Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5080 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5080 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31988/2019 R.G. proposto da :
COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende -ricorrenti- contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende -controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 2196/2019 depositata il 01/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.NOME COGNOME e NOME COGNOME venivano convenuti davanti al Tribunale di Tivoli da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e da NOME COGNOME i quali, esponendo di essere proprietari di un fabbricato limitrofo alla proprietà dei convenuti, lamentavano violazioni delle norme in tema di distanze tra costruzioni e di distanze dal confine e chiedevano la demolizione dei manufatti posti a distanza inferiore a quella di legge. I convenuti contestavano le domande e chiedevano a loro volta ordinarsi, in via riconvenzionale, agli attori la chiusura di alcune vedute realizzate nel fabbricato, la demolizione di un gazebo posto a distanza dal confine minore di quella regolamentare e la rimozione di un impianto fognario a dispersione.
Il Tribunale accoglieva solo in parte le reciproche domande. In particolare, non accoglieva la domanda attorea di demolizione di un edificio individuato come ‘edificio all. 4’ della CTU, insistente a 2,70 metri dal confine, ritenendo, per un verso, applicabile il principio di prevenzione e, per altro verso, che tale edificio potesse essere considerato già completato nel 1996, in epoca antecedente alla realizzazione del fabbricato degli attori.
La Corte di Appello di Roma, con sentenza 2196/2019, decidendo sull’appello principale dei convenuti NOME COGNOME e NOME COGNOME e sull’appello incidentale proposto dagli attori NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e di NOME COGNOME riteneva per quanto ancora interessa – che le eccezioni di inammissibilità dell’appello incidentale fossero infondate, che la domanda relativa all’ ‘edificio all.4’ fosse fondata, dovendo escludersi l’applicabilità del principio di prevenzione in riferimento alla constatata violazione delle norme regolamentari locali che imponevano la distanza di cinque metri dal confine: pertanto condannava NOME COGNOME e NOME COGNOME alla demolizione del suddetto edificio;
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma con quattro motivi
avversati con controricorso da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e da NOME COGNOME;
le parti hanno depositato memorie;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art.325 c.p.c. per avere la Corte di Appello erroneamente ritenuto ammissibile l’appello incidentale proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e da NOME COGNOME da ritenersi invece inammissibile per tardività in quanto appello incidentale autonomo proposto senza il rispetto del termine stabilito dal suddetto articolo. Si rileva che la sentenza di primo grado era stata notificata dagli attuali controricorrenti al difensore degli attuali ricorrenti il 4 settembre 2014. L’appello principale, proposto con atto notificato l’11 ottobre 2014, indicava la data dell’udienza 20 aprile 2015 e tale data era stata poi differita ‘d’ufficio’ al 21 aprile 2015. La comparsa di costituzione contenente l’appello incidentale autonomo era stata depositata in cancelleria il 25 marzo 2015. La Corte di Appello ha ritenuto l’appello tempestivo in quanto proposto almeno 20 giorni prima de ll’udienza. I ricorrenti assumono però che l’appello incidentale, in quanto autonomo, avrebbe dovuto essere proposto entro il termine -bilaterale- di trenta giorni dalla notifica della sentenza e che esso, essendo stato invece proposto tardivamente con l’atto di costituzione degli appellati, era tardivo.
2. Il motivo è infondato.
I riferimenti temporali indicati sono corretti.
L’art. 325 prevede che il termine per proporre appello è di trenta giorni dalla notificazione della sentenza.
L’art. 343 c.p.c. prevede che l’appello incidentale deve essere proposto con la comparsa di costituzione e risposta.
