Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5590 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5590 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5688/2019 R.G. proposto da :
DE COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME ESTERITA e COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n.7506/2018 depositata il 26/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con citazione del 2003, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME convenivano innanzi al Tribunale di Velletri COGNOME NOME e COGNOME Bruno.
Gli attori deducevano di essere proprietari di un terreno sito in Genzano di Roma, sul quale dal 2002 stavano edificando un fabbricato bifamiliare, confinante con un lotto di proprietà di COGNOME Franca e COGNOME Bruno. I convenuti avevano edificato nel 1973, sul proprio terreno, un fabbricato ad uso abitativo in comproprietà, che nel 1982 avevano provveduto ad ampliare, in violazione della distanza legale di cinque metri dal confine prevista dalla normativa locale (art. 11 delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Genzano di Roma integrativo dell’art. 873 cod. civ.), rientrando il fabbricato nel piano di lottizzazione ‘Ville di Nemi’, sottozona ‘D/6’.
Alla luce di quanto sopra, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME chiedevano l’accertamento della violazione della distanza legale, e la conseguente condanna alla demolizione delle porzioni di fabbricato erette a distanza inferiore a 5 metri dal confine con la proprietà attorea.
COGNOME Bruno si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea, mentre COGNOME NOME rimaneva contumace.
Nelle conclusioni della citazione, per mero errore materiale, si indicava come destinatario della richiesta di demolizione solo il convenuto, anziché i convenuti comproprietari del fabbricato ampliato, e pertanto, con memoria ex art. 183, comma 6° n. 1) c.p.c. gli attori precisavano che le conclusioni erano da intendersi riferite non solo al convenuto costituito COGNOME COGNOME ma anche alla convenuta contumace COGNOME chiedendo la
concessione di termine per la notifica della memoria di precisazione della domanda alla contumace COGNOME se ritenuto necessario.
Con sentenza n. 999/2011, il Tribunale di Velletri, previo espletamento di CTU, in accoglimento della domanda di parte attrice, accertava la violazione della distanza legale di cinque metri dal confine prevista dalla normativa locale, e ordinava la demolizione delle porzioni di fabbricato realizzate in ampliamento dai convenuti in violazione di tale distanza, ponendo le spese di lite e di CTU a carico dei convenuti in solido.
Avverso detta sentenza proponevano appello COGNOME Bruno e COGNOME Franca, sostenendo la nullità del giudizio e della sentenza di primo grado, per violazione del principio del contraddittorio, asserendo che la domanda di demolizione fosse stata avanzata solo nei confronti del COGNOME. Inoltre, gli appellanti lamentavano che il Tribunale non avesse adeguatamente tenuto in considerazione le osservazioni critiche mosse dal loro CTP in particolare sulla normativa locale applicabile, e che fosse stata valutata erroneamente la CTU, sollecitandone la rinnovazione e chiedendo di ordinare l’esibizione del piano di lottizzazione ‘Ville di Nemi’ al Comune di Genzano di Roma e/o alla Regione Lazio e/o al Consorzio Ville di Nemi, ai sensi degli artt. 210-213 c.p.c., concludendo in subordine per il rigetto delle domande degli attori accolte in primo grado.
Gli appellati si costituivano in secondo grado, chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza gravata, opponendosi alle istanze istruttorie formulate dagli appellanti.
Dichiarata l’interruzione del processo per l’intervenuto decesso di COGNOME NOME, e riassunto il giudizio da COGNOME NOME nei confronti delle eredi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME le predette restavano contumaci.
Con sentenza n. 7506/2018 del 17.10/26.11.2018, la Corte d’Appello di Roma, dopo avere acquisito chiarimenti dal CTU
nominato in primo grado sulla base delle osservazioni critiche di parte appellante, rigettava l’impugnazione, condannando COGNOME Bruno al pagamento delle spese processuali di secondo grado in favore degli appellati costituiti e delle spese di CTU.
In particolare, la Corte territoriale rilevava la ritualità della notifica della citazione nei confronti della COGNOME, potendosi tutt’al più qualificare l’omessa menzione della stessa nelle conclusioni dell’atto introduttivo come mero errore materiale, peraltro emendato nella memoria ex art. 183, comma 6° n.1) c.p.c. degli originari attori, e sulla base dei chiarimenti resi dal CTU, riteneva infondate le censure mosse circa la distanza dal confine applicabile, ed in ordine all’asserita natura completamente interrata del fabbricato degli appellanti, che in quanto tale non sarebbe stato assoggettabile alla normativa sulle distanze legali, ma che dagli accertamenti compiuti dall’ausiliario era risultato almeno in parte fuori terra.
