SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA N. 1281 2025 – N. R.G. 00000160 2021 DEPOSITO MINUTA 15 07 2025 PUBBLICAZIONE 15 07 2025
( C.F.
)
CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA
2 SEZIONE CIVILE
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME
Presidente Consigliere Consigliere Relatore
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile di 2^ Grado iscritta al n. r.g. 160/2021 promossa da:
(C.F. con il patrocinio dell’avv. NOME COGNOME (C.F. ); elettivamente domiciliato in INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO MODENA presso lo studio del difensore avv. NOME COGNOME. C.F. C.F.
APPELLANTE
Contro
(C.F.
C.F.
entrambi con il patrocinio dell’avv. NOME COGNOME (C.F. ); elettivamente domiciliati in INDIRIZZO MODENA presso lo studio del difensore avv. NOME COGNOME. C.F.
APPELLATI
AD OGGETTO:
–
907
C.C.
–
DANNO
CONCLUSIONI PRECISATE ALL’UDIENZA DEL 17.09.2024:
Le parti hanno concluso come da note scritte di precisazione delle conclusioni e pertanto:
APPELLANTE <>
APPELLATI
e
l’Ill.ma Corte d’Appello di Bologna,
<>
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
1. Con atto di citazione, notificato in data 22.01.2021, chiedeva la riforma della sentenza in atti sul rilievo che essa era erroneamente emessa oltre che viziata , affidandosi a tre motivi di appello.
1.1 Si costituivano gli appellati e chiedendo il rigetto del gravame, in quanto infondato in fatto ed in diritto, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.
1.2 La causa, senza alcuna attività istruttoria, era posta in decisione sulle rassegnate conclusioni con la concessione dei termini ex art. 190 cpc nella estensione massima.
2 . L’appello è infondato e va, dunque, rigettato.
Va premesso che con sentenza n. 719/2020, resa in data 21.06.2020 e pubblicata in data 23.06.2020, il Tribunale di Modena, per quanto di residuo odierno interesse, definitivamente decidendo, ha rigettato la domanda volta all’accertamento della violazione della distanza delle costruzioni dalle vedute di cui all’art. 907 cc, alla condanna dei convenuti, odierni appellati, alla rimozione o arretramento dell’impianto fotovoltaico dagli stessi realizzato sul proprio tetto, alla rimozione dei dissuasori acustici di volatili e al risarcimento dei danni asseritamente cagionati dall’impianto fotovoltaico stesso, condannando altresì l’attore, odierno appellante, a rimborsare ai convenuti le spese processuali e le spese di consulenza tecnica d’ufficio.
3. La sentenza va confermata nella decisione finale relativa al rigetto delle domande promosse dall’attore, odierno appellante, in quanto il Tribunale ha fatto buongoverno delle risultanze istruttorie (e segnatamente delle prove documentali offerte dall’odierno appellante e dagli odierni appellati) e delle risultanze emerse dalla C.T.U. Ne va invece integrata e in parte modificata la motivazione.
3.1 Va premesso che con ricorso ex art. 702 cpc del 4 luglio 2016, notificato in data 08.10.2016, quale comproprietario unitamente alla moglie di una porzione di un immobile posto in Comune di Modena, INDIRIZZO conveniva in giudizio e quali comproprietari dell’immobile confinante, al fine di ottenere l’accertamento della violazione dell’art. 907 cc e la condanna dei convenuti, odierni appellati, alla rimozione o all’arretramento dell’impianto fotovoltaico con pannelli da essi realizzato sul tetto, alla rimozione dei connessi dissuasori acustici di volatili, al risarcimento del danni cagionatigli dall’impianto fotovoltaico stesso e dai fenomeni derivatine. Nello specifico, l’attore asseriva di essere titolare di una servitù di veduta, costituita per destinazione del padre di famiglia dall’unico costruttore, che aveva, poi, venduto separatamente ciascuna unità immobiliare; che nell’anno 2012 i convenuti installavano un impianto fotovoltaico sul tetto contiguo la porzione immobiliare dell’attore in violazione della distanza prescritta dall’art. 907 cc; che i pannelli fotovoltaici de quibus , oltre a limitare il diritto di veduta laterale ed obliquo e di presa di aria e luce, alteravano il decoro estetico ed architettonico dell’intero edificio e cagionavano dannosi riverberi di luce, creando altresì problemi igienico-sanitari per la presenza di volatili; che venivano installati dissuasori acustici per volatili molesti all’udito.
