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Distanza tra costruzioni: quando una porta è veduta?

Una società immobiliare ha citato in giudizio i vicini, chiedendo l’arretramento della loro costruzione per violazione della distanza tra costruzioni, sostenendo che una grande porta sul proprio capannone costituisse una ‘veduta’. La Corte di Cassazione, confermando la decisione d’appello, ha respinto il ricorso. Ha chiarito che una porta non può essere qualificata come veduta, a meno che la sua struttura specifica non consenta di affacciarsi e guardare sul fondo altrui (come una porta-finestra). Di conseguenza, la norma che impone una distanza di 10 metri per le ‘pareti finestrate’ non era applicabile al caso di specie.

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Distanza tra costruzioni: quando una semplice porta non è una “veduta”?

La regolamentazione della distanza tra costruzioni rappresenta uno dei pilastri del diritto immobiliare, volto a bilanciare il diritto di proprietà con le esigenze di salubrità, sicurezza e decoro urbano. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 359/2024) offre un importante chiarimento su un aspetto cruciale: quando un’apertura, come una porta, può essere considerata una ‘veduta’ e, di conseguenza, far scattare l’obbligo di rispettare la distanza minima di dieci metri. Analizziamo insieme questo caso per comprenderne le implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa: La Controversia sulla Distanza

Una società, proprietaria di un capannone commerciale, conveniva in giudizio i proprietari di un fondo vicino. La società lamentava che i vicini avessero edificato un immobile violando le distanze legali e urbanistiche. In particolare, sosteneva che la parete del proprio capannone fosse ‘finestrata’, in quanto dotata di un grande portone, e che pertanto la nuova costruzione dovesse essere arretrata a una distanza minima di dieci metri, come previsto dall’art. 9 del D.M. 1444/1968.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda, condannando i vicini ad arretrare il loro edificio. La decisione, tuttavia, veniva completamente riformata in secondo grado.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello di Catania, ribaltando la sentenza di primo grado, respingeva la domanda della società. I giudici distrettuali avevano stabilito che il portone di accesso al capannone non possedeva le caratteristiche di una vera e propria ‘veduta’, non essendo strutturato in modo da consentire un comodo affaccio sul fondo del vicino. Di conseguenza, secondo la Corte territoriale, non poteva trovare applicazione la normativa sulla distanza minima di dieci metri prevista per le pareti finestrate.

Il Ricorso in Cassazione e la questione sulla distanza tra costruzioni

Contro la sentenza d’appello, la società proponeva ricorso per cassazione, basato su due motivi principali. In primo luogo, lamentava l’omesso esame di un fatto decisivo, ossia che il portone avesse le caratteristiche di una veduta, idonea a consentire l’inspectio e la prospectio non solo sul cortile di pertinenza, ma anche sulla proprietà altrui. In secondo luogo, denunciava la violazione e falsa applicazione delle norme sulle distanze, sostenendo che qualsiasi apertura che permetta di guardare all’esterno, inclusa una porta, dovesse essere considerata ai fini del calcolo della distanza tra costruzioni.

I vicini resistevano con un controricorso, contenente anche un ricorso incidentale condizionato, per far valere le proprie ragioni nel caso in cui il ricorso principale fosse stato accolto.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso principale, ritenendolo infondato. Gli Ermellini hanno fornito una chiara e precisa interpretazione della normativa, consolidando un principio di diritto fondamentale in materia.

La nozione di “Veduta” e la sua applicazione

Il punto centrale della decisione riguarda la qualificazione giuridica del portone. La Cassazione ha ribadito che, in linea di principio, «una porta non può ordinariamente dare luogo a una veduta (…), salvo che sia strutturata in modo da consentire di guardare nel fondo del vicino (porta finestra)».

La Corte ha specificato che la valutazione compiuta dai giudici d’appello, secondo cui il portone non presentava le caratteristiche di una porta-finestra, costituiva un apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità. L’omesso esame di singoli elementi istruttori, come una consulenza tecnica, non equivale all’omesso esame di un fatto storico decisivo, specialmente quando il giudice ha comunque preso in considerazione la questione nella sua interezza.

La corretta interpretazione delle “Pareti Finestrate” e la distanza tra costruzioni

Di conseguenza, la Corte ha concluso che la disciplina legale e regolamentare in materia di distanze, che fa riferimento alle ‘pareti finestrate’, si applica esclusivamente alle pareti dotate di aperture qualificabili come ‘vedute’. Non rientrano in questa categoria le pareti su cui si aprono semplici ‘luci’ (che permettono solo il passaggio di luce e aria senza consentire l’affaccio) o, come nel caso di specie, porte che non sono strutturate per consentire l’inspectio et prospectio.

Poiché il portone del capannone non è stato qualificato come veduta, è stata correttamente esclusa l’applicabilità della norma che impone la distanza minima di dieci metri.

Conclusioni

La sentenza n. 359/2024 della Corte di Cassazione consolida un principio fondamentale: non ogni apertura su un muro fa scattare l’obbligo del rispetto delle distanze previste per le pareti finestrate. Ai fini dell’applicazione della distanza minima di dieci metri, è necessario che l’apertura sia una ‘veduta’ in senso tecnico, ovvero che permetta un comodo e agevole affaccio sul fondo del vicino. Una semplice porta di accesso, priva di tali caratteristiche, non rientra in questa categoria. Questa decisione offre un importante criterio interpretativo per dirimere le frequenti controversie tra vicini, sottolineando la necessità di una valutazione concreta della struttura e della funzione di ogni apertura edilizia.

Una porta di accesso a un capannone può essere considerata una ‘veduta’ ai fini della distanza tra costruzioni?
No, secondo la sentenza, una porta non può essere ordinariamente considerata una veduta, a meno che non sia strutturata in modo specifico per consentire di affacciarsi e guardare nel fondo del vicino, come ad esempio una porta-finestra.

La regola della distanza minima di 10 metri per le ‘pareti finestrate’ si applica anche a muri con semplici porte che non permettono di affacciarsi?
No, la Corte ha chiarito che la dizione ‘pareti finestrate’, contenuta nei regolamenti edilizi che si ispirano all’art. 9 del D.M. 1444/1968, si riferisce esclusivamente alle pareti munite di finestre qualificabili come vedute. La norma non si estende a pareti con aperture che non consentono l’affaccio, come le luci o semplici porte.

Cosa succede al ricorso incidentale condizionato se il ricorso principale viene respinto?
Se il ricorso principale viene respinto, il ricorso incidentale condizionato viene ‘assorbito’. Ciò significa che la Corte non lo esamina nel merito, poiché era stato proposto solo a condizione che il ricorso principale venisse accolto, condizione che non si è verificata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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