Il Collegio intende dare continuità all’indirizzo di questa Corte, secondo cui ‘è ammessa l’impugnazione incidentale tardiva (da proporsi con l’atto di costituzione dell’appellato o con il
contro
ricorso nel giudizio di cassazione) anche quando sia scaduto il termine per l’impugnazione principale, indipendentemente dal fatto che si tratti di un capo autonomo della sentenza stessa e che, quindi, l’interesse ad impugnare fosse preesistente, dato che nessuna distinzione in proposito è contenuta negli artt. 334, 343 e 371 c.p.c.’ (così, da ultimo, Cass. Sez., n.15100 del 29/05/2024; Cass. n. 26139 del 2022; n. 25285 del 2020; n. 14094 del 2020). Si è infatti osservato che ‘La ratio della norma che si ricava dal sistema delle impugnazioni è quella di consentire alla parte parzialmente soccombente, che avrebbe di per sé accettato la sentenza di primo grado, di contrastare, con l’impugnazione tardiva, l’iniziativa della controparte, volta a rimettere in discussione il rapporto controverso e, quindi, l’assetto di interessi derivanti dalla pronuncia impugnata, senza subire pregiudizio nell’apprezzamento delle proprie difese dalla iniziativa di controparte, la quale abbia – magari – impugnato la sentenza nell’ultimo giorno disponibile. L’istituto della impugnazione incidentale tardiva garantisce, in attesa della decisione da cui dipende la definitiva regolamentazione degli interessi dedotti dalle parti in causa, un ragionevole bilanciamento delle facoltà processuali delle stesse ed evita l’inutile moltiplicazione dei giudizi. Deve così consentirsi alla parte, che avrebbe di per sé accettato la decisione, di contrastare l’iniziativa della controparte, volta a rimettere in discussione l’assetto di interessi derivante dalla pronuncia impugnata, in coerenza con i principi della cd. parità delle armi tra le parti e della ragionevole durata del processo, atteso che una diversa, e più restrittiva, interpretazione indurrebbe ciascuna parte a cautelarsi proponendo un’autonoma impugnazione tempestiva sulla statuizione rispetto alla quale è rimasta soccombente, con inevitabile proliferazione dei processi di impugnazione’ (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n.15100/2024 cit.).
Le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 29107/2020, ebbero ad affermare: ‘Vero è che … la notificazione della sentenza di primo grado fa decorrere il termine breve per l’appello di cui all’art. 325 c.p.c. anche a carico del notificante (p. es. Cass. 28 luglio 2020, n. 16015) ma l’operatività di detto principio non esclude affatto l’applicazione della regola generale stabilità dall’articolo 334 c.p.c., secondo cui le parti contro le quali è stata proposta impugnazione possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse è decorso il termine. E cioè, la parte che abbia notificato la sentenza di primo grado, come in questo caso è accaduto, rimane sì assoggettata al termine breve per la proposizione dell’impugnazione principale, ma, una volta che detta impugnazione principale sia stata proposta dalla controparte, ben può avvalersi della regola dettata dalla menzionata norma, posta allo scopo di favorire l’accettazione della sentenza in situazione di reciproca soccombenza, giacché chi è parzialmente soccombente, ma è in definitiva disposto a prestare acquiescenza alla sentenza, non è in tal modo costretto ad appellare dal timore che lo faccia l’altra parte all’ultimo momento utile (Cass., Sez. Un., 7 novembre 1989, n. 4640). In conclusione, dunque, non v’è ragione alcuna, qualora il destinatario dell’appello abbia in precedenza notificato la sentenza di primo grado, per disapplicare la regola generale secondo cui l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile tutte le volte che quella principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza che l’impugnato, in mancanza dell’altrui gravame, avrebbe accettato’. (sentenza citata pagg. 6 e 14 della motivazione).
In precedenza, questa Corte (con sentenza n. 8212/2007) aveva precisato che ‘in caso di proposizione di appello principale, anche la parte su istanza della quale è stata notificata la sentenza di primo grado può proporre appello incidentale tardivo, ex art 334 cod.
proc. civ., con riguardo a qualsiasi capo, anche autonomo, della medesima sentenza’.
La fattispecie oggetto della pronuncia delle Sezioni Unite e di questa ultima pronuncia è perfettamente sovrapponibile a quella che occupa perché in quel caso così come nella presente fattispecie si discute dell’appello incidentale proposto dalla parte su istanza della quale era stata notificata la sentenza di primo grado.
Da quanto precede consegue che l’appello incidentale tardivo, essendo stato proposto con la comparsa di costituzione depositata il 25.3.2015 e quindi almeno venti giorni prima dell’udienza del 20.4.2015 indicata nell’atto di appello principale, è stato correttamente ritenuto ammissibile;
3. con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. per avere la Corte di Appello erroneamente ritenuto ammissibile l’appello incidentale malgrado esso non contenesse la specifica indicazione delle parti della sentenza di primo grado contro cui era diretto.
4. il motivo è infondato, anche se deve darsi atto di un mero refuso nella sentenza a pag. 3 penultimo capoverso laddove si confondono i ruoli delle parti e l’impugnazione oggetto dell’eccezione di inammissibilità ex art. 342 cpc;
Come questa Corte ha precisato (ordinanza n.2320 del 25/01/2023), essendo l’appello un mezzo di gravame con carattere devolutivo pieno, non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito, il principio della necessaria specificità dei motivi – previsto dall’art. 342, comma 1, c.p.c. – prescinde da qualsiasi particolare rigore di forme, essendo sufficiente che al giudice siano esposte, anche sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l’impugnazione, ovvero che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, siano indicati, oltre ai punti e ai capi formulati, anche, seppure in forma succinta, le ragioni per cui è chiesta la
riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi posti a base dell’impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il contenuto e la portata delle relative censure.
La deduzione della questione dell’inammissibilità dell’appello, a norma dell’art. 342 c.p.c., integrante “error in procedendo”, legittima l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito (Cass. 3612/2022).
Ne risulta che correttamente la Corte di Appello ha ritenuto ammissibile l’appello incidentale degli attori, dato che esso indicava le decisioni censurate (quella di mancato accoglimento della richiesta di demolizione del fabbricato degli appellanti indicato dal CTU come edificio 4 e quella di accoglimento della domanda di controparte di demolizione del gazebo) e le doglianze sollevate lamentandosi, da parte degli appellanti incidentali, in particolare, che il Tribunale avesse erroneamente rigettato la domanda di demolizione del fabbricato 4 in forza del principio di prevenzione e chiedendosi di ‘ordinare la demolizione del fabbricato indicato nella CTU ed in sentenza come edificio 4′;
5. con il terzo motivo di ricorso si lamenta ex art. 360. comma 1° n. 3 e n. 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 873 ss c.c. e dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte di Appello escluso l’applicabilità del principio di prevenzione anche a causa della erronea interpretazione delle risultanze istruttorie e della CTU circa il presunto ampliamento del fabbricato 4’.
La Corte di Appello ha riformato la pronuncia del giudice di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto che il fabbricato, essendo già in essere nella sua struttura portante fino dal 1996 e quindi prima che fosse edificato il manufatto degli originari attori, non dovesse essere demolito in forza del principio di prevenzione.
La Corte di Appello ha accertato che il manufatto in questione dista dal confine tra 2,70 e 2,80 metri a fronte della distanza di 5 metri ‘richiesta dal regolamento locale’.
Ha ritenuto che il principio di prevenzione non opera ‘ove si controverta del rispetto della distanza regolamentare di cui alla normativa locale con riferimento alla distanza del fabbricato dal confine che è sempre assoluta’. Su questa osservazione ha affermato di non poter condividere l’affermazione del giudice di prime cure. La Corte di Appello ha inoltre accertato, sulla base delle ‘foto prodotte, confermante dai testi escussi’ e sulla base della ‘perizia di parte’ che il fabbricato era ‘in fase di ampliamento al momento della instaurazione del giudizio ed è stato terminato in corso di causa’. Ha poi aggiunto che, ‘anche laddove si volesse ritenere l’avvenuto completamento dell’immobile nel 1996, non sarebbe ancora certamente maturato il termine per l’usucapione da parte dei signori COGNOME e COGNOME nei confronti dei confinanti che nell’agire in giudizio in primo grado e con l’appello incidentale hanno esercitato il diritto al mantenimento delle distanze regolamentari tra i fondi’ e che ‘non si attaglia al caso di specie il richiamo al principio di prevenzione atteso che la costruzione di cui all’allegato 4, non è stata realizzata sul confine’.
I ricorrenti sostengono che la Corte di Appello ha violato l’art. 873 c.c. ritenendo il principio di prevenzione non applicabile in senso assoluto in presenza di disposizioni regolamentari che fissino una distanza delle costruzioni dai confini, mentre il principio può essere applicato in presenza di tali disposizioni ove le stesse consentano di costruire in aderenza o in appoggio. I ricorrenti sostengono che l’affermazione della Corte di Appello secondo cui l’immobile in questione non era stato realizzato nel 1996 ma era ancora in fase di completamento alla data di inizio del processo, era frutto di una errata interpretazione della ctu dalla quale risultava il contrario ossia che l’immobile era già stato sostanzialmente realizzato nel 1996;
6. il motivo è infondato.
I dati essenziali che emergono dalla sentenza della Corte di Appello e che non sono in contestazione sono due: il manufatto in questione dista dal confine tra 2,70 e 2,80 metri; la distanza da mantenersi, secondo il regolamento locale, tra gli edifici e il confine era 5 metri.
L’art. 873 c.c. dispone che le costruzioni sui fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.
Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il principio di prevenzione temporale, il proprietario che costruisce per primo determina le distanze che devono essere osservate per le costruzioni sui fondi vicini. In particolare ‘i l principio della prevenzione comporta che il confinante, che costruisce per primo, può edificare sia alla distanza minima imposta dalla legge, sia sul confine, sia a distanza inferiore alla metà di quella prescritta per le costruzioni su fondi finitimi, salvo in tale ultimo caso la possibilità per il vicino, che elevi un fabbricato successivamente, di avanzare la propria fabbrica fino a quella preesistente, chiedendo la comunione forzosa del muro ex art. 875 cod. civ., oppure costruendo in aderenza, ex art. 877 cod. civ.’ (Sez. 2, Sentenza n.15547 del 08/07/2014 (Rv. 631670 – 01).
Ove poi vi sia un regolamento locale integrativo alle disposizioni del codice civile, il principio di prevenzione non opera quando la disciplina regolamentare impone il rispetto di una distanza delle costruzioni dai confini.
L’operatività del principio non è, invece, esclusa quando gli strumenti urbanistici, pur prevedendo determinate distanze dal confine, contemplino comunque la possibilità di costruire in aderenza o in appoggio, ovvero quando il regolamento locale si limiti a stabilire solo una distanza tra le costruzioni superiore a quella prevista dal codice civile senza peraltro imporre un distacco
minimo delle costruzioni dal confine (v., tra altre, Cass. 25191/2021 ‘In tema di distanze legali, il principio della prevenzione di cui all’art. 875 c.c. non è derogato nel caso in cui il regolamento edilizio si limiti a fissare la distanza minima tra le costruzioni, mentre lo è qualora la norma regolamentare stabilisca anche (o soltanto) la distanza minima delle costruzioni dal confine, atteso che in quest’ultimo caso l’obbligo di arretrare la costruzione è assoluto, come il corrispondente divieto di costruire sul confine, a meno che una specifica disposizione del regolamento edilizio non consenta espressamente di costruire in aderenza’; conforme Cass. 15582/2022. Per il diverso caso in cui il regolamento locale si limiti a stabilire una distanza tra edifici maggiore di quella prevista dal codice ma non preveda una distanza dal confine v. SU 10318/2016, ‘Il principio della prevenzione si applica anche nell’ipotesi in cui il regolamento edilizio locale preveda una distanza tra fabbricati maggiore di quella ex art. 873 c.c. e tuttavia non imponga una distanza minima delle costruzioni dal confine, atteso che la portata integrativa della disposizione regolamentare si estende all’intero impianto codicistico, inclusivo del meccanismo della prevenzione, sicché il preveniente conserva la facoltà di costruire sul confine o a distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta tra le costruzioni e il prevenuto la facoltà di costruire in appoggio o in aderenza ai sensi degli artt. 874, 875 e 877 c.c.’).
