Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24156 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 24156 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 22493-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore Generale, legale rappresentante pro tempore , domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA RAGIONE_SOCIALE CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME, con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
Oggetto
RETRIBUZIONE PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 22493/2019
CC 06/06/2024
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– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2181/2018 RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 22/01/2019 R.G.N. 2022/2015; udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 06/06/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO
che , con sentenza del 22 gennaio 2019, la Corte d’Appello di Bari confermava la decisione resa dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE e delle domande proposte da NOME COGNOME nei confronti RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aventi ad oggetto l’accertarsi in favore dell’istante , già dipendente del RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE, transitata nel 1988, con inserimento in un ruolo speciale con la qualifica di educatrice seguito del superamento di un concorso per titoli ed esami indetto nel 1990, all’U.S.L. FG/RAGIONE_SOCIALE cui subentrava la RAGIONE_SOCIALE, del l’applicabilità a partire dall’1.1.1992 del CCNL Comparto Sanità del 7.4.1999 e con decorrenza dall’1.9.2001 dell’inquadramento a quella stregua nella categoria D ; la condanna dell’RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle differenze retributive e delle indennità professionali maturate oppure, in subordine, dell’indennità di tempo potenziato e del premio di produttività previsti dagli artt. 8 e 45 del d.P.R. n. 333 del 1990; il riconoscimento degli scatti di anzianità, con riserva di agire in separato processo per la quantificazione delle differenze maturate, accoglieva solo in parte il ricorso, limitatamente alla domanda relativa al riconoscimento degli scatti biennali di anzianità, secondo il trattamento economico previsto per il personale dipendente degli enti locali, fissando
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la decorrenza degli scatti di anzianità, che il Tribunale non aveva individuato, a far tempo dal 1°.1.1995, ritenendosi sussistente solo da quella data la legittimazione passiva dell ‘ RAGIONE_SOCIALE, subentrata alla preesistente RAGIONE_SOCIALE;
che la decisione RAGIONE_SOCIALE Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto la fondatezza RAGIONE_SOCIALE denuncia di illegittima disparità di trattamento, data dalla negazione di una ordinaria progressione economica sulla base dell’anzianità di servizio motivata dalla pretesa precarietà del rapporto instauratosi nel 1988 ma stabilizzato solo nel 2011, per non aver la ASL datrice offerto la prova richiesta in base ai principi fissati dalla Corte di Giustizia dell’essere quella disparità giustificata dalla sussistenza, nel particolare contesto e sulla base di criteri oggettivi e trasparenti, di elementi distintivi del rapporto di impiego di cui trattasi;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la RAGIONE_SOCIALE, affidando l’impugnazione ad un unico articolato motivo, cui resiste, con controricorso, la COGNOME.
CONSIDERATO
che, con l’unico motivo, la RAGIONE_SOCIALE ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 9 d.P.R. n. 44 del 1990, 51, comma 3, RAGIONE_SOCIALE legge regionale n. 388 del 2000, imputa alla Corte territoriale lo scostamento dal principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato non avendo preso in esame la domanda relativa all’applicazione del CCNL per il comparto Sanità, lamentando, inoltre, che la Corte territoriale avrebbe omesso di applicare il combinato disposto dell’art. 9 d.P.R. n. 44 del 1990 e dell’art. 51, comma 3, legge n. 388 del 2000 (erroneamente indicata in rubrica
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come legge «regionale»), che aveva determinato la soppressione degli aumenti del R.I.A. (RAGIONE_SOCIALE) a far tempo dal 31.12.1990 e dunque in data antecedente alla instaurazione del rapporto di lavoro oggetto di causa;
che il motivo risulta inammissibile, per una pluralità di ragioni concorrenti;
che c on riferimento alla violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevante sotto il profilo dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., giova rilevare che la deduzione del vizio di omessa pronuncia postula: a) che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate; b) che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’ind icazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, RAGIONE_SOCIALE ritualità e RAGIONE_SOCIALE tempestività e, in secondo luogo, RAGIONE_SOCIALE decisività delle questioni prospettatevi e ciò in considerazione del fatto che «non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di Cassazione, quale giudice del ‘fatto processuale’, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi» (Cass. n. 28072/2021);
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che, secondo la stessa prospettazione RAGIONE_SOCIALE ricorrente il vizio lamentato afferirebbe già alla pronuncia del giudice di prime cure e vale dunque il consolidato assetto processuale secondo cui «il vizio di ultra o extra petizione RAGIONE_SOCIALE sentenza di primo grado non può essere prospettato per la prima volta nel ricorso per cassazione ove il ricorrente non l’abbia dedotto come specifico motivo di gravame nel giudizio d’appello» (Cass. 24 maggio 2011, n. 11382; Cass. 21 maggio 1987, n. 4623);
che, in forza dei citati principi, pertanto, avuto riguardo al principio RAGIONE_SOCIALE conversione delle nullità in motivi di impugnazione come previsto dall’art. 161, comma 1, c.p.c., la parte ricorrente avrebbe dovuto riportare nel ricorso per cassazione l’atto d’appe llo e in ogni caso le difese spiegate avanti al giudice del gravame con riferimento alla pretesa violazione dell’articolo 112 c.p.c. Invece, nulla ha riportato a questo proposito ed anzi, dalla sintesi dei motivi d’appello di cui alle pagine 7 ed 8 del ricorso per cassazione, non risulta che avanti alla Corte d’Appello abbia eccepito la nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza del giudice di prime cure per violazione dell’art. 112 c.p.c. Al contrario, da tale sintesi risulta che la sentenza del giudice di prime cure venne impugnata per la asserita violazione del combinato disposto dell’art.9 del d.P.R. n. 44 del 1990 e dell’art. 51, comma 3, RAGIONE_SOCIALE legge n. 388 del 2000 , questione riproposta anche in questa sede;
che, p er quanto concerne la pretesa violazione dell’art. 9 del d.P.R. n. 44 del 1990 e dell’art. 51, comma 3, RAGIONE_SOCIALE legge n. 388 del 2000, rilevante ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., il
motivo è del pari inammissibile, siccome inconferente rispetto alla ratio decidendi RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata;
che giova ricordare come il motivo d’impugnazione sia di necessità costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduca in una critica RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo; tale nullità si risolve in un «non motivo» del ricorso per cassazione ed è conseguentemente sanziona ta con l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 366, n. 4, c.p.c. (Cass. n. 1341/2024) ;
che, la Corte territoriale ha riconosciuto il diritto agli scatti di anzianità sulla sola base RAGIONE_SOCIALE disparità di trattamento tra i dipendenti occupati presso il RAGIONE_SOCIALE ed i dipendenti del servizio sanitario nazionale, ritenuta ingiustificata in quanto entrambe le categorie risultavano soggette -nel medesimo lasso temporale -al medesimo orario di lavoro e alle medesime modalità di verifica RAGIONE_SOCIALE presenza in servizio, oltre che soggetti al medesimo potere disciplinare e di controllo;
che su questo presupposto, e solo su di esso, la Corte d’Appello ha rigettato il gravame, considerando decisivo il «difetto di deduzioni e prove adeguate, con onere a carico dell’RAGIONE_SOCIALE, circa possibili giustificazioni del trattamento diversificato per talune categorie di lavoratori»;
che, la ricorrente si è limitata, in questa sede, a riproporre le medesime difese e deduzioni già svolte nei primi due gradi di giudizio con riferimento agli effetti del combinato disposto
dell’art.9 d.P.R. n. 44 del 1990 e dell’art. 51, comma 3, legge n. 388 del 2000, senza però muovere censure specifiche alla ratio decidendi adottata dalla Corte d’Appello, ovverosia all’applicazione del principio di parità del trattamento tra dipendenti pubblici;
che, in questa prospettiva appare del tutto irrilevante la questione RAGIONE_SOCIALE fondatezza o meno dell’interpretazione delle disposizioni di legge sostenuta dalla parte ricorrente, posto che il bene RAGIONE_SOCIALE vita è stato attribuito all’attuale controricorrente sulla base di ragioni giuridiche affatto diverse;
che, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese, che seguono la soccombenza, sono liquidate come da dispositivo; che, stante l’esito del ricorso, si dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 2.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto tanto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 6 giugno 2024