Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 359 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 359 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/01/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 11152/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa
– ricorrente principale –
contro
NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME (indirizzo p.e.c. indicato nel controricorso: EMAIL
contro
ricorrenti/ricorrenti in via incidentale condizionata avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 1813/2017 pubblicata il 10 ottobre 2017
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha concluso per il rigetto del ricorso
Udito per la ricorrente l ‘ avv. NOME COGNOME per delega dell ‘ avv.
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE, nell ‘ allegata qualità di proprietaria di un capannone ad uso commerciale, asseritamente munito di parete finestrata, sito in Acireale -frazione INDIRIZZO alla INDIRIZZO conveniva in giudizio, davanti alla locale sezione distaccata del Tribunale di Catania, i suoi vicini NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo di accertare che questi ultimi avevano realizzato sul loro fondo un edificio in violazione delle distanze prescritte dalla legge e dagli strumenti urbanistici e, per l ‘ effetto, di condannarli ad arretrare la costruzione a una distanza minima di dieci metri dalla suddetta parete, giusta quanto stabilito dall ‘ art. 9 D.M. 2 aprile 1968, n. 1444.
Radicatosi il contraddittorio, si costituivano i convenuti, i quali contestavano la fondatezza dell ‘ avversa pretesa.
All ‘ esito del giudizio, in accoglimento della domanda, il Tribunale adìto condannava la Daidone e il Messina, con vincolo di solidarietà, «a portare l ‘ edificio meglio descritto in motivazione ad una distanza di metri dieci dalla parete finestrata dell ‘ edificio attoreo» , ponendo a loro carico le spese processuali.
La decisione veniva impugnata dai soccombenti davanti alla Corte d ‘ Appello di Catania, la quale, con sentenza n. 1813/2017 del 10 ottobre 2017, in riforma della pronuncia di primo grado, respingeva la domanda avanzata dalla Denver sRAGIONE_SOCIALEs., condannandola alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio.
Contro questa sentenza la prefata società ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
I COGNOME-Messina hanno resistito mediante la notifica di un controricorso contenente anche ricorso incidentale condizionato, affidato a tre motivi.
Con ordinanza interlocutoria n. 9562/2020 del 25 maggio 2020,
non ravvisando i presupposti per la pronuncia in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, co mma 1, nn. 1) e 5) c.p.c., la Sesta Sezione Civile ha rimesso la causa alla pubblica udienza di questa Sezione semplice, giusta il disposto dell’art. 380 -bis , ultimo comma, del medesimo codice.
Nei termini di cui all ‘art. 378 c.p.c. i l Pubblico Ministero ha depositato memoria, con la quale ha concluso per il rigetto del ricorso principale, e i controricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale viene lamentato l ‘o messo esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti.
Si assume che avrebbe errato la Corte d ‘ Appello di Catania nell ‘affermare che la parete del capannone di proprietà della RAGIONE_SOCIALE è priva di aperture qualificabili come vedute e che, conseguentemente, nel caso di specie non può trovare applicazione la disciplina dettata dall ‘ art. 9 n. 2) D.M. 2 aprile 1968, n. 1444.
Il giudice distrettuale avrebbe, infatti, tralasciato di considerare che detta parete è munita di un portone di accesso avente le caratteristiche di una vera e propria veduta, in quanto idonea a consentire l ‘ inspectio e la prospectio non solo sul cortile di pertinenza esclusiva, ma anche verso la proprietà altrui, come evincibile dalla relazione redatta dal c.t.u. nominato in grado d ‘ appello.
Con il secondo motivo sono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 9 n. 2) D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, in combinato disposto con l ‘ art. 9, punti 1, 3 e 4 del Regolamento Edilizio del Comune di Acireale e con le relative norme di attuazione, approvate dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 119 del 6 agosto 1981 e dall ‘ Assessorato Regionale del Territorio e dell ‘ Ambiente con deliberazione n. 64/82 del 22 febbraio 1982.
Si deduce che, ai fini dell ‘ applicabilità delle disposizioni innanzi richiamate, prescriventi in tutti i casi una distanza minima assoluta di dieci metri fra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, integra veduta anche una porta, destinata in generale all ‘ accesso ai locali e all ‘ uscita da essi, qualora la sua conformazione renda obiettivamente possibile l ‘ «inspectio et prospectio in alienum» , come appunto nella specie.
Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato vengono prospettati l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, nonché la violazione del combinato disposto degli artt. 873, 874 e 877 c.c., dell ‘ art. 2697 del medesimo codice e degli artt. 115 e 116 c.p.c..
Si sostiene, al riguardo: che la RAGIONE_SOCIALE, pur essendone onerata, non avrebbe dimostrato l ‘anteriorità della co struzione del proprio capannone rispetto a quella dell ‘ edificio realizzato sul loro fondo dai vicini; che, in mancanza di detta prova, non può trovare applicazione la norma del regolamento edilizio locale invocata dalla società attrice, prescrivente la distanza minima di dieci metri fra pareti finestrate e pareti di edifici frontistanti, dovendo questa essere osservata soltanto da chi costruisce per secondo.
