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Distanza dalle vedute: irrilevante l’abuso edilizio

Una proprietaria di un immobile si opponeva alla costruzione di un edificio comunale, realizzato a una distanza inferiore a quella legale dalla sua finestra. La Corte d’Appello aveva respinto la domanda, sostenendo che la finestra fosse urbanisticamente irregolare. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo un principio fondamentale: il rispetto della distanza dalle vedute è un obbligo che deriva dai rapporti di vicinato regolati dal diritto privato. Di conseguenza, l’eventuale assenza di un’autorizzazione amministrativa per la finestra non autorizza il vicino a costruire a una distanza inferiore a quella prescritta dalla legge.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Distanza dalle Vedute: la Cassazione Sottolinea l’Irrilevanza dell’Abuso Edilizio

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale in materia di diritto immobiliare e rapporti di vicinato. La questione centrale riguarda la distanza dalle vedute e se l’irregolarità urbanistica di una finestra possa giustificare la sua violazione da parte del vicino. La risposta della Suprema Corte è netta: le norme sulle distanze tra costruzioni attengono ai rapporti tra privati e non possono essere derogate per via di una violazione amministrativa.

I Fatti di Causa

Una cittadina, proprietaria di un edificio, citava in giudizio il Comune confinante. Il motivo del contendere era la costruzione, da parte dell’ente pubblico, di un fabbricato a una distanza inferiore a quella minima di tre metri prescritta dall’art. 907 del Codice Civile rispetto a una finestra esistente sulla proprietà della ricorrente. La richiesta era semplice: la condanna del Comune ad arretrare la propria costruzione per ripristinare la distanza legale.

La Decisione della Corte di Appello

Contrariamente alle aspettative della proprietaria, la Corte d’Appello respingeva la sua domanda. La decisione si fondava su due argomenti principali:

1. Irregolarità Urbanistica: La finestra in questione non era “regolare”, in quanto aperta senza le necessarie autorizzazioni amministrative.
2. Mancanza di una Servitù di Veduta: La Corte riteneva che la proprietaria non avesse dimostrato di essere titolare di un diritto di servitù di veduta, acquisito ad esempio per usucapione. Secondo i giudici di secondo grado, la semplice esistenza di fatto di un’apertura non era sufficiente a garantire la tutela petitoria per il rispetto delle distanze.

In sostanza, la Corte d’Appello aveva subordinato il diritto al rispetto delle distanze alla regolarità urbanistica dell’apertura e alla prova di un diritto di servitù specifico, anziché considerarlo una conseguenza del diritto di proprietà.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della cittadina, cassando la sentenza d’appello e chiarendo in modo definitivo la questione. Il ragionamento dei giudici supremi si sviluppa su un binario fondamentale: la netta separazione tra il rapporto pubblicistico (tra cittadino e Pubblica Amministrazione) e il rapporto privatistico (tra proprietari confinanti).

L’articolo 907 c.c. stabilisce che, quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, questo non può fabbricare a una distanza minore di tre metri. La Suprema Corte ha precisato che questo “diritto” non deriva unicamente da una servitù (jure servitutis), ma può essere anche una diretta espressione del diritto di proprietà (jure proprietatis). La facoltà del proprietario di aprire vedute sul proprio fondo è un’estrinsecazione del suo diritto dominicale.

Di conseguenza, l’obbligo del vicino di rispettare la distanza legale sorge sia che la veduta esista in virtù di una servitù, sia che sia stata aperta legittimamente come esercizio del diritto di proprietà.

L’irregolarità urbanistica della finestra è una questione che riguarda esclusivamente il rapporto tra il proprietario e l’autorità comunale e può portare a sanzioni amministrative o all’ordine di ripristino. Tuttavia, questa irregolarità non ha alcuna incidenza sui rapporti di vicinato, che sono regolati dal diritto privato. Negare il diritto al rispetto delle distanze sulla base di un abuso edilizio significherebbe permettere al vicino di “farsi giustizia da sé”, violando a sua volta le norme civilistiche.

Conclusioni

La sentenza in esame stabilisce un principio di grande rilevanza pratica: il proprietario di un fondo ha il diritto di esigere dal vicino il rispetto della distanza dalle vedute di tre metri, anche se la finestra da cui si esercita la veduta è stata aperta senza le necessarie autorizzazioni edilizie. L’illecito amministrativo commesso da un proprietario non legittima il vicino a commettere un illecito civilistico. La tutela delle distanze legali è un pilastro dei rapporti di vicinato, volto a garantire aria, luce e privacy, e non può essere subordinata alla regolarità dei titoli edilizi. La causa è stata quindi rinviata alla Corte di Appello, che dovrà decidere nuovamente la controversia attenendosi a questo fondamentale principio.

Se ho una finestra che manca di permesso di costruire, posso comunque obbligare il mio vicino a rispettare le distanze legali?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’irregolarità urbanistica di una finestra è una questione tra il proprietario e la Pubblica Amministrazione e non incide sul diritto, regolato dal codice civile, di esigere il rispetto delle distanze legali da parte dei vicini.

Il diritto di avere una veduta su un fondo vicino è sempre una servitù?
No. La facoltà di aprire una finestra sul proprio immobile è una diretta manifestazione del diritto di proprietà (‘jure proprietatis’). L’obbligo del vicino di rispettare le distanze sorge sia in questo caso, sia quando la veduta è esercitata in forza di un diritto di servitù (‘jure servitutis’).

Perché un’irregolarità amministrativa come l’assenza di un permesso non influisce sui rapporti di vicinato?
Perché le norme urbanistiche e quelle del codice civile operano su piani diversi. Le prime regolano l’attività edilizia nell’interesse pubblico e il rapporto tra il cittadino e l’ente locale. Le seconde, come quelle sulle distanze, disciplinano i rapporti tra privati per garantire una pacifica convivenza e il corretto godimento delle rispettive proprietà.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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