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Distanza tra costruzioni: tenda è costruzione?

Una società di gestione patrimoniale ha installato una grande tenda retrattile dotata di una complessa e fissa struttura metallica. I proprietari degli appartamenti vicini hanno intrapreso un’azione legale, sostenendo che l’opera violasse le normative sulla distanza tra costruzioni. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei gradi di giudizio precedenti, ha stabilito che, a causa della sua struttura permanente e della creazione di nuovo volume, la tenda doveva essere considerata una “costruzione” a tutti gli effetti. Di conseguenza, era tenuta a rispettare le distanze legali minime dalle vedute dei vicini. Il ricorso della società è stato dichiarato inammissibile.

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Distanza tra Costruzioni: Anche una Tenda può Esserlo? La Cassazione Fa Chiarezza

L’installazione di tende da sole, verande o tettoie è una questione ricorrente e spesso spinosa nella vita condominiale. Se da un lato rispondono a esigenze di vivibilità e protezione, dall’altro possono facilmente entrare in conflitto con i diritti dei vicini. La domanda cruciale è: quando un’opera di questo tipo cessa di essere un semplice accessorio e diventa una vera e propria costruzione, soggetta alle rigide norme sulla distanza tra costruzioni? Con l’ordinanza n. 7622/2024, la Corte di Cassazione torna sul tema, offrendo criteri interpretativi fondamentali.

I Fatti di Causa: La Tenda che Diventa una Struttura Fissa

Il caso ha origine dalla controversia tra una società di gestione patrimoniale e i proprietari di due appartamenti in un condominio. La società aveva installato una struttura che, sebbene includesse una tenda retrattile, presentava caratteristiche ben più complesse. I vicini lamentavano che tale manufatto violasse le norme sulle distanze e pregiudicasse il loro diritto di luce e veduta, garantito dall’articolo 907 del Codice Civile.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione ai proprietari, ordinando la rimozione dell’opera. La questione è quindi approdata in Cassazione, con la società ricorrente che insisteva nel qualificare l’opera come una semplice tenda retrattile, non soggetta agli obblighi di distanza.

La Decisione della Cassazione e la nozione di “Costruzione”

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il punto centrale della pronuncia risiede nella qualificazione giuridica del manufatto. Non si trattava di una mera tenda, bensì di una struttura complessa e stabile.

La Valutazione del Giudice di Merito

I giudici di legittimità hanno sottolineato come la valutazione compiuta dalla Corte d’Appello fosse un accertamento di fatto, basato sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio (CTU) e, come tale, non censurabile in sede di Cassazione se adeguatamente motivato. La struttura era composta da:

* Un cassonetto fisso in metallo di dimensioni notevoli (4,00 x 1,00 x 0,10 metri), ancorato al muro perimetrale.
* Un’ulteriore intelaiatura in ferro per consentire lo scorrimento della copertura.
* Lastre di lamiera che creavano un camminamento.

Questo insieme di elementi, per la sua stabilità, le dimensioni e la capacità di creare nuovo volume, è stato correttamente assimilato a una “costruzione” ai fini dell’applicazione dell’art. 907 c.c.

Il Principio sulla Distanza tra Costruzioni in Condominio

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il divieto di costruire a una distanza inferiore a tre metri da una veduta preesistente riguarda qualsiasi tipo di “fabbrica”, indipendentemente dal materiale e dalla forma, purché sia idonea a ostacolare stabilmente l’esercizio del diritto di veduta (inspectio e prospectio).

La Tutela del Diritto di Veduta

Particolarmente rilevante è il richiamo alla tutela della “veduta in appiombo”, ovvero il diritto di affacciarsi e guardare verso il basso fino alla base dell’edificio. Questo diritto, essenziale per garantire luce e aria, elementi fondamentali per l’igiene e la salubrità degli edifici, è considerato prevalente rispetto a eventuali esigenze di riservatezza del vicino. L’art. 907 c.c. ha già compiuto questo bilanciamento di interessi, che non può essere rimesso in discussione dal giudice.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha respinto tutti i motivi di ricorso. In particolare, ha escluso che la motivazione della Corte d’Appello fosse contraddittoria o solo apparente. Al contrario, i giudici di merito avevano chiaramente spiegato il percorso logico seguito: partendo dalle caratteristiche concrete del manufatto (stabilità, dimensioni, creazione di superficie), avevano concluso per la sua assimilabilità a una costruzione. L’argomentazione della società ricorrente è stata vista come un tentativo, inammissibile in questa sede, di ottenere una nuova valutazione dei fatti.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Condomini

Questa ordinanza offre un importante monito: la qualificazione di un’opera non dipende dal nome che le si attribuisce (“tenda”, “tettoia”), ma dalla sua sostanza. Prima di installare strutture su balconi o terrazzi, è essenziale valutarne l’impatto non solo estetico, ma anche giuridico. Se l’opera, per le sue caratteristiche di stabilità e ingombro, è in grado di pregiudicare in modo permanente il diritto di veduta dei vicini, essa dovrà rispettare la distanza minima di tre metri, altrimenti il rischio è quello di doverla rimuovere, oltre a sostenere i costi di un lungo contenzioso legale.

Una tenda retrattile può essere considerata una “costruzione” ai fini del rispetto delle distanze legali?
Sì, se non si tratta di una semplice tenda ma di un manufatto complesso con una struttura fissa e stabile, ancorata al muro perimetrale, che crea nuovo volume e altera in modo permanente lo stato dei luoghi, limitando la veduta dei vicini.

Perché la struttura in questione è stata assimilata a una costruzione?
Perché era composta da elementi fissi e di dimensioni significative: un grande cassonetto metallico, una struttura in ferro per lo scorrimento del telo e lastre di lamiera. Secondo i giudici, questo insieme non era una semplice tenda, ma un’opera stabile idonea a ostacolare la veduta.

Il diritto alla privacy può giustificare la violazione della distanza minima di tre metri da una veduta?
No. La Corte ha chiarito che l’articolo 907 del Codice Civile ha già operato un bilanciamento tra l’interesse alla riservatezza e il valore sociale del diritto di veduta (che assicura luce e aria agli edifici), facendo prevalere quest’ultimo. Pertanto, la distanza minima deve essere sempre rispettata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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