Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4277 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4277 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 6077/21 proposto da:
-) COGNOME NOME , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
-) Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Istruzione, Ministero dell’Università e della ricerca, Ministero dell’economia e delle finanze, Ministero della salute , in persona rispettivamente del Presidente del Consiglio dei ministri e dei singoli Ministri pro tempore, domiciliati ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difesi dall’ Avvocatura Generale dello Stato;
contro
ricorrenti –
nonché
-) Università degli Studi di Catania, in persona del Rettore pro tempore , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania 17 luglio 2020 n. 1279; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 dicembre 2024 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto: illegittimo diniego di discussione orale – nullità – onere della parte impugnante di dimostrare la decisività degli argomenti non potuti illustrare -esclusione.
Nel 2009 NOME COGNOME convenne dinanzi al Tribunale di Catania la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero (in allora denominato) dell’Istruzione, il Ministero (in allora denominato) del Tesoro, il Ministero della Salute e l’Università degli Studi di Catania , esponendo che:
-) dopo avere conseguito la laurea in medicina, si era iscritto ad una scuola di specializzazione frequentata dal 1987 al 1990;
-) durante il periodo di specializzazione non aveva percepito alcuna remunerazione o compenso da parte della scuola stessa;
-) le direttive comunitarie n. 75/362/CEE e 75/363/CEE, così come modificate dalla Direttiva 82/76/CEE, avevano imposto agli Stati membri di prevedere che ai frequentanti le scuole di specializzazione fosse corrisposta una adeguata retribuzione;
-) l’Italia aveva dato tardiva e parziale attuazione a tali direttive solo con la legge 8.8.1991 n. 257.
Concluse pertanto chiedendo la condanna delle amministrazioni convenute al risarcimento del danno sofferto in conseguenza della tardiva attuazione delle suddette direttive.
Con sentenza n. 4967/15 il Tribunale di Catania dichiarò prescritto il diritto e rigettò la domanda.
La sentenza fu appellata dal soccombente.
Con sentenza 17.7.2020 n. 1279 la Corte d’appello di Catania rigettò il gravame.
La Corte d’appello ritenne infondata l’eccezione di prescrizione ma rigettò ugualmente la domanda nel merito, sul presupposto che la specializzazione conseguita dall’attore (‘chirurgia d’urgenza e pronto soccorso’) non rientrasse tra quelle per le quali le Direttive 75/362/CEE e 75/363/CEE avevano imposto agli S tati membri l’obbligo di reciproco riconoscimento e, con esso, l’obbligo di remunerare gli specializzandi.
La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione da NOME COGNOME con ricorso fondato su due motivi.
La Presidenza del Consiglio, i tre ministeri indicati in epigrafe e l’Università hanno resistito con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 352 c.p.c., per non avere la Corte d’appello provveduto sulla sua istanza di discussione orale, né spiegato le ragioni per cui gli è stato negato il relativo diritto.
1.1. Il motivo è fondato.
Va premesso che sulla questione di diritto processuale sollevata col primo motivo di ricorso (se sia nulla la sentenza d’appello pronunciata senza provvedere sull’istanza di discussione orale) esiste un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte, apparentemente non sopito nemmeno dall’intervento delle Sezioni Unite .
Alcune decisioni infatti negano, mentre altre affermano, che l’immotivato rigetto dell’istanza di discussione orale ex art. 352 c.p.c. sia sempre una causa di nullità.
1.2. L’orientamento il quale non ravvisa ipso iure una nullità processuale nel fatto che il giudice abbia illegittimamente negato alla parte il diritto di discutere oralmente la causa è motivato con un solo argomento: la strumentalità delle forme processuali.
Le regole del processo – si sostiene – non sono fini a se stesse, ma preordinate a garantire il diritto di difesa e la parità delle parti. La violazione di esse, pertanto, in tanto può produrre una nullità, in quanto ne scaturisca un vulnus al diritto di difesa.
