risarcimento dei danni.
Mentre NOME restava contumace, la RAGIONE_SOCIALE costituitasi, contestava quanto dedotto e, con separato giudizio sommario, poi convertito in ordinario (RG. n. 1902/2013), e successivamente riunito al primo, chiedeva l’accertamento dell’usurpazione ad opera di COGNOME NOME di una parte del suo terreno per effetto di una rettifica di confine operata unilateralmente dallo stesso, con conseguente ordine di demolizione di uno scambiatore di calore e di parte delle falde del tetto dello Scorsone, nonché di una condotta di scarico delle acque bianche che sarebbero state fatte confluire sulla proprietà della RAGIONE_SOCIALE con regolarizzazione di una finestra lucifera ed elevazione della canna fumaria del fabbricato dello Scorsone.
Con sentenza n. 1284/2017, il Tribunale di Agrigento dichiarava che il tratto, della larghezza di m 3,40, della parete est dell’edificio costruito dalla RAGIONE_SOCIALE violava la distanza di 10 metri tra pareti finestrate e frontistanti prescritta dall’art. 9, I comma n. 2
del D.M. n. 1444/1968, e, per l’effetto, condannava le convenute in solido ad arretrare l’immobile nel tratto in parola, ed alla demolizione dei balconi esistenti su tale parete, conformemente a quanto indicato nella c.t.u., nonché a risarcire il danno, quantificato in € 3.000,00.
Per quanto ancora interessa, il Tribunale rigettava la domanda della RAGIONE_SOCIALE relativa all’asserito sconfinamento, ma ordinava a Scorsone Antonio l’eliminazione della mantovana del tetto e dello scambiatore di calore, nonché della condotta di scarico delle acque bianche fatte confluire sulla particella 1051 della RAGIONE_SOCIALE per impedire il convogliamento delle acque meteoriche delle grondaie.
Avverso tale decisione, la RAGIONE_SOCIALE proponeva gravame, chiedendo la riforma parziale della sentenza impugnata, nella parte in cui aveva ritenuto sussistente la violazione delle distanze legali ex art. 9 comma primo n. 2 del D.M. n.1444/68, limitatamente allo spigolo sud-est del fabbricato realizzato dalla stessa.
COGNOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME, resistevano al gravame, proponendo inoltre appello incidentale, al fine di ottenere la riforma della predetta sentenza nella parte in cui li aveva visti soccombenti, e chiedendo altresì di fare arretrare il fabbricato costruito dalla RAGIONE_SOCIALE in misura pari all’altezza (m 13,85) del loro più alto fabbricato ex art. 9 comma primo n. 3 del D.M. n. 1444/1968, anziché nell’inferiore misura disposta di dieci metri.
Con la sentenza n. 103/2021 del 28.12.2020/27.1.2021, la Corte d’Appello di Palermo respingeva l’appello principale, condannando l’appellante al pagamento della metà delle spese del giudizio, compensate per il resto, ed accoglieva l’appello incidentale, salvo che per la parte in cui era volto ad ottenere un maggiore arretramento della parete est del fabbricato costruito dalla RAGIONE_SOCIALE, rapportato all’altezza del fabbricato di proprietà Scorsone.
In particolare la sentenza di secondo grado accoglieva l’appello incidentale, in quanto dai chiarimenti resi dal CTU risultava che la distanza del confine riportata nella mappa di impianto variava da 81 a 93 cm dal fabbricato Scorsone, e giudicava irrilevante l’asserito sconfinamento della proprietà Scorsone, in quanto la distanza ritenuta violata di dieci metri, prevista dall’art. 9 comma primo n. 2 del D.M. n. 1444/1968, era tra una parete finestrata e quella frontistante, e non dal confine, e riteneva che quella distanza fosse stata correttamente applicata, perché per giurisprudenza consolidata di questa Corte era sufficiente che le due pareti si fronteggiassero, anche se con andamento obliquo e non parallelo, purché la perpendicolare condotta da un punto qualunque di una delle due pareti incontrasse la parete del fabbricato opposto (Cass. n. 4175/2001), e sempre che almeno una delle pareti fosse finestrata, escludendo invece la maggiore distanza pari all’altezza del fabbricato più alto prevista dall’art. 9 comma primo n. 3 del D.M. n. 1444/1968, che presupponeva che le pareti si fronteggiassero per almeno 12 metri.
La RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso a questa Corte, sulla scorta di tre censure. COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno resistito con controricorso, mentre NOME e NOME sono rimaste intimate.
È stata formulata proposta di definizione anticipata ex art. 380 bis c.p.c. per inammissibilità e/o manifesta infondatezza del ricorso ed i difensori della RAGIONE_SOCIALE hanno depositato tempestiva istanza di decisione ex art. 380 bis , comma 2°, c.p.c., a seguito della quale è stata fissata adunanza in camera di consiglio.
Per la RAGIONE_SOCIALE si é poi costituita l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Col primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n.3) c.p.c., la violazione dell’art. 9 comma primo n. 2
del D.M. n. 1444/68, in quanto la Corte d’Appello non aveva considerato che la condizione di applicabilità del predetto articolo sarebbe rappresentata dall’esistenza di pareti finestrate frontistanti, circostanza insussistente nella fattispecie in esame, in cui una sola parete è finestrata, e le finestre non si trovano nel tratto della parete della RAGIONE_SOCIALE che fronteggia la parete del fabbricato della controparte.
