Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26988 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26988 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27344/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME e COGNOME NOME in persona della procuratrice generale RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME in proprio e quale erede di COGNOME NOME e COGNOME NOME quale erede di COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che li rappresenta e difende,
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME, LIONTE FILOMENA in proprio e quale erede di NOME, a sua volta coerede di COGNOME NOME classe DATA_NASCITA, COGNOME NOME classe DATA_NASCITA, COGNOME NOME, NOME
NOME classe DATA_NASCITA, NOME, questi ultimi due anche come eredi di NOME,
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA n. 64/2020 depositata il 21.1.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16.9.2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Reggio Calabria NOME classe DATA_NASCITA, NOME, NOME, COGNOME NOME, NOME classe DATA_NASCITA, NOME e NOME classe DATA_NASCITA, proprietari del confinante fondo dominante, per sentirli condannare alla rimozione del marciapiede abusivamente realizzato su una fascia di isolamento larga circa tre metri e lunga ml 33,20, rimasta di proprietà del dante causa di NOME, COGNOME NOME, nonché all’inibizione dell’utilizzo di tale fascia come parcheggio, ed al risarcimento dei danni.
In particolare il COGNOME esponeva che con atto del 17.2.1967 COGNOME NOME aveva venduto, a NOME NOME classe 1912, un terreno edificatorio nel rione Stazione di Lazzaro di Motta San NOME, confinante con l’indicata fascia di isolamento, attribuendogli la facoltà, nel costruire sul terreno acquistato, di aprire vedute e prospetti e di accesso, e di collocare e mantenere sulla fascia di isolamento tubature di acqua potabile, e di rifiuto, linee elettriche e telefoniche; che il residuo terreno del COGNOME era stato acquistato dal COGNOME, che lo aveva conferito alla RAGIONE_SOCIALE, che lo aveva permutato con la RAGIONE_SOCIALE, alla quale contemporaneamente aveva conferito l’appalto per l’edificazione del terreno; che a seguito dello scioglimento delle suddette società, i diritti vantati dalla RAGIONE_SOCIALE erano stati
trasferiti al COGNOME, mentre quelli spettanti alla RAGIONE_SOCIALE erano stati trasferiti a COGNOME COGNOME e COGNOME NOME; che per parte sua NOME classe DATA_NASCITA aveva donato l’intero immobile edificato sul terreno acquistato dal COGNOME ai figli e nipoti insieme a lui convenuti.
Costituendosi in giudizio, NOME chiedeva il rigetto delle pretese attoree, mentre NOME classe DATA_NASCITA, NOME e COGNOME NOME chiedevano, in via riconvenzionale, di dichiarare l’intervenuto acquisto, per usucapione, della proprietà della fascia di isolamento, o in subordine del diritto di servitù di parcheggio sulla stessa, e di accertare l’illegittimità del fabbricato edificato dalla RAGIONE_SOCIALE per violazione delle distanze legali rispetto al preesistente fabbricato di NOME classe DATA_NASCITA, con condanna al risarcimento danni per £ 50.000.000, o per altra somma di giustizia.
Con separato atto di citazione, gli stessi attori in via riconvenzionale convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Reggio Calabria COGNOME NOME, COGNOME e COGNOME NOME, articolando le medesime domande già formulate nel procedimento incardinato dal COGNOME. In tale giudizio si costituivano COGNOME NOME, COGNOME e COGNOME NOME, aventi causa della società costruttrice del fabbricato, spiegando domanda riconvenzionale tesa ad ottenere la condanna all’eliminazione degli sporti aggettanti eseguiti nel fabbricato di NOME classe 1912, NOME e NOME.
Previa riunione dei due procedimenti, con la sentenza n. 391/2004 il Tribunale di Reggio Calabria, in parziale accoglimento della domanda del COGNOME e in accoglimento della domanda riconvenzionale dei COGNOME, condannava i NOME–COGNOME alla rimozione degli aggetti e del marciapiede realizzati sulla fascia d’isolamento di proprietà COGNOME. In parziale accoglimento della domanda principale e di quella riconvenzionale dei NOME–
COGNOME, ordinava ai COGNOME la demolizione dei balconi del loro fabbricato, per la parte realizzata a distanza inferiore a quella di dieci metri dal fabbricato frontistante per violazione dell’art. 9 del D.M. n. 1444/1968.
Avverso la predetta sentenza interponevano appello principale COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME. Resistevano al gravame e proponevano appello incidentale NOME, (in prosieguo costituitasi anche quale erede di NOME classe DATA_NASCITA deceduto nelle more), COGNOME NOME, NOME, NOME classe DATA_NASCITA, NOME NOME e NOME NOME classe DATA_NASCITA. Si costituiva altresì in secondo grado COGNOME NOME, aderendo parzialmente alle richieste formulate dagli appellanti principali.
Nelle more del giudizio di appello decedevano altresì COGNOME NOME (al quale subentravano come eredi i contumaci NOME NOME classe 1969 e NOME NOME), NOME NOME (alla quale subentrava quale erede COGNOME NOME) e COGNOME NOME (alla quale subentravano quali eredi COGNOME NOME e COGNOME NOME).
