Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19193 Anno 2024
AULA B
Civile Ord. Sez. L Num. 19193 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7678/2019 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore e domiciliata ope legis in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME , domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato – Discriminazione
R.G.N. 7678/2019
Ud. 18-27/06/2024 CC
domiciliazione presso EMAIL, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente –
nonché contro
NOME COGNOME
-intimata – avverso la sentenza della Corte d’appello Genova n. 253/2018 depositata il 25/07/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 1827/06/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 253/2018, pubblicata in data 25 luglio 2018, la Corte d’appello di Genova, nella regolare costituzione dell’appellata NOME COGNOME e nella contumacia dell’altra appellata NOME COGNOME, ha respinto il gravame proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Genova n. 328/2017.
NOME COGNOME aveva promosso un’azione ex art. 25, D. Lgs. n. 198/2006 per l’accertamento di una discriminazione sia diretta nei confronti dei lavoratori a tempo parziale sia indiretta di genere, posta in essere dall’RAGIONE_SOCIALE nell’ambito di una procedura selettiva di sviluppo economico del personale, avviata a seguito di accordi sindacali intervenuti in data 11 dicembre 2010 e 19 aprile 2011.
Aveva dedotto la lavoratrice che la discriminazione indiretta di genere si era venuta ad integrare nel momento in cui con note n. 119036/2011 del 30 settembre 2011 e n. 35465/2012 del 5 marzo 2012, era stato previsto che l’esperienza di servizio maturata dai
lavoratori in regime di part-time -essendo costituita tale categoria in modo preponderante da lavoratrici di sesso femminile – dovesse essere riproporzionata in base al ridotto orario indicato nel contratto di lavoro a tempo parziale.
Conseguentemente -aveva assunto l’odierna controricorrente alla stessa NOME COGNOME nella valutazione dell’anzianità di servizio ai fini della progressione economica era stato attribuito -in quanto lavoratrice a tempo parziale -un punteggio ridotto in proporzione al minor numero di ore di lavoro svolte rispetto ai colleghi con pari anzianità, ma impiegati tempo pieno, in tal modo facendola sopravanzare dall’odierna intimata NOME COGNOME, rispetto alla quale, invece, NOME COGNOME avrebbe dovuto prevalere in ragione della maggiore anzianità di servizio.
Accolta la domanda da parte del Tribunale di Genova e proposto gravame da parte di RAGIONE_SOCIALE, la Corte territoriale ha confermato la ricostruzione ed il giudizio conclusivo della decisione di prime cure, ritenendo che la riduzione del punteggio attribuito per l’anzianità di servizio in relazione al part-time -peraltro disposta in epoca successiva all’apertura della procedura di selezione e con provvedimenti assunti da un organo diverso rispetto al vertice della RAGIONE_SOCIALE e quindi di dubbia idoneità integrativa -aveva comportato una discriminazione diretta della lavoratrice a tempo parziale – in contrasto con le previsioni del D. Lgs. n. 61/2000, attuazione della Direttiva 97/81/CE -ed una discriminazione indiretta di genere, in violazione dell’art. 25, comma 2, D. Lgs. n. 198/2006, dal momento che il part-time è forma di rapporto di lavoro scelta prevalentemente da donne lavoratrici.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Genova ricorre ora RAGIONE_SOCIALE.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
È rimasta intimata NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
6 . L’adunanza camerale si è svolta in data 18 giugno 2024 e, a seguito della sospensione di tutte le attività disposta dal Presidente Aggiunto della Corte a causa della situazione verificatasi nel palazzo della Corte di cassazione, è proseguita in data 27 giugno 2024 come da provvedimento del Presidente in data 19 giugno 2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione ‘del principio di proporzionamento degli istituti giuridici’ e dell’art. 4, D. Lgs. n. 61/2000.
Argomenta, in particolare, il ricorso che il riproporzionamento della durata del periodo di lavori ai fini della determinazione del punteggio da attribuire per l’esperienza lavorativa troverebbe diretto riscontro nell’art. 4, D. Lgs. n. 61/2000, dovendosi fare applicazione del criterio di proporzionalità ( pro rata temporis ) non solo al profilo della retribuzione ma in tutti ii casi nei quali venga in rilievo la durata della prestazione, compresa, quindi, la valutazione dell’esperienza lavorativa pregressa.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 25, comma 2, D. Lgs. n. 198/2006.
Il ricorso censura la decisione impugnata nella parte in cui quest’ultima ha ritenuto di ravvisare una discriminazione indiretta di
genere, evidenziando il carattere neutro del part-time rispetto al genere.
Questa Corte deve rilevare preliminarmente la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di NOME COGNOME.
Non si ritiene, tuttavia, di disporre l’integrazione del contraddittorio, potendo nella specie trovare applicazione il principio, più volte affermato da questa Corte, per cui il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, con la conseguenza che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali RAGIONE_SOCIALE parti. (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 12515 del 21/05/2018; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 11287 del 10/05/2018; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15106 del 17/06/2013).
Il ricorso, infatti, deve essere dichiarato inammissibile in quanto tardivamente proposto.
La decisione impugnata, infatti, è stata depositata il 25 luglio 2018 e, poiché non risulta notificata e quindi trovava applicazione il termine c.d. ‘lungo’ ex art. 327 , primo comma, c.p.c., il ricorso in sede di legittimità avrebbe dovuto essere proposto entro il 25 gennaio 2019,
non trovando applicazione la sospensione dei termini prevista dall’art. 1, Legge n. 742/1969.
Per contro, emerge dagli atti che il ricorso è stato notificato -come detto nei confronti della sola NOME COGNOME -con PEC in data 25 febbraio 2019, e quindi tardivamente , dovendosi anzi sottolineare che lo stesso ricorso risulta sottoscritto in modalità digitale nella medesima data.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Non occorre dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni processuali di cui all’art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115/2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.
condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 4.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 18 e 27 giugno 2024.
La Presidente NOME COGNOME