3.1.2 Si costituivano in giudizio e contestando l’acquisto di servitù per destinazione del padre di famiglia, negando qualsiasi violazione dell’art. 907 cc (in quanto il D.lgs. 115/2008, contenente norme
speciali di riqualificazione energetica, autorizzerebbe per l’installazione di impianti fotovoltaici il mancato rispetto delle distanze legali minime tra gli edifici) e l’alterazione del decoro architettonico (in ragione del simmetrico e identico impianto fotovoltaico installato dai vicini di casa abitanti sul lato opposto a quello del nonché i lamentati problemi igienico-sanitari, sostenendo altresì che, in ogni caso, nessun danno concreto sarebbe stato cagionato all’attore dall’impianto fotovoltaico de quo .
3.1.3 Alla prima udienza del 01.03.2017, il Giudice Dott. NOME COGNOME disponeva il mutamento del rito, da quello sommario a quello ordinario.
3.1.4 All’udienza del 18.01.2018 il Giudice di prime cure ammetteva una Consulenza tecnico d’ufficio nominando l’Ing.
3.1.5 Il CTU, mediante l’elaborato peritale, datato 15.05.2019, ha concluso che:
-non sussiste violazione delle distanze legali, perché trattasi di <> (cfr. ibidem pag. 14), con il rilievo inoltre che <> (cfr. ibidem pag. 10);
-<> (cfr. ibidem pag. 12), atteso inoltre che <> (cfr. ibidem pagg. 1011);
-<> (cfr. ibidem pag. 11) e il fenomeno del riverbero della luce <> (cfr. ibidem pag. 12);
-<> (cfr. ibidem pag. 12).
le spese processuali da loro sostenute e dovute, quelle di consulenza tecnica d’ufficio definitivamente a danno del primo;
c) liquida le spese processuali a oggi sostenute e dovute in 6.200,00 euro di compenso, oltre spese generali e accessori di legge;
d) rigetta le contrarie e diverse domande o eccezioni.>>.
4. L’appellante affida le proprie censure a tre motivi.
4.1 Con il primo motivo , rubricato <> (cfr. Atto di citazione in appello pag. 7), censura la sentenza impugnata nella parte in cui, individuando quale fonte della propria decisione la relazione del C.T.U., ha ritenuto <> (cfr. sentenza impugnata pag. 2) e ha statuito che <> (cfr. ibidem pag. 2).
4.1.1 La censura non è corretta né fondata.
In estrema sintesi l’appellante sostiene che il Giudice di prime cure ha pronunciato la sentenza impugnata con una <> (cfr. Atto di citazione in appello pag. 10) avendo lo stesso <> (cfr. ibidem pag. 8) e alle repliche ed eccezioni svolte dalla difesa del
Secondo costante giurisprudenza della Suprema Corte <> (cfr. Cass. 22 febbraio 2006, n. 3881). Tuttavia, la Suprema Corte ha altresì posto il principio per cui <> (cfr. Cass. 6 maggio 2021, n. 11917; nello stesso senso anche Cass. 6 giugno 2024, n. 15804).
Nel caso de quo , il Giudice di prime cure ha aderito alle conclusioni del CTU ritenendo <> (cfr. sentenza impugnata pag. 2), avendo altresì lo stesso, ad avviso del Tribunale, <> (cfr. ibidem pag. 2).
