Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25098 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25098 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7541/2020 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) per procura in calce al ricorso,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME
(CODICE_FISCALE) per procura in calce al controricorso, -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO n.1246/2019 depositata il 15.7.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ Consigliere NOME COGNOME.
dell’AQUILA 11.9.2024 dal
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex artt. 696 e 696 bis c.p.c. NOME NOME, proprietario di un immobile ad uso abitativo in RAGIONE_SOCIALE, località San Martino, chiedeva l’accertamento, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE lo stato dei luoghi, del la mancanza di correttezza dell’iter di realizzazione di una nuova strada di collegamento al Campus denominato Villaggio Mediterraneo ubicato fuori dall’abitato cittadino per i giochi svoltisi nel 2009, da parte dell’ente pubblico, per violazione della distanza legale di 30 metri rispetto al suo fabbricato, imposta dall’art. 26 comma 2° del regolamento di attuazione del codice della strada (D.P.R. n.495/1992), risultando una distanza effettiva di m 14,50.
Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE eccepiva il difetto di giurisdizione in favore del Giudice Amministrativo e nel merito sosteneva l’insussistenza della violazione della distanza legale.
Il CTU nominato, AVV_NOTAIO. COGNOME, qualificava la strada in questione come strada urbana di scorrimento di tipo D, con distanza legale imposta di 20 metri a fronte di una distanza effettiva di m 14,50 e quantificava il danno subito dal NOME in € 23.674,00, mentre il CTP del RAGIONE_SOCIALE osservava che per le sue caratteristiche ed in base a quanto indicato nel Decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti del 5.11.2001 n. 6792 la strada doveva essere qualificata come strada extraurbana secondaria di tipo C2, per la quale l’art.
26 comma 3° del D.P.R. 16.12.1992 n. 495 prevedeva una distanza legale di 10 metri.
Falliti i tentativi di composizione bonaria in sede di procedimento di istruzione preventiva, il COGNOME intraprendeva contro il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE un procedimento sommario ex art. 702 bis c.p.c., sempre davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, per fare accertare la violazione della distanza legale della strada in questione dal suo fabbricato, e chiedendo, qualora il risarcimento danni in forma specifica fosse risultato troppo oneroso, la condanna del comune convenuto al risarcimento dei danni subiti, quantificati in € 135.925,27 ed al rimborso delle spese di CTU.
Si costituiva nel giudizio di primo grado il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che eccepiva nuovamente il difetto di giurisdizione, e nel merito chiedeva il rigetto delle domande avversarie sollecitando l’acquisizione di chiarimenti da parte del AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO secondo le osservazioni critiche già mosse dal suo CTP nel procedimento d’istruzione preventiva.
Disposta l’acquisizione del fascicolo dell’accertamento tecnico preventivo, e di chiarimenti e la stima dei danni subiti dal ricorrente, il CTU AVV_NOTAIO. COGNOME veniva autorizzato ad astenersi per la sopravvenienza di una causa d’incompatibilità col RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, ed il CTU nominato in sostituzione, AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME, qualificava la strada come extraurbana secondaria, di tipo C, perché posta al di fuori del centro abitato, ma su un’area in cui erano presenti strumenti programmatori, ritenendo quindi applicabile non la distanza legale di 30 metri, ma quella di 10 metri prevista dall’art. 26 comma 4° ( rectius 3°) del D.P.R. 16.12.1992 n. 495.
Disposta la conversione del rito da sommario ad ordinario e concessi i termini ex art. 183 c.p.c., il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE con la sentenza n. 523/2014 del 17.7/25.8.2014 rigettava l’eccezione di difetto di giurisdizione, qualificava la strada come extraurbana
secondaria, ma discostandosi dalla CTU COGNOME in quanto dalle foto prodotte risultava che palesemente il fabbricato del ricorrente era ubicato fuori dal centro abitato in una zona non urbanizzata, per cui gli strumenti urbanistici (il PRG del 1974 ed il piano attuativo PAC) non avevano avuto concreta attuazione, riteneva applicabile la distanza legale di 30 metri prevista dall’art. 26 comma 2° del D.P.R. 16.12.1992 n. 495, e non quella di 10 metri, prevista dal comma successivo, e pertanto condannava il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE al risarcimento per equivalente in favore di COGNOME NOME, quantificato in € 47.348,00 oltre accessori e spese di lite.
Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che riproponeva l’eccezione di difetto di giurisdizione, e nel merito chiedeva di qualificare la strada come extraurbana secondaria, ma ricadente su un’area per la quale erano presenti strumenti di programmazione urbanistica, peraltro ampiamente rispettati sia per la costruzione della strada che per la costruzione dello stesso fabbricato del NOME, per cui andava applicata la distanza legale di 10 metri prevista dall’art. 26 comma 3° del D.P.R. 16.12.1992 n. 495, come peraltro indicato dal AVV_NOTAIO, con conseguente infondatezza delle doglianze del NOME, dal momento che la distanza minima riscontrata tra il suo fabbricato e la strada era stata di m 14,80.
Si costituiva in secondo grado il COGNOME, che ribadiva la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario e chiedeva il rigetto dell’impugnazione.
La Corte d’Appello dell’Aquila, con la sentenza n. 1246/2019 del 10/15.7.2019, confermava la giurisdizione del giudice ordinario, poi, ed accogliendo nel merito l’appello del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, riformava la sentenza di primo grado, qualificando la strada, sulla base della CTU AVV_NOTAIO, come extraurbana secondaria di cat. C, ad una carreggiata con una corsia per ciascun senso di marcia, ma
ricadente in area edificabile o trasformabile secondo gli strumenti di programmazione urbanistica (il PRG del 1974 ed il programma attuativo PAC del 1995), attuati con la costruzione della strada e dello stesso fabbricato del NOME, e quindi soggetta, ai sensi dell’art. 26 comma 3° del D.P.R. 16.12.1992 n. 495, alla distanza legale di 10 metri, che in effetti era stata rispettata, e non a quella di 30 metri, e rigettando quindi la domanda risarcitoria del NOME, che veniva altresì condannato alla restituzione di quanto incassato in esecuzione della sentenza di primo grado.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso a questa Corte, il NOME affidandosi a due motivi, contrastati dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Premessa la formazione del giudicato interno sulla questione di giurisdizione, non più riproposta, col primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n.3) c.p.c., l’erronea e/o falsa applicazione degli articoli 2 e 16 del D.Lgs. 30.4.1992 n. 285, degli articoli 3, 4 e 16 del Codice della Strada, dell’art. 26 comma 2° del regolamento di attuazione del codice della strada e degli articoli 234 del D. Lgs. n. 285/1992 e dell’art. 11 comma 3° della L. n. 1150/1942.
Lamenta il ricorrente che la Corte d’Appello ha applicato l’art. 26 comma 3° del D.P.R. 16.12.1992 n. 495, e quindi la distanza legale delle strade dalle costruzioni di 10 metri, prevista per le strade extraurbane secondarie ad un’unica carreggiata con banchine ricadenti su aree interessate da strumenti di programmazione urbanistica, e non quella di 30 metri, altrimenti prevista dal secondo comma di quell’articolo per le strade extraurbane secondarie, non considerando che gli interventi urbanistici previsti da quegli strumenti non erano stati attuati e che essi avevano conseguentemente perso di validità, e sottolinea che se l’art. 26
comma 3° citato fosse ritenuto applicabile a prescindere dall’attuazione degli strumenti di programmazione urbanistica che ne prevedano l’edificabilità, o la trasformabilità, non si avrebbe uno sfruttamento urbanistico razionale delle zone interessate.
Aggiunge il ricorrente che il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE si era giustamente discostato dalle conclusioni del AVV_NOTAIO, proprio in quanto dalle foto prodotte risultava che il fabbricato del COGNOME ricadeva in una zona che era rimasta rurale, e non era stata urbanizzata nonostante le astratte previsioni degli strumenti urbanistici, zona non qualificabile come centro abitato secondo la nozione dell’art. 3 del Codice della Strada (‘ Insieme di edifici, delimitato lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e fine. Per insieme di edifici si intende un raggruppamento continuo, ancorché intervallato da strade, piazze, giardini o simili, costituito da non meno di venticinque fabbricati e da aree di uso pubblico con accessi veicolari o pedonali sulla strada’ ).