Con il secondo motivo sono denunciati l ‘o messo esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, nonchè la violazione degli artt. 873 e 877 c.c., dell ‘ art. 9, comma 4, del Regolamento Edilizio del Comune di Acireale, relativo alla zona territoriale omogenea ‘ B ‘ , e degli artt. 115 e 116 c.p.c..
Si rileva, in proposito: che il fabbricato dei COGNOME-Messina ricade nella zona territoriale omogenea ‘ B ‘ del Comune di Acireale, nella quale il regolamento edilizio locale consente di costruire sul confine in aderenza; che, proprio in virtù della menzionata previsione regolamentare, detto immobile era stato realizzato in aderenza a quello all ‘ epoca insistente sul terreno del confinante Severino Messina, interposto fra i fondi delle parti in conflitto; che, essendosi
legittimamente avvalsi di tale facoltà, gli odierni controricorrenti non erano tenuti ad osservare alcuna distanza rispetto alla parete del capannone di proprietà della RAGIONE_SOCIALE
Con il terzo motivo vengono contestati l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, nonchè la violazione dell ‘ art. 873 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c..
Si argomenta, sul tema: che i fondi delle parti in causa non possono considerarsi confinanti, essendo fra loro interposto quello di proprietà del sunnominato NOME COGNOME; che, per tale ragione, risulta inapplicabile alla fattispecie in esame la disciplina legale in tema di distanze fra costruzioni, operante nel solo caso di fondi finitimi.
I due motivi del ricorso principale, che possono essere scrutinati insieme per la loro intima connessione, appaiono privi di fondamento.
Il fatto di cui la ricorrente lamenta l ‘ omesso esame ha in realtà formato oggetto di valutazione da parte della Corte distrettuale catanese, la quale, dopo aver rilevato, in punto di diritto, che «una porta non può ordinariamente dare luogo a una veduta ( … ), salvo che sia strutturata in modo da consentire di guardare nel fondo del vicino (porta finestra)» , ha ritenuto, sulla scorta di un apprezzamento di merito, che il portone di accesso al capannone della Denver s.s. non presenti le cennate caratteristiche della porta-finestra, giungendo così ad escludere l ‘ applicabilità al caso di specie della distanza di dieci metri fra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti imposta dall ‘ art. 9 n. 2) D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, richiamato dallo strumento urbanistico locale.
A ben vedere, ciò di cui la società impugnante si duole è che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto degli accertamenti condotti dal c.t.u. nominato in grado d ‘ap pello, dai quali sarebbe emerso che sulla parete del predetto capannone è presente un
portone di accesso dotato delle caratteristiche della veduta.
Sennonchè, per costante giurisprudenza di questo Supremo Collegio, l ‘ omesso esame di elementi istruttori non è riconducibile al paradigma di cui all ‘art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. laddove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass. n. 31452/2022, Cass. Sez. Un. n. 28547/2022, Cass. n. 27282/2002, Cass. n. 19362/2022).
D ‘altro canto, con il ricorso non viene denunciata la nullità dell ‘impugnata sent enza, ai sensi dell ‘ art. 132, comma 2, n. 4), in relazione all ‘art . 360, comma 1, n. 4) c.p.c., per motivazione omessa o apparente, onde la Corte non è chiamata ad occuparsi di una simile questione.
A fronte dell ‘ apprezzamento in fatto compiuto dalla Corte territoriale circa l ‘i nidoneità del portone di accesso al capannone della Denver s.s. a consentire l ‘esercizio dell ‘ «inspectio et prospectio» sul fondo dei Daidone-Messina, deve altresì escludersi la configurabilità della dedotta violazione o falsa applicazione delle norme giuridiche evocate dalla ricorrente, in quanto, nella disciplina legale dei rapporti di vicinato, l ‘ obbligo di osservare determinate distanze nelle costruzioni sussiste esclusivamente rispetto alle vedute, e non anche alle luci, sicché la dizione ‘ pareti finestrate ‘ contenuta in un regolamento edilizio che si ispiri all ‘ art. 9 D.M. n. 1444 del 1968 non potrebbe che riferirsi alle sole pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono finestre cosiddette lucifere (cfr. Cass. n. 14730/2022, Cass. n. 10069/2020, Cass. n. 14091/2019, Cass. n. 26383/2016).
Per le ragioni esposte, il ricorso principale deve essere respinto, con conseguente assorbimento dell ‘ impugnazione incidentale condizionata.
Le spese del presente grado di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l ‘esito del giudizio, deve essere resa nei confronti della RAGIONE_SOCIALE l ‘attestazione di cui all’art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale condizionato; condanna la RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , a rifondere alla controparte le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 5.200 euro (di cui 200 per esborsi), oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge. , D.P .R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda