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Disparità di trattamento: scatti di anzianità negati

Una Azienda Sanitaria Locale negava a una dipendente gli scatti di anzianità maturati, adducendo la pregressa precarietà del rapporto. La Corte d’Appello ha riconosciuto il diritto della lavoratrice, ravvisando una ingiustificata disparità di trattamento rispetto ad altri colleghi. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando inammissibile il ricorso dell’Azienda. La Suprema Corte ha stabilito che l’appello era viziato, poiché non contestava la ragione fondamentale della sentenza d’appello, ovvero la violazione del principio di parità di trattamento.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Disparità di Trattamento: la Cassazione Conferma il Diritto agli Scatti di Anzianità

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro pubblico: la disparità di trattamento retributivo. Il caso riguarda una dipendente di un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) a cui erano stati negati gli scatti di anzianità a causa della pregressa natura ‘precaria’ del suo rapporto di lavoro, poi stabilizzato. La Suprema Corte, con una decisione di carattere processuale, ha chiuso la porta al ricorso dell’ente, ribadendo principi fondamentali sia sul merito della parità di trattamento sia sulla tecnica di redazione dei ricorsi.

I Fatti di Causa: Dalla Stabilizzazione alla Richiesta di Pari Diritti

Una lavoratrice, assunta inizialmente nel 1988 e successivamente stabilizzata nel ruolo di educatrice presso un’Azienda Sanitaria, si è vista negare la progressione economica legata all’anzianità di servizio. L’ente pubblico motivava tale diniego sulla base della discontinuità del rapporto lavorativo iniziale. La dipendente ha quindi agito in giudizio per ottenere il riconoscimento degli scatti biennali di anzianità, lamentando una palese discriminazione rispetto ai colleghi del servizio sanitario nazionale.

La Decisione della Corte d’Appello e la Disparità di Trattamento

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione alla lavoratrice, seppur parzialmente. I giudici di merito hanno riconosciuto il suo diritto agli scatti di anzianità, fondando la loro decisione su un principio cardine: la violazione della parità di trattamento. La Corte territoriale ha osservato che la dipendente era soggetta al medesimo orario di lavoro, alle stesse modalità di controllo e allo stesso potere disciplinare degli altri dipendenti del servizio sanitario. Di fronte a questa eguaglianza di condizioni, l’ASL non è stata in grado di fornire alcuna giustificazione oggettiva e trasparente per il trattamento economico differenziato. La negazione della progressione economica basata sulla sola ‘precarietà’ passata del rapporto è stata quindi ritenuta una forma di disparità di trattamento illegittima.

Il Ricorso in Cassazione e i Motivi di Inammissibilità

L’Azienda Sanitaria ha impugnato la decisione della Corte d’Appello dinanzi alla Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la violazione di norme sulla contrattazione collettiva e la soppressione di alcuni aumenti retributivi. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile per due ragioni fondamentali.

Errore Procedurale: Mancata Impugnazione in Appello

In primo luogo, l’ASL lamentava un’omessa pronuncia da parte del Tribunale. La Cassazione ha ricordato che un vizio della sentenza di primo grado deve essere fatto valere come specifico motivo nel giudizio d’appello. Non avendolo fatto, l’Azienda non poteva sollevare la questione per la prima volta in sede di legittimità.

Irrilevanza delle Norme Richiamate

In secondo luogo, e questo è il punto centrale, il motivo di ricorso è stato giudicato ‘inconferente’ rispetto alla ratio decidendi della sentenza d’appello. In altre parole, le argomentazioni legali dell’ASL non criticavano il vero cuore della decisione dei giudici di secondo grado.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha spiegato che la Corte d’Appello aveva basato la sua decisione esclusivamente sul principio di parità di trattamento e sulla mancanza di giustificazioni da parte dell’ASL. Il ricorso dell’Azienda, invece di attaccare questo specifico ragionamento, si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già svolte nei gradi precedenti, relative all’interpretazione di altre norme. Questo modo di procedere trasforma il ricorso in un ‘non motivo’, ovvero un’impugnazione inidonea a raggiungere lo scopo, perché non si confronta con le reali motivazioni della sentenza che intende contestare. La Corte ha quindi ribadito che un ricorso per cassazione deve essere una critica mirata e specifica alla decisione impugnata, non una semplice riproposizione di difese generiche.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza offre due importanti lezioni. La prima, di natura sostanziale, è che nel pubblico impiego ogni differenza di trattamento economico tra lavoratori che operano in condizioni analoghe deve essere supportata da ragioni oggettive, trasparenti e verificabili. La ‘precarietà’ pregressa di un rapporto, una volta stabilizzato, non può costituire di per sé una giustificazione per negare diritti economici come gli scatti di anzianità. La seconda lezione è di natura processuale: chi intende impugnare una sentenza deve analizzarne attentamente le motivazioni e costruire un ricorso che ne critichi specificamente la ratio decidendi. Limitarsi a ripetere argomenti già respinti, senza affrontare il nucleo logico-giuridico della decisione, conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

Quando è illegittima la negazione degli scatti di anzianità a un dipendente pubblico?
È illegittima quando crea una disparità di trattamento ingiustificata rispetto ad altri dipendenti che svolgono mansioni in condizioni analoghe, e l’amministrazione non fornisce prove di ragioni oggettive e trasparenti che giustifichino tale differenza.

Cosa succede se un motivo di ricorso in Cassazione non critica la specifica ragione della decisione del giudice d’appello?
Il motivo viene dichiarato inammissibile. Il ricorso per cassazione deve contestare la ratio decidendi (la ragione giuridica fondamentale) della sentenza impugnata e non può limitarsi a riproporre le stesse difese dei gradi di giudizio precedenti.

È possibile denunciare per la prima volta in Cassazione un vizio di omessa pronuncia della sentenza di primo grado?
No, non è possibile. Secondo la prassi consolidata, il vizio di omessa pronuncia della sentenza di primo grado deve essere sollevato come specifico motivo di gravame nel giudizio d’appello. Se non viene fatto, la questione non può essere dedotta per la prima volta con il ricorso per cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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