Da questi princìpi l’orientamento in esame trae il corollario che colui il quale si sia visto negare il diritto di discutere oralmente la causa, se intenda far valere tale circostanza come motivo di impugnazione, ha ben due oneri: a) indicare quali decisivi argomenti avrebbe speso a sostegno delle proprie tesi,
se gli fosse stata consentita la discussione; b) farlo in modo analitico e non generico.
L’ovvia conclusione è che se i suddetti argomenti siano stati comunque trattati negli scritti difensivi (non solo posteriori, ma anche anteriori al rigetto dell’istanza di discussione), la nullità resta priva di conseguenze (in tal senso Sez. 5, Sentenza n. 10574 del 18/04/2024; Sez. 5, Sentenza n. 10567 del 18/04/2024; Sez. 2, Sentenza n. 17024 del 14/06/2023; Sez. 3, Ordinanza n. 41437 del 23.12.2021; Sez. 2, Sentenza n. 28229 del 27/11/2017).
1.3. Un diverso ed opposto orientamento condivide il principio per cui la violazione d’una regola processuale in tanto sia produttiva d’una nullità, in quanto abbia nuociuto in concreto all’esercizio del diritto di difesa . Ritiene però che quando sia negato il diritto alla discussione orale tale nocumento sia in re ipsa . La discussione della causa, infatti, costituisce l’ in sé dell’esercizio del diritto di difesa, ed il negarla significa impedire all’avvocato la possibilità di svolgere con pienezza il proprio mandato (Sez. 2, Ordinanza n. 19229 del 12/07/2024; Sez. 1, Ordinanza n. 2067 del 24/01/2023).
1.4. Ritiene questo Collegio che debba essere preferito il secondo degli orientamenti sopra richiamati, per molte ragioni.
1.4.1. In primo luogo, solo il secondo orientamento è coerente con le indicazioni desumibili dalla decisione delle Sezioni Unite di questa Corte n. 36596 del 2021.
Questa decisione ha composto il contrasto sorto su questione affine a quella oggi in esame: ovvero quale dovesse essere la sorte della sentenza pronunciata prima della scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica o delle comparse conclusionali. Tale contrasto è stato composto nel senso che la parte la quale intenda far valere la suddetta nullità ‘ non ha alcun onere di indicare in concreto quali argomentazioni sarebbe stato necessario addurre in prospettiva di una diversa soluzione del merito della controversia ‘ .
In simili casi secondo le SS.UU. il diritto di difesa è sempre violato. La violazione di quel diritto non dipende dalla perduta possibilità di esporre argomenti più o meno convincenti, ma dalla perduta possibilità di esporre i propri argomenti tout court .
L’orientamento ‘liberale’ qui in contestazione trascura questi princìpi affermati dalle SS.UU., talora senza darne conto (Sez. 5, Sentenza n. 10574 del 18/04/2024; Sez. 5, Sentenza n. 10567 del 18/04/2024), e comunque senza rimettere la questione alle SS.UU..
1.4.2. In secondo luogo, se deve ritenersi immancabilmente nulla la sentenza depositata senza consentire alla parte di depositare l’ultimo scritto difensivo, immancabilmente nulla dovrà ritenersi anche la sentenza pronunciata senza consentire alla parte di discutere la causa.
Anche la discussione orale, come la comparsa conclusionale, è un atto della difesa, e l’impedimento alla prima non può ritenersi men grave dell’impedimento alla seconda.
I princìpi affermati da Cass. Sez. U., 25/11/2021, n. 36596, pertanto, debbono trovare applicazione anche nel caso di specie.
1.4.3. In terzo luogo l’affermazione secondo cui l’illegittima negazione della discussione orale in tanto produce una nullità processuale, in quanto la parte interessata sia in grado di indicare quali decisivi argomenti avrebbe speso se le fosse stato consentito di discutere, si basa sull’erroneo assunto che una discussione di diritto in tanto sia utile, in quanto esponga argomenti mai illustrati in precedenza.
Questo però non è esatto: se il compito dell’avvocato è – per bimillenaria consuetudine – quello di probare, delectare, flectere , si deve ammettere che la discussione della causa può avere molti scopi: esporre certo argomenti nuovi, ma anche spiegare quelli già spesi; corroborare punti rimasti solo accennati; in definitiva convincere il giudice , anche ricorrendo agli strumenti della logica, della dialettica e della retorica.
1.4.4. In quarto luogo, non varrebbe obiettare che la discussione orale possa essere piegata ad intenti defatigatori da un difensore in mala fede, ridotta ad una lustra da un difensore di poco talento, oppure compressa a pura formalità da un giudice che abbia fretta di tagliar corto.
Adducere inconveniens non est solvere argumentum , ed eventuali degenerazioni della prassi non potrebbero mai giustificare un’interpretazione della legge processuale che neghi un diritto a Tizio, sol perché Caio non ne abbia fatto buon uso. Del resto, non sono purtroppo rari i casi di comparse conclusionali puramente riproduttive dell’atto introduttivo del giudizio, ma a nessuno verrebbe in mente di negare alle parti il diritto di depositarle se non contengano argomenti originali.
1.5. Il primo motivo va dunque accolto in applicazione del seguente principio di diritto:
‘E’ nulla la sentenza pronunciata in grado di appello, senza consentire la discussione orale alla parte che ne abbia fatto legittima richiesta. Tale nullità sussiste e rileva di per sé, senza necessità che il ricorrente per cassazione abbia l’onere di indicare quali argomenti avrebbe speso, se gli fosse stata consentita la discussione’.
1.6. La ritenuta nullità della sentenza impugnata non ne impone tuttavia la cassazione con rinvio.
Il ricorrente, infatti, ha concluso il proprio ricorso per cassazione chiedendo espressamente che la causa fosse decisa nel merito, ex art. 384, secondo comma, c.p.c. (così il ricorso, p. 10, secondo capoverso); solo in via subordinata ed ‘ alternativamente ‘ il ricorrente ha domandato che la sentenza impugnata fosse cassata con rinvio.
Da tale richiesta, valutabile come qualsiasi condotta processuale in ordine alle sue implicazioni riguardo alla scansione processuale, emerge che per il ricorrente è indifferente la cassazione con rinvio o la decisione nel merito, e da tale indifferenza deve desumersi che la parte ricorrente, ottenuto
l’accoglimento dell’impugnazione, reputa venuto meno l’interesse alla discussione dinanzi alla Corte d’appello .
1.7. La causa può dunque essere decisa nel merito.
Il motivo d’appello inteso a far valere l’erroneo accoglimento dell’eccezione di prescrizione è fondato.
La prescrizione del diritto al risarcimento del danno da ritardata attuazione delle Direttive 75/362 e 75/363 è decennale e decorre dal 27.10.1999 ( ex multis, Sez. 3, Ordinanza n. 2958 del 31/01/2024; Sez. L, Ordinanza n. 18961 del 11/09/2020; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 14112 del 07/07/2020; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13281 del 1°/07/2020; Sez. 3 – , Ordinanza n. 13758 del 31/05/2018, Rv. 649044 – 01; Sez. 3 – , Sentenza n. 23199 del 15/11/2016, Rv. 642976 -01; Sez. 3, Sentenza n. 16104 del 26/06/2013, Rv. 626903 -01; Sez. 3, Sentenza n. 17868 del 31/08/2011, Rv. 619357 – 01; princìpi, com’è noto, risalenti alle sentenze gemelle nn. 101813, 10814, 10815 e 10816 del 2011, confermati ancora di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte Sez. U, Sentenza n. 17619 del 31/05/2022).
2.1. Nel caso di specie, il giudizio di primo grado è stato introdotto l’8.7.2009 nei co nfronti dei Ministeri dell’Istruzione , della Salute e del Tesoro, ed il successivo 28.3.2010 l’atto introduttivo è stato notificato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
La prescrizione dunque fu validamente interrotta, dal momento che l’atto interruttivo indirizzato ad uno dei Ministeri competenti in materia di organizzazione universitaria e finanziamento delle attività istituzionali statali, che costituiscono articolazioni del Governo, è idoneo a interrompere la prescrizione nei confronti della Presidenza del Consiglio (Sez. 3 – , Sentenza n. 20414 del 11/10/2016, alla cui motivazione si può qui rinviare ex art. 118 disp. att. c.p.c.).
Nel merito tuttavia la pretesa dell’appellante è infondata.
NOME COGNOME ha conseguito negli anni 1987-1990 una specializzazione in ‘ chirurgia d’urgenza e pronto soccorso’ .
Egli dunque non ha diritto ad essere risarcito per non avere percepito alcuna remunerazione durante la frequentazione del corso di specializzazione, perché:
la specializzazione in ‘chirurgia d’urgenza e pronto soccorso’ non compare negli elenchi previsti dalle direttive 75/362 e 75/363;
NOME COGNOME non ha mai né provato, né chiesto di provare, che vi fosse una sostanziale coincidenza tra la specializzazione conseguita ed una di quelle previste dalle suddette Direttive;
la questione della equivalenza tra la specializzazione conseguita e quelle previste dalle Direttive è questione di diritto, come tale rilevabile ex officio per la prima volta in appello.
Ciò per le ragioni che seguono.
La Direttiva comunitaria 75/362, come modificata dalla direttiva 81/76 impose agli Stati membri di prevedere una remunerazione non per tutti coloro che avessero frequentato scuole di specializzazione quomodolibet , ma solo a favore di coloro che avessero frequentato quelle scuole di specializzazione per le quali gli Stati membri si obbligavano al reciproco riconoscimento dei relativi diplomi.
Tali scuole erano elencate negli articoli 5 (scuole comuni a tutti gli stati membri) e 7 (scuole comuni ad almeno due Stati membri) della direttiva 75/362.
4.1. Colui il quale domanda il risarcimento del danno patito in conseguenza della tardiva attuazione della direttiva 75/362, pertanto, può alternativamente:
allegare e dimostrare che la specializzazione conseguita coincide nominalmente con una di quelle previste dalla direttiva comunitaria ( ex plurimis , Sez. 3, Ordinanza n. 12102 del 22.6.2020), ed in tal caso nessun’altro onere gli è richiesto ;
b) oppure allegare e dimostrare che la specializzazione conseguita, nonostante la non coincidenza nominale con quelle previste dalla Direttiva, per il contenuto degli insegnamenti, per l’ impegno orario, per le caratteristiche cliniche, era di fatto sostanzialmente equipollente ad una delle specializzazioni elencate dalla direttiva comunitaria e comuni ad almeno due Stati membri. In tale seconda ipotesi, tuttavia, è onere dell’attore allegare sin dall’atto introduttivo del giudizio la sussistenza di tale equipollenza di fatto ( ex plurimis , Sez. 3, Ordinanza n. 8376 del 2020).
4.2. Da questa distinzione consegue, sul piano processuale, che:
la non coincidenza nominale fra la specializzazione conseguita dall’attore e gli elenchi di cui agli articoli 5 e 7 della direttiva 75/362, costituendo una questione di diritto, è rilevabile ex officio dal giudice a prescindere da qualsiasi contestazione della parte convenuta;
l’eventuale coincidenza sostanziale fra la specializzazione conseguita dall’attore gli elenchi di cui agli articoli 5 e 7 della direttiva 75/362, costituendo una questione anche di fatto, deve essere allegata, appunto nei termini fattuali giustificativi, dall’attore ; solo una volta che sia stata compiutamente allegata, sorge per il convenuto l’onere di contestazione (così, diffusamente, Sez. L, Ordinanza n. 9101 del 1.4.2021; Sez. 3, Ordinanza n. 26439 del 20.11.2020; Sez. 3, Ordinanza n. 8376 del 29.4.2020).
4.3. Ciò posto in diritto, con riferimento al caso di specie rileva il collegio che:
la coincidenza nominale tra la specializzazione conseguita dal ricorrente e quelle contemplate dalla direttiva 75/362 non sussiste;
la coincidenza sostanziale tra la specializzazione conseguita dal ricorrente ed almeno una di quelle contemplate dalla direttiva 75/362 era una circostanza di fatto che doveva essere analiticamente e dettagliatamente allegata dall’ attore e provata, e non lo è stata.
In ogni caso, ad abundantiam , rileva il Collegio che la non equipollenza tra la specializzazione in ‘ chirurgia d’urgenza e pronto soccorso’ e quelle previste dalle Direttive 75/362 e 75/363 è stata già affermata in cinquantuno casi da questa Corte: tra le più recenti, in tal senso, Sez. 3, Ordinanza n. 15203 del 30.5.2024; Cass. n. 25363 del 2022; Cass. 08/01/2016, n. 147; Cass. 17/01/2019, n. 1058 e n. 1059; Cass. 29/05/2019, n. 14749; 04/03/2021, n. 6105; 03/12/2021, n. 39428 14/12/2021, n. 39826; 22/03/2022, n. 9217.
Deve infine rilevarsi che il ricorso per cassazione non contiene censure rivolte contro la statuizione di rigetto della domanda nei confronti dell’Università.
La decisione nel merito impone a questa Corte di provvedere anche sulle spese dei precedenti gradi di giudizio. Tali spese sono regolate come segue.
7.1. Le spese del primo e del secondo grado di giudizio nei confronti della Presidenza del Consiglio vanno poste a carico del soccombente e possono essere liquidate negli stessi importi a suo tempo liquidati dalla Corte territoriale, e dunque: in euro 3.235 oltre accessori per il primo grado, ed in euro 3.777 oltre accessori per il grado di appello.
7.2. Le spese del primo grado di giudizio nei confronti dell’Università di Catania restano compensate, così come statuito dal Tribunale con decisione non impugnata dall’Università in via incidentale.
Non è possibile infatti ritenere (come fece la Corte d’appello con la sentenza cassata) che la riforma della sentenza di primo grado sul punto della prescrizione imponga ex art. 336 c.p.c. di provvedere ex novo sulle spese del primo grado.
Infatti in primo grado i convenuti vittoriosi sul punto della prescrizione furono due: la Presidenza del consiglio e l’Università. NOME COGNOME tuttavia impugnò la sentenza di primo grado solo nei confronti della Presidenza del consiglio.
Nei confronti dell’Università, pertanto, non fu rimessa in discussione né la statuizione di prescrizione, né la dipendente statuizione di compensazione delle spese.
Se dunque l’Università avesse voluto rimuovere la compensazione delle spese disposta dal Tribunale avrebbe dovuto impugnarla con un appello incidentale.
7.3. Parimenti vanno compensate nei confronti dell’Università le spese del giudizio di appello, deciso nella presente sede, dal momento che NOME COGNOME non ha appellato la sentenza nei confronti dell’Università, e dunque non vi può essere soccombenza in senso tecnico.
7.4. Infine, le spese del giudizio di legittimità nei confronti della Presidenza del consiglio vanno compensate, in considerazione della parziale fondatezza del ricorso.
Vanno compensate altresì le spese del giudizio di legittimità nei confronti dell’Università, dal momento che il ricorso per cassazione non conteneva alcuna censura rivolta contro quest’ultima, sicché manca una soccombenza in senso tecnico.
P.q.m.
-) accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo;
-) cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
(-) condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri delle spese del primo grado di giudizio, che si liquidano nella somma di euro 3.235, oltre spese prenotate a debito;
(-) condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri delle spese del grado di appello, che si liquidano nella somma di euro 3.777, oltre spese prenotate a debito;
(-) compensa integralmente tra NOME COGNOME e la Presidenza del Consiglio dei Ministri le spese del presente giudizio di legittimità;
(-) compensa integralmente tra NOME COGNOME e l’Università degli Studi di Catania le spese del grado di appello e del presente giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della