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Discriminazione part-time e anzianità: il caso in esame

Una lavoratrice part-time ha contestato il metodo di calcolo dell’anzianità di servizio, ritenendolo causa di discriminazione part-time. I giudici di merito le hanno dato ragione. La questione è giunta in Cassazione, ma l’organo giurisdizionale ha dichiarato il ricorso inammissibile per tardività, senza entrare nel merito della questione. La decisione sottolinea l’importanza cruciale del rispetto dei termini procedurali per poter far valere le proprie ragioni in giudizio.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Anzianità e discriminazione part-time: un ricorso tardivo blocca la decisione di merito

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha posto fine a una controversia in materia di discriminazione part-time non per una valutazione nel merito, ma per un vizio procedurale insuperabile: la tardività del ricorso. Questo caso offre uno spunto fondamentale sull’importanza del rispetto dei termini processuali e lascia aperti gli interrogativi sulla valutazione dell’anzianità di servizio per i lavoratori a tempo parziale.

I fatti del caso: la progressione economica e il calcolo dell’anzianità

Una dipendente di un’importante amministrazione pubblica, assunta con contratto a tempo parziale, aveva partecipato a una procedura selettiva per lo sviluppo economico del personale. Il punteggio, in parte, era basato sull’anzianità di servizio. L’amministrazione, con provvedimenti successivi all’avvio della selezione, aveva stabilito che l’anzianità dei lavoratori part-time dovesse essere calcolata pro rata temporis, ovvero in proporzione all’orario di lavoro ridotto.

Questa modalità di calcolo aveva penalizzato la lavoratrice, che si è vista attribuire un punteggio inferiore rispetto a colleghi con pari anni di servizio ma impiegati a tempo pieno. Di conseguenza, è stata superata in graduatoria da un’altra dipendente che, a parità di anzianità anagrafica, avrebbe dovuto posizionarsi dopo di lei.

La questione della discriminazione part-time e di genere

La lavoratrice ha agito in giudizio sostenendo di aver subito una duplice discriminazione:
1. Diretta, nei confronti dei lavoratori a tempo parziale, in violazione del principio di non discriminazione sancito dalla normativa nazionale ed europea.
2. Indiretta di genere, poiché il lavoro part-time è una modalità contrattuale scelta in maniera preponderante dalle donne. Un criterio apparentemente neutro (il calcolo proporzionale) finiva, di fatto, per svantaggiare in modo significativo il personale femminile.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno accolto le ragioni della lavoratrice, confermando la natura discriminatoria del comportamento dell’amministrazione pubblica. Secondo i giudici di merito, la riduzione del punteggio legato all’anzianità per i lavoratori part-time violava le normative vigenti. A questo punto, l’amministrazione ha deciso di ricorrere per Cassazione.

La decisione della Cassazione: un focus sulla procedura

Nonostante l’interesse della questione sostanziale, la Corte di Cassazione non ha potuto esaminare i motivi del ricorso. L’intera vicenda si è conclusa con una declaratoria di inammissibilità per un motivo puramente procedurale.

La tardività del ricorso come fattore decisivo

La sentenza della Corte d’Appello era stata depositata il 25 luglio 2018. In assenza di notifica, si applica il cosiddetto “termine lungo” per impugnare, che scadeva il 25 gennaio 2019. L’amministrazione pubblica, invece, ha notificato il proprio ricorso solo il 25 febbraio 2019, un mese dopo la scadenza. Questo ritardo, anche di un solo giorno, è fatale nel processo civile e ha reso il ricorso irrimediabilmente inammissibile.

Il principio della ragionevole durata del processo

La Corte ha anche rilevato un altro vizio: il ricorso era stato notificato a una sola delle controparti, omettendo l’altra dipendente coinvolta nella graduatoria. In teoria, i giudici avrebbero dovuto ordinare l’integrazione del contraddittorio. Tuttavia, in applicazione del principio di ragionevole durata del processo, la Corte ha ritenuto superfluo tale adempimento. Poiché il ricorso era palesemente inammissibile per tardività, ordinare l’integrazione sarebbe stato un inutile allungamento dei tempi processuali, senza alcun beneficio per le parti.

Le motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si concentrano esclusivamente sull’aspetto procedurale della tardività. I giudici hanno chiarito che il rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge per le impugnazioni è un presupposto indispensabile per l’esame del merito di un ricorso. La presentazione dell’atto oltre la scadenza prevista dall’art. 327 c.p.c. ne comporta l’inammissibilità, impedendo alla Corte di pronunciarsi sulle questioni sollevate, per quanto rilevanti possano essere. La decisione è dunque fondata sulla constatazione oggettiva del mancato rispetto di una norma processuale fondamentale, che prevale su ogni altra considerazione relativa al fondo della controversia.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza non fornisce una risposta definitiva sulla legittimità del calcolo proporzionale dell’anzianità per i lavoratori part-time ai fini della progressione di carriera. Tuttavia, il caso insegna una lezione fondamentale: nel processo, la forma è sostanza. Il mancato rispetto di un termine perentorio può precludere la discussione di un diritto, anche se fondato. La vicenda lascia quindi immutate le decisioni di merito che avevano riconosciuto la discriminazione, ma impedisce la formazione di un principio di diritto da parte della Cassazione che avrebbe potuto orientare la giurisprudenza futura in materia.

Il calcolo dell’anzianità per un lavoratore part-time in modo proporzionale all’orario ridotto è legittimo?
La Corte di Cassazione, in questa ordinanza, non ha risposto a questa domanda, poiché ha dichiarato il ricorso inammissibile per motivi procedurali. Tuttavia, i giudici di primo e secondo grado avevano ritenuto tale pratica discriminatoria.

Perché il ricorso dell’ente pubblico è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato notificato oltre il termine perentorio di sei mesi dal deposito della sentenza d’appello, come previsto dall’art. 327 del codice di procedura civile.

Cosa significa che la Corte ha applicato il principio della ragionevole durata del processo?
Significa che, pur avendo riscontrato un difetto nella notifica del ricorso (mancata integrazione del contraddittorio), la Corte ha evitato di ordinare la sua sanatoria perché sarebbe stato un atto inutile. Dato che il ricorso era già palesemente inammissibile per un altro motivo (la tardività), un ulteriore adempimento avrebbe solo allungato i tempi del giudizio senza cambiare l’esito finale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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