Avverso tale sentenza, COGNOME NOME ha proposto ricorso a questa Corte, articolato su sei motivi, mentre COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno resistito con controricorso; sono rimaste intimate COGNOME NOME e COGNOME NOME, eredi di COGNOME NOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 ) Col primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 5) c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il CTU avrebbe disatteso il quesito n. 1 formulato dalla Corte d’Appello, con il quale si domandava di valutare la fondatezza delle osservazioni dell’appellante e del suo CTP in relazione a un differente calcolo della distanza minima del fabbricato dal confine, rispetto a quanto previsto nella relazione del CTU. In specie, quest’ultimo avrebbe omesso di:
individuare le norme che disciplinano le distanze tra confini ( rectius dei fabbricati dai confini), con riguardo alla Zona ‘D’, Sottozona ‘D/6’ del piano di lottizzazione ‘Ville di Nemi’, avendo desunto la distanza minima di cinque metri dal confine, in assenza di specifiche disposizioni della sottozona D/6, dalle previsioni relative ad altre sottozone della zona D, e rimandando al D.M. 1444/1968, che disciplina però le distanze tra fabbricati e non dal confine;
valutare il progetto ‘Variante 2’, approvato dal Comune di Genzano di Roma a favore dei precedenti proprietari del fondo dei convenuti nel 1975, e depositato in atti, il quale prevedeva una distanza minima tra il fabbricato di proprietà COGNOME ed il confine degli originari attori di 4,50 metri.
2 ) Col secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 5) c.p.c., l’omesso esame della definizione di ‘ distacco dai confini ‘ contenuta nell’art. 23 del regolamento edilizio comunale. Il CTU avrebbe reso i propri chiarimenti al quesito n. 2, formulato dalla Corte d’Appello, in contrasto con la normativa citata, la quale definisce la distanza dal confine come quella tra la proiezione del fabbricato, misurata nei punti di massima sporgenza, e la linea di confine. Il ricorrente asserisce che, ricadendo la proiezione della parete nel proprio fondo, la contestata edificazione sarebbe stata realizzata nel rispetto della normativa in materia di distanze dal confine.
3 ) Col terzo motivo il ricorrente censura la pronuncia della Corte di Appello, in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 5) c.p.c., per omessa valutazione dello stato dei luoghi e della definizione di piano interrato contenuta nel regolamento edilizio comunale del Comune di Genzano di Roma all’art. 3 commi H8 e H9. Il Giudice a quo , in adesione alla CTU, avrebbe considerato il garage del ricorrente come seminterrato, e non interrato, senza verificare lo stato dei luoghi, basandosi su misurazioni dei tecnici di parte. In
particolare, la Corte non avrebbe valutato che detto garage è separato dal restante seminterrato da un’intercapedine, che sarebbe stato realizzato al di sotto del preesistente piano di campagna e che la sua proiezione ricadrebbe all’interno del lotto del ricorrente.
4 ) Col quarto motivo si lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1°, n.5) c.p.c., l’omessa valutazione della decadenza delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. approvato con D.M. 6911/72 a fronte della sopravvenuta variante generale del P.R.G. n. 95/1997, approvata con delibera 615/2005 e delle relative norme tecniche di attuazione. Il CTU, nel rispondere al quesito n. 4, avrebbe richiamato solo l’art. 75 delle norme tecniche di attuazione della variante, secondo il quale le norme regolamentari in contrasto con la variante al PRG erano sostituite dalle norme della variante sulle previsioni urbanistiche e di assetto e del territorio, omettendo di rilevare che l’art. 76 delle norme tecniche di attuazione della variante aveva riconosciuto la validità delle concessioni edilizie rilasciate in data anteriore all’adozione della variante, anche se in contrasto con le norme sopravvenute, purché i lavori di edificazione fossero iniziati prima di detta adozione.