Con la sentenza n. 64/2020 del 9/21.1.2020, la Corte d’Appello di Reggio Calabria rigettava l’appello principale e gli appelli incidentali, confermando, per quanto ancora rileva, la corretta applicazione al manufatto dei COGNOME–COGNOME della distanza tra pareti finestrate e pareti di edifici frontistanti di dieci metri di cui all’art. 9 comma primo n. 2) del D.M. 1444/1968, atteso che la normativa edilizia del Comune di Motta San NOME nulla prevedeva in ordine alla distanza minima tra edifici ricadenti, come quelli per cui è causa, in zona ‘B’, e posto che la nozione di costruzione era stabilita dalla normativa statale ed escludeva dal computo delle distanze legali solo le sporgenze meramente ornamentali, e non i balconi, e che andava disapplicato quindi l’invocato art. 16 comma 8 delle norme tecniche di attuazione del
PRG del Comune di Motta San NOME, che prevedeva che per le distanze tra fabbricati si facesse riferimento ai volumi aggettanti solo se chiusi, e condannava i COGNOME alle spese di secondo grado in favore del COGNOME, dichiarando compensate le spese del giudizio di appello tra le altre parti costituite.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME, COGNOME NOME per il tramite della procuratrice generale COGNOME NOME, quali donatari aventi causa di quest’ultima, COGNOME NOME in proprio e quale erede insieme a COGNOME NOME di COGNOME NOME, e COGNOME NOME solo nell’indicata qualità, hanno proposto ricorso a questa Corte, sulla scorta di un’unica censura. COGNOME NOME, COGNOME NOME in proprio e quale erede di NOME NOME (a sua volta anche erede di NOME NOME classe DATA_NASCITA), NOME classe DATA_NASCITA, NOME, NOME classe DATA_NASCITA e NOME, gli ultimi due nella qualità di eredi di NOME, sono rimasti intimati.
Nell’imminenza dell’adunanza camerale i ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un’unica doglianza, articolata in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 9 comma primo n. 2 del D.M. 2.4.1968, n. 1444, in combinato disposto con l’art. 5, comma 1°, lettera b -bis), del D.L. 18.4.2019 n. 32. La Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che, in virtù del citato decreto-legge, coordinato con la legge di conversione 14.6.2019 n. 55, i limiti di distanza tra i fabbricati previsti dall’art. 9, comma primo n. 2 e 3 del D.M. 1444/1968 si applicano esclusivamente alle zone destinate a nuovi complessi insediativi o con densità superiore ad un ottavo della superficie fondiaria della zona e non, invece, alla diversa zona ‘B’ del decreto interministeriale, nella quale ricadono i manufatti per cui è causa.
L’unico motivo fatto valere dai ricorrenti è fondato e merita accoglimento.
COGNOME NOME, COGNOME NOME (alla quale sono subentrati quali donatari COGNOME NOME ed COGNOME NOME), e COGNOME NOME (alla quale sono subentrati come eredi COGNOME NOME e COGNOME NOME) sono stati condannati alla demolizione dei balconi del loro fabbricato, per la parte realizzata a distanza inferiore a quella minima assoluta di dieci metri dal fabbricato finestrato frontistante dei NOME–COGNOME per violazione dell’art. 41 quinquies della L. n.1150/1942, come integrato dall’art. 9 comma primo n. 2) del D.M. n. 1444/1968, essendo entrambi gli edifici pacificamente ricadenti in quella che il Piano Regolatore Generale del Comune di Motta San NOME identifica come zona B.
La Corte distrettuale, con la sentenza del 21.1.2020, avrebbe però dovuto tener conto, per il principio iura novit curia, ed a prescindere da un’espressa richiesta in tal senso delle parti, della norma di interpretazione autentica dell’art. 9 comma primo n. 2 e 3 rappresentata dall’art. 5 comma b -bis del D.L. 18.4.2019 n. 32, convertito con modificazioni dalla L. n. 55/2019, all’epoca già entrata in vigore.
Secondo tale norma ‘le disposizioni di cui al D.M. lavori pubblici 2.4.1968 n.1444, art. 9, commi 2 e 3, si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alle zone di cui allo stesso art. 9 comma 1 n. 3) ‘, vale a dire per la zona C, destinata a nuovi complessi insediativi o con densità superiore ad un ottavo della superficie fondiaria della zona.
La giurisprudenza di questa Corte (Cass. 12.3.2021 n. 7027; Cass. ord. 26.1.2022 n. 2327), alla quale per brevità si rinvia, ha già avuto modo di chiarire che la norma in questione non è modificativa della regolamentazione anteriore, ma meramente
interpretativa e quindi comunque applicabile alle situazioni non esaurite, come quella in esame in cui è ancora in contestazione il mancato rispetto della distanza legale in questione, essendo intervenuta la novella per risolvere il contrasto emerso nella giurisprudenza amministrativa circa l’applicabilità o meno del limite di distanza di dieci metri tra pareti finestrate e pareti frontistanti in zone diverse dalla zona C di espansione.
Essendo peraltro pacifico che i fabbricati tra i quali la distanza in questione andrebbe misurata ricadono in zona B, e non in zona C, e non richiedendo, al contrario di quanto ipotizzato dai ricorrenti, la norma di interpretazione autentica, la necessaria presenza tra i fabbricati di una strada pubblica, non sono richiesti in questa sede nuovi accertamenti di fatto che rendano inammissibile la questione nuova posta per la prima volta in sede di legittimità, ed è irrilevante la questione di legittimità costituzionale per disparità di trattamento prospettata dell’inapplicabilità della distanza di dieci metri tra pareti finestrate e pareti frontistanti che non siano separate da una strada pubblica, e la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Reggio Calabria in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16.9.2026
Il Presidente
NOME COGNOME