Col secondo motivo i ricorrenti si dolgono, ai sensi dell’art. 360, comma 1° n.5) c.p.c., della violazione e falsa applicazione dell’art. 950 cod. civ., laddove la Corte aveva ritenuto che la domanda di rettifica del confine avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE non fosse rilevante ai fini della decisione.
Con la terza censura i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, comma 1° n.3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 950 cod. civ. : la Corte locale non aveva ritenuto sussistere le violazioni operate dallo Scorsone ai danni della proprietà RAGIONE_SOCIALE, che erano state oggetto delle riconvenzionali accolte in primo grado, in quanto avrebbe proceduto ad un’erronea individuazione del confine tra i fondi.
Va preliminarmente osservato che a seguito della decisione di questa Corte resa a sezioni unite (Cass. sez. un. 10.4.2024 n.9611), e per le ragioni ivi chiarite, la partecipazione del Consigliere Delegato proponente, ex art. 380-bis c.p.c., al Collegio che definisce il giudizio, non rileva quale ragione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 e dell’art. 52 c.p.c.
Il primo motivo è infondato, perché come già evidenziato nella proposta di definizione anticipata, la sentenza impugnata si è conformata nel valutare la frontistanza delle pareti alle conclusioni della CTU, che si attenuto alla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale sussiste un rapporto di frontistanza purché tra le facciate dei due edifici sussista almeno un segmento di esse tale che l’avanzamento di una o di entrambe le facciate porti al loro
incontro, sia pure per quel limitato segmento (Cass. 1.10.2019 n. 24471; Cass. 23.3.2001 n. 4175; Cass. 3.3.2008 n. 5741), ed ha riconosciuto l’esistenza di finestre dove erano ubicati i balconi della facciata della RAGIONE_SOCIALE anche se non esattamente nel punto in cui tale facciata fronteggia la parete del fabbricato Scorsone.
L’art. 9 comma primo n. 2 del D.M. n. 1444/1968 va interpretato nel senso che la distanza minima di dieci metri è richiesta anche nel caso che una sola delle pareti fronteggiantesi sia finestrata, e cioè sia munita di finestre qualificabili come “vedute”, essendo a tal fine indifferente se tale parete sia quella del nuovo edificio o quella dell’edificio preesistente (Cass. ord. 16.3.2023 n. 7644; Cass. 1.10.2019 n. 24471; Cass. 17.5.2018 n. 12129; Cass. 20.6.2011 n. 13547), nonché sufficiente che le finestre esistano in qualsiasi zona della parete contrapposta ad altro edificio, ancorché solo una parte di essa si trovi a distanza minore da quella prescritta (Cass. ord. 16.3.2023 n. 7644; Cass. 1.10.2019 n.24471), e nella specie è stata riscontrata in base alla CTU recepita dalla sentenza di primo grado, confermata in appello, la presenza di balconi e vedute sulla facciata della RAGIONE_SOCIALE che fronteggia il fabbricato Scorsone, anche se non specificamente nel limitato tratto di m 3,40, che proiettato in avanti ortogonalmente, incontra tale ultimo fabbricato. Il secondo motivo è infondato, in quanto la distanza dell’art. 9 comma primo n.2 del D.M. n. 1444/1968, della quale è stata ravvisata la violazione, è distanza tra fabbricati e non dal confine, per cui risultava irrilevante il lamentato sconfinamento della proprietà COGNOME, che peraltro la sentenza di appello ha escluso nell’accogliere l’appello incidentale, riconoscendo la conformità del confine tra il fondo Scorsone e quello di controparte, alle coordinate desunte dalle mappe di impianto, utilizzabili in difetto di diversi elementi certi di individuazione del confine.
Il terzo motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato, perché per un verso richiede l’effettuazione in sede di
legittimità di un nuovo accertamento sull’ubicazione del confine, che si discosti da quello compiuto dal giudice di secondo grado sulla base dei chiarimenti resi dal CTU, e per altro verso ipotizza una violazione inesistente dell’art. 950 cod. civ., che all’ultimo comma, in assenza di altri elementi, nella specie neppure dedotti, consente al giudice di attenersi nei confini alle coordinate desunte dalle mappe catastali.
La ricorrente va condannata, in ragione della soccombenza, e della conformità della decisione adottata alla proposta di definizione anticipata, al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, ed al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. liquidati in dispositivo in favore dei controricorrenti, nonché al pagamento in favore della Cassa delle Ammende ex art. 96 comma 4° c.p.c. della somma indicata in dispositivo.
Vanno invece dichiarate irripetibili le spese della ricorrente nei confronti delle intimate, NOME e NOME COGNOME.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso della RAGIONE_SOCIALE e la condanna al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per spese ed € 3.700,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15% ed al risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. per l’importo di € 3.700,00 in favore dei controricorrenti, ed al pagamento in favore della Cassa delle Ammende ex art. 96 comma 4° c.p.c. della somma di €2.000,00.
Dichiara irripetibili le spese processuali della ricorrente nei confronti di NOME e NOME COGNOME.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n.115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16.9.2025
Il Presidente
NOME COGNOME