Rileva poi il ricorrente che in base al disposto dell’art. 234 del D. Lgs. n. 285 del 1992, trattandosi di un’area al di fuori del centro abitato, e non essendosi provveduto alla classificazione della strada prevista dall’art. 2 comma 2 del Codice della Strada, dovevano continuare ad osservarsi le distanze minime nell’edificazione rispetto alle strade previste dal D.M. 1.4.1968, e quindi nella specie la distanza di 30 metri.
Il primo motivo è infondato per la parte in cui lamenta la mancata sussunzione della strada in questione nella previsione dell’art. 26 comma 2° del D.P.R. 16.12.1992 n. 495, anziché in quella del terzo comma dello stesso articolo.
E’ stato accertato in fatto, sulla scorta della CTU AVV_NOTAIO, che la strada di collegamento della città di RAGIONE_SOCIALE col Campus denominato Villaggio Mediterraneo ubicato fuori dall’abitato cittadino per i giochi svoltisi nel 2009 è una strada extraurbana ad una carreggiata con una corsia per senso di marcia e banchine di tipo
C, e non una strada urbana, per cui le considerazioni svolte dal ricorrente sulla nozione di centro abitato dell’art. 3 del Codice della Strada al fine di escludere la qualificabilità come centro abitato della zona in cui sorgono il fabbricato di COGNOME NOME e la strada contestata risultano superflue, dato che le distanze legali delle costruzioni dalle strade variano anzitutto a seconda che si tratti di strade urbane, o extraurbane, e poi anche a seconda del tipo di strada, e che nella specie non vi è contestazione sul fatto che venga in rilievo una strada extraurbana secondaria.
L’art. 26 comma 2° del D.P.R. 16.12.1992 n. 495, intitolato ‘ Fasce di rispetto fuori dai centri abitati ‘ stabilisce che ‘ Fuori dai centri abitati, come definiti ai sensi dell’articolo 4 del codice, le distanze dal confine stradale, fuori dai centri abitati, da rispettare nelle nuove costruzioni, nelle ricostruzioni conseguenti a demolizioni integrali o negli ampliamenti fronteggianti le strade non possono essere inferiori a: a) 60 m per strade di tipo A); b) 40 m per strade di tipo B; c) 30 m per strade di tipo C; d) 20 m per strade di tipo F, ad eccezione delle strade vicinali come definite dall’art. 3 comma 1, n. 52 del codice; e) 10 m per le strade vicinali di tipo F’.
Occorre però tener presente, che la norma speciale del successivo comma terzo dell’articolo in esame, prevede distanze legali ridotte per le strade di tipo A), B) e C), nell’ipotesi in cui esse ricadano in zone previste come edificabili, o trasformabili dallo strumento urbanistico generale, ove detto strumento sia suscettibile di attuazione diretta, ovvero se per tali zone siano già esecutivi gli strumenti urbanistici attuativi.
Stabilisce infatti l’art. 26 comma 3° del D.P.R. 16.12.1992 n. 495 che ‘ Fuori dai centri abitati, come delimitati ai sensi dell’articolo 4 del codice, ma all’interno delle zone previste come edificabili o trasformabili dallo strumento urbanistico generale, nel caso che detto strumento sia suscettibile di attuazione diretta, ovvero se per tali zone siano già esecutivi gli strumenti urbanistici attuativi, le
distanze dal confine stradale, da rispettare nelle nuove costruzioni, nelle ricostruzioni conseguenti a demolizioni integrali o negli ampliamenti fronteggianti le strade, non possono essere inferiori a: a) 30 m per le strade di tipo A (Autostrade) ; b) 20 m per le strade di tipo B (Strade extraurbane principali) ; 10 m per le strade di tipo C) (Strade extraurbane secondarie) .
Ne deriva che correttamente l’impugnata sentenza ha ricondotto la strada extraurbana secondaria ad un’unica carreggiata con una corsia per lato e banchine, classificata come di tipo C, alla previsione speciale dell’art. 26 comma 3° del D.P.R. 16.12.1992 n. 495, e non a quella generale del precedente comma secondo, in quanto sulla base della CTU COGNOME ha rilevato che la zona era ricompresa nel PRG del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del 1974 e nel piano particolareggiato attuativo (PAC) del 1995, e che quest’ultimo era risultato esecutivo, tanto che in base ad esso erano avvenute sia la costruzione della strada, sia quella del fabbricato dello stesso COGNOME NOME, che altrimenti non avrebbe ottenuto l’autorizzazione alla costruzione a quella distanza dalla strada medesima, circostanza quest’ultima sulla quale parte ricorrente significativamente sorvola.