Il Giudice di prime cure, tuttavia, non ha motivato in ordine al rigetto delle critiche sollevate alla CTU da parte del CTP e dalla difesa dell’odierno appellante, riguardanti nello specifico l’applicabilità al caso di specie dell’art. 11 del D.lgs. 115/2008 , essendosi limitato ad aderire alle conclusioni del CTU sul punto.
La motivazione del Tribunale in merito al rigetto della domanda dell’odierno appellante, tuttavia, non si esaurisce ad una semplice adesione acritica alle risultanze della CTU. Difatti, il Giudice di prime cure, sebbene non si esprima in merito all’applicabilità o meno al caso de quo dell’art. 11 del D.lgs. 115/2008, motiva la sua decisione statuendo altresì che, aldilà delle conclusioni del CTU, l’impianto
fotovoltaico de quo non costituisce costruzione o fabbricato agli effetti dell’art. 907 cc e, pertanto, sulla base anche di tale statuizione, ha rigettato la domanda del Di ciò la difesa dell’appellante è perfettamente conscia tanto da aver dedicato all’argomento il terzo motivo di appello.
4.2 Con il secondo motivo , rubricato <> (cfr. Atto di citazione in appello pag.
11), si censura la sentenza impugnata nella parte in cui, aderendo alle conclusioni del C.T.U., ha dichiarato la legittimità del posizionamento dei pannelli fotovoltaici collocati dagli odierni appellati sul tetto della propria abitazione, fondandosi non sul disposto dell’art. 907 cc bensì <> (cfr. ibidem pag. 11).
4.3 Con il terzo motivo , rubricato <> (cfr. Atto di citazione in appello pag. 16), l’appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui, negando la qualificazione dell’impianto fotovoltaico de quo quale costruzione ma ritenendo lo stesso quale ‘volume tecnico’, ha statuito la non applicabilità dell’art. 907 cc al caso de quo .
4.4 Entrambi i motivi possono essere trattati congiuntamente per l’esistenza di una ratio decidendi di portata dirimente.
4.4.1 Le censure sono infondate.
In sintesi, l’appellante, con l’ultimo motivo si duole del fatto che il Giudice di prime cure, qualificando l’impianto de quo come ‘volume tecnico’ e non costruzione ovvero fabbricato, ha statuito la non riconducibilità dello stesso nella fattispecie disciplinata dall’art. 907 cc. L’appellante sostiene, difatti, che <> (cfr. ibidem pag. 17).
Sostiene che <> (cfr. Atto di citazione in appello pag. 22) e che, nel caso de quo , <> (cfr. ibidem pag. 23).
Secondo costante giurisprudenza della Suprema Corte <> (cfr. Cass. 26 novembre 2012, n. 20886; nello stesso senso anche Cass. 27 novembre 2018, n. 30708). Pertanto, come statuito dal Giudice di prime cure, <> (cfr. sentenza impugnata pag. 2).
In ogni caso ed a tutto voler concedere alla difesa dell’appellante, la Suprema Corte ha affermato il principio per cui <> (cfr. Cass. 9 febbraio 1993, n. 1598 ). La Suprema Corte ha altresì statuito che <> (cfr. Cass. 22 agosto 2013, n. 19429 ; conforme Cass. Sez.
2, Sentenza n. 5764 del 23/03/2004; nello stesso senso anche Cass. 30 gennaio 2008,
n. 2209 in tema d’istallazione di una parete vetrata di sottili dimensioni). Ancora si è ritenuta la necessità di un concreto e comprovato ostacolo all’esercizio di una servitù di veduta anche nel ben più grave caso, rispetto all’odierno, di trasformazione di un tetto in terrazza, per cui <> .
