Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8283 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8283 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 12717/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante geom. COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), giusta procura in atti;
-ricorrente – contro
contro
PARENTI NOME
NICCOLAI SILANA
-intimata – avverso la sentenza n. 2073/2021 della CORTE DI APPELLO DI FIRENZE, depositata il 02.11.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
Osserva
-intimata –
Il Tribunale di Pistoia, adito da NOME COGNOME e NOME COGNOME con ricorso ex art. 703 cod. proc. civ., accertato che la RAGIONE_SOCIALE, avendo rialzato la quota del proprio terreno a meno di tre metri dall’immobile delle esponenti, aveva turbato il possesso della veduta esercitata da due finestre poste al piano terra, ordinò l’arretramento del piazzale della società fino alla distanza di un metro e mezzo dal confine. Il provvedimento venne confermato in sede di reclamo. Indi, esperito il giudizio di merito, il Tribunale confermò il provvedimento di manutenzione.
Avverso la statuizione di primo grado la RAGIONE_SOCIALE propose impugnazione, prospettando, siccome riporta la sentenza d’appello, che l’innalzamento del fondo non poteva qualificarsi costruzione; che le aperture dell’edificio frontista erano mere luci irregolari; che comunque la facoltà di inspicere e prospicere non era stata lesa; che, a tutto concedere, si sarebbe potuto solo ordinare <>; che, infine, <>.
2.1. La Corte di Firenze rigettò l’impugnazione, affermando, in particolare che la violazione dell’art. 907 cod. civ. resta integrata dal mero fatto di mettere in opera una costruzione in violazione della distanza imposta, in quanto lesiva del diritto di veduta, potendosi ricorrere a rimedi alternativi (diversi dall’arretramento) solo allorquando la veduta venga menomata da opere non qualificabili come costruzioni; inoltre, prosegue la sentenza: <>. Infine, in punto di fatto, le aperture, sulla base degli accertamenti e delle fotografie in atti, avevano le caratteristiche delle vedute.
Avverso la sentenza d’appello la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso fondato su due motivi.
Le COGNOME–NOME sono rimaste intimate.
Preliminarmente, va osservato che NOME COGNOME, non avendo, nei termini di legge, depositato controricorso, ha versato in atti una memoria inammissibile, poiché proveniente da un mero intimato, soggetto non abilitato a tale attività difensiva. Inoltre, sempre in rito, si rileva altra e autonoma ragione d’inammissibilità: la procura è stata rilasciata al difensore in un atto diverso rispetto a quelli previsti dalla legge, secondo il testo dell’art. 83 cod. proc.
civ. al tempo vigente (anteriforma, operata dall’art. 45, co. 9, lett. c), l. n. 69/2009), ai fini della validità avrebbe dovuto rivestire la forma notarile.
Ciò premesso e passando all’esame dei motivi, c on il primo di essi la ricorrente denuncia violazione degli artt. 873, 900, 902 e 907 cod. civ.
Si assume che l’opera realizzata non avrebbe potuto essere considerata costruzione; che non si era in presenza di vedute, non potendosi dirsi assicurate le facoltà di ‘inspicere’ e ‘prospicere’, ma di luci irregolari; che l’art. 907 cod. civ. non era stato violato, poiché il vantato diritto di veduta non poteva dirsi leso per il solo fatto che la sopraelevazione superava di soli 16 e 19 cm le aperture; circostanza, questa, che non arrecava apprezzabile pregiudizio alla visione; che il Giudice aveva omesso di accertare se la predetta sopraelevazione fosse in grado di ledere il diritto in parola, tutelato dall’art. 907 cod. civ., nel mentre sarebbe stato sufficiente ordinare l’abbassamento <>.
4.1. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
La pretesa di vedere rivalutati in sede di legittimità gli apprezzamenti di fatto, che hanno condotto il Giudice di primo e di secondo grado a qualificare come costruzione l’opera realizzata dalla parte convenuta e ad affermare che dalle finestre della parte intimata si esercitava diritto di veduta, è chiaramente non scrutinabile in sede di legittimità.
Quanto al resto deve osservarsi quanto di seguito.
a) <> (sez. 2, n. 23404/2023; conf., Cass. nn. 12033/2011; 26263/2018).
b) La sopraelevazione di un fondo, mediante la messa in opera di un terrapieno artificiale, costituisce costruzione, sia o meno esso addossato al muro di confine (ex multis, in tal senso, Cass. nn. 16975/2023, 24473/2017, 11388/2013).
6. Con il secondo motivo viene denunciata la violazione dell’art. 872 cod. civ., addebitandosi alla Corte locale di avere errato a confermare la sentenza di primo grado, e, quindi, l’ordinanza cautelare con la quale era stato ordinato di arretrare il terrapieno, stante che la controparte non si era doluta della violazione dell’art. 873 od. civ., bensì di quella dell’art. 907 cod. civ. Poiché l’art. 873, co. 2, cod. civ. consente la rimessione in pristino solo allorquando si lamenti la violazione delle norme di cui alla sesta sezione del codice civile, mentre l’art. 907 cod. civ. è collocato all’interno della settima sezione, secondo la ricorrente non era consentito disporre condanna in forma specifica, implicante la rimessione in pristino.
6.1. Il motivo è infondato.
Questa Corte ha da tempo chiarito che la distinzione tra norme integrative del codice civile, la cui violazione attribuisce al danneggiato il diritto alla demolizione, e norme non integrative la cui violazione non attribuisce un tale diritto, riguarda soltanto la disciplina dettata per regolare la distanza fra le costruzioni e non anche l’esercizio del diritto di veduta che ha natura giuridica e contenuto precettivo diverso. Pertanto ove quest’ultimo diritto venga violato, trattandosi di diritto reale assoluto, l’unico modo
possibile di ripristinare la situazione legale è quello della rimessione nel pristino stato (Sez. 2, n. 11271, 2/11/1990, Rv. 469868).
Invero, si ha modo di leggere nel corpo della motivazione della sentenza il cui principio è stato sopra riportato che <>
Non emergendo argomenti persuasivi di segno contrario deve darsi continuità al riportato principio, il quale, anche a distanza di oltre un trentennio, deve essere ribadito.
non occorre statuire sulle spese poiché la controparte è rimasta intimata.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30
gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio di giorno 6