A fronte di tale accertamento di fatto, non sindacabile in questa sede, non può il ricorrente invocare le fotografie dello stato dei luoghi e l’inconferente nozione di centro abitato, per sostenere, in contrasto con quell’accertamento e per di più in sede di legittimità, che la zona percorsa dalla strada contestata in prossimità del suo fabbricato sarebbe rimasta una zona rurale non urbanizzata e che le previsioni degli strumenti urbanistici sarebbero rimaste dei meri auspici, né può sostenere per la prima volta in questa sede che i suddetti strumenti urbanistici avessero perso di validità perché non tempestivamente attuati all’epoca della costruzione della strada.
Non compete poi a questa Corte, ma al legislatore, individuare i presupposti applicativi delle distanze legali delle costruzioni dalle
strade a seconda della loro tipologia, ed all’art. 26 comma 3° del D.P.R. 16.12.1992 n. 495 il legislatore ha ritenuto che la ridotta distanza legale di dieci metri per le strade extraurbane secondarie si giustifichi quando esse ricadano nel perimetro del PRG ed esso sia direttamente attuabile, o quando vi sia già uno strumento urbanistico attuativo esecutivo, senza richiedere ulteriormente che gli strumenti programmatici urbanistici esecutivi abbiano anche ricevuto una determinata percentuale di effettiva attuazione.
Del tutto nuova ed inammissibile è l’argomentazione, per la prima volta prospettata in questa sede, secondo la quale, non essendo intervenuta la classificazione della strada, sarebbero state applicabili nella specie le distanze minime nell’edificazione rispetto alle strade previste dalla previgente disciplina del D.M. 1.4.1968, e quindi e la distanza di 30 metri. Si tratta infatti di un’argomentazione che si basa sul fatto nuovo e non oggetto di accertamento davanti ai giudici di merito dell’esistenza, o meno della classificazione della strada in questione, accertamento che evidentemente non può aver luogo in sede di legittimità.
Col secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., l’ error in iudicando che sarebbe stato commesso dalla Corte d’Appello in relazione agli articoli 26 del del D.P.R. 16.12.1992 n. 495, agli articoli 1 e 4 del D.M. n.1404/1968, all’art. 41 della L. n. 1150/1942 ed al D.P.R. n.380/2001.
Si duole il ricorrente, oltre a contestare in modo inconferente rispetto all’oggetto del giudizio, l’esistenza di un titolo legittimo di realizzazione della strada oggetto di causa, che l’impugnata sentenza non avrebbe tenuto conto che le previsioni di piano poste a base della decisione (quindi del PRG del 1974 del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e del programma attuativo PAC del 1995) non avrebbero riguardato la zona sulla quale era stato realizzato il nuovo tracciato
viario, e che la strada era stata realizzata oltre dieci anni dopo il fabbricato del ricorrente.
Il motivo è inammissibile quanto al profilo dell’asserita estraneità della zona di realizzazione della strada contestata agli strumenti programmatici urbanistici rappresentati dal PRG del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del 1974 e dal programma attuativo PAC del 1995, trattandosi di questione del tutto nuova che richiederebbe verifiche di fatto che non possono aver luogo in questa sede, e per di più di questione contrastante con l’accertamento in punto di fatto già compiuto dalla Corte d’Appello aquilana sulla base della AVV_NOTAIO, secondo il quale in realtà sia la costruzione della strada, sia quella del fabbricato del NOME erano stati assentiti proprio sulla base del PAC del 1995.
Quanto alla circostanza che la strada contestata sia stata costruita oltre dieci anni dopo la realizzazione del fabbricato del ricorrente, lo stesso non ha indicato in quale atto avrebbe prospettato tale circostanza, né ha spiegato il rilievo della medesima, poiché la fascia di rispetto tra strade e costruzioni ha una dimensione che prescinde dal criterio della prevenzione.
Il ricorso va quindi respinto, ed in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, in favore del RAGIONE_SOCIALE.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l’art. 13, comma 1quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate nella somma di € 200,00 per spese e di € 4.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Visto l’art. 13 comma 1 -quater del D.P.R. 30.5.2002 n. 115 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’11.9.2024