Nel caso de quo , come emerge dalle fotografie allegate dalle parti e dalle conclusioni del CTU, i pannelli de quibus non ostacolano il diritto di veduta dell’appellante in quanto sia l’impianto sia il tetto sul quale è infisso, sono collocati in massima parte (quelli situati su piano parallelo al balcone e molto più distanziati) anche ad una quota leggermente inferiore rispetto al balcone dell’appellante, mentre quelli (tetto+impianto) maggiormente a ridosso del balcone (posti ad una distanza di cm 55/60 ed in parallelo alla naturale inclinazione del muretto divisorio del balcone stesso) sono in buona parte coperti alla vista proprio dalla naturale inclinazione del divisorio. Comunque in ogni caso non ostacolano la veduta fruibile, anche da parte di una persona di media/bassa statura, dal balcone, dal quale la veduta è ampia e soprattutto pressoché quasi del tutto sovrapponibile a quella goduta in precedenza, anche perché l’ispessimento del tetto dovuto all’impianto fotovoltaico comunque fa contenere lo spessore complessivo nei limiti legali. Le foto dimostrano che il leggero ispessimento (inferiore a cm 30) del tetto non preclude l’esercizio del diritto di veduta dell’appellante e certamente è assolutamente escluso ogni perdita di aria e di luce. Come ha, infatti, correttamente evidenziato anche il CTU ‘… le immagini riportate
nelle pagine seguenti e scattate ad altezza d’uomo non sembrano ledere alcuna visuale ‘ (Cfr. pag. 14 della relazione), situazione questa che corrisponde a quanto anche in parte evidenziato dalle fotografie prodotte dalle parti e rilevate dal CTU, da cui emerge chiaramente anche una parziale diversità di quote e piani, per cui non può materialmente e soprattutto seriamente pregiudicare, tenuto conto che l’installazione di un impianto fotovoltaico non misura più di 10 centimetri d’altezza, la servitù di veduta e di presa d’aria di cui gode il fondo dominante.
Pertanto, dato che l’impianto fotovoltaico installato dagli odierni appellati non è idoneo, per sua struttura, ad incidere negativamente sull’esercizio del diritto di veduta dell’odierno appellante, in quanto non vi è compromissione della inspectio e della prospectio , nonché dell’ingresso di aria e luce, la domanda del relativa alla pretesa violazione dell’art. 907 cc, deve essere rigettata.
In ogni caso, quindi, l’appellante ha solamente allegato, senza tuttavia dimostrarlo, una limitazione del proprio diritto e lo stesso deve dirsi anche con riferimento ai lamentati ‘riverberi di luce’, agli asseriti problemi igienico -sanitari causati dalla presenza di volatili e ai rumori ‘molesti all’audito’ causati dai dissuasori acustici per volativi.
Peraltro, la statuizione del Giudice di prime cure concernente anche il rigetto delle domande del relative al risarcimento dei soprarichiamati danni, non essendo stata oggetto di specifica censura in questa sede di gravame, si intende passata in giudicato.
5. S’impone , quindi, il rigetto dell’impugnazione principale e la conferma della sentenza appellata sia pure alla luce delle suddette ulteriori motivazioni nonché la condanna dell’appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano come in dispositivo e che vanno addebitate secondo soccombenza e secondo il corrispondente scaglione di valore indeterminabile basso e tenuto conto della nota spese depositata.
6. Ricorre per l’appellante la sussistenza della previsione dell’art. ART. 13 1 -quater DPR 115/02, come modificato dall’art. 1, comma 17, L. 24 dicembre 2012, n. 228, secondo il quale <>
PQM
La Corte di Appello di Bologna, definitivamente decidendo della causa civile in grado d’appello, ogni diversa e contraria istanza disattesa, respinta o assorbita, così decide:
1. rigetta l’appello principale e per l’effetto conferma la sentenza di primo grado.
2. condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore degli appellati e
che liquida in €. 4.000,00 per compensi, oltre rimborso forfetario ex lege, oltre IVA e CPA se dovuti e nelle aliquote legali.
3. dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. ART. 13 1
-quater DPR 115/02
e del corrispondente obbligo di pagamento a carico della parte appellante di una somma pari all’importo del contributo unificato. Così deciso in Bologna il 07.07.2025
Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME
Il Consigliere Relatore Dott. NOME COGNOME