Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 17284 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 17284 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19105/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente principale- contro
COGNOME rappresentata e dife sa dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n.3423/2021 depositata il 7.5.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17.6.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 2004, COGNOME NOME, proprietaria di un fondo con sovrastanti fabbricati, sito nel Comune di sant’Elia Fiumerapido, INDIRIZZO, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Cassino COGNOME NOME, proprietaria di un fondo confinante con sovrastanti fabbricati, chiedendone, in via principale, la condanna alla demolizione dei manufatti costruiti su tale fondo, in quanto in violazione delle distanze dai confini e dai suoi fabbricati, ovvero all’arretramento di tali manufatti fino a distanza regolamentare, oltre al risarcimento dei danni ed in subordine la condanna alla chiusura delle vedute sul suo fondo.
Costituitasi, la COGNOME chiedeva in via riconvenzionale accertarsi l’acquisto, per intervenuta usucapione, del diritto di mantenere le costruzioni a distanza non regolamentare, avendole realizzate da oltre venti anni. Sempre in via riconvenzionale, premesso che COGNOME NOME aveva realizzato due manufatti a distanza non regolamentare e recanti pregiudizio al normale scolo delle acque piovane, chiedeva la condanna della stessa alla demolizione di tali manufatti, ovvero all’arretramento dei medesimi fino a distanza regolamentare.
Previo espletamento di CTU e prova testimoniale, con la sentenza n. 109/2017, il Tribunale di Cassino rigettava le pretese della COGNOME ritenendo che le costruzioni della COGNOME fossero in regola sotto il profilo amministrativo e non violassero le distanze legali dal confine non pronunciandosi quindi sulla riconvenzionale di usucapione del diritto della COGNOME di mantenere le costruzioni a distanza inferiore a quella legale, e in parziale accoglimento delle riconvenzionali della COGNOME, condannava la COGNOME alla demolizione del manufatto in lamiera e profilati metallici, adibito a deposito, come descritto dal CTU, sino a ristabilire il limite legale di tre metri dal confine con la proprietà di COGNOME Maria stabilito dal
regolamento comunale del 1965 per la zona rurale, compensando le spese di lite.
Avverso questa sentenza proponeva appello la COGNOME, lamentando l’omessa pronuncia sulla domanda tesa ad ottenere, in via subordinata, la chiusura delle veduta aperte da COGNOME Maria sul suo fondo, il travisamento del contenuto della CTU, che aveva evidenziato la distanza non regolamentare rispetto ai confini dei fabbricati della COGNOME e la presenza di grondaie e di una tubatura di scarico ostruita in prossimità del confine, la mancata considerazione della prevenzione del suo fabbricato del quale era stata ordinata la demolizione rispetto ai fabbricati della COGNOME, la mancata compensazione delle spese processuali per soccombenza reciproca, e chiedendo quindi l’accoglimento delle domande avanzate in primo grado ed il rigetto dell’avversa domanda di demolizione accolta in primo grado.
Nella resistenza di COGNOME NOMECOGNOME con la sentenza n. 3423/2021 del 29.4/7.5.2021 la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza gravata, riteneva inoperante il principio di prevenzione in favore della COGNOME in quanto il fabbricato del quale era stata ordinata la demolizione ricadeva in zona rurale, nella quale il regolamento del 1965 prescriveva la distanza minima dal confine di tre metri, escludeva che vi fosse stata violazione delle distanze legali dell’art. 905 cod. civ. da parte delle vedute aperte dalla COGNOME e condannava COGNOME NOME alla demolizione e/o all’arretramento sino alla distanza regolamentare di tre metri dal confine prescritta dal regolamento comunale del 1965 per la zona rurale del manufatto in blocchetti di calcestruzzo e profilati metallici e della tettoia in lamiera metallica su profili in acciaio, compensando le spese processuali del doppio grado.
Avverso questa sentenza, COGNOME NOME ha proposto ricorso principale a questa Corte, affidandosi ad un unico motivo, e
COGNOME NOME ha resistito con controricorso e ricorso incidentale, affidato a due motivi.
Nell’imminenza dell’udienza in camera di consiglio COGNOME NOME ha depositato memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, fatto valere in riferimento al n. 3) dell’art. 360, primo comma c.p.c., la COGNOME lamenta la violazione degli articoli 10 e 23 del Regolamento edilizio comunale del Comune di Sant’Elia Fiumerapido, approvato dal Consiglio Comunale con la deliberazione n. 69 dell’11.8.1965, per l’errata individuazione dell’ubicazione del garage oggetto del provvedimento di demolizione e/o arretramento adottato dal Tribunale di Cassino, garage che ricadeva in zona urbana e non in zona rurale, per cui attraverso il rinvio dell’art. 10 del regolamento suddetto alla L.n.1684/1962 risultava prescritto solo l’intervallo di isolamento di sei metri tra fabbricati, e non era applicabile la distanza minima di tre metri dal confine, stabilita dall’art. 23 del regolamento suddetto per la zona rurale.
1A) Col primo motivo del ricorso incidentale, articolato in riferimento al n. 4) dell’art. 360, primo comma c.p.c., la COGNOME lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla sua richiesta di condanna al risarcimento danni per violazione della normativa sulle distanze legali e sull’apertura delle vedute da parte della COGNOME.
2A) Col secondo motivo del ricorso incidentale, articolato in riferimento al n. 4) dell’art. 360, primo comma c.p.c., la COGNOME lamenta la violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., poiché la Corte di Appello di Roma avrebbe indebitamente ritenuto di compensare le spese di lite del doppio grado di giudizio, nonostante l’accoglimento dell’appello proposto dalla COGNOME, con la scarna motivazione di aver tenuto in considerazione l’esito complessivo del giudizio.