Dal fatto che l’operatività del principio di prevenzione non sia esclusa quando gli strumenti urbanistici, pur prevedendo determinate distanze dal confine, contemplino comunque la possibilità di costruire in aderenza o in appoggio non deriva, come ipotizzano i ricorrenti, che nei casi in cui il regolamento locale consenta le costruzioni in aderenza o in appoggio il preveniente possa costruire anche a distanza inferiore dal confine.
Come questa Corte (Sez. 2 – , ordinanza n.11664 del 14/05/2018) ha precisato, infatti, ‘Il criterio della prevenzione, previsto dagli
artt. 873 e 875 c.c., è derogato dal regolamento comunale edilizio allorché questo fissi la distanza non solo tra le costruzioni, ma anche delle stesse dal confine, salvo che lo stesso consenta ugualmente le costruzioni in aderenza o in appoggio, nel qual caso il primo costruttore ha la scelta tra l’edificare a distanza regolamentare e l’erigere la propria fabbrica fino ad occupare l’estremo limite del confine medesimo, ma non anche quella di costruire a distanza inferiore dal confine, poiché detta prescrizione ha lo scopo di ripartire tra i proprietari confinanti l’onere della creazione della zona di distacco’.
Ciò posto la motivazione della Corte di Appello per cui ‘il principio di prevenzione non opera … ove si controverta del rispetto della distanza regolamentare di cui alla normativa locale con riferimento alla distanza del fabbricato dal confine che è sempre assoluta’, deve essere corretta (art. 384 c.p.c.) in coerenza con la giurisprudenza di legittimità che ritiene invece il principio operante quando il regolamento consente di costruire in appoggio o in aderenza. La decisione finale della Corte di Appello secondo cui il manufatto in questione, distante dal confine tra 2,70 e 2,80 metri a fronte della distanza di 5 metri richiesta dal regolamento locale, non può fruire del principio di prevenzione è tuttavia corretta e il motivo di ricorso in esame deve essere rigettato;
7. con il quarto motivo di ricorso si lamenta, ex art. 360. comma 1° n. 3 e n. 4, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 872, secondo comma, c.c. per avere la Corte di Appello ordinato la demolizione del fabbricato 4 invece del solo arretramento a distanza di legge;
8.il motivo, a differenza degli altri, è fondato.
Questa Corte ha affermato il principio per cui la condanna all’arretramento invece che alla totale demolizione costituisce applicazione del principio di proporzionalità al contenuto del provvedimento di tutela giurisdizionale, e deve essere disposta nel
caso in cui essa non risulti frustrare l’integrale protezione dell’interesse meritevole sotteso alla domanda dell’attore (v., Cass. Sez. 2 – , Ordinanza n. 25680 del 04/09/2023; cass. n. 23184/2020; in tema di vedute, ma il principio ha portata generale e dunque può estendersi anche alla materia delle distanze legali tra costruzioni o delle distanze delle costruzioni dai confini).
La Corte di Appello, ordinando la radicale demolizione del fabbricato, non si è attenuta al principio sopra enunciato;
9. in conclusione il quarto motivo di ricorso deve essere accolto, gli altri motivi devono essere rigettati, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rinviata, in relazione al motivo accolto nonché per la regolamentazione anche delle spese di questo giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Roma, in