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Distanza legale tra costruzioni: la terrazza conta?

In un caso di violazione della distanza legale tra costruzioni, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito. È stato stabilito che una terrazza a sbalzo, per la sua stabilità e funzione, deve essere considerata a tutti gli effetti una ‘costruzione’ ai fini del calcolo delle distanze. Il ricorso dei proprietari del nuovo manufatto è stato respinto, consolidando il principio che anche le strutture accessorie rilevano nel rispetto delle normative edilizie e che la determinazione del confine si basa su atti di proprietà e non su semplici mappe catastali.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Distanza Legale tra Costruzioni: Anche la Terrazza Va Considerata

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di distanza legale tra costruzioni: nel calcolo delle distanze non si deve tener conto solo delle pareti perimetrali di un edificio, ma di ogni elemento che ne ampli la consistenza e l’utilità. Questa pronuncia chiarisce come anche una terrazza a sbalzo possa essere qualificata come ‘costruzione’ ai fini del rispetto delle normative urbanistiche, risolvendo una controversia tra proprietari confinanti.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla citazione in giudizio di una coppia di coniugi da parte della proprietaria di un immobile confinante. L’attrice lamentava che i vicini avessero realizzato un manufatto in violazione della distanza legale di dieci metri tra fabbricati e di cinque metri dal confine, come previsto dallo strumento urbanistico locale. Oltre a ciò, contestava la costruzione di un muro che sconfinava nella sua proprietà.

L’attrice chiedeva quindi la demolizione delle opere illegittime (fabbricato, balconate e vedute), il risarcimento dei danni, la determinazione esatta del confine e la restituzione della porzione di terreno indebitamente occupata.

Le Decisioni di Primo e Secondo Grado

Il Tribunale di primo grado, avvalendosi di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), accoglieva le richieste dell’attrice. Condannava i convenuti ad arretrare il loro fabbricato di dieci metri, accertava il confine tra le proprietà e ordinava la restituzione di oltre 22 mq di terreno occupato illegittimamente.

I coniugi soccombenti proponevano appello, ma la Corte d’Appello confermava integralmente la sentenza di primo grado. I giudici d’appello sottolineavano due punti cruciali:
1. Correttezza del calcolo della distanza: La distanza era stata correttamente misurata non dalla parete dell’edificio dell’attrice, ma dalla sua terrazza a sbalzo. Quest’ultima, essendo una struttura accessoria con caratteristiche di consistenza e stabilità, destinata ad ampliare l’edificio, andava considerata come parte della costruzione.
2. Correttezza della determinazione del confine: Il confine era stato individuato basandosi non su semplici mappe catastali, ma su un atto di cessione e divisione del 1982, confrontato con lo stato dei luoghi.

Il Ricorso in Cassazione e la questione della distanza legale tra costruzioni

Insoddisfatti, i coniugi ricorrevano in Cassazione, sollevando due motivi principali. Con il primo, criticavano l’operato del CTU, accusandolo di non aver svolto adeguatamente gli accertamenti. Con il secondo, sostenevano erroneamente che l’azione della vicina fosse una actio negatoria servitutis non trascritta e che la decisione si basasse solo su dati catastali privi di efficacia probatoria.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarandoli inammissibili e infondati.

Sul primo punto, i Giudici hanno chiarito che una critica generica alla diligenza professionale del consulente tecnico non costituisce un valido motivo di ricorso. La Corte ha inoltre ribadito la correttezza della decisione di merito: la terrazza, avendo caratteri di solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, e essendo destinata ad estendere la consistenza del fabbricato, è stata correttamente qualificata come ‘costruzione’. Pertanto, la distanza legale tra costruzioni andava misurata a partire da essa.

Sul secondo motivo, la Suprema Corte ha specificato la natura delle azioni intraprese dalla proprietaria. Non si trattava di una actio negatoria servitutis, ma di un’azione per far rispettare le distanze legali combinata con un’azione di regolamento di confini. In questo contesto, l’eventuale mancata trascrizione della domanda giudiziale è irrilevante tra le parti in causa. Inoltre, è stato confermato che il confine non è stato determinato sulla base di semplici risultanze catastali, ma su un titolo di proprietà valido (l’atto di divisione del 1982), come correttamente evidenziato dalla CTU.

Conclusioni

La decisione della Cassazione consolida due importanti principi del diritto immobiliare. In primo luogo, la nozione di ‘costruzione’ ai fini del calcolo delle distanze legali è ampia e include tutti gli elementi edilizi che, per stabilità e funzione, estendono l’ingombro di un fabbricato, come terrazze e balconate. In secondo luogo, nelle azioni di regolamento di confini, i titoli di proprietà prevalgono sulle semplici mappe catastali, che hanno un valore meramente sussidiario. Questa ordinanza rappresenta un monito per chi costruisce: ogni elemento, anche accessorio, deve rispettare le normative per evitare costose demolizioni e contenziosi.

Cosa si intende per ‘costruzione’ ai fini del calcolo della distanza legale tra edifici?
Secondo la Corte, per ‘costruzione’ si intende non solo l’edificio principale, ma anche qualsiasi struttura accessoria che presenti caratteri di solidità, stabilità, immobilizzazione al suolo e sia destinata a estendere e ampliare la consistenza del fabbricato. Una terrazza a sbalzo rientra in questa definizione.

Come viene stabilito il confine tra due proprietà se non è chiaramente visibile?
In assenza di un confine di fatto riconosciuto da entrambe le parti, il giudice lo determina sulla base dei rispettivi titoli di proprietà, come un atto di compravendita o di divisione. Le risultanze catastali hanno un valore probatorio secondario e possono essere utilizzate solo in mancanza di altri elementi.

È sufficiente criticare l’operato del consulente tecnico del giudice (CTU) per vincere un ricorso in Cassazione?
No. La Corte ha stabilito che una critica generica alla diligenza professionale del CTU non è un vizio della sentenza. Per contestare efficacemente una decisione basata su una CTU, è necessario individuare uno specifico errore logico o giuridico nel ragionamento del giudice che ha fatto proprie le conclusioni del consulente, e non limitarsi a lamentare una presunta negligenza dell’ausiliario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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