5 ) Col quinto motivo si duole relazione all’art. 360, comma 1°, n.3) c.p.c. la falsa applicazione degli artt. 183 e 102 c.p.c.. Il ricorrente, sostiene la nullità del giudizio di primo grado e della sentenza conclusiva del Tribunale di Velletri, reiterando la censura non accolta in appello, lamentando che la mancata formulazione di conclusioni nei confronti di COGNOME COGNOME nell’originario atto di citazione, non poteva essere sanata con la memoria ex art. 183, comma 6° n. 1) c.p.c., essendo stata in essa proposta una domanda nuova nei confronti della contumace COGNOME COGNOME che necessitava, pertanto, di notificazione alla stessa ex art. 292 c.p.c., a garanzia del di lei diritto di difesa. Inoltre, il ricorrente evidenzia la sua legittimazione a far valere tale vizio, in relazione alla nullità
della sentenza di primo grado che ne derivava, per via della pretermissione della litisconsorte necessaria COGNOME NOMECOGNOME che al giudizio doveva necessariamente partecipare, in quanto era stata chiesta la demolizione di un fabbricato di proprietà comune, e censura, sotto questo profilo, l’impugnata sentenza, per avere affermato invece che solo la COGNOME avrebbe potuto fare valere, quale diretta interessata, il vizio in questione.
6 ) Col sesto motivo il ricorrente contesta la pronuncia di appello relativamente alla sua condanna alle spese processuali di secondo grado, per circa € 8.000,00, ritenuta punitiva, in relazione al valore della causa dichiarato di € 20.000,00, ed al fatto che a seguito dell’impugnazione la Corte d’Appello aveva comunque ritenuto necessario procedere all’invocato approfondimento istruttorio, convocando il CTU officiato in primo grado a chiarimenti.
7 ) Preliminarmente va respinta l’eccezione d’improcedibilità del ricorso sollevata dai controricorrenti ex art. 369 comma 2° c.p.c., atteso che i ricorrenti hanno depositato la copia della sentenza impugnata corredata dalla relata di notifica a mezzo pec il 4.12.2018.
8 ) Passando all’esame dei motivi, v a innanzitutto esaminato per ragioni di priorità logica, il quinto motivo di ricorso, inerente alla riproposta questione procedurale dell’asserita nullità del procedimento di primo grado e della conseguente sentenza del Tribunale di Velletri, che sarebbe derivata dal fatto che nell’originario atto di citazione la demolizione del fabbricato dei convenuti per violazione della distanza legale dal confine era stata richiesta solo nei confronti del convenuto e non dei convenuti, e che solo nella memoria ex art. 183 comma 6° n.1) c.p.c. gli originari attori avevano precisato che tale domanda non doveva intendersi rivolta solo contro il convenuto costituito COGNOME COGNOME, ma anche contro la convenuta comproprietaria, COGNOME COGNOME
Tale motivo é infondato, in quanto la Corte d’Appello ha correttamente respinto l’eccezione, evidenziando che gli attori nell’atto di citazione, a pagina 3 riga 6, avevano dato atto che l’immobile confinante era in comproprietà tra i convenuti COGNOME NOME e COGNOME Franca, che lo stesso violava le distanze legali e che avevano interesse a che il Tribunale ne ordinasse la demolizione ai convenuti per la parte realizzata a distanza non legale, per cui la circostanza che nelle conclusioni della citazione, per un mero errore materiale, un banale refuso, fosse stato chiesto di ordinare al convenuto, anziché ai convenuti, la demolizione della porzione di manufatto edificata illegittimamente, non mutava certo il contenuto sostanziale della pretesa ab origine fatta valere, diretta nei confronti di entrambi i comproprietari di quel manufatto. La Corte d’Appello ha poi evidenziato che comunque tale errore era stato emendato nella memoria ex art. 183 comma 6° n. 1) c.p.c., chiarendo che la domanda di demolizione del fabbricato posto a distanza non legale dal confine era rivolta sia contro il convenuto costituito COGNOME COGNOME che contro la comproprietaria COGNOME NOMECOGNOME ed aggiungendo che quest’ultima aveva fin dall’inizio ricevuto a mani proprie la notifica dell’atto di citazione, decidendo di rimanere contumace, anziché esercitare il suo diritto di difesa.
9 ) Passando ora all’esame del primo, secondo e quarto motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente perché tutti relativi alla normativa sulle distanze legali applicabile nel caso di specie, occorre tener conto che nel nostro sistema processuale non si richiedono formule sacramentali nella formulazione dei motivi di ricorso, essendo stato affermato dalla sentenza n. 32415 del 14.9.2021 delle sezioni unite di questa Corte che ” il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e circoscritto dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito; ne consegue che il
motivo (o i motivi, il che è lo stesso) del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c. ” ( ex multis , anche Cass. 22.9.2014 n. 19959), e che tuttavia, ” il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi; pertanto, pur non essendo decisivo il testuale e corretto riferimento a una delle cinque previsioni di legge, è tuttavia indispensabile che il motivo individui con chiarezza il vizio prospettato nel rispetto della tassativa griglia normativa ” (vedi anche Cass. n.17470/2018).