Va anzitutto respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza sollevata da COGNOME NOME, in quanto con l’unico motivo fatto valere COGNOME NOME ha lamentato ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli articoli 10 e 23 del Regolamento edilizio comunale del Comune di Sant’Elia Fiumerapido, approvato dal Consiglio Comunale con la deliberazione n. 69 dell’11.8.1965, per avere la Corte d’Appello erroneamente sussunto la fattispecie concreta esaminata, relativa al garage in blocchetti di calcestruzzo e strutture portanti in profilato di ferro, adiacente a INDIRIZZO, di COGNOME Maria, posto sulla particella 834 del foglio 26, in zona urbana, nell’ambito applicativo dell’art. 23 del suddetto regolamento, che prescriveva per la zona rurale la distanza minima di tre metri dal confine oltre a quella di sei metri tra fabbricati, anziché nell’ambito applicativo dell’art. 10 dello stesso regolamento, che al contrario per la zona urbana rinviava solo alla disciplina dell’art. 6 della L.n.1684/1962, che prevedeva un intervallo di isolamento tra i fabbricati di sei metri, senza stabilire una distanza minima dal confine.
Nel contempo col primo motivo di ricorso, pur senza farsi menzione nella rubrica del vizio dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., si é lamentato che la Corte d’Appello, pur avendo riconosciuto che il porticato della Lanni, ubicato sulla stessa particella 834 del foglio 26, ricadeva in zona urbana, accodandosi alla svista del CTU, non abbia rilevato che fabbricati insistenti sulla medesima particella necessariamente dovevano essere ricompresi nella stessa zona urbana, e che dalla concessione edilizia n. 593 del 27.12.1978, dalla concessione edilizia in sanatoria n. 40 dell’11.6.1999 e dal certificato di destinazione urbanistica (documenti 5, 6 e 7 allegati alla CTU) risultava il fatto che il garage in blocchetti di calcestruzzo e strutture portanti in profilato di ferro, adiacente a INDIRIZZO ricadeva in zona urbana, sottozona B 2. Ulteriormente
la ricorrente lamenta che l’impugnata sentenza non abbia esaminato il profilo della preventiva costruzione del suo garage, che sarebbe stato da lei invocato, ma non si indica in quale atto, limitandosi ad escludere il rilievo dell’art. 9 della L.n.122/1989, che consente di costruire in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi, solo ove il garage sia realizzato nel sottosuolo, o in preesistenti locali al piano terreno del fabbricato, e ad affermare che non poteva operare il principio della prevenzione invocato dalla appellante COGNOME per il di lei manufatto in lamiera e profilati metallici adibito a deposito, del quale era stata ordinata la demolizione dal giudice di primo grado.
Inteso il motivo in questi termini, al di là della formale rubrica, lo stesso deve ritenersi fondato.
La Corte d’Appello, non potendo far ricadere due fabbricati di proprietà della COGNOME insistenti sulla stessa particella catastale (la particella 834 del foglio 26) su zone urbane diverse solo perché così per errore indicato dal CTU, avrebbe dovuto considerare i documenti decisivi prodotti dalla COGNOME ed allegati coi numeri 5, 6 e 7 alla CTU, ossia la concessione edilizia n. 593 del 27.12.1978, la concessione edilizia in sanatoria n. 40 dell’11.6.1999 ed il certificato di destinazione urbanistica, dai quali emergeva il fatto decisivo che il di lei garage in blocchetti di calcestruzzo e strutture portanti in profilato di ferro, adiacente a INDIRIZZO, ricadeva in zona urbana, sottozona B 2, e verificare quindi solo se tale fabbricato violasse la distanza di sei metri dal fabbricato COGNOME prevista dall’art. 6 della L. n. 1684/1962, alla quale faceva rinvio l’art. 10 del regolamento comunale per la zona urbana, come negativamente accertato in primo grado, e non la distanza di tre metri dal confine, stabilita invece dall’art. 23 dello stesso regolamento, ma per i fabbricati ricadenti in zona rurale.
L’omesso esame sussiste e comporta la cassazione della sentenza per nuovo esame.
Il primo motivo del ricorso incidentale di COGNOME NOME, col quale si lamenta che l’impugnata sentenza non si sia pronunciata, sulla sua domanda di risarcimento danni per la violazione delle distanze legali lamentate e per l’asserita apertura di vedute illecite sul suo fondo, è invece infondato.
La COGNOME, infatti, ancorché la suddetta sua domanda di risarcimento danni non avesse trovato accoglimento nella sentenza del Tribunale di Cassino in primo grado, non risulta aver proposto il necessario e specifico motivo di appello sul punto (vedi motivi di appello riportati dalla sentenza impugnata), limitandosi a richiamare genericamente le conclusioni formulate nel giudizio di primo grado, per cui la Corte d’Appello ha omesso di pronunciare sulla domanda risarcitoria della COGNOME per mancanza di uno specifico motivo d’impugnazione sul punto.
Il secondo motivo del ricorso incidentale, attinente al governo delle spese processuali di primo e di secondo grado, che la Corte distrettuale ha ritenuto di compensare integralmente in base all’esito complessivo della lite, deve invece ritenersi assorbito per effetto dell’accoglimento del ricorso principale, che imporrà al giudice di rinvio una nuova valutazione del governo delle spese di lite, sulla base dell’esito finale della controversia.
Il giudice di rinvio (Corte d’Appello di Roma in diversa composizione) regolerà anche le spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso principale, respinge il primo motivo del ricorso incidentale e dichiara assorbito il secondo, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20.5.2025
Il Presidente
NOME COGNOME