Nella specie il ricorrente ha lamentato specificamente che l’impugnata sentenza, limitandosi a richiamare la relazione a chiarimenti del CTU, che ha apoditticamente confermato che la distanza dal confine per i fabbricati sarebbe stata di cinque metri, non abbia individuato le norme che disciplinavano le distanze dei fabbricati dal confine, con riguardo alla Zona ‘D’, Sottozona ‘D/6’ del piano di lottizzazione ‘Ville di Nemi’, avendo l’ausiliario desunto la distanza minima di cinque metri dal confine, in assenza di specifiche disposizioni della sottozona D/6, dalle previsioni relative ad altre sottozone della zona D, rimandando per il resto al D.M. 1444/1968, che disciplina però le distanze tra fabbricati e non dal confine.
Il ricorrente ha poi lamentato che a favore dei precedenti proprietari nel 1975 era stata autorizzata dal Comune di Genzano di Roma la costruzione ad una distanza di 4,50 metri dal confine; che l’art. 23 delle norme tecniche di attuazione della variante
generale al PRG pubblicata il 10.9.2005 rapportava la distanza dal confine all’altezza dell’edificio, e non ad una distanza minima assoluta, ponendosi quindi come norma sopravvenuta più favorevole che nella specie escludeva l’esistenza di una violazione sanzionabile con la demolizione del fabbricato; che infine non é stata considerata la decadenza delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Genzano di Roma approvato col D.M. 6911/72, a fronte della sopravvenuta variante generale del P.R.G. n.95/1997, approvata con delibera 615/2005 e delle relative norme tecniche di attuazione.
In realtà in materia di distanze legali vale il principio iura novit curia poiché ” le prescrizioni dei piani regolatori generali e degli annessi regolamenti comunali edilizi che disciplinano le distanze nelle costruzioni, anche con riguardo ai confini, sono integrative del codice civile ed hanno, pertanto, valore di norme giuridiche (anche se di natura secondaria), sicché il giudice, in virtù del principio “iura novit curia”, deve acquisirne diretta conoscenza d’ufficio, quando la violazione di queste sia dedotta dalla parte” (vedi in tal senso Cass. 5.2.2020 n. 2664; Cass. 15.6.2010 n. 14446), sicché la Corte d’Appello, a fronte delle lacunose ed inadeguate risposte fornite dal CTU ai quesiti di chiarimento posti, anziché limitarsi a richiamare le risultanze della CTU a sostegno del confermato ordine di demolizione del fabbricato, avrebbe dovuto individuare esattamente quale fosse la normativa locale applicabile al fabbricato di COGNOME Bruno e COGNOME nella zona in cui esso si trovava all’epoca dell’ampliamento in contestazione, e se ad essa fosse subentrata una normativa locale più favorevole ostativa all’invocata demolizione del fabbricato.
Si rende quindi necessario un nuovo esame in sede di rinvio, che tenga conto dei principi affermati da questa Corte sulla disciplina temporalmente applicabile in materia di distanze legali, da individuarsi nella disciplina vigente al momento della realizzazione
e non del rilascio del titolo edilizio (vedi Cass. 28.9.2022 n.28263; Cass. 19.2.2019 n. 4833), salvo il limite, nel caso di norme più restrittive, dei cosiddetti “diritti quesiti” per le costruzioni già sorte (Cass. 12.10.2023 n. 28478), e nel caso di norme sopravvenute più favorevoli, da ritenere comunque applicabili anche a costruzioni anteriori tranne che si sia già formato il giudicato sulla legittimità, o meno, della costruzione (Cass. 24.11.2020 n. 26713; Cass. 10.12.2015 n.24967; Cass. 15.6.2010 n. 14446).
10 ) Quanto al terzo motivo di ricorso, concernente la natura totalmente interrata, o seminterrata dell’ampliamento del fabbricato in contestazione, deve ritenersi assorbito per effetto dell’accoglimento del 1°, 2° e 4° motivo del ricorso, giacché se dovesse essere ritenuta insussistente la violazione della distanza legale, perderebbe di rilievo la qualificazione del fabbricato ampliato come interrato, o seminterrato.
11 -Ugualmente assorbito é il sesto motivo di ricorso, concernente la liquidazione delle spese processuali di secondo grado, in quanto alla stessa, ed anche alla liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità, si dovrà provvedere nel giudizio di rinvio sulla base dell’esito finale della lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, secondo e quarto motivo di ricorso, rigetta il quinto motivo e dichiara assorbiti gli altri motivi